Niccolò Machiavelli Le opere A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda
L’epistolario Le lettere “familiari” scritte da Machiavelli ad amici e conoscenti, ci sono pervenute solo parzialmente attraverso autografi o copie. Non sono lettere composte in vista della pubblicazione. Si alternano argomenti e toni vari (dalle riflessioni politiche all’analisi dei problemi contemporanei a scherzi e sfoghi).
Tra le lettere spicca il blocco scritto all’amico Francesco Vettori dopo la perdita degli incarichi politici. La più famosa e importante è la lettera del 13 dicembre 1513 dove Machiavelli fornisce l’indicazione dell’avvenuta composizione del Principe.
Gli scritti politici Le Legazioni e commissarie (documenti ufficiali scritti nel periodo della segreteria (1498-1512). Discorso sopra le cose di Pisa (1498). Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati (1503). Del modo tenuto dal duca Valentino per ammazzare Vitellozzo Vitelli (1503). Il Discorso dell’ordinare lo stato di Firenze alle armi e le cagioni (1506). Il Ritratto delle cose di Francia (1508). Il Ritratto delle cose della Magna (1510).
Il PRINCIPE Trattato scritto tra luglio e dicembre 1513 in una stesura di getto. Posteriormente a questa data è stata scritta la dedica a Lorenzo de’ Medici e il capitolo finale che è un’appassionata esortazione a liberare l’Italia dai “barbari” .
L’opuscolo non fu dato alle stampe e circolò manoscritto in una cerchia ristretta. Fu pubblicato postumo solo nel 1532 a Firenze e a Roma suscitando molto scalpore.
IL GENERE Prima del Principe di Machiavelli esisteva già una tradizione di trattatistica politica. Nel Medioevo circolavano trattati dove veniva indicato il modello ideale di principe a cui venivano suggerite tutte le più lodevoli virtù (clemenza, giustizia, fedeltà alla parola data, etc).
Machiavelli propone invece un’impostazione di pensiero assolutamente rivoluzionaria . Egli proclama di voler guardare alla <<verità effettuale della cosa>> e non all’ideale. Egli non propone al principe le virtù morali ma tutti quei mezzi necessari per conquistare e mantenere lo Stato. Perciò, se è necessario per il bene dello Stato, deve essere anche crudele, mentitore, dissimulatore etc…
La struttura e i contenuti Il Principe è un’operetta molto breve. E’ scritta in forma molto concisa e incalzante ma densissima di pensiero. Si articola in 26 capitoli di lunghezza variabile che recano dei titoli in latino.
I capitoli I-XI esaminano i vari tipi di principato (ereditari e nuovi) e mirano a individuare i mezzi che consentono di conquistarlo e mantenerlo.
I capitoli XII-XIV sono dedicati al problema delle milizie. Machiavelli giudica negativamente l’uso dell’esercito mercenario (abituale nell’Italia del tempo), perché esso combatte solo per denaro ma è infido e costituisce la causa principale della debolezza degli Stati italiani. Per lui la forza di uno Stato consiste soprattutto nel poter contare su armi proprie, su un esercito composto da cittadini in armi, che combattono per difendere i loro averi e la loro stessa vita .
I capitoli XV-XXIII trattano dei modi di comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici. Sono i capitoli che hanno suscitato più scalpore e attirato per secoli su Machiavelli la condanna.
Il capitolo XXIV esamina le cause per cui i principi italiani, nella crisi successiva al 1494, hanno perso i loro Stati. Il capitolo XXV esamina il rapporto tra virtù e fortuna. Il capitolo XXVI è un’appassionata esortazione ad un principe nuovo, accorto ed energico, che sappia porsi a capo del popolo italiano e liberare l’Italia dai “barbari”.
DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO Si tratta di riflessioni suggerite a Machiavelli dalla lettura dei primi dieci libri della Storia di Livio. Sono dedicati ai due amici ZANOBI BUONDELMONTI e COSIMO RUCELLAI (intellettuali che si riunivano con Machiavelli negli Orti Oricellari). Non furono stampati dall’autore ma circolarono manoscritti e poi pubblicati postumi nel 1531.
L’opera è divisa in tre libri: il primo tratta delle iniziative di politica interna di Roma; il secondo della politica estera e dell’espansione dell’Impero; il terzo delle azioni dei singoli cittadini che contribuirono alla grandezza di Roma. Machiavelli ritiene che dalla storia del passato si possano ricavare esempi validi per ogni tempo.
Il rapporto tra Discorsi e Principe e l’ideologia politica di Machiavelli Nel Principe Machiavelli affronta la forma di governo monarchica e assoluta e celebra le virtù del principe. Nei Discorsi lascia trapelare forti simpatie repubblicane e indica la repubblica come la forma più alta e preferibile di organizzazione dello Stato.
L’orientamento di fondo di Machiavelli è certamente repubblicano ma il Principe è scritto sotto l’urgenza immediata di una situazione gravissima a cui era idispensabile porre rimedio: la crisi italiana (politica, militare, morale…).
Machiavelli riteneva necessario costruire uno Stato abbastanza forte da opporsi all’espansione delle grandi potenze europee. Egli riteneva che nel momento della creazione di uno Stato nuovo fosse indispensabile la virtù politica straordinaria di un singolo.
Ma restava convinto che la repubblica fosse la forma di governo che garantiva maggiore stabilità e durata alle istituzioni. Pertanto il principe era necessario nella fase iniziale della costruzione dello stato, ma il futuro dello Stato italiano vagheggiato da Machiavelli restava la repubblica.
Il giudizio pessimistico sulla natura umana Machiavelli ha una visione crudamente pessimistica dell’uomo come essere morale. Gli uomini per Machiavelli sono malvagi, ingrati, volubili, simulatori, etc. (dimenticano più facilmente la morte del padre che la perdita di un guadagno).
L’uomo politico deve agire su questo terreno, non su quello ideale. Il principe deve essere come un centauro (= metà uomo e metà bestia). Machiavelli sa bene che certi comportamenti suggeriti al principe sono riprovevoli ma egli distingue il giudizio politico da quello morale. Questi comportamenti sono “malvagi” secondo la morale ma sono “buoni” quando sono efficaci in politica cioè quando servono per il bene dello Stato e dei cittadini.
Machiavelli constata che certi comportamenti sono indispensabili per conquistare e mantenere lo Stato. Sono il comportamento obbligato dalla reale natura umana. Il principe opera a vantaggio dello Stato e se usa metodi riprovevoli lo fa per il bene pubblico.
La religione “instrumentum regni” A Machiavelli non interessa la religione nella sua dimensione spirituale, ma solo come instrumentum regni (strumento di governo) perché la religione, in quanto fede, obbliga i cittadini a rispettarsi gli uni con gli altri, a mantenere la parola data, etc…
Virtù e Fortuna L’uomo nel suo agire deve fare i conti con fattori esterni, che non dipendono dalla sua volontà ma dalla fortuna. Machiavelli però ritiene che la fortuna sia arbitra solo della metà delle cose umane e lasci regolare l’altra metà agli uomini.
Le doti del politico restano solo potenziali se egli non trova l’occasione adatta per affermarle, e viceversa l’occasione resta pura potenzialità se un politico “virtuoso” non sa approfittarne. Nei momenti quieti l’abile politico deve prevedere i futuri rovesci e predisporre i necessari ripari (come si costruiscono argini per contenere i fiumi in piena).