Corso Operatore pastorale

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Transcript della presentazione:

Corso Operatore pastorale Introduzione alla Sacra Scrittura

Parola di Dio comunicata attraverso parole umane   Parola “incarnata” e Ispirata: autore divino – umano Parola trasmessa e raccontata: memoria e tradizione Parola “Canonizzata” e Verità (Autore divino) Parola scritta: testo, linguaggio e letteratura (autore umano) Parola di Dio raccontata nella storia

Parola comunicata Parola Comunicata da Dio all’uomo: ispirazione (incontro tra autore divino e autore umano) Verità Canone   Parola Comunicata dall’uomo all’uomo: tradizione e formazione racconto scritto (lingue, testo, traduzioni …) testimonianza

Verità (Dv 11) “Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse stata consegnata nelle Sacre Scritture” (DV, 11) Verità salvifiche

Tradizione e formazione (Dv 7-10) Tradizione orale e scritta La tradizione, struttura umana e della religione La tradizione di Israele La tradizione cristiana La tradizione di Gesù La tradizione degli apostoli La tradizione delle comunità cristiane  Formazione dell’AT e del NT: memoria scritta La formazione dell’AT La formazione del NT   Trasmissione e redazione: testo ed evento

IL CANONE DELLE SCRITTURE Tradizione, Chiesa e Bibbia

La Bibbia come testo normativo La Tradizione apostolica ha riconosciuto con la guida dello Spirito Santo alcuni libri come sacri e ispirati da Dio Canonici significa “normativi”, che regolano la fede; il termine fu applicato a partire dal III secolo Canonico e ispirato quindi coincidono, ma un libro è canonico perché riconosciuto ispirato e non viceversa

Il canone dei libri ispirati, regola della fede Si chiamano protocanonici i libri che sempre e in tutte le comunità cristiane furono ritenuti ispirati Si chiamano deuterocanonici tutti gli altri libri (terminologia dovuta a Sisto da Siena, 1569) La Chiesa ha coscienza di essere aiutata dallo Spirito Santo nel suo discernimento

Storia del canone dell’Antico Testamento La fissazione del canone della Sacre Scritture fu la conclusione di un lungo processo Tradizione ebraica: Legge, Profeti, Scritti Legge (Toràh): Pentateuco attribuito a Mosè; rielaborato nel 700 da Ezechia; fissato da Esdra al ritorno dall’esilio Profeti (Nebi’im): completa verso il 180 a.C.; comprende i libri storici, i tre grandi profeti Isaia, Geremia ed Ezechiele e i dodici profeti minori Scritti (Ketubim): tutti gli altri libri… l’ultimo in ordine di tempo è Sapienza scritto intorno al 50 a.C.

I libri deuterocanonici dell’Antico Testamento Sono: Tobia, Giuditta, Baruc, Ecclesiastico, Sapienza, Maccabei 1 e 2, e frammenti di Ester e Daniele Motivi: nel I secolo d.C. non si accettarono come sacri dagli ebrei libri che non fossero scritti in lingua ebraica, scritti in Palestina e conformi al mondo ebraico; in realtà però i farisei, che erano in maggioranza, erano ostili alla dinastia dei Maccabei ed alla versione greca dei 70 usata dai Cristiani (Scuola di Yamnia 95-100 d.C.) Nel XVI secolo i Protestanti usano il canone ebraico e chiamano apocrifi i libri deuterocanonici

La Tradizione apostolica e il canone dell’Antico Testamento Gli Apostoli ammettevano il canone completo dell’Antico Testamento; ci furono alcune eccezioni teoriche nei secoli III, IV e V, come San Girolamo, ma poi usano i libri come ispirati Per la prima volta fu fissato nel concilio regionale d’Ippona nel 393 con S. Agostino Fu stabilito ufficialmente nel Concilio ecumenico di Firenze nel 1441 Infine il Concilio di Trento con un decreto dogmatico nel 1546 diede una definizione esplicita del canone basandosi sull’uso costante fatto di esso dalla Chiesa

