Trapianto dell’opera italiana in francia, in germania e in russia

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Transcript della presentazione:

Trapianto dell’opera italiana in francia, in germania e in russia Tesi n°21 Trapianto dell’opera italiana in francia, in germania e in russia

Francia Il melodramma italiano si diffonde in molti paesi d’Europa grazie agli spostamenti dei compositori e grazie alla sensibilità di alcuni regnanti In Francia l’opera italiana era stata portata dal Cardinale Mazzarino e dalla famiglia Barberini: in particolare erano arrivati compositori come Francesco Sacrati Francesco Cavalli Luigi Rossi ma il melodramma italiano era stato rifiutato

La serva padrona Deve trascorrere un secolo perché l’opera italiana torni ad essere popolare in Francia con il grande successo de: La serva padrona, messa in scena a Parigi nel 1752 dalla compagnia di Eustachio Bambini.

Dalla Serva al Devin Nel 1753 Jean-Jacques Rousseau avrebbe scritto, a sostegno del partito italiano, la Lettre sur la musique française , mentre il 18 ottobre 1752 aveva fatto rappresentare a Fontainebleau, su testo (composto assieme a Diderot) e musica proprio, il suo personale equivalente della Serva padrona, quel Devin du village destinato a raggiungere il tempio dell’Opéra già il 1º marzo del 1753.

Parigi La presenza di eventi storici di particolare rilievo come la Rivoluzione Francese e l’età Napoleonica diede a Parigi un ruolo di notevole importanza. Durante la Rivoluzione Francese, per esempio, il teatro avrà una funzione divulgatrice di grande importanza. Il teatro, ma l’arte in generale (penso anche allo stile neoclassico di David e Canova), viene visto come una forma per educare la coscienza civile del popolo.

Il giuramento degli Orazi di David Un’opera nella quale la ricerca di simmetrie e di ordine formale serve a rendere più chiara e immediata la comunicazione

Lo spettacolo della ghigliottina Lo stessa ghigliottina veniva vista come una forma di spettacolo che serviva ed educare le nuove generazioni; ma ci furono anche altri spettacoli all’aperto con l’impiego di musica (feste per in nuovo calendario, per la dea Ragione, ad esempio)

I compositori italiani Dopo i successi di Gluck, saranno alcuni compositori italiani a rinnovare la Tragedie lyrique, mescolando i caratteri dell’opera gluckiana con quelli dell’opera seria italiana. Parliamo di: Nicolò Piccinni (1728-1800) Antonio Sacchini (1730-1786) Antonio Salieri (1750-1825) Luigi Cherubini (1760-1842)

Nicolò Piccinni (1728-1800) Operista di scuola napoletana chiamato a Parigi dal sovrintendente dell’Opera per rivaleggiare con Gluck. Dopo essersi fatto le ossa con il genere dalla tragedie lyrique, musicando un libretto di Quinaut (Roland, 1778), si misura con un libretto già musicato da Gluck: Ifigenia in Tauride, 1781 Opera nella quale abbiamo l’impiego di un’orchestra ancora più ampia di quella gluckiana e nella quale vi è un impiego più limitato di pezzi chiusi rispetto alle abitudini italiane

Antonio Sacchini (1730-1786) Fiorentino che studia a Napoli e diventa l’allievo prediletto di Francesco Durante, che lo addita come un vero fenomeno. Dopo varie esperienze italiane a Roma e Venezia, si trasferisce inizialmente a Londra, dove ha successo al King's Theatre grazie alle doti di un castrato (Giuseppe Millico) e dove riesce ad arginare il successo di un altro napoletano (Traetta). Poi però arriva a Parigi.

In lui si coniugano le tinte gluckiane con il bel canto italiano Antonio Sacchini Obbligato a lasciare Londra per debiti, troverà nuova fortuna a Parigi, ottenendo l’appoggio di Maria Antonietta, la moglie di Luigi XVI Il suo successo sarà l’Edipo a Colono, messo in scena a Versailles nel 1786 con scarsa fortuna immediata, ma che rimase in cartellone per oltre 50 anni Tra le sue qualità ci sono quelli di avere una felice fantasia melodica e una certa tendenza ad allontanarsi invece dagli schemi più ritriti della tradizione operistica italiana, come l’aria con il da capo; In lui si coniugano le tinte gluckiane con il bel canto italiano

