NATURALISMO E VERISMO.

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Transcript della presentazione:

NATURALISMO E VERISMO

NATURALISMO e VERISMO Il Verismo è un movimento letterario italiano che si sviluppa a Milano alla fine degli anni settanta del secolo XIX e che si ispira, seppur con sensibili divergenze, al Naturalismo, che nasce in Francia fra il 1865 e il 1870. Il Naturalismo e il Verismo si configurano come gli esiti letterari del pensiero positivista, che domina la cultura europea nella seconda metà dell’Ottocento, pertanto si propongono di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi metodi usati dalle scienze. Lo scrittore deve descrivere la realtà in modo oggettivo ed impersonale, rappresentando tutti i gradini della scala sociale, muovendo dai più bassi per arrivare ai più elevati (dal semplice al complesso come prevede il metodo scientifico).

Il POSITIVISMO domina nella cultura europea fra il 1849 e il 1890 circa. Si diffonde prima nelle nazioni economicamente più avanzate (Inghilterra, Francia, Germania), successivamente in Italia. Presupposti del Positivismo sono lo sviluppo del capitalismo industriale e le importanti scoperte (nel campo della chimica, delle termodinamica, dell’elettromagnetismo, della fisiologia, ecc.). Il Positivismo si pone in linea di continuità con l’Illuminismo e, ancor prima, con il metodo induttivo di origine galileiana.

August Comte (1796-1857) Nel suo Course de philosophie positive (uscito fra il 1830 e il ‘42) sostiene che l’unica conoscenza possibile è quella che si realizza secondo il metodo scientifico, che analizza i fenomeni in modo oggettivo e sperimentale. Si tratta ora di fondare la sociologia, la scienza più difficile perché ha come oggetto l’uomo. Comte afferma che l’evoluzione umana ha avuto tre stadi: - Teologico - Metafisico - Positivo Solo il moderno procedere dell’analisi scientifica consente di individuare le leggi invariabili che guidano la natura e la società umana, dopo che la teologia e la metafisica avevano tentato in vano, nel passato, di spiegare la realtà naturale e sociale ora è necessario procedere attraverso un sapere “positivo”.

L’ideologia del progresso assumerà però, fra gli anni ’50 e ’60, una connotazione di tipo evoluzionistico assente in Comte: in questi anni si sviluppa una cultura che presenta i caratteri di un rigoroso materialismo, un sostanziale determinismo e una concezione del progresso fondata sull’evoluzionismo.

Charles Darwin (1809-1882) Nel 1859 viene pubblicata The Origin of Species nella quale sostiene che: la lotta per l’esistenza e la selezione naturale distruggono le specie deboli, ma ne creano anche di nuove o rafforzano quelle che sopravvivono rendendole più resistenti; all’interno di ciascuna specie si realizzano variazioni organiche prodotte dal rapporto con l’ambiente, tali variazioni, se vincenti, tendono a consolidarsi per via ereditaria. Nel 1871 pubblica la sua opera più rivoluzionaria: The Descent of Man [La discendenza dell’uomo].

Herbert Spencer (1820-1903) Spencer non fu scienziato ma filosofo, infatti dà all’evoluzionismo un’interpretazione filosofica e sociale. Inaugura il “darwinismo sociale” secondo cui le regole dell’evoluzione sono eguali nel mondo naturale e nel mondo sociale e sono segnate dal passaggio dal semplice al complesso, dall’omogeneo all’eterogeneo. Proprio perché si tratta di un’evoluzione naturale, dunque lenta e graduale, non è possibile pensare di risolvere i problemi sociali con la rivoluzione: occorre lasciare che, sotto la spinta dei bisogni materiali del singolo e del libero conflitto fra le classi, il progresso si realizzi da solo tramite la selezione.

