Sonetos del amor oscuro

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Transcript della presentazione:

Sonetos del amor oscuro Federico García Lorca e San Juan de la Cruz

Lorca, i sonetti, San Juan de la Cruz È tipico della poesia spagnola di questi anni evocare, assimilare, stilemi e figurazioni della tradizione lirica “aurea”, da Garcilaso a Quevedo, Góngora, Soto de Rojas, per sottoporli a una radicale rivisitazione. Sono sempre questi gli autori di riferimento per i nuovi “sonettisti”, anche se San Juan de la Cruz finisce per occupare una posizione privilegiata perché offre loro la sintesi più radicale e originale di tradizioni amorose diverse e distanti tra loro (profana, mistica, occidentale, orientale...). I sonetti di Lorca, in particolare, evocano, oltre a quello giovanneo, una serie di modelli poetico-compositivi stranieri, tutt’altro che ignoti alla tradizione lirica ispanica (amor cortese, poesia petrarchista, Shakespeare).Tali modelli sono recuperati non per essere imitati ma per essere reinventati. Come vedremo diversa, se non addirttura opposta, è la filosofia dell’amore che ispira il dettato lorchiano; necessariamente diversa, e diversamente inesprimibile, l’esperienza amorosa a cui esso è rivolto. Shakespeare è l’altro poeta di riferimento per questa ultima poesia amorosa lorchiana. Lorca stesso dichiara più volte di essere impegnato nella realizzazione di un libro di sonetti, un canzoniere, simile a quello del poeta inglese. “Cien sonetos –dice agli amici –como los de Shakespeare!!!” Lorca fu un grande estimatore della poesia di San Juan de la Cruz. Manifesta nei confronti della lirica del Carmelitano una vera e propria venerazione, di cui lascia esplicita testimonianza in due importanti conferenze: Imaginación, inspiración, evasión (1928) e Juego y teoría del duende (1933). . Sonetos del amor oscuro Testo incompleto. Pubblicato postumo. I sonetti che lo compongono sono stati creati tra il 1935 e il 1936. Sono di tema amoroso. Strutturalmente riproducono uno schema verisificatorio e strofico assolutamente tradizionale. Lorca aveva, già in passato, composto sonetti, ma in una forma piuttosto irregolare (in versi alessandrini, oppure combinando endecasillabi e alessandrini ). Ritorno alla forma classica, al sonetto, dopo anni di sperimentazione e ampia libertà formale. Nella raccolta lirica La soledad sonora (1911), che abbiamo da poco commentato, Jiménez oscilla tra schemi versificatori e strofici tradizionali e puntuali rotture degli stessi. Lorca opta, in questo caso, per una modalità sonettistica in tutto e per tutto aderente allo schema classico. Ciò è però vero da un punto di vista puramente formale. Dal punto di vista dei contenuti, la materia amorosa è invece trattata in modo assolutamente originale e personale. Molti altri poeti si dedicano in questo stesso biennio alla forma sonetto (Luis Rosales, Abril, 1935; Miguel Hernández, El rayo que no cesa, 1936; Germán Bleiberg (Sonetos amorosos, 1936; Gerardo Diego, Alondra de verdad, pubblicato nel 1941).

...poesía es : “Ciervo vulnerado” En Imaginación, inspiración, evasión il poeta dichiara: “Góngora es el perfecto imaginativo, el equilibrio verbal y el dibujo concreto. No tiene misterio ni conoce el insomnio. En cambio San Juan de la Cruz es lo contrario, vuelo y anhelo, afán de perspectiva y amor desatado. Góngora es académico, el terrible profesor de lengua y poesía. San Juan será para siempre el discípulo de los elementos, el hombre que roza los montes con los dedos de sus pies”. En Juego y teoría del duende si legge: “La musa de Góngora y el ángel de Garcilaso han de soltar la guirnalda de laurel cuando pasa el duende de San Juan de la Cruz, cuando : El ciervo vulnerado/ por el otero asoma”. Alberto F. Rivas riferisce che, nel 1933, Lorca definì così la poesia : “Poesía es la unión de dos palabras que uno nunca supuso que pudieran juntarse, y que forman algo así como un misterio; y, cuando más las pronuncia, más sugestiones acuerda; por ejemplo...poesía es “Ciervo vulnerado”. I sonetti lorchiani non sono, tuttavia, sostenuti da alcuna inclinazione o tensione mistica. In essi il poeta dà voce a un sentimento amoroso, a una passione, sì indicibile, ma perché clandestina, perché l’amato è irraggiungibile, forse anche non corrisposta, infine perché censurabile dalle convenzioni sociali del tempo. Una passione, insomma, fondamentalmente infelice, frustrata, negata. Nessun momento davvero unitivo viene celebrato in questi versi, nessuna “fiamma viva”. Quella della passione lorchiana è ”llaga” pura e “de amor viva” (e non “llama de amor viva”). Sappiamo, del resto, che l’amato a cui Lorca si rivolge in questi sonetti è Rafael Rodríguez Rapún, il segretario della Barraca, al momento lontano, distante (forse anche sentimentalmente) dal poeta. Che il destinatario sia “altro” dall’amata idealizzata dell’”amor cortese” o della poesia mistica è intuibile anche dall’esplicito e ripetuto richiamo al modello shakesperiano con cui Lorca annuncia la futura pubblicazione dei suoi sonetti. Quelli del poeta inglese hanno, in effetti, come dedicatario un giovane amante (anche se la dinamica amorosa si sviluppa poi, di fatto, attraverso una triangolazione tra il poeta, un giovane e una misteriosa “dark lady)”. Lorca torna, dunque, alla poesia di San Juan de la Cruz per ammirazione personale ma anche come modello (di espressività polisemica e alta tensione lirica) a cui ispirarsi per dare corpo alla propria intensa, contraddittoria, inconfessabile (dati i tempi) esperienza amorosa.

