La disciplina della stampa

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La disciplina della stampa Maria Romana Allegri - Corso a. a. 2016-2017 La disciplina della stampa Evoluzione storica e normativa

La fase pre-costituente Antecedenti storici La fase pre-costituente

La tutela della libertà di stampa si afferma all’epoca dello Stato liberale (in Inghilterra nel XVII secolo, negli Stati Uniti e in Francia nel XVIII) Art. 12 della Costituzione della Virginia, 1776: The freedom of the press is one of the great bulwarks of liberty, and can never be restrained but by despotic governments. Primo emendamento della Costituzione americana del 1787, poi confluito nel Bill of Rights del 1791: Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances Art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789: La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l'abus de cette liberté dans les cas déterminés par la Loi

Il Regno d’Italia Statuto albertino, art. 28: La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo. _________________________________ Concezione liberale e giuspositivistica Riserva di legge = delega in bianco in favore delle maggioranze parlamentari

Editto sulla Stampa (r. d. 69/1848) No censura preventiva. Sequestro facoltativo a discrezione del solo giudice, nei confronti di tutti gli stampati contro cui venga iniziata l’azione penale per reati a mezzo stampa (fra cui contestazione della forma di stato o di governo, apologia di reato, diffamazione). Obbligo per la stampa periodica di comunicare alla segreteria di Stato per gli affari interni l’inizio delle pubblicazioni, la loro natura, la tipografia, il proprietario. Obbligo di indicare un gerente responsabile per la stampa periodica (responsabile penalmente a titolo personale per gli articoli anonimi e a titolo di complicità con l’autore per quelli firmati). Obbligo per la stampa comune di deposito di copia dello stampato presso l’autorità giudiziaria.

Leggi di polizia: 1859, 1865, 1889 Tendenza ad interpretare la comunicazione dell’avvio della pubblicazione come autorizzazione. Tendenza ad utilizzare il sequestro indipendentemente dall’accertamento di responsabilità penali. Tendenza ad estendere la responsabilità penale anche all’editore. 1859: introduzione della licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografia e dell’affissione. 1889: la polizia può sequestrare direttamente affissioni offensive del buon costume, della pubblica decenza, della morale, dei privati cittadini (si attribuiva così alla polizia un potere di sequestro amministrativo preventivo).

Distensione in epoca giolittiana Legge 278/1906 Il giudice può autorizzare il sequestro degli stampati solo dopo l’accertamento della responsabilità penale e l’emanazione di una sentenza di condanna a carico del responsabile. Sequestro preventivo, sempre ordinato dal giudice, solo per stampati contrari al buon costume o non depositati in tribunale. Abolita la licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografica (resta solo quella per l’affissione e distribuzione di stampati).

Recrudescenza durante il primo conflitto mondiale Legge 83/1915 e r. d. 675/1915 L’esecutivo può vietare la pubblicazione di ogni notizia di carattere militare, per non favorire la propaganda disfattista. Il Prefetto può sequestrare le pubblicazioni non rispettose di tale divieto. Al fine di evitare il sequestro, è possibile sottoporre preventivamente gli stampati al Prefetto, per ottenere il nullaosta alla pubblicazione. Gradatamente ciò venne interpretato come un obbligo e si avviò quindi una forma di censura preventiva.

Il periodo fascista Tendenza ad interpretare restrittivamente tutti i diritti di libertà. Tendenza al controllo da parte del governo di ogni attività. Graduale acquisizione della consapevolezza del nesso fra comunicazione e politica. D. l. 3288/1923 convertito in legge 2309/1925: Il gerente responsabile deve essere direttamente coinvolto nella gestione del periodico (direttore o uno dei principali redattori); la sua nomina è sottoposta a riconoscimento prefettizio ed è revocabile dal Prefetto; egli non deve essere un parlamentare (per evitare che fosse protetto dall’istituto dell’immunità parlamentare). Il gerente aveva responsabilità penale oggettiva per stampa periodica e responsabilità sussidiaria a quella dell’autore/editore per stampa non periodica.