Hippolyte Taine (1828-1893) Il critico e storico positivista Hippolyte Taine è considerato il primo teorico del Naturalismo, sia per l'uso del termine stesso - che venne da lui usato in un saggio dedicato a Honoré de Balzac del 1858, sia per aver affermato che i fenomeni spirituali sono prodotti dalla fisiologia umana e sono determinati dall’ambiente fisico in cui l’uomo vive. Sulla base di un rigoroso materialismo deterministico, Taine sosteneva che l’uomo è il risultato di tre elementi: - race, il fattore ereditario - milieu, l’ambiente sociale - moment, il momento storico che lo determinano nei suoi tratti psicologici e ne generano il comportamento, sicché anche «il vizio e la virtù sono dei prodotti come e il vetriolo e lo zucchero» (scriveva nel 1865).

Honoré de Balzac (1799-1850) Taine considerava Honoré de Balzac uno dei precursori del Naturalismo. Nel 1842 Balzac decide di dare forma organica alla propria opera, rappresenta la società francese contemporanea ne La Commedia umana seguendo alcuni principi che anticipano il Naturalismo: «…il romanziere deve ispirarsi alla vita contemporanea, studiando l'uomo quale appare nella società». Il progetto originario prevedeva 120 romanzi, l’autore ne pubblica 90 (fra cui Papà Goriot, Eugénie Grandet, Illusioni perdute), il suo intento è quello di studiare il condizionamento che la società esercita sugli uomini, nelle diverse classi sociali a cui appartengono. Nei romanzi realisti di Balzac però il narratore non riesce a staccarsi completamente dalla materia trattata, le trame sono ricche di colpi di scena, inoltre Balzac accentua il carattere ‘patetico’ di molti personaggi rendendoli ‘eroi romantici’. L’autore denuncia i risvolti negativi della società nella post- rivoluzione industriale, in cui il denaro è posto come valore assoluto, preso a misura di tutte le cose.

Gustave Flaubert (1821-1880) Gustave Flaubert, autore di Madame Bovary (1857), è lo scrittore che i naturalisti indicheranno come loro precursore per la sua teoria dell'impersonalità che fa largo uso del discorso indiretto libero. Flaubert con i suoi romanzi aveva impresso una svolta radicale alla tradizione del realismo romantico. Nel 1857, a proposito della sua teoria dell'impersonalità, scrive: «L'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente, sì che lo si senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l'Arte deve innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle suscettibilità nervose. È ormai tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze fisiche». Tramonta con il capolavoro flaubertiano il romanzo “autoriale” fondato sul narratore onnisciente (modello consacrato da Scott, Manzoni, Balzac e Stendhal). Il narratore “invisibile” e la focalizzazione sul personaggio (tramite il ricorso al discorso indiretto libero) creano un effetto di ambiguità e di problematicità nell’interpretazione (non c’è più un narratore onnisciente che funga da guida al lettore, la prospettiva è del personaggio). Leggere la trama di Madame Bovary e l’analisi del personaggio a pp. 104-105)

Edmond e Jules de Goncourt I fratelli de Goncourt furono fra gli iniziatori della narrativa naturalista (anche se nelle loro opere emergono cospicue venature di decadentismo, come in Zola). La Prefazione a Germinie Lacerteux (1864) è uno dei primi e più significativi manifesti del Naturalismo francese. Il romanzo è ispirato a una storia vera (quella della domestica dei due fratelli): una serva malata di isteria si degrada progressivamente, fino alla morte, per una passione amorosa. Nel ricostruire la vicenda essi si basano su una rigorosa documentazione: si tratta di un “documento umano”, formula che verrà molto usata dai naturalisti.

Edmond e Jules de Goncourt, da Germinie Lacerteux, Prefazione «... questo è un romanzo vero [...] Ed ora, questo libro venga pure calunniato: poco c’importa. Oggi che il Romanzo si allarga e ingrandisce, e comincia ad essere la grande forma seria, appassionata, viva, dello studio letterario e della ricerca sociale, oggi che esso diventa, attraverso l'analisi e la ricerca psicologica, la Storia morale contemporanea, oggi che il Romanzo s'è imposto gli studi e i compiti della scienza, può rivendicarne la libertà e l'indipendenza. Ricerchi dunque l'Arte e la Verità; mostri miserie tali da imprimersi nella memoria dei benestanti di Parigi; faccia vedere alla gente della buona società [...] la sofferenza umana, presente e viva, che insegna la carità […]» LEGGERE il T2 a p. 114 : “Un manifesto del Naturalismo”