Llagas de amor A livello lessicale-semantico: Evidenze formali utili per ricostruire il dialogo intertestuale (per affinitá e/o contrasto) tra il testo lorchiano e quelli giovannei: A livello lessicale-semantico: oscillazione llaga/llama; polarità antitetiche: qui “cama de herido” /”lecho florido” (in Canciones) “lúbrica tea” (Lorca) / lámpara de fuego (“¡Oh llama...! “ San Juan) “Son guirnalda de amor” (intreccio angoscioso in Lorca)/”haremos las guirnaldas” (intreccio esaltante in “Canciones...”) Las ruinas de mi pecho hundido (in Lorca)/de mi alma en el más profundo centro (“ìOh llama....”!) Amarga ciencia (Lorca) / ciencia muy sabrosa (Canciones). Elocutio: Tono esclamativo, esultante e significativa frequenza del ricorso all’apostrofe nel testo giovanneo/ tono angosciato, assenza della exclamatio, dell’apostrofe in questo lorchiano. Conclusioni In questo sonetto, in modo particolare, si assiste all’inversione di segno (dal mistico all’umano-terreno) operata dal poeta andaluso nei confronti di alcune mmagini o figurazioni giovannee. Come osserva giustamente C. de Paepe: “A cada elemento de cántico divino y espiritual sanjuanista se puede oponer otro lorquiano, puramente humano y sensitivo”. Alla presenza corrisponde l’assenza, all’esultazione l’angoscia, all’amore che cura, l’amore che avvelena. Esta luz, este fuego que devora, este paisaje gris que me rodea, este dolor por una sola idea, esta angustia de cielo, mundo y hora, este llanto de sangre que decora lira sin pulso ya, lúbrica tea, este peso del mar que me golpea, este alacrán que por mi pecho mora, son guirnalda de amor, cama de herido, donde sin sueño, sueño tu presencia entre las ruinas de mi pecho hundido. Y aunque busco la cumbre de prudencia me da tu corazón valle tendido con cicuta y pasión de amarga ciencia

Il sonetto epistola El poeta pide a su amor que le escriba o Soneto de la carta Amor de mis entrañas, viva muerte, en vano espero tu palabra escrita y pienso, con la flor que se marchita, que si vivo sin mí quiero perderte. El aire es inmortal. La piedra inerte ni conoce la sombra ni la evita. Corazón interior no necesita la miel helada que la luna vierte. Pero yo te sufrí. Rasgué mis venas, tigre y paloma, sobre tu cintura en duelo de mordiscos y azucenas. Llena, pues, de palabras mi locura o déjame vivir en mi serena noche del alma para siempre oscura. . Evidenze formali A livello lessicale-semantico: Oscillazione amor/morte (“Mas ¿cómo perseveras,/oh vida, no viviendo donde vives...” in San Juan, “viva muerte” in Lorca “), oscillazione che raggiunge la massima intensità nell’ultimo verso della medesima prima strofa ( “que si vivo sin mí quiero perderte”) “con la flor que se marchita” (Lorca)/prado de verduras/y flores esmaltado” (San Juan de la Cruz). Il passaggio dell’Amato lascia dietro di sé una prodigiosa fioritura nelle Canciones...; l’assenza dell’amato -la risposta mancata- si materializza verbalmente nell’espressione “con la flor que se marchita”; “azucenas” (“En el pecho florido.../dexando mi cuidado entre las açucenas olvidado” in San Juan), sanguinoso duello di gigli e morsi in Lorca; “noche oscura/noche serena”: in San Juan la “noche oscura” diventa serena quando si realizza l’unione tra l’amato e l’Amado, in Lorca la “noche serena” è l’approdo possibile e auspicato se, non ottenendo risposta dall’amato, il poeta saprà rassegnarsi a vivere in una irredimibile e perpetua oscurità. A livello di elocutio: L’Io poetico delle Canciones giovannee e l’io poetico di questo sonetto-epistola rispondono ad uno stesso intenso sentimento dell’assenza e di ricerca dell’”altro”.Entrambi gli “io” sentono sprigionarsi dal proprio centro intimo (l’anima per San Juan, le “viscere”, entrañas, per Lorca), la forza incontenibile della passione e interpellano l’altro (il “tu”). Entrambi implorano la presenza dell’altro: in Canciones con pressanti invocazioni (“y vèante mis ojos”, “Descubre tu presencia”, “formases de repente/los ojos deseados”), in Lorca con l’appassionata e forse scoraggiata richiesta di “palabras” indirizzata al partner lontano.

