L’oratorio barocco E Giacomo carissimi

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Transcript della presentazione:

L’oratorio barocco E Giacomo carissimi Tesi n°15 L’oratorio barocco E Giacomo carissimi

La musica sacra dopo il Concilio di Trento Il Concilio di Trento non ottenne altro scopo che quello di una revisione dottrinale e di un generico invito a una moralizzazione dei costumi (come la redazione dell’Indice dei libri proibiti e la limitazione delle Sequenze a 5). Alcuni privati cittadini, invece, tentarono di dare il proprio contributo per l’applicazione del messaggio evangelico in modo più profondo e coerente. Si pensi a Teresa d’Avila (fondatrice delle Carmelitane scalze) o a Ignazio di Loyola (fondatore dei Gesuiti).

Victimae paschali laudes Le sequenze rimaste Victimae paschali laudes (rito di Pasqua); Veni Sancte Spiritus (giorno della Pentecoste); Lauda Sion (Corpus Domini); Stabat mater, testo di Jacopone da Todi Dies irae (utilizzato nella messa dei defunti);

"secondo apostolo di Roma". San Filippo Neri (1515 – 1595) A Roma operò un sacerdote fiorentino, Filippo Neri (Firenze, 21 luglio 1515 – Roma, 26 maggio 1595) in seguito santificato. Fiorentino d'origine, si trasferì ancora molto giovane a Roma, dove decise di dedicarsi alla propria missione evangelica, tanto da ricevere l'appellativo di "secondo apostolo di Roma".

di "Santo della gioia" o "buffone di Dio". Il Buffone di Dio Radunava attorno a sé un nutrito gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantando e giocando, in quello che sarebbe in seguito divenuto l'Oratorio, ritenuta e proclamata come vera e propria congregazione (Congregazione dell’oratorio) da papa Gregorio XIII nel 1575. Memorabili i suoi detti sarcastici, quali ad esempio lo "State buoni se potete“ o il "Ma và a morì ammazzato... per la fede!", che gli permisero di ricevere un secondo titolo, quello di "Santo della gioia" o "buffone di Dio".

Chiesa Nuova Oratorio Vallicella

Borromini, Oratorio a Santa Maria in Vallicella

La lauda spirituale Inizialmente venivano intonate delle Laudi spirituali (genere diffuso proprio a Firenze) a tre voci; Brani strofici che ricordavano la semplicità della villanella, omoritmici e con la predominanza della voce superiore Gli autori: Giovanni Animuccia (successore di Palestrina); e da due membri della Congregazione: Francesco Soto de Langa e Giovenale Ancina; ma anche Tomas Louis de Victoria, compositore spagnolo molto legato a San Filippo Neri In poco tempo vennero realizzate ben 9 libri di laudi per l’oratorio di San Filippo Neri

Dalla Lauda al Madrigale spirituale Con il passare degli anni il contesto sociale degli oratori cambiò radicalmente. Già a partire dal 1570 le adunanze venivano frequentate da numerosi vescovi, cardinali e aristocratici. In presenza di personaggi così qualificati, i laici retrocessero gradualmente. Un dotto predicatore – ecclesiastico, ovviamente– declamava un sermone, preceduto e seguito da interventi musicali. Anche questi ultimi si fecero sempre più elaborati e richiesero la partecipazione di musici professionisti chiamati ad eseguire non più semplici laudi ma raffinati madrigali di argomento religioso e perciò detti spirituali.

I madrigali spirituali di Anerio Nel 1619 viene pubblicato il Teatro armonico spirituale, del gesuita (allievo di Palestrina) Francesco Anerio una raccolta di quasi 100 madrigali spirituali con testi di origine laudistica, nei quali si alternano brani monodici con l’accompagnamento del solo organo ad altri d’impianto prettamente polifonico a tre voci con accompagnamento di cembalo o di organo e liuto

Questo nuovo genere musicale verrà detto oratorio. L’oratorio Attorno agli anni ‘30– ‘40 del Seicento assistiamo all’affermazione di un nuovo genere capace di riassumere i quattro stili principali dell’epoca barocca: monodia con basso continuo, stile concertante (voci e strumenti), tendenza alla rappresentatività (ma non venivano messi in scena), tendenza a muovere gli affetti. Questo nuovo genere musicale verrà detto oratorio. Eseguiti sempre in S.Maria in Vallicella detta Chiesa Nuova (dove nel 1600 venne rappresentata la Rappresentazione di Anima e Corpo di Cavalieri) e nell’Oratorio di San Girolamo della Carità; in qualche caso venivano eseguiti anche nei palazzi gentilizi (con il rinfresco al posto della predica!!)