Gustave Courbet , Gli spaccapietre (1849)

I FONDAMENTI TEORICI DEL NATURALISMO Tra i fondamenti teorici del naturalismo vi è la concezione che l’ambiente eserciti una profonda influenza sui fenomeni sociali e psicologici e che questi debbano essere considerati alla stessa stregua dei fenomeni naturali perché sottoposti alle stesse leggi di causa ed effetto. Non venivano messe in discussione le finalità sociali e morali dell’arte, ma si riteneva necessario, per migliorare veramente la società, basarsi sulla ricerca del vero: l’unico genere letterario che può seguire il metodo scientifico è il romanzo, che deve diventare un “romanzo sperimentale”. Il naturalismo rifiuta la letteratura romantica perché idealisticamente basata sulla fantasia e sul sentimento, e concepisce il romanzo come uno strumento di indagine: l’obiettivo è quello di svelare, attraverso le trame, i meccanismi deterministici che regolano la società umana. Prevedendo gli effetti si può intervenire sulle cause: alla base c’è una concezione ottimistica che prevede la possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.

Émile Zola (1840-1902) Il saggio Il romanzo sperimentale (Le roman expérimental) del 1880 raccoglie gli scritti teorici di Zola e viene considerato il Manifesto del Naturalismo, egli definisce il romanzo «una conseguenza dell'evoluzione scientifica del secolo; esso è, in una parola, la letteratura della nostra età scientifica, come la letteratura classica e romantica corrispondeva a un'età di scolastica e di teologia»; il romanziere- sostiene Zola - è insieme un osservatore e uno sperimentatore; «È innegabile che il romanzo naturalista, quale ora lo intendiamo, sia un vero e proprio esperimento che il romanziere compie sull'uomo, con l'aiuto dell'osservazione». Queste concezioni prendono corpo nell’opera fondamentale di Zola: I Rougon Macquart: un ciclo di 20 romanzi (pubblicati fra il 1871 e il 1893) in cui, rifacendosi alla Commedia umana di Balzac , traccia un quadro della società francese del secondo impero attraverso le storie dei membri di una famiglia. Il principio di interpretazione di tutte le vicende è la legge dell’ereditarietà. LEGGERE La Prefazione ai Rougon-Macquart, in fotocopia

La poetica di Zola La poetica naturalista deriva dalla concezione deterministica della vita e dell'uomo; il romanzo non è altro che una porzione di vita analizzata con il metodo delle scienze naturali e sociologiche. Il romanziere-scienziato ha il compito di individuare, tramite uno studio attento della realtà, le leggi deterministiche che regolano tanto la sfera spirituale quanto quella biologica; secondo Zola due principi si possono già affermare: l’ereditarietà biologica e l’influsso esercitato dall’ambiente sociale. Lo scrittore deve utilizzare una scrittura che risulti essere un documento oggettivo pertanto deve assumere il distacco dello “scienziato” che si allontana dall’oggetto per osservarlo dall’alto e dall’esterno: il narratore deve essere impersonale. Il romanzo sperimentale diventa quindi uno strumento di indagine: il fine è quello di aiutare le scienze politiche ed economiche nel regolare le società umana ed eliminare le storture. Secondo Zola il lavoro dello scrittore-scienziato si può svolgere solo in un regime repubblicano e democratico, in cui sia possibile utilizzare gli strumenti della scienza moderna per realizzare il progresso e il benessere degli uomini.

I temi della narrativa naturalista I temi preferiti della narrativa naturalista furono anti- idealistici e anti-romantici in modo che la narrazione portasse con sé una forte carica di denuncia sociale che doveva risultare dalla descrizione scientifica ed obiettiva dei fatti. Tra i temi principali vi erano dunque: la vita quotidiana con le sue banalità, le sue meschinità e le sue ipocrisie; le passioni morbose che dovevano rasentare il limite della patologia psichiatrica, come la follia e il crimine; le condizioni di vita delle classi subalterne, soprattutto del proletariato urbano che, con la sua miseria (prostituzione, alcolismo, delinquenza minorile) potessero dare un chiaro esempio di patologia sociale.