Storia del canone del Nuovo Testamento Fattori che influiscono sul processo: Certezza che Gesù compie le promesse dell’Antico Testamento Provenienza dalla predicazione degli Apostoli Uso nella liturgia e conformità con la fede Accordo con la vita delle comunità e nutrimento di questa vita I libri del Nuovo Testamento son scritti tutti tra il 50 e il 100 d.C. Nel II secolo si forma il corpus di Vangeli e lettere Il canone muratoriano che contiene l’elenco dei libri ispirati è della fine del II secolo

Libri deuterocanonici del nuovo Testamento Tra il III e V secolo sorgono dubbi su: Lettera agli Ebrei, Apocalisse, Giacomo, 2 Pietro, 2 e 3 Giovanni e Giuda Cause: non diffusione in tutte le Chiese e contemporanea diffusione di alcuni libri apocrifi A favore della loro ispirazione sono invece San Clemente di Alessandria, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Girolamo, Sant’Atanasio e il papa Innocenzo I (404) A partire dal 450 il favore è praticamente universale ed è confermato dal concilio di Firenze, Trento, Vaticano I e Vaticano II

Criteri di canonicità La definizione dogmatica del canone biblico fatta nel decreto del 8.4.1546 del Concilio di Trento indica due criteri: L’uso di leggerli nella Chiesa Cattolica La loro presenza nella Vulgata latina In fondo si tratta di un unico criterio: la consuetudine della Chiesa e quindi la Tradizione apostolica: L’origine apostolica (provenienza dalla cerchia degli apostoli) L’ortodossia (il senso dei fedeli dei primi secoli) La cattolicità (erano diffusi in tutte le chiese, uso liturgico) Per i protestanti, non riconoscendo il Magistero, prevalgono criteri soggettivi (fede, consenso pubblico, testimonianza dello Spirito)

I libri apocrifi Apocrifo significa occulto, quindi… falso, quindi… extracanonico, quindi… eretico. I primi apocrifi vennero dagli gnostici combattuti da s. Ireneo nel II e III secolo Successivamente si ebbero apocrifi dall’apocalittica ebraica e di altri I motivi per non considerarli ispirati e canonici sono il fatto che provenivano da autori non sicuri, non avevano una diffusione universale e non avevano un’ origine chiaramente apostolica

Conclusioni L’unico criterio valido, universale, chiaro e infallibile, è la rivelazione divina conservata nella Tradizione viva della Chiesa, e proposta infallibilmente dal Magistero ecclesiastico. “Insieme con la Sacra Tradizione, la Chiesa ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede” (DV, 21)

Parola scritta Testo e Traduzioni Bibbia e letteratura: Lingue Materiali scrittori generi e forme Traduzioni antiche Traduzioni moderne Edizioni critiche

Le lingue della Bibbia Una lingua è un’organizzazione dell’esperienza umana secondo una determinata cultura o visione del mondo I libri dell’AT furono scritti in tre lingue: ebraico(quasi tutto), aramaico (alcuni passi di Daniele e Esdra) e greco (Sapienza e Maccabei 2) Tutto il NT fu scritto in greco (tranne originale aramaico di Matteo, andato perduto) greco della koinè con molti semitismi caratteri greci: logica, visione, soggetto pensante, riflessione caratteri ebraici: dinamismo, udito, soggetto responsabile, obbedienza

I manoscritti, fonti documentali della Bibbia Materiali di scrittura: incisioni su argilla, poi essiccata o su pietra Dall’Egitto: papiro (fibre schiacciate e poi incollate in rotoli, molto deperibili) Dalla Persia: pergamena (pelle conciata e levigata, raccolta in quaderni) Copiature e revisioni non prive di errori o aggiunte Abitualmente per i primi manoscritti di qualche libro antico si ha più di un migliaio di anni passati tra la redazione ed il manoscritto ritrovato