Possono essere in latino o in volgare. Caratteristiche dell’Oratorio di cui ci parla Arcangelo Spagna nel Discorso intorno agli oratori del 1706 Chiamato anche Dialogo, Historia, Istoria o Cantata Da un punto di vista generale l'oratorio impiega dei testi poetici tratti dalla Bibbia o dalle vite dei Santi. Possono essere in latino o in volgare. Solitamente è in due parti da cantarsi rispettivamente prima e dopo il sermone (ciò deriva dalla più vecchia pratica di intonare le laudi prima e dopo il sermone). L'organico vocale prevede da 4 a 6 solisti ognuno dei quali impersonifica i vari personaggi del racconto.

Personaggi e organico Tra i personaggi compare anche la figura del narratore (detto anche historicus o Testo), cioè di un personaggio che collega i diversi episodi o introduce i personaggi della narrazione con frasi tipo "e allora egli disse". L’Historicus poteva anche essere distribuito tra le voci oppure essere affidata al coro. Paradosso: addirittura vi furono oratori senza historicus che sembravano delle opere (sempre non rappresentate, peraltro), dove andavano rispettate anche le unità aristoteliche

Elemento imprescindibile è il coro. Organico e coro L'organico strumentale solitamente specificato richiede soltanto 2 violini che intervengono nei ritornelli delle arie e dei cori, ma sicuramente esso era assai più vasto e richiedeva, fra gli altri, anche gli strumenti per il basso continuo. Elemento imprescindibile è il coro. La dimensione spirituale dello spettacolo, nonché la sua collocazione durante la Quaresima, sconsigliarono l'impiego di scenografie, macchine sceniche, costumi e azione scenica.

Principali differenze opera - oratorio a) l’assenza di azione scenica, costumi, scenografie, macchine sceniche: l’oratorio si dà di solito in forma di concerto; b) La presenza del Narratore o Historicus o Testo la cui funzione è di raccordare i diversi episodi fra loro e sopperire all’assenza di scene e azione scenica; c) il luogo della rappresentazione: non il teatro ma l’oratorio;

Principali differenze opera - oratorio d) il periodo della rappresentazione: la Quaresima, quando i teatri sono chiusi; e) i soggetti: non storici o mitologici ma tratti dalla bibbia o dalle vite dei santi; f) la divisione in due parti anziché in tre, quattro o cinque atti; g) la stringatezza (anche meno di mezz’ora). Per la verità distinguiamo tra oratorio lungo (diviso in due parti) e oratorio breve (di mezz’ora)* *Esecuzioni di due oratori brevi (antico e nuovo testamento) con sermone che li collega e li commenta entrambi

Gli autori I principali compositori dell’oratorio sono per lo più gli stessi che abbiamo visto aver prodotto a Roma le opere barberiniane: Virgilio Mazzocchi, suo fratello Domenico, Marco Marazzoli e Luigi Rossi. A questi nomi va aggiunto quello di due compositori ancora più celebri: Giacomo Carissimi (1605– 1674). Alessandro Stradella (1639 – 1682) del quale parleremo diffusamente con la Cantata

Giacomo Carissimi (1605– 1674) Carissimi lavorò per tutta la sua vita al Collegio Germanico di Roma, un’istituzione fondata dai Gesuiti nel 1552, sull’onda della Controriforma, allo scopo di formare al sacerdozio i seminaristi di lingua tedesca. A fianco di normali oratori in volgare (ne sono rimasti solo due a lui attribuiti, Daniele e L’Oratorio della Santissima Vergine), Carissimi produsse anche numerosi oratori in latino. Historia de Jephte – Judicium Salomonis – Jonas – Damnatorum lamentatio, Balthazar – ecc.