A soli 24 anni era già direttore musicale dell'opera italiana a Vienna Antonio Salieri (1750-1825) Compositore di origine veneta (nacque a Legnago in provincia di Verona), si formò a Venezia, dove venne notato da un compositore viennese che lo volle con sé nella capitale austriaca. A soli 24 anni era già direttore musicale dell'opera italiana a Vienna Ebbe così inizio una carriera brillante che lo avrebbe portato a diventare maestro di cappella alla corte asburgica, compositore ed insegnante di corte

Antonio Salieri e il successo milanese L’opera che lo avrebbe consacrato nel panorama musicale dell'epoca, L'Europa riconosciuta (la medesima opera ha inoltre salutato il 7 dicembre 2004 la riapertura del teatro scaligero dopo un radicale lavoro di restauro). commissionatagli dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria e che era destinata all'inaugurazione, il 3 agosto del 1778, del Nuovo Regio Ducal Teatro fatto erigere a Milano al posto della Chiesa di Santa Maria alla Scala. Melodramma nel quale i cantanti utilizzano soprattutto registri vocali molto acuti e tessiture virtuosistiche

Antonio Salieri a Parigi Salieri giunge a Parigi nelle vesti del gluckiano di stretta osservanza. Dopo il successo delle Danaiadi del 1784, opera che risente dell’influenza gluckiana, gli vennero commissionate due opere Les Horaces Tarare (1787) Quest’ultima, realizzata con il famoso commediografo Beaumarchais, autore dello scandaloso Le nozze di Figaro, affascinerà il pubblico parigino per il prologo spettacolare nel quale c’è la rappresentazione del caos

Riproponendo il Tarare con un nuovo titolo Il Tarare a Vienna L’anno seguente Salieri rientrò a Vienna dove concluse la sua carriera (in ospizio negli ultimi anni attanagliato da una forma di demenza senile parlò della presunta rivalità con Mozart: dato storico falso che però ispirò sia un lavoro teatrale di Puskin, sia il film Amadeus di Milos Forman) Riproponendo il Tarare con un nuovo titolo Axur, roi d’Ormus scritto con la collaborazione di Lorenzo da Ponte e nel quale unisce la bella vocalità italiana con gli elementi della tragedie lyrique francesi, peraltro limati delle parti più spettacolari.

Luigi Cherubini (1760 – 1842) Compositore fiorentino, si forma a Bologna con Giuseppe Sarti (la sua opera I due litiganti è citata da Mozart nel finale del Don Giovanni). Dopo i primi successi al teatro Haymarket di Londra, si trasferisce su consiglio del violinista piemontese Viotti a Parigi, dove diventa direttore del teatro Feydeau. Dopo una breve parentesi a Vienna (1806-1807), tornerà a Parigi e sarà tra i fondatori del Conservatorio di Parigi, diventandone insegnante di contrappunto e poi direttore (1822).

La produzione La sua produzione contempla: opere serie e opere comiche all’italiana, operas comiques e tragedie lyriques, ma anche opere che anticipano la temperie romantica. Fu anche notevole nella produzione sacra con una serie di messe e in quella cameristica (quartetti per archi)

Lo stile Nel campo operistico, partendo da opere di impianto metastasiano (Demofoonte), riesce a modificare il “taglio italiano” avvicinandosi allo stile francese (anche grazie al librettista Marmontel), coniugato con una sapiente orchestrazione (fu ammirato in special modo da Beethoven) Le sue migliori qualità si colgono nella capacità di articolare i recitativi accompagnati su ampi archi melodici, densi di qualità drammatiche e patetiche Notevole la forza ritmica e la precisione nel dettaglio dinamico (guarda caso sono elementi che caratterizzano anche Beethoven), oltre ad una certa arditezza armonica.