Più importanti manoscritti della Bibbia Fino al secolo scorso si avevano a disposizione manoscritti ebraico della Bibbia del X secolo Due scoperte archeologiche in Egitto e a Qumran ci hanno messo a disposizione papiri del II sec a.C. (contenenti frammenti di quasi tutti i libri della Bibbia, in particolare il Rotolo di Isaia, che è rimasto praticamente identico dopo più di mille anni) Per il NT il più antico è il papiro Ryland del II sec d.C. che contiene alcuni versetti di Giovanni, poi del IV sec ci sono due codici di pergamena che contengono quasi tutto AT e NT in greco, il Vaticano (B) e il Sinaitico (S), poi del V sec l’Alessandrino (A) e il codice di Efraim (C), in greco con quasi tutto anche loro

Storia del testo ebraico dell’Antico Testamento Nel primo periodo si ha la fissazione del testo (fino al I sec a.C. si hanno molte varianti, che non cambiano la sostanza); la traduzione in greco dei settanta presuppone un testo diverso dall’attuale masoretico Nel secondo periodo (dal I sec a.C al VI sec d.C.) si fissano le consonanti del testo Nel terzo periodo (fino al X sec d.C.) si fissano le vocali e gli altri segni per la lettura, lavoro fatto dai masoreti, e da allora in poi si è scritto il testo sempre nello stesso modo Nel 1445 con l’invenzione della stampa si fissa il testo anche tipograficamente. La prima edizione cattolica in ebraico fu quella inserita nella Bibbia Poliglotta Complutense, patrocinata da Cisneros nel 1520; altre importanti poliglotte sono quelle di Anversa (1569-75) e Waltoniana (1655-75)

Storia del testo greco del Nuovo Testamento I libri del NT e le relative copie furono scritti in un primo tempo su papiro (rotolo) e poi su pergamena (codice) La trasmissione del testo si è realizzata sia direttamente (copia del libro), che indirettamente (citazione dei Padri o altri scrittori ecclesiastici) Si hanno 5000 manoscritti antichi in greco, 10000 manoscritti in altre lingue e migliaia di citazioni di scrittori; questo fa in modo che ci siano moltissime varianti (la stragrande maggioranza proveniente dall’epoca precedente la canonizzazione del testo) I primi padri citavano a memoria e la distanza tra redazione del testo e manoscritti è di qualche secolo per cui la situazione impone la necessità della critica testuale

La critica testuale La critica testuale è la disciplina scientifica che ricostruisce il testo originale a partire dalle fonti documentali I criteri soprattutto per il NT sono tre: geografico: variante presente in luoghi lontani tra loro è da preferire genealogico: se tra diverse varianti una ha dato luogo alle altre, è da preferire letterario-stilistico: la più vicina allo stile, all’intenzione ed al contenuto teologico dell’autore sacro E’ una scienza congetturale, ma il testo attuale è solido per la fede

Le traduzioni della Bibbia Settanta in greco (II sec a.C.) siriaco e latino antiche… Vulgata di S. Girolamo (IV sec d.C.) dall’ebraico Sixto-Clementina, ufficiale dopo il Concilio di Trento Neo-Vulgata voluta da Paolo VI nel Concilio Vaticano II e pubblicata da Giovanni Paolo II nel 1979

Conclusioni L’integrità del deposito della rivelazione contenuta nella Bibbia è un fatto storico non solo attestato dal Magistero, ma sostenuto dalla conoscenza storica a partire dai manoscritti più antichi La Neo-Vulgata latina non è una traduzione tra le altre ma è punto di riferimento per i testi destinati al culto e per gli studi biblici

La biblioteca di Dio I supporti materiali

La forma del libro Modalità di scrittura Materiale scrittorio Sistemi di suddivisione