Il periodo fascista (segue dalla slide precedente) D. l. 1081/1924 convertito in l. 2307/1925: Ampi poteri discrezionali all’autorità di P. S. in materia di sequestro. Possibilità per il Prefetto di diffidare il gerente responsabile, di revocarlo e di rendere impossibile la nomina di un nuovo gerente, determinando così la chiusura della testata. Legge 2307/1925 e r. d. 384/1928: Istituzione dell’Albo dei giornalisti. L’Ordine non venne mai istituito e le sue funzioni furono esercitate dal sindacato nazionale fascista dei giornalisti. Con la legge 2307/1925 il gerente viene sostituito dal direttore responsabile, nominato dalla Corte d’Appello responsabilità penale oggettiva per fatto altrui.

L’Albo dei giornalisti in epoca fascista Tre elenchi: professionisti, pubblicisti e praticanti. L’iscrizione all’Albo era subordinata al rilascio da parte del Prefetto di un certificato di buona condotta politica. Non otteneva il certificato chi avesse svolto attività contraria all’interesse nazionale o avesse subito condanna a pena detentiva superiore a 5 anni. L’ammissione all’Albo era decisa da una commissione di 5 membri nominati dal governo, con decisione inappellabile. Solo gli iscritti all’Albo potevano pubblicare i propri articoli. La cura dell’Albo era affidata al Sindacato nazionale fascista dei giornalisti. Le articolazioni regionali del Sindacato erano sorvegliate dalle procure generali presso le Corti d’Appello. Una commissione governativa di 5 membri decideva sulle sanzioni disciplinari, senza possibilità di appello.

Il periodo fascista: i reati a mezzo stampa Il Codice Rocco (1930) ingloba tutti i reati a mezzo stampa (prima erano in parte nel Codice Zanardelli e in parte nell’Editto sulla Stampa). La responsabilità oggettiva grava sul direttore responsabile dei periodici, in solido con l’autore (o, se ignoto, sull’editore o stampatore). Arricchimento delle fattispecie criminose nelle quali la stampa costituisce elemento essenziale del reato o circostanza aggravante: tali reati, ad eccezione di quello di “diffamazione”, sono considerati lesivi della “personalità interna e internazionale dello Stato (vilipendio, istigazione, apologia etc.) e di fatto servivano a reprimere ogni forma di dissenso politico. Leggi di pubblica sicurezza del 1926 e del 1931: recuperata la licenza per l’esercizio dell’arte tipografica; istituita licenza di polizia per affissioni cinematografiche e per comunicazioni parlate; possibilità per l’autorità di pubblica sicurezza di operare il sequestro preventivo in modo totalmente discrezionale, a prescindere dall’accertamento giudiziario della responsabilità penale o persino della sua presunzione.

Il periodo fascista: la gestione, il controllo, le sovvenzioni 1923: l’Ufficio Stampa, che si occupava dell’intero settore, venne spostato dalle dipendenze del Ministero dell’interno a quelle della Presidenza del Consiglio. 1934: l’Ufficio si trasforma in un Sottosegretariato per la Stampa, posto alle dipendenze del capo del governo. 1935: sostegno economico alle imprese editoriali attraverso l’Ente nazionale cellulosa e carta: contribuiti dapprima alle case editrici per l’acquisto di carta, poi anche alle cartiere nazionali. 1935: viene creato un apposito Ministero per la stampa e la propaganda. 1937: quest’ultimo confluisce nel Ministero per la cultura popolare. 1940: dopo l’entrata in guerra dell’Italia, viene creato un Ente Stampa per controllare la comunicazione politica del regime. Le agenzie di stampa vengono concentrate in una sola (Agenzia Stefani).