TECNICHE NARRATIVE DI ZOLA Interesse di indagine verso la REALTÀ CONTEMPORANEA; L’ AMBIENTE deve essere ricostruito in modo preciso e oggettivo; I PERSONAGGI sono calati in un determinato contesto sociale che ne condiziona i comportamenti e ne determina le caratteristiche fisiche e morali; LINGUA PARLATA, ma il linguaggio gergale (dei ceti proletari parigini) appartiene solo ai personaggi – nei dialoghi e nel discorso indiretto libero – il narratore usa invece un linguaggio colto, letterario; IMPERSONALITÀ: il narratore assume un punto di vista esterno e osserva dall’alto i fatti narrati, è impersonale ma a volte emerge il suo giudizio (borghese colto, democratico e progressista).

L’ASSOMOIR (Ammazzatoio) Di EMILE ZOLA Il primo romanzo sul popolo che non mentisca e che abbia odor di popolo (Zola) Leggere la trama dell’opera a p. 117. Grazie al grande successo di questo romanzo attorno a Zola si raccolse un gruppo di giovani scrittori (fra cui Maupassant e Huysmans) che lo consideravano un maestro, un caposcuola. Zola in questo romanzo utilizza una lingua realistica, cruda e corposa, costruita per dare voce al popolo, l’autore fa uso del discorso indiretto libero e utilizza espressioni gergali.

Situazione politico-economica italiana 1861-1876: Destra storica, erede del liberalismo cavouriano: Stato accentratore, suffragio censitario, ostilità allo sviluppo industriale, libero-scambismo per favorire l’esportazione di prodotti agricoli e l’importazione dei prodotti industriali, colture estensive dei latifondi. 1876: Sinistra, erede del mazzinianesimo e del partito d’azione: inasprimento delle tariffe doganali, pressione fiscale, Triplice Alleanza (1882) e corsa agli armamenti, avvio all'industrializzazione, crisi agraria , questione meridionale, crisi dei ceti medi tradizionali, nuovo ceto medio impiegatizio, leva militare obbligatoria.

IL VERISMO Il Verismo è una corrente letteraria italiana, non un movimento letterario organizzato come quello romantico, nata sotto la diretta influenza del clima del positivismo e si ispira in maniera evidente al Naturalismo francese. Si sviluppa a Milano, la città dalla vita culturale più feconda e aperta maggiormente alle influenze straniere, fra il 1875 e il 1895. Le opere veriste, o influenzate dal verismo, però rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare: la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga, di Luigi Capuana e di Federico de Roberto; Napoli in quelle di Matilde Serao e di Salvatore di Giacomo; la Sardegna nelle opere di Grazia Deledda. Il primo fervente sostenitore di Zola fu il critico di tendenze democratico radicali Felice Cameroni che nei suoi articoli difendeva l’autore francese perché professava le teorie più radicali: repubblicano in politica, materialista in filosofia, realista in arte. Una teoria coerente ed un nuovo linguaggio furono invece elaborati da due “galantuomini” meridionali: Luigi Capuana, come critico del «Corriere della Sera» ha una funzione fondamentale nel far conoscere l’opera di Zola; Verga intraprese la strada del verismo con la raccolta di novelle Vita dei campi e infine col primo romanzo del Ciclo dei vinti: I Malavoglia (1881). In senso ristretto solo Capuana e Verga sono da considerare autori veristi.

Da ciò consegue che per i veristi: Nella recensione a I Malavoglia (Leggi il T10 a p. 157) Capuana scrive: «Senza dubbio l’elemento scientifico s’infiltra nel romanzo contemporaneo e lo trasforma più pesantemente, con più coscienza, nei lavori di Flaubert, dei De Goncourt e dello Zola; ma la vera novità non istà in questo, né sta nella pretesa di un romanzo sperimentale […]. Se il romanzo non dovesse far altro che della fisiologia o della patologia, o della psicologia comparata in azione, [...] il guadagno non sarebbe né grande né bello. Il positivismo, il naturalismo esercitano una vera e radicale influenza nel romanzo contemporaneo, ma soltanto nella forma, e tal influenza si traduce nella perfetta impersonalità di quest’opera d’arte». Da ciò consegue che per i veristi: La scientificità non deve consistere nel trasformare la narrazione in esperimento, per dimostrare la validità di tesi scientifiche, ma nella tecnica con cui il narratore presenta la realtà (in modo oggettivo) → la scientificità per i veristi si manifesta solo nella forma, attraverso il principio dell’impersonalità.