1. La forma del libro La Parola che si fa carne non è soltanto una formula teologica, ma anche l'enunciazione di un principio massmediologico molto importante: il messaggio non può prescindere dal supporto materiale che lo veicola. La Parola di Dio si incarna nel senso che presuppone l'uso di supporti di diffusione concreti. C'è un'evidente linea evolutiva che, partendo da quelli che potremmo definire dei piccoli block notes, passa attraverso i pratici e funzionali codici di papiro per giungere, a partire dal IV ai grandi codici onciali e ai sontuosi manoscritti medievali. Come sempre succede, anche il libro biblico subisce un processo di simbolizzazione: da semplice strumento diventa rappresentazione simbolica della Parola divina. La Bibbia cristiana è composta da Antico (o Primo) Testamento e Nuovo Testamento. La divisione tra le due unità è percepibile dalla stessa differenza linguistica: mentre i libri del Primo Testamento sono in grandissima misura redatti in lingua ebraica – con qualche pagina in aramaico –, quelli del Nuovo sono redatti in greco. Inoltre la storia della loro trasmissione testuale è profondamente diversa, già a partire dalla stessa forma del libro.

Rotolo – volumen Gli scritti del Primo Testamento vennero affidati a dei ‘volumi’, cioè a dei rotoli, in cui il materiale scrittorio viene arrotolato su un bastoncino, il capitolum. Concretamente, si usavano dei singoli fogli incollati in successione, fino a formare una lunga striscia che si avvolgeva appunto attorno al bastoncino. Ecco la ragione del termine latino volumen (ciò che è avvolto). Un rotolo di papiro A. Foglio B. Protocollo C. Fogli verticali D. Fogli orizzontali di pergamena E. Giunture F. Bastoncini di forma rotonda G. Capitolum

Di fatto, per ragioni di comodità nel maneggiare il volume, si preferiva avere rotoli non troppo lunghi, sicché il normale rotolo letterario greco raramente superava i dieci metri. Si capisce così anche la ragione per cui le opere letterarie antiche di considerevole ampiezza venivano divise in libri, e questi, a loro volta, in capitoli. Bisogna poi notare che il rotolo presentava una scrittura in colonne, per lo più riservata al solo interno perché non si rovinasse durante lo svolgimento e il riavvolgimento del rotolo.

Codice in papiro – codex L’epoca del Nuovo Testamento viene dunque a coincidere con quella dell’innovazione libraria del codice, ossia del libro redatto in fogli singoli, tra loro rilegati e non avvolti. Questa era una grande conquista, poiché il libro poteva essere scritto su entrambi i lati della pagina, girato con una mano sola, ed era utilizzabile con estrema celerità, per cui si poteva passare in un solo istante da una pagina ad una molto più lontana, ciò che sarebbe risultato impossibile con la forma del rotolo. Ne risultava una grande facilità nella consultazione di passi a scopo argomentativi; inoltre si potevano unire fra di loro vari libri, non più separati in singoli codici. Praticità ed economicità favorirono la prontissima diffusione della forma del codice, subito assunta dai cristiani. Non si vuole con ciò affermare che gli scritti neotestamentari siano stati già per la prima volta redatti in codice, ma che la loro copiatura e trasmissione preferì ben presto la forma del codice, per i vantaggi di cui sopra. Segnaliamo in particolare come la tecnica libraria del codice permettesse di raccogliere in unità tutti i vangeli o tutte le lettere di Paolo, e lo stesso si dice per grandi blocchi del Primo Testamento tradotto in greco. Sulla scia di una forma libraria avanza pure un modo diverso di leggere e di interpretare; così la Bibbia cristiana, che appare in forma di codice, pretende in qualche modo di essere riconosciuta come unitaria, secondo la dialettica promessa/compimento. Questa visione unitaria è meno evidente se si ha a che fare con la forma dei rotoli, ricordando che rotoli troppo voluminosi non solo maneggiabili e sono delicati da custodire. Sostanzialmente, si giungerà ad avere in rotolo la Tôrāh, ma non l’intera TaNaK.