La committenza Gli oratori in latino vennero composti su commissione della Compagnia del SS. Crocifisso che fin dalla sua nascita si era contraddistinta per l’impiego di intrattenimenti musicali in lingua latina, con particolare riguardo ai mottetti di Palestrina, Marenzio, Anerio, Landi, Mazzocchi e dello stesso Carissimi.

Differenze tra oratorio in latino e in volgare Gli elementi che distinguono l’oratorio in latino da quello in volgare sono: a) la lingua latina b) il testo in prosa: è una libera parafrasi della Bibbia (in italiano è in versi) c) si rivolge ad una elite di persone colte (in italiano c’è un pubblico più ampio) Inoltre, essendo l’Oratorio del SS.Crocifisso di dimensioni modeste, quasi sempre l’accompagnamento strumentale era riservato al solo basso continuo; mentre nell’Oratorio nell’Oratorio di San Girolamo della Carità lo spazio era maggiore quindi l’organico si ampliava agli archi (2 violini e violoncello)

Oratorio del SS. Crocefisso

Interno dell’oratorio

La diffusione dell’oratorio Il genere dell’oratorio si svilupperà in Italia e all’estero con personaggio quali: a Roma: Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti, ma anche G.F. Haendel (di passaggio in Italia) a Venezia: Francesco Gasparini e Antonio Vivaldi a Bologna: Giovan Battista Vitali e Giovanni Bononcini A Vienna (collegata con l’Italia per le regine italiane): Fux e Caldara (su testi di letterati italiani come Zeno e Metastasio) In Francia: Marc Antonie Charpentier (allievo di Carissimi)

Le figure retorico-musicali Proprio perché privo di scene, costumi e azione scenica, l’Oratorio si rivolgeva più agli occhi che all’udito. Allo scopo di enfatizzare il significato della musica e dei testi, i compositori facevano un largo impiego di figure retorico–musicali il cui scopo era quello di smuovere – facendo leva più sul ragionamento che sui sentimenti – gli affetti. Nello Jephte di Giacomo Carissimi, detta anche Historia de Jephte, si vedono particolari usi delle figure retoriche, rintracciabili nella composizione musicale:

Le figure retorico-musicali – Uso dei cromatismi come rappresentazioni di acuta sofferenza, tecnica già considerata nel cinquecento come veicolo di espressione di situazioni accorate: – epizeuxis (ovvero congiunzione): è la ripresa alla quarta superiore di un primo segmento musicale, che conferma e enfatizza musicalmente il parallelismo del testo musicale – climax: viene usato per aumentare la tensione emotiva. - anafora: ripetizioni di parole o motivi

Le anafore di Jonas

Catabasi= figura che rappresenta l’avvilimento

I trattati Attraverso il trattato di Boezio (De Musica) si diffonde nel periodo barocco la teoria degli affetti (Affektenlehre), cioè la capacità della musica di smuovere le passioni umane Sono Kirchner e Cartesio che parlano di queste peculiarità della musica anche perché agli inizi del Seicento vi erano stati degli studiosi che avevano affrontato in modo sistematico il rapporto testo-musica venendo ad ipotizzare della presenza di un codice retorico – così come in letteratura - anche nelle figure musicali.

Kirchner Athanasius Kircher- gesuita matematico, musicologo ed occultista tedesco - nel suo Musurgia universalis (1650) afferma: « La retorica [...] ora allieta l'animo, ora lo rattrista, poi lo incita all'ira, poi alla commiserazione, all'indignazione, alla vendetta, alle passioni violente e ad altri effetti; e ottenuto il turbamento emotivo, porta infine l'uditore destinato ad essere persuaso a ciò cui tende l'oratore. Allo stesso modo la musica, combinando variamente i periodi e i suoni, commuove l'animo con vario esito. »

Il trattato di Burmeister In particolare vi furono diversi studiosi di area tedesca, tra cui Burmeister qualche anno prima –(Joachim Burmeister, Musica poetica, Rostock 1606) e lo stesso Kirchener che elencarono le figure retoriche impiegate dai musicisti in relazione alla rappresentazione di alcune espressioni del testo. Suspiratio: una pausa rassomigliante ad un sospiro Passus duriusculus: con cromatismi discendenti, o ascendenti viene espresso dolore. Mutatio Toni: modulazione improvvisa per particolari ragioni espressive

