La morte di Tantalo di Sergio Corazzini

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Transcript della presentazione:

La morte di Tantalo di Sergio Corazzini Poesia multimediale di Biagio Carrubba

La morte di Tantalo della fontana nella vigna d’oro. (Testo della poesia ) La morte di Tantalo Noi sedemmo sull’orlo della fontana nella vigna d’oro. Sedemmo lacrimosi in silenzio. Le palpebre della mia dolce amica si gonfiavano dietro le lagrime come due vele dietro una leggera brezza marina.   Il nostro dolore non era dolore d’amore né dolore di nostalgia né dolore carnale. Noi morivamo tutti i giorni cercando una causa divina il mio dolce bene ed io.

e la causa della nostra morte non era stata rinvenuta. (testo della poesia) Ma quel giorno già vania e la causa della nostra morte non era stata rinvenuta.   E calò la sera su la vigna d’oro e tanto essa era oscura che alle nostre anime apparve una nevicata di stelle. Assaporammo tutta la notte i meravigliosi grappoli. Bevemmo l’acqua d’oro, e l’alba ci trovò seduti sull’orlo della fontana nella vigna non più d’oro.

Ultima poesia di Sergio Corazzini scritta nella primavera del 1907, Testo della poesia O dolce mio amore, confessa al viandante che non abbiamo saputo morire negandoci il frutto saporoso e l’acqua d’oro, come la luna.   E aggiungi che non morremo più e che andremo per la vita errando per sempre. Ultima poesia di Sergio Corazzini scritta nella primavera del 1907, prima di morire nel giugno del 1907.

Noi (arrivammo) e sedemmo sull’orlo della fontana nella vigna d’oro. (Parafrasi della poesia). La morte di Tantalo.   Noi (arrivammo) e sedemmo sull’orlo della fontana nella vigna d’oro. Sedemmo in silenzio con le lagrime agli occhi. Le palpebre della mia dolce amica si gonfiavano dietro le lagrime come due vele si gonfiano dietro una leggera brezza marina. Il nostro dolore non era dolore d’amore né era dolore di rimpianto né era dolore di passione materiale. Noi, il mio bene ed io, morivamo ogni giorno cercando una causa divina.

Ma quel giorno già finiva e la causa della nostra morte La morte di Tantalo (Parafrasi della poesia) Ma quel giorno già finiva e la causa della nostra morte non era stata trovata.   E la sera scese sulla vigna d’oro e tanto essa era scura che una nevicata di stelle apparve ai nostri occhi. Mangiammo per tutta la notte i dolcissimi grappoli. Bevemmo l’acqua chiara, e l’alba ci trovò seduti sull’orlo della fontana nella vigna non più d’oro.

Mangiammo per tutta la notte i dolcissimi grappoli. Bevemmo l’acqua chiara, e l’alba ci trovò seduti sull’orlo della fontana nella vigna non più d’oro.   O dolce mio amore, dì al passeggero, che non abbiamo saputo morire, (perché abbiamo mangiato i grappoli d’uva) mentre da ora ci negheremo il grappolo saporoso e l’acqua chiara. E aggiungi di dire al passeggero che non morremo più e che andremo verso la vita (beata) girando per l’eternità. (Parafrasi della poesia)

Il tema della poesia. Il tema della poesia è quello particolare della reverie, cioè del sogno (abbandono fantastico) che preannuncia la vita eterna. La poesia percorre, in modo onirico e in modo intuitivo, il percorso che va dalla fine della vita alla morte. Corazzini descrive questo percorso sintetizzando e unendo due miti: il mito di Adamo ed Eva e il mito di Tantalo. Corazzini non nomina i due miti ma costruisce su di essi l’ultima sua poesia dandogli una caratterizzazione mitica e favolistica.

Il poeta immagina di arrivare nel luogo della partenza per la morte: esso è una vigna d’oro dove c’è una fontana con l’acqua chiara e splendente. Il poeta vi arriva insieme al suo bene più prezioso: la sua donna amata; ma potrebbe essere sia la sua anima o sia la sua poesia. Dunque il poeta e la sua donna amata giungono nel paradiso terrestre in una vigna color giallo dovuto all’uva bionda e gialla e all’acqua chiara della fontana. Si siedono sull’orlo della fontana e hanno gli occhi gonfi di lagrime, come due vele che si gonfiano di brezza marina.

Il poeta dice che il loro dolore non è dolore né d’amore né di rimpianto, né di passione. Essi cercano di dare alla loro morte una causa divina. Ma il giorno finisce e loro non riescono a trovare il motivo della loro morte. La sera scese sulla vigna d’oro, e oscurò tutto tanto che essi videro uno scintillio di stelle. Allora mangiarono i grappoli d’uva e bevvero l’acqua chiara della fontana e il giorno seguente si trovarono seduti sull’orlo della stessa. A questo punto il poeta riconosce lo sbaglio di aver mangiato i grappoli d’uva, il che li riporta sulla terra. Capisce che la vera strada è quella di abbandonare la vita terrena e guardare alla vita beata, per cui il poeta invita la sua amica a dire ai passeggeri che loro non hanno saputo morire poiché hanno mangiato il frutto proibito, mentre è necessario rinunciare ai beni materiali e terreni.