Come si legge un papiro? Clicca qui Alcuni dati percentuali risultano interessanti: tra I e III/IV secolo, dei libri con testi AT-NT e letteratura religiosa, il 24% è su rotolo, il 64,5% su codice di papiro e il 11,5% su codice di pergamena. Il rotolo scompare rapidamente e tra IV e V secolo si attesta su percentuali molto basse (AT: 6,8%; NT: 3,6%; letteratura patristica varia, preghiere, inni, agiografia: 13,5%). Tra i più antichi codici cristiani ricordiamo: Papiro Rylands III 457 (p52) Papiro Bodmer II (p66) Papiro Chester Beatty II (P46) Papiro Chester Beatty I (P 45) Come si legge un papiro? Clicca qui

Papiro Rylands III 457 (p52) Conservato presso la John Rylands Library di Manchester, è il più antico manoscritto del NT (risale al 125  d.C). Secondo Metzger questo frammento ha valore probatorio come un intero codice. Questi pochi frammenti sono sufficienti a provare che il Vangelo di Giovanni, scritto probabilmente in Asia, era già conosciuto nella valle del Nilo, verso il 120–130, e non è quindi di composizione tardiva. Le dimensioni originarie dovevano essere mm. 213 x 180, con 18 righe per pagina su unica colonna di circa cm. 16 x 14 Recto: Gv 18:31-33 Verso: Gv 18:37-38

Papiro Bodmer II (p66) Conservato in parte in Svizzera presso la Biblioteca Bodmeriana di Cologny (papiro P.Bodmer II), in parte a Colonia (Inst. f. Altertumskunde, Inv. Nr. 4274/4298) e in parte alla Chester Beatty Library di Dublino, il papiro 66 risale circa al 200 (qualcuno lo colloca tra il 100 e il 150). È un codice papiraceo in maiuscolo pubblicato tra il 1956 e il 1958. Misura 15,2 x 14 cm e consta di sei fascicoli, di cui restano 104 pagine. Nel 1958 vennero ritrovate altre 46 pagine che appartenevano originariamente al papiro. Contenuto: quasi per intero il Vangelo di Giovanni dal cap. 1 al cap. 14 e frammenti dei capitoli successivi. Gv 1:1-14

Papiro Chester Beatty II (P46) Conservato in parte presso la Biblioteca Ann Arbor dell’Università del Michigan (P.Mich. inv. 6238) e in parte alla Chester Beatty Library (P. Chester Beatty II), il papiro P46 è il più antico manoscritto delle lettere paoline, databile attorno al 200 e si compone di 86 fogli. Contenuto:  stralci delle lettere di Paolo: Romani; I e II Corinzi; Galati; Efesini; Filippesi; Colossesi; I Tessalonicesi. Contiene anche la lettera agli Ebrei, la cui canonicità si affermò più lentamente rispetto alle altre lettere del corpus paolino.

Papiro Chester Beatty I (P45) Conservato in parte presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna (Pap. Vindob. G. 31974) e in parte alla Chester Beatty Library (P. Chester Beatty I), il papiro P45 risale al 200-250 d.C. Contenuto: stralci Matteo, Marco, Luca, Giovanni e Atti degli Apostoli.

Come si legge un manoscritto Clicca per accedere Numeri pagina Titolo Nomina sacra Correzioni Abbreviazioni

2. Modalità di scrittura I manoscritti biblici hanno in comune con gli altri manoscritti antichi il fatto di adottare la scriptio continua. I manoscritti greci (sia maiuscoli che minuscoli), come pure quelli ebraici medievali, presentano infatti una spaziatura inesistente o molto ridotta tra una parola e l’altra, fino a creare non pochi problemi di suddivisione delle parole. La ragione di ciò è chiaramente quella del risparmio di materiale scrittorio. Esempio di scriptio continua (scrittura maiuscola)