Oratorio composto attorno al 1649 Lo Jephte di Carissimi Oratorio composto attorno al 1649 Organico: 6 voci (3 soprani, contralto, tenore e basso) con basso continuo; personaggi: Iefte, figlia di Iefte (senza nome); compagne della figlia; narratore (che si sposta da contralto, al basso, fino al coro) Testo: di autore anonimo, tratto dall’Antico Testamento La trama: è la storia del re Jephte, il quale dopo aver vinto in battaglia gli Ammoniti, proclama di voler ringraziare Dio sacrificando la prima persona che lo accoglierà in Palestina al suo ritorno. Davanti a lui arriverà la figlia che verrà sacrificata suscitando lo sgomento generale. Funzionale al sermone dei Gesuiti sull’obbedienza.

Lo Jephte di Carissimi (da ascoltare) Lo stile: recitativo dalla plastica forza espressiva; ariosi; arie bipartite. Coro possiede un ruolo di particolare importanza e alterna interventi omoritmici ad altri polifonici (definito da alcuni “concertato alla romana”) Fugite dal n°5-7 (CD Naxos) Imitazione dello stile concitato di Monteverdi

Fugite [Basso] Fuggite, ritiratevi, empi, perite, genti; soccombete con la spada in mano, il Signore degli eserciti si è levato in battaglia e combatte contro di voi. [Coro] Fuggite, ritiratevi, empi, andate in rovina e nel furore delle armi siate dispersi. [Soprano] E Iefte colpì venti città di Ammon con un colpo troppo forte.

Ci si prepara all’incontro con Jephte Per festeggiare la vittoria di Jephte la popolazione lo attende festeggiando, così come la figlia si prepara con canti e danze CD nn°7-13 Dal coro a due voci si aggiunge la leggerezza del canto della figlia

Himnus Cantemus Compagne [Due Soprani] Cantiamo un inno al Signore e mettiamo in musica un cantico per Lui, che ha dato a noi la gloria e a Israele la vittoria. Figlia di Iefte Cantate con me al Signore, cantate popoli tutti, lodate il Principe della guerra, che ha dato a noi la gloria e a Israele la vittoria. Compagne [Coro] Cantiamo tutte al Signore, cantate popoli tutti, lodiamo il Principe della guerra, che ha dato a noi la gloria e a Israele la vittoria

Nell’Ululantes filii Amon (CD n°8) Il dramma La rappresentazione della sofferenza viene rappresentata dai cromatismi presenti Nell’Ululantes filii Amon (CD n°8) [Coro=Narratore] E in mezzo agli ululati i figli di Ammon furono umiliati davanti ai figli di Israele.

Plorate colles…dolete..ululate Quando giunge il momento del sacrificio, la figlia di Jephte si abbandona alla costernazione Ascolto da nn°17-18 Figure retoriche Climax: graduale passaggio da un concetto all’altro, via via più intenso (Devoto-Oli): plorate, dolete, ululate Epizeuxis: congiunzione, aggiunta (spostamento di una 4° giusta)

Plorate Il climax plorate, dolete, ululate è sottolineato da una serie di precise scelte espressive: L’impiego del 3° modo Il cromatismo di 2° (Pathopoeia) L’uso dell’epizeuxis (salto di 4°: la-re; fa-si bem) Melisma su ululate Presenza di diverse dissonanze (segnalate da un cerchietto) Effetto d’eco dopo ululate (da sentire)

Plorate Figlia di Iefte Piangete colli, piangete monti, e per l'afflizione del mio cuore ululate…. Eco [Due Soprani] Ululate. Figlia di Iefte Ecco, morirò vergine…. Eco Lacrimate. Figlia di Iefte Ahimè, quale sofferenza insieme alla letizia del popolo, Eco Riecheggiate. Figlia di Iefte Piangete, figli di Israele, piangete la mia verginità…. Coro Piangete, figli di Israele, piangete vergini tutte, e per la figlia di Iefte unigenita con un canto di dolore lamentatevi.