Le deux jeurnées (1800) è una tipica opera a sauvetage. Quattro capolavori Se Eliza (1794) è una comedie larmoyante, che divenne uno dei simboli del romanticismo francese per la struggente storia d’amore di due giovani nel candore del San Bernardo innevato; Le deux jeurnées (1800) è una tipica opera a sauvetage. Elenchiamo, inoltre, Lodoiska (1791) definita comédie-héroique (tratta da un romanzo) e riproposta in ben duecento esecuzioni e Medea (1797) che riprende il soggetto classico, infondendogli grande forza drammatica

Medea Il capolavoro di Cherubini nel quale si coniugano le perfezioni formali di un Canova e di un David assieme ad un impeto drammaturgico che può ricordare l’asciuttezza vocale di Gluck e il sinfonismo di Beethoven. Brahms la definì “la vetta suprema della musica drammatica” nella quale il declamato arioso la fa da padrone, rinunciando alla facile melodiosità dello stile italiano (che tanto piaceva peraltro a Napoleone) e valorizzando la forza drammatica dell’orchestra.

Epoca napoleonica (da qui 21.03.2013) Cherubini, dopo la breve parentesi viennese, continuò a lavorare a Parigi mietendo successi, nonostante Napoleone avesse chiamato altri musicisti italiani come: Nicolò Zingarelli (1752 – 1837) Giovanni Paisiello (1740 – 1816) Gaspare Spontini (1774 – 1851)

Epoca napoleonica Napoleone decise di riportare l’opera al centro della vita parigina per conferire maggiore visibilità alle sue azioni militari e allo splendore del suo Impero. Aumentò le sovvenzioni per il teatro e impose che ogni spettacolo possedesse cortei, sfilate e danze. I temi dovevano riprendere la romanità, come nel Trionfo di Traiano di Le Sueur (1807) per celebrare la campagna di Prussia. Oppure Paisiello dovette scrivere una messa (Messe du sacre) per l’incoronazione dell’imperatore dei francesi nel 1804

Zingarelli e Paisiello Se Zingarelli (che sarà il maestro di Bellini e Mercadante) piacerà soprattutto al pubblico italiano e a Napoleone (all’estero non ebbe particolare successo) scrivendo una quarantina di melodrammi nel più convenzionale stile napoletano, Giovanni Paisiello fu un compositore che ebbe una carriera prima in Italia, poi in Russia e poi a Parigi (al suo rientro in Italia, a Napoli, la vicinanza con Napoleone e la sua famiglia con l’esperienza della Repubblica napoletana gli costò l’odio dei Borbone) Al suo arrivo in Francia dovette celebrare Napoleone con un libretto di Quinault già musicato da Lully, la Proserpine (1803)

Spontini Compositore ufficiale dell’Impero divenne Gaspare Spontini, il quale cadde in disgrazia con la caduta di Napoleone e dovette inventarsi una nuova carriera in Prussia. Formatosi a Napoli, sfondò a Parigi (grazie all’appoggio di Giuseppina Bonaparte) con un’opera ambientata a Roma in età imperiale che gli diede una donazione dell’imperatore di ben 10.00 franchi: La vestale (1807)

Lo stile sontuoso della Vestale Opera che ricorda la Norma di Bellini (una sacerdotessa che infrange i propri voti ma viene risparmiata dalla condanna a morte, quasi fosse un’ opera a sauvetage) Che si caratterizza per il grandioso impianto spettacolare realizzato attraverso: Lunghi cortei trionfali Cori grandiosi che arrivano fino a 9 parti reali Orchestrazione possente di notevole potenza sonora Ma anche spazi di languida tenerezza tra i due amanti

L’incendio della flotta spagnola La carica della cavalleria Fernand Cortes (1809) Opera monumentale che celebra i fasti dell’Impero francese attraverso la figura del condottiero spagnolo Opera concepita proprio durante l’invasione di Napoleone della Spagna, vive su alcune scene grandiose che preannunciano la nascita del Grand opera L’incendio della flotta spagnola La carica della cavalleria Le sfilate dei soldati con l’impiego di un’orchestrazione grandiosa, ampi cori e un declamato particolarmente incisivo

Gioacchino Rossini (1792 – 1868) L’italiano che si convertì allo stile francese riscuotendo grande successo fu Rossini. Concluse la sua straordinaria attività di operista proprio a Parigi (tranne alcune parentesi a Bologna e Firenze), dove si ritirò dalle scene a soli 37 anni (1829), dedicandosi alla cucina e alla composizione di alcuni gioiellini di per pianoforte Giunto a Parigi nel 1824, venne nominato direttore del Theatre Italienne e il suo cursus honorum si concluse con la nomina a primo compositore del re e ispettore generale del canto in Francia.