Se i problemi si pongono con il greco, sono ancora più acuti per il testo ebraico, che propriamente non è vocalizzato, dove identificare la radice è essenziale. Proprio per questo i manoscritti ebraici in grafia paleoebraica trovati a Qumran adottano spesso dei punti di separazione tra i vari lemmi; d’altra parte, proprio il rotolo di rame rinvenuto a Qumran mostra invece una scrittura continua. Se le vocali del testo ebraico compaiono solo nell’VIII sec., più tardivi ancora sono gli accenti. Manoscritto ebraico con scriptio continua Il rotolo di rame rinvenuto a Qumran

Per quanto riguarda i manoscritti greci, essi sono scritti in caratteri onciali, cioè in maiuscolo senza accenti, senza spiriti o segni diacritici, introdotti dal sec. VII e divenuti usuali solo dal IX, epoca in cui si affermò anche per i testi letterari la scrittura minuscola, che presente caratteri corsivi più piccoli e legati fra loro, con frequenti abbreviazioni. La sua praticità portò a soppiantare la maiuscola: la scrittura più veloce diminuiva i tempi e i prezzi della copiatura; anche il materiale scrittorio necessario era quantitativamente inferiore. Purtroppo l’imporsi della scrittura minuscola determinò la perdita di molti manoscritti maiuscoli più antichi, pur conservando il loro contenuto. Codice greco con caratteri onciali (si noti l’assenza di accenti, spiriti e segni diacritici)

3. Materiali scrittorio Anche se il materiale scrittorio può essere in alcuni casi la pietra, il rame e le tavolette d’argilla, non c’è dubbio che il più usato era il papiro. Esso proviene dalla pianta erbacea detta scientificamente Cyperus papyrus, dell’ordine delle Ciperacee. Questo vegetale è caratterizzato da uno stelo molto lungo e da un pennacchio abbondante, che si apre a forma di sfera costituita di numerosissimi filamenti. È pianta che richiede clima caldo e acqua abbondante, perciò è diffusa nelle paludi del Nilo. Per fabbricare i fogli di papiro si procedeva in questo modo. Si estraevano dal fusto le fibre interne, a volte lunghe fino a cinque metri; venivano poi disposte su un tavolato fino a formare un primo strato di fibre. Un secondo strato veniva formato con altre fibre disposte e incollate sulle precedenti ad angolo retto. Si formava così un foglio che i greci chiamavano kártês. Su una facciata di questo foglio si scriveva in colonne – la cui ampiezza variava secondo le mode e i luoghi –, seguendo la direzione delle fibre, cioè sulla facciata dove esse erano poste orizzontalmente rispetto alla scrittura; questo lato veniva detto anche, in latino, recto; l’altro lato, dove le fibre sono in posizione verticale, veniva detto verso. Si comprende come mai solitamente si scrivesse solo su una facciata, e cioè sul recto.

Fasi di preparazione del foglio di papiro 1 2 Fasi di preparazione del foglio di papiro 3 4

Fasi di preparazione del foglio di papiro 5 6 7 Fasi di preparazione del foglio di papiro

Pelle di pecora da cui si ricava la pergamena Al papiro si affianca la pergamena, che tende progressivamente a soppiantarlo, specie nelle zone in cui era difficile procurarsi il papiro. La ragione del successo della pergamena sta però nel fatto che essa è materiale molto più resistente e duraturo, particolarmente adatto ad accogliere la scrittura su entrambe le facciate, mentre il papiro, sul lato presentante la direzione verticale delle fibre presenta una superficie meno soddisfacente per i bisogni della scrittura. D’altra parte la pergamena ha i suoi svantaggi: l’alto costo, il fatto che i bordi dei fogli tendano a raggrinzirsi e a diventare rugosi e, per quanto riguarda la lettura – come già osservava Galeno – la superficie lucida della pergamena affatica molto di più la vista, rispetto al papiro. La pergamena consente la produzione dei grandi codici onciali greci. (vedi qui i più famosi) Pelle di pecora da cui si ricava la pergamena