Impersonalità e “regressione” (Leggere il T2 p. 194) Nella prefazione al racconto L’amante di Gramigna (che ha la forma di una lettera inviata a Salvatore Farina, contrario alle tendenze veriste) Verga espone i nuclei teorici che sono alla base della sua sperimentazione letteraria: il vero: il racconto… deve esser storico; documento umano la lingua: colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare veridicità: preferirai trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto.. senza la lente dello scrittore; efficacia dell’essere stato, delle lagrime vere legge causa-effetto: sacrifichiamo volentieri l’effetto della catastrofe, allo sviluppo logico, necessario delle passioni e dei fatti eclissi dell’autore: la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, allora avrà l’impronta dell’avvenimento reale, l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé ↓

L’“Eclisse” dell’autore e la regressione LEGGERE: T3 a pp. 196-199 b) d) ed e) L’obiettivo principale di Verga è eliminare ogni senso di artificialità letteraria, dare l’illusione completa della realtà, l’impressione di assistere direttamente ai fatti, senza alcun intermediario. Per questo adotta la tecnica della regressione: la “voce” che racconta si colloca tutta all’interno del mondo rappresentato, allo stesso livello dei personaggi. Il narratore si mimetizza nei personaggi di un certo ambiente adottando il loro punto di vista, esprimendo i loro giudizi, i loro sentimenti, ecc. L’autore si eclissa nell’opera perché non ha diritto di giudicare la materia che rappresenta; se la voce narrante giudica non lo fa secondo la visione colta dell’autore (come il narratore naturalista), ma in base alla visione elementare e rozza del popolo, che spesso anzi, non coglie le reali motivazioni psicologiche di un personaggio o non è in grado di interpretare correttamente un fatto, dunque si ha un effetto di straniamento.

Giovanni Verga (1840 – 1922) Opere preveriste: Una peccatrice (1866) Al periodo fiorentino appartiene Storia di una capinera (1871) Nel 1872 Verga si trasferisce a Milano dove pubblica: Eva (già iniziato a Firenze), Tigre reale ed Eros (1875); nel 1874 scrive la novella Nedda, anche se il racconto resta estraneo all’impersonalità verista, inaugura un nuovo interesse per il mondo rustico e l’ambientazione siciliana. Opere veriste (dal 1878) La prima opera verista è la novella Rosso Malpelo (1878) Vita dei campi (1880) raccolta di novelle fra cui: Rosso Malpelo, Cavalleria rusticana, La lupa, Jeli il pastore, Fantasticheria, L’amante di Gramigna I Malavoglia (1881) Novelle rusticane (1883) fra cui La roba Mastro don Gesualdo (1889)

TECNICHE NARRATIVE DI VERGA IMPERSONALITÀ E NARRATORE POPOLARE: Il punto di vista dello scrittore non si avverte mai nelle opere di Verga: la ‘voce’ che racconta si colloca all’interno del mondo rappresentato e allo stesso livello dei personaggi. ARTIFICIO DELLA REGRESSIONE: Per adottare il punto di vista del popolo, l’autore rinuncia alla sua superiorità intellettuale ed assume la prospettiva (cultura, etica, criteri interpretativi) popolare: l’autore si ‘mimetizza’ nei personaggi, si ‘eclissa’. PRINCIPIO DELLO STRANIAMENTO: L’artificio dello straniamento si collega a quello della regressione, anzi ne è conseguenza: poiché si crea un divario fra il punto di vista esplicito del narratore popolare e il punto di vista implicito dell’autore, un fatto normale appare strano o, viceversa, un fatto strano viene presentato come normale (si veda l’incipit di Rosso Malpelo). DISCORSO INDIRETTO LIBERO: Le parole e i pensieri dei personaggi vengono riportati in terza persona, indirettamente, senza i verbi dichiarativi. Le parole del personaggio si confondono così con quelle di chi racconta la storia, tanto che sembra che siano i personaggi stessi a raccontarla. Il discorso indiretto libero comporta dunque un brusco passaggio da una focalizzazione esterna a una interna: improvvisamente a vedere e a pensare non è più il narratore, ma il personaggio. LINGUAGGIO, LESSICO E SINTASSI: Verga non usa mai il dialetto (se cita un termine dialettale lo segnala tramite il corsivo), ma cerca di riprodurre il linguaggio delle persone del popolo attraverso un lessico spoglio e povero, la citazione di proverbi e modi di dire, espressioni gergali, metafore e similitudini basse; la sintassi è elementare e talora volutamente scorretta (ad esempio con l’uso improprio del ‘che’), le frasi sono brevi e spesso unite dal polisindeto (tipico della comunicazione orale).