Corazzini sintetizza con questa ultima poesia il senso favolistico e fantastico della sua breve vita terrena e lo fa contrapponendosi ai miti della Bibbia e al mito di Tantalo. Mentre Adamo ed Eva non ubbidirono alla legge divina che gli imponeva di non mangiare la mela, quindi preferendo i beni terreni alla vita felice del paradiso terrestre, cosi anche Tantalo, sfidando gli Dèi, fu condannato nell’Ade a non poter né mangiare né bere benché immerso nell’acqua e con frutti che pendevano sul suo capo perché, a ogni suo tentativo, le acque si ritiravano e i frutti gli sfuggivano; così invece non accadrà a Lui e alla sua dolce amica perché non mangiando i grappoli d’uva e non bevendo l’acqua d’oro della fontana essi hanno rinunciato ai beni terreni ma hanno ottenuto in cambio la vita eterna.

Il genere della reverie è uguale alla poesia “Chiare, fresche e dolci acque” di Francesco Petrarca dove il poeta sogna di incontrare, sulla sua tomba, Laura che intercede con Dio per la propria salvezza. Inoltre si può dire che gli ultimi tre versi fanno il controcanto del girovagare in eterno di Paolo e Francesca nell’inferno, stupendamente delineati e resi immortali da Dante, mentre Corazzini prefigura il loro errare nel regno di Dio.  

Corazzini, nella poesia, sostiene che non si conosce mai la causa della morte e afferma che la morte non ha una causa divina, ed indica la strada della salvezza eterna dicendo che solo rinunciando ai piaceri terreni si può conquistare la vita beata e per ottenere ciò è necessario obbedire alle leggi dell’anima e non alle bramosie del corpo. Corazzini, nell’imminenza della propria morte e in una visione metafisica della vita eterna, lancia il suo monito ai viventi, cioè quello di non attaccarsi ai piaceri carnali e ai beni terreni, ma di seguire la vita dell’anima. E Corazzini dice tutto questo non nominando mai né Dio né la Chiesa, ma lo dice soltanto col suo linguaggio poetico costruito su simboli cristiani, come la vigna d’oro che è il simbolo del paradiso terrestre. Anche l’espressione “La vigna del Signore” sta ad indicare la Chiesa.

Il linguaggio della poesia è piano e lineare, chiaro e personale. Contiene poche figure retoriche: due similitudini e qualche allitterazione. Ma la forza della poesia sta nel suo linguaggio poetico che è basato su riferimenti ai miti greci ed è costruito come un linguaggio mitico e favolistico come la trasformazione della vigna che passa da oro a qualcosa altro cioè a un luogo aspro e arido. Il tono emotivo della poesia è, nella prima parte, di tristezza e di dolore perché esprime il turbamento del poeta e della sua amica che non sanno dove si trovano e non sanno capire il motivo della loro morte. Nella parte centrale della poesia il poeta esprime lo stato dubbioso per il suo nuovo errore ed infine esprime la gioia per aver trovato la strada che conduce alla vita eterna.  

La bellezza della poesia nasce da diversi motivi. Il primo motivo è dovuto al genere unico della reverie: infatti “La morte di Tantalo” è una poesia visionaria, sognante; poi un altro motivo è quello della agnizione cioè del riconoscimento dell’errore fatto ancora una volta mangiando “i meravigliosi grappoli” e bevendo “l’acqua d’oro”. Cioè Corazzini ha capito nel suo visionarismo che non bisogna andare dietro i piaceri carnali ma seguire la vita divina. Il terzo motivo della bellezza della poesia deriva dal linguaggio poetico che richiama i miti della Bibbia e della mitologia greca ed, infine, un altro motivo di bellezza della poesia nasce dal procedere delle idee espresse da Corazzini nella poesia. È un procedere a zigzag cioè un procedere che, con una serie di secchi cambiamenti di direzione, dà alla poesia una creatività inaspettata e fantastica.  

Modica giovedì 26 ottobre 2006 Biagio Carrubba Sergio Corazzini Biagio Carrubba e Io credo che il messaggio forte della poesia insista più sull’aspetto metafisico che sull’aspetto poetico. In altre parole Corazzini ha voluto sottolineare la via che conduce alla vita eterna, cioè, di non cadere nell’errore di attaccarci ai piaceri terreni, ma di seguire la strada che porta alla vita eterna.   Modica giovedì 26 ottobre 2006 Biagio Carrubba