CODEX SINAITICUS (א 01) Pergamena, 38.1 x 33.7-35.6 cm. Quattro colonne di 48 linee ognuna. Inchiostro marrone chiaro. Contiene Antico e Nuovo Testamento (contiene anche la Lettera di Barnaba e il Pastore di Erma). Il numero totale di fogli è 346.5, di cui 199 per l’Antico Testamento (compresi I libri apocrifi) e 147.5 per il Nuovo Testamento (comprese la Lettera di Barnaba e il Pastore di Erma). Presenta la scriptio continua. Accenti e spiriti sono assenti. Le citazioni dell’Antico Testamento non sono riportate.

CODEX ALEXANDRINUS (A 02) Pergamena, 32.1 cm. x 26.4 cm. Due colonne di 46-52 linee ciascuna. Inchiostro marrone. Contiene Antico e Nuovo Testamento (contiene anche la I e II Clemente). Il numero totale dei fogli è 773, di cui 143 appartengono al Nuovo Testamento. Presenta la scriptio continua. Gli accenti sono assenti e gli spiriti rari. Vengono indicate le citazioni dall’Antico Testamento. Si ritiene che il codice sia il frutto del lavoro di cinque copisti (I-V). L’Antico Testamento è stato copiato da due mani (I e II), il Nuovo da tre (III, IV e V).

CODEX VATICANUS (B 03) Pergamena, 27-28  x 27-28 cm. Tre colonne di 40-44 linee ognuna. Inchiostro marrone. Contiene Antico e Nuovo Testamento (quest’ultimo termina con Ebrei 9,14). I fogli sono 759, di cui 142 per il Nuovo Testamento. Presenta la scriptio continua. Gli accenti e gli spiriti sono stati aggiunti da una mano posteriore. Vengono riportate le citazioni dall’Antico Testamento. Il codice è il risultato del lavoro di due scribi, spesso chiamati A e B. Il Nuovo Testamento fu copiato più tardi. Due correttori, uno quasi coevo agli scribi e l’altro più tardo di 10-11 secoli, hanno introdotto le correzioni nel manoscritto.

CODEX BEZAE CANTABRIGIENSIS (D 05) Pergamena, 25.8-26.7 x 17-22.9 cm. Una colonna con 33 linee per pagina. Inchiostro marrone. Contiene i Quattro Vangeli e gli Atti in greco e in latino. Il testo greco è sulla sinistra e il latino sulla destra. Sembra che in origine il codice contenesse le lettere cattoliche, mentre il finale di 3 Giovanni è collocato prima dell’inizio di Atti. Il numero totale di fogli è 510. Presenta la scriptio continua. Gli accenti e gli spiriti sono assenti. Le citazioni dell’Antico Testamento non sono riportate

4. Sistemi di suddivisione La ripartizione dei testi di tutti i libri della Bibbia in capitoli risale all’età medievale, per mano del vescovo inglese Stephen Langton (le proposte di datazione oscillano tra il 1214 e il 1228, anno della sua morte). Il primo a dividere i capitoli in versetti fu Sante Pagnini, nel 1527. La sua divisione per l'Antico Testamento è rimasta; quella del Nuovo fu cambiata dal francese Robert Estienne (detto latinamente Stephanus) nella sua edizione greca del 1551, e da allora si è affermata. Non sempre è rispettosa dello sviluppo logico dei testi, ma è utile per identificare con esattezza e sinteticamente i passi. Stephen Langton Robert Estienne

Bibbia di Sante Pagnini del 1527 Bibbia di Sante Pagnini del 1527. Sono chiaramente visibili i numeri che indicano i versetti

Edizione del Nuovo testamento di Robert Stephanus

Compiti Lettura completa della Dei Verbum Lettura completa della Verbum Domini Esercizio pratico: confronto tra traduzioni in italiano (scegliere 3 testi dell’AT e 3 del NT e fare un confronto tra le traduzioni in italiano, tra le Bibbie in possesso o cercando su Internet)