Ideologia verghiana connessa al principio di impersonalità Pessimismo: la società umana è dominata dal meccanismo della lotta per la vita (lettera al Verdura del 21 aprile 1878): gli uomini non sono mossi da valori ideali, ma dall’interesse economico, dall’egoismo, dalla volontà di sopraffazione; La lotta per la vita come legge di natura: essa è immodificabile, non ci sono alternative alla realtà esistente, né nel futuro, né nel passato (come ritorno a forme superate dal mondo moderno), né in una dimensione trascendente → visione materialista ed atea; L’autore non ha “diritto di giudicare”: «Chi osserva questo spettacolo [la lotta per l’esistenza] non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione e rendere la scena nettamente, con i colori adatti» (Prefazione ai Vinti) → l’impersonalità è espressione del pessimismo, l’illegittimità del giudizio è dovuto all’impossibilità di modificare il reale; Conservatorismo: Verga rifiuta le ideologie progressiste contemporanee, democratiche e socialiste, giudicandole fantasie infantili o inganni capaci di provocare pericolosi rivolgimenti sociali; Dissacrazione del mito populistico: è assente ogni forma di mitizzazione del mondo rurale come anche l’atteggiamento di pietismo sentimentale verso il popolo.

Scrittori naturalisti Scrittori veristi Descrizione ambienti cittadini ottimismo (conoscere la legge dell’ereditarietà e del condizionamento sociale per modificare le condizioni esterne e conseguire la felicità) Fiducia nel progresso Scrittori borghesi che vivono a Parigi in contesto democratico e socialista; Zola è portavoce delle istanze progressiste denunciando la miseria della condizione operaia Il Positivismo influenza il romanzo facendolo diventare sperimentale, importanza del contenuto che è oggetto di “esperimento” La letteratura denuncia uno stato e contribuisce a modificarlo Impersonalità a parte subiecti Descrizione ambienti contadini Pessimismo (la legge dell’ereditarietà e i condizionamenti ambientali sono immodificabili l’uomo non può migliorare il suo destino) Sfiducia, anzi impossibilità di progresso Scrittori meridionali formatisi al nord (nel clima socialista e repubblicano di Milano, Firenze) che parlano del sud arretrato, sono intellettuali conservatori “galantuomini” meridionali Il romanzo deve essere sperimentale nella forma, che ovviamente è impersonale, nella tecnica utilizzata La letteratura non modifica la realtà, può solo studiarla Impersonalità a parte obiecti

Opere narrative naturaliste e veriste Simbolismo ed Estetismo 1865 Edmund e Jules de Goncourt, Germinie Laceteux 1877 Zola, L’Assomoir 1880 Verga, Vita dei campi; Zola, Il romanzo sperimentale 1881 Verga, I Malavoglia 1889 Verga, Mastro don Gesualldo 1873 Rimbaud, Una stagione all’inferno; 1874, Verlaine, Romanze senza parole; 1876 Mallarmé, Il pomeriggio di un fauno 1884 Verlaine, I poeti maledetti; 1884 Huysmans, Controcorrente; 1889 D’Annunzio, Il piacere 1891 Wilde, Il ritratto di Dorian Gray; 1897 Mallarmé, Un colpo di dadi non abolirà mai il caso