Maometto II (Le siege de Corinthe, 1826) Il Grand opera Rossini seppe adattare due opere serie Maometto II (Le siege de Corinthe, 1826) Mosè in Egitto (Moise et Pharaon, 1827) facendole diventare due successi del grand opera E concluse la sua attività operistica con il suo capolavoro: Guglielmo Tell (1929) Gran opera, che apre la strada all’opera romantica Come direttore del Theatre Italienne ebbe vari meriti: chiamò i migliori cantanti; influenzò la loro preparazione; allargò l’organico orchestrale

Austria Come abbiamo visto i principali teatri dove si diffonde il melodramma italiano sono: Vienna, Dresda, Monaco e Berlino A Vienna lavorarono nel XVII secolo Cavalli e Cesti, mentre nel 1706 Giuseppe I d’Asburgo chiese a Francesco Bibiena di costruire il primo teatro all’italiana Nella seconda metà del XVIII secolo a Vienna si realizzò la riforma di Gluck e Calzabigi Infine a Vienna fu maestro di cappella Salieri (40 melodrammi, 11 oratori, musica sinfonica e concertistica), maestro di Beethoven, Schubert e Liszt

Dresda Arrivano i primi autori italiani – Giovanni Bontempi e Carlo Pallavicino – nel XVII secolo Durante il XVIII opererà alla corte di Federico Augusto II Johann Adolf Hasse (“il più napoletano dei tedeschi”) che chiamerà cantanti, compositori, librettisti e scenografi italiani. Tra questi il parmense Ferdinando Paer (1771-1839) e il perugino Francesco Morlacchi (1774-1841) Una curiosità: a Dresda inizierà ad operare Weber che con il suo Franco cacciatore darà vita al melodramma tedesco

Monaco A Monaco l’opera italiana venne introdotta a metà del XVII secolo dalla principessa Maria Adelaide di Savoia Nel 1656 venne edificato l’Opernhaus, teatro realizzato su modello del teatro Olimpico di Vicenza, così come operarono alcuni compositori vicentini come Ercole Bernabei e Agostino Steffani Lo sviluppo dell’opera italiana venne bruscamente interrotto verso la fine del XVIII quando il principe Carlo Teodoro del Palatinato (quello che aveva creato l’orchestra di Mannheim) patrocinò la diffusione del singspiele

Berlino Verso la fine del XVII secolo si ascoltarono i melodrammi di Attilio Ariosti e di Giovan Battista Bononcini Durante il XVIII secolo alla Königliches oper sia Federico Guglielmo I, sia Federico II, il Grande promossero l’opera italiana Solo negli ultimi quindici anni del ‘700 Federico Guglielmo II promosse il singspiele Dal 1820 Gaspare Spontini divenne “direttore generale della musica”

Russia Tra i primi pionieri che portarono il melodramma in Russi annoveriamo il napoletano Francesco Araja che nel 1735 introdusse a Pietroburgo la prima compagnia di cantanti. Successivamente Caterina II, la Grande chiamò presso la sua corte una serie di intellettuali italiani (architetti, artisti figurativi e musicisti) per occidentalizzare la Russia

I compositori Tra i musicisti - che soggiornarono a Pietroburgo per vari periodi - segnaliamo : Il veneziano Baldassarre Galuppi (dal 1765 al 1768) Il faentino Giuseppe Sarti (dal 1768 al 1774 e dal 1791 al 1801) I compositori di scuola napoletana: il napoletano Domenico Cimarosa (1789-1791) I pugliesi Tommaso Traetta (1768-1774) Giovanni Paisiello (1776-1784)

Giovanni Paisiello (1740-1816) Paisiello seppe dare nuova linfa vitale alla Serva padrona, messa in scena a Pietroburgo nel 1781; mentre realizzò la prima versione del Barbiere di Siviglia (1782), ricavando la trama (il librettista Petrosellini) dalla famosa commedia di Beaumarchais Tra le sue migliori qualità: la vena comica ripresa da maestri dell’intermezzo buffo come Pergolesi e D. Scarlatti, anche se il Barbiere rossianiano - che destò grande scandalo per la ripresa trent’anni dopo - possiede ben altra verve.

Paisiello Sinfonia in un unico movimento (non i tre dell’opera napoletana) Orchestrazione raffinata con i fiati che sostengono le voci Trapianto dei concertati dall’opera buffa all’opera seria Inserimento dei cori nelle arie