ALLE FRONDE DEI SALICI di Salvatore QUASIMODO

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Transcript della presentazione:

ALLE FRONDE DEI SALICI di Salvatore QUASIMODO Poesia multimediale di BIAGIO CARRUBBA

La poesia ALLE FRONDE DEI SALICI apre la raccolta poetica GIORNO DOPO GIORNO pubblicata nel 1947. Le poesie sono 20 ed esprimono il travaglio interiore del poeta di fronte all’avanzata degli alleati, aiutati dai partigiani, per la liberazione dell’Italia occupata e difesa dai nazi-fascisti. Lo stesso poeta chiarisce il motivo e lo spunto che fece scaturire la poesia: <<La poesia è stata scritta alla fine dell’inverno del 1944 nel periodo più crudele della nostra storia. Nasce da un richiamo a un Salmo della Bibbia, precisamente il 137°, che parla del popolo ebreo trascinato in schiavitù a Babilonia. Era la guerra civile, che per noi è stata terribile>>.

Il tono emotivo della poesia è molto intenso e vibrante. Il poeta esprime tutta la sua impotenza come uomo e come poeta e ne esce una poesia sofferta e rabbiosa, ma esprime anche la volontà di urlare il proprio dolore contro il dominio tedesco e manifesta la volontà del popolo Italiano di lottare con le armi in pugno contro i tedeschi. La poesia esprime anche la volontà da parte del poeta di riprendere a scrivere poesie dopo il lungo silenzio che è stato costretto a subire nei due lunghi anni di guerra civile. La poesia preannuncia la liberazione che avverrà qualche mese dopo (il 25 aprile 1945).

Ora il poeta è in grado di scrivere la prima poesia sulla RESISTENZA all’occupazione nazista. Si può ritenere che ALLE FRONDE DEI SALICI è la prima poesia della liberazione italiana ed inaugura la nuova poesia civile e corale italiana poiché dà la voce al popolo che per due anni era rimasto in cattività sotto le armi e il giogo dei tedeschi e spettatore inerme delle atrocità dei nazisti.

E come potevano noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, Il testo della poesia. ALLE FRONDE DEI SALICI E come potevano noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. Il

La parafrasi della poesia Noi, poeti, come potevamo scrivere poesie vedendo le truppe naziste sopra la Patria, vivendo fra i morti abbandonati nelle piazze, guardando i morti sull’erba dura per il ghiaccio, sentendo il lamento flebile dei fanciulli, ascoltando l’urlo doloroso della madre che vedeva il figlio crocifisso al palo del telegrafo? Noi, poeti, abbiamo smesso di scrivere poesie, per voto, per silenzio e per impotenza di fronte agli orrori della guerra e dei nazisti, abbiamo appeso le nostre cetre sui rami dei salici, dove le foglie oscillavano leggere al triste evento della guerra.  

Il messaggio della poesia è l’impossibilità da parte dei poeti di scrivere poesie quando la patria è occupata dal nemico, quando la popolazione soffre e piange i suoi patrioti, quando la madre perde il proprio figlio. Il poeta non aveva l’animo lieto e non riusciva a trovare le parole per esprimere la propria rabbia contro il nemico occupante, così come gli ebrei, durante la prigionia in Babilonia, non riuscivano a cantare i loro salmi ed avevano appeso le loro cetre sulle fronde dei salici. Il poeta stesso ha scritto: <<Il canto è la rivelazione più profonda del sentimento umano>>.

La bellezza della poesia è data da un linguaggio nuovo e chiaro, La lexis della poesia è chiara e personale. Esprime il nuovo modo di scrivere di Quasimodo dopo la prima opera Acque e terre e dopo il periodo ermetico. Ora il poeta si avvia alla nuova poesia sociale, civile e corale come scrive nel primo dei saggi sulla poesia nel 1946. La bellezza della poesia è data da un linguaggio nuovo e chiaro, costruito su tecniche ermetiche ma oramai sganciata dalla Poetica ermetica, ed esprime la volontà del poeta di far parlare la poesia dopo il periodo di silenzio.

MODICA venerdì 18 agosto 2006. Il modesto Carrubba Biagio ammiratore del grandissimo Salvatore Quasimodo vi ricorda un pensiero del poeta: <<Cacciati i poeti dalla terra come la “grande peste” verrà il tempo del silenzio>>. MODICA venerdì 18 agosto 2006.