Il sonetto prologo ¡ Ay voz secreta del amor oscuro! ¡Ay voz secreta del amor oscuro ¡ay balido sin lanas! ¡ay herida! ¡ay aguja de hiel, camelia hundida! ¡ay corriente sin mar, ciudad sin muro! ¡Ay noche inmensa de perfil seguro, montaña celestial de angustia erguida! ¡ay perro en corazón, voz perseguida! ¡silencio sin confín, lirio maduro! Huye de mí, caliente voz de hielo, no me quieras perder en la maleza donde sin fruto gimen carne y cielo. Deja el duro marfil de mi cabeza, apiádate de mí, ¡rompe mi duelo! ¡que soy amor, que soy naturaleza! Unico sonetto sprovvisto di titolo e, forse per questo, considerato centrale e con funzione di prologo rispetto ai restanti. Evidenze formali: A livello lessicale e semantico: Le diverse declinazioni dell’”oscuro” qui modulate da Lorca, in associazione o no alla “noche”, richiamano lo spazio interiore, quel centro profondo dell’anima, da cui parte l’avventura mistico-passionale liricamente decantata dal Carmelitano. Pur procedendo per piani ideali e concettuali distanti o addirittura opposti, i due poeti concordano nell’attribuire una funzione euristica e creativa all’oscurità. “no me quieras perder” (Lorca)/no quieras decillo...no quieras enviarme...no quieras despreciarme (Canciones...). Perifrasi latinizzante di memoria cinquecentesca, ampiamente utilizzata da San Juan de la Cruz in Canciones... A livello di elocutio: Comune ai due poeti è la voce e il linguaggio del dire “interiore”. La peculiare ineffabilità della passione che è all’orgine di entrambe le ispirazioni poetiche (quella mistica di San Juan de la Cruz e quella umano-terrena di Lorca) rende inevitabile il ricorso frequente a antitesi, ossimori, sinestesie, in forma isolata o per strofe intere. In entrambi i casi colpisce l’intensità e la frequenza di tali figure retoriche. Quelle lorchiane si distinguono per l’ancor più radicale e drammatica ambivalencia (“caliente voz de hielo”). Enumerazioni di antitesi, opposizioni e ossimori: due strofe in Canciones (¡Mi amado, las montañas...)/due strofe in questo sonetto (“¡Ay voz secreta del amor oscuro…”). Casi isolati: “donde sin fruto gimen carne y cielo”, “caliente voz de hielo”

Conclusione In questi sonetti Lorca mostra di aver perfettamente assimilato tecnica e spirito immaginativo del poeta carmelitano e di volersene appropriare per dar voce alla propria personale, drammatica, esperienza amorosa, senza perciò rinunciare “a la exaltación del amor en su plena realización erótica”, né “mostrar tampoco una actitud de rechazo contra la experiencia mística” (Juan Matas Caballero). Una speciale tensione erotico-spirituale, una suggestiva atmosfera di dannazione celestiale, si irradiano, di fatto, da questi versi, la cui impeccabile compostezza formale è indice dello straordinario talento di cui ha sempre dato prova il poeta nel sottomettere gli impulsi della propria libera, profonda, ispirazione ai rigori e alla grazia di una sublime logica poetica. BIBLIOGRAFIA F. García Lorca, Obras Completas, ed. De M. García-Posada, Barcelona, Galaxia Gutemberg-Círculo de Lectores, 4 voll., 1997. G. Morelli (ed.), Federico García Lorca. Saggi critici nel cinquantenario della morte, Fasano, Schena Ed., 1988. F.García Lorca, Sonetti dell’amor oscuro e altre poesie inedite, studio critico, trad. E note diM. Socrate, Milano, Garzanti, 1985. J. Matas Caballero, Federico García Lorca frente a la tradición literaria: voz y eco de San Juan de la Cruz en los “Sonetos del amor oscuro”, in “Contextos”, XVII-XVIII/33-36, 1999-2000, pp. 361-384. F. J.Diez de Revenga, La tradición áurea. Sobre la recepción del Siglo de Oro en poetas contemporáneos, Madrid, Bibliotheca Nueva, Madrid, 2003. L. Frattale, Sobre la oscuridad melancólica de los sonetos amorosos de Federico García Lorca, in “Actasdel XVI Congreso de la Asociación Internacional de Hispanistas”, ed. De P. Civil, F. Crémoux, Madrid-Frnakfurt am Main, Iberoamericana-Vervuert, 2010, pp. 174-183.