SOCIOLOGIA DELLA CULTURA 2018 Alberto Giovanni Biuso www.biuso.eu TARANTISMO E DIONISISMO NELLE CULTURE MEDITERRANEE
siamo fatti di terra e di luce Siamo siciliani siamo antichi siamo terroni siamo fatti di terra e di luce siamo fatti di Sole
Ernesto De Martino La terra del rimorso Ernesto De Martino La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud Il Saggiatore, 1961
Karl Kerényi Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile Adelphi, 1976
Tutto sembrava essersi concluso con il suggello della morte Tutto sembrava essersi concluso con il suggello della morte. Per Dioniso, tuttavia, non si trattava di una fine, ma solo di un passaggio, di una transizione delle sua storia infinita. Apollo, dio dell’unità assoluta, riunì quel che restava del bimbo. Atena raccolse il suo cuore, che era ancora palpitante. E da quel cuore, per prodigiosa azione divina, Dioniso ritornò alla vita. Rinacque unico e intero, nuovo e perfettamente integro (Orfici, 35-36, 209-210, 240). [...] Quel cuore fu triturato e bollito e quindi dato da bere a Semele perché restasse incinta del dio e dal suo ventre lo rimettesse al mondo (Igino, Favole, 167). Ingoiare il cuore, ingoiare il fallo, ingoiare il mondo sono atti diversi e insieme uguali di un atto supremo di palingenesi . Anche dalle ceneri dei Titani, dai resti degli assassini, qualcosa nacque. Dopo che la folgore celeste si abbatté su di loro, ‘dalla fuliggine dei vapori che si levarono, una volta sedimentata la materia, si generarono gli uomini’. Il genere umano sorse, dunque, da questo delitto e, in ragione di esso, ha in sé una duplice natura: la crudeltà, l’irrazionalità, la cupidigia che avevano indotto i Titani al delitto, ma anche l’essenza divina che i Titani avevano assorbito divorando il figlio di Zeus. Per questo, ‘noi siamo parte di Dioniso’. Siamo involucri che custodiscono un frammento del divino, siamo -come suggerisce un’altra immagine della tradizione- statue di gesso che racchiudono il cuore sacro di Dioniso (Orfici, 7, 214, 220). [Davide Susanetti, La via degli dei. Sapienza greca, misteri antichi e percorsi di iniziazione, Carocci, 2017, pp. 40-41]
«Quando sona la taranta / è il mio sud che dal suo ghetto / sta sfidando tutto il mondo / col suo ritmo maledetto / sta sfidando anche l’inferno / il mio sud scomunicato / quando sona la taranta / quella musica è il peccato» (Eugenio Bennato, Ritmo di contrabbando, da «Sponda Sud», 2007).
Il tarantismo in Puglia nel Novecento e nella musica della Taranta Power è la disperazione mistica e felice delle terre infuocate da millenni di Sole, abitate dal lutto e dalla gloria, viventi nella servitù e incoercibili nell’anarchia, sprezzanti verso i preti e obbedienti alle loro magie. Il Sud è fatto di disordine e di necessità, del giallo di campi riarsi e del turchese di un cielo senza pace. È fatto di una solitudine senza salvezza, di una diffidenza senza futuro, di una solidarietà monadica che ignora la communitas. Il Sud è l’ironia che sta al fondo della morte e che nell’ultimo tratto della propria fatica si piega lentamente verso il sonno invocando ancora una volta la Madre. Il Sud è la tenebra che rende possibile il risplendere. Il Sud è un arrendersi che non conosce sconfitta. Il Sud è l’indistruttibile esistenza di Dioniso, sempre vivo tra i suoi delfini, dentro il mare, dentro la luce.