L’immediato dopoguerra (periodo costituzionale transitorio) D. l. 727/1943: limitazioni ai passaggi di proprietà di imprese editoriali beneficiarie di sovvenzioni statali (per scoraggiare l’ingresso nell’editoria di soggetti contrari al mutamento di regime). D. l. 13/1944: obbligo di previa autorizzazione prefettizia per le pubblicazioni periodiche riportanti notizie o opinioni politiche. Violazioni sanzionate con il sequestro e con il divieto di proseguire la pubblicazione. D. l. 561/1946: abolito il sequestro preventivo ad opera dell’autorità di p. s. (sequestro solo repressivo, per decisione del giudice, solo per comprovata commissione di un reato a mezzo stampa); il sequestro preventivo resta solo per violazioni al buon costume e propaganda mezzi anticoncezionali. Fra il 1944 e il 1945 viene abolito il Ministero per la cultura popolare e viene istituito presso la Presidenza del Consiglio il Sottosegreteriato per la stampa e l’informazione. Nel 1946 anche il Sottosegretariato viene soppresso e i suoi compiti vennero affidati direttamente alla Presidenza del Consiglio.

La disciplina della stampa nella Costituzione italiana e nella legge sulla stampa del 1948

La stampa ex art. 21 Cost. Divieto di interventi preventivi: La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Sequestro solo come strumento repressivo e riserva di legge: Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. Sequestro effettuato dalla polizia solo in casi urgenti, con convalida giudiziaria successiva: In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. Pubblicità sul finanziamento dei periodici e riserva di legge: La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Limiti e riserva di legge: Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

La stampa ex art. 21 Cost. Divieto di interventi preventivi: La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Sequestro solo come strumento repressivo e riserva di legge: Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. Sequestro effettuato dalla polizia solo in casi urgenti, con convalida giudiziaria successiva: In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. Pubblicità sul finanziamento dei periodici e riserva di legge: La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Limiti e riserva di legge: Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

La legge sulla stampa (8 febbraio 1948, n. 47) Emanata dall’Assemblea costituente prima del suo scioglimento, affinché entrasse in vigore prima delle elezioni del primo Parlamento repubblicano. Avrebbe dovuto essere la “legge sulla stampa” di cui all’art. 21 Cost., ma costituisce solo un’attuazione iniziale del progetto, per via del poco tempo a disposizione e dei contrasti fra le forze politiche. Quindi la legge contiene alcune norme sulla stampa, ma NON contiene la disciplina dei reati a mezzo stampa (affidata al codice penale e a leggi speciali) né la disciplina del sostegno economico pubblico alla stampa.

Cosa si intende per “stampa”? Qualsiasi prodotto dell’attività editoriale (giornali, riviste, manifesti, volantini etc.). La legge sulla stampa (n. 47/1948) definisce come stampato «tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione». Comunque, in generale la normativa fa una distinzione fra stampa periodica e stampa non periodica (ad esempio in relazione all’obbligo di registrazione oppure al sostegno economico pubblico). La legge 62/2001 ha fornito una nuova definizione di prodotto editoriale: «... il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici» (art. 1, comma 1).

Cosa si intende per “autorizzazione”? Cosa si intende per “censura”? AUTORIZZAZIONI = provvedimenti preventivi che, rimessi al potere discrezionale dell’autorità amministrativa, potrebbero eventualmente impedire la pubblicazione degli scritti destinati al pubblico, come ad esempio di giornali e i periodici (Corte costituzionale, sentenza n. 31/1957). Cosa si intende per “censura”? CENSURA = istituto tipo del diritto pubblico, secondo cui gli organi dello Stato [...] esercitano autoritativamente un controllo preventivo sulla stampa, adottato con provvedimento contenente un giudizio sulla manifestazione del pensiero rimesso alla Pubblica Amministrazione (Corte costituzionale, sentenze n. 159/1970 e 93/1972). Entrambi sono provvedimenti di tipo preventivo, a differenza del sequestro, che è un provvedimento successivo. Il divieto di autorizzazioni e censure è costituzionalmente garantito per la sola stampa, e non per gli altri mezzi di comunicazione.

La giurisprudenza costituzionale sui provvedimenti preventivi Nella sua prima sentenza n. 1/1956 la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità di quasi tutte le disposizioni del t.u.p.s. 1931, poiché subordinavano l’affissione di manifesti, la distribuzione di stampati e giornali e la comunicazione tramite megafono/altoparlante alla previa autorizzazione amministrativa. Nella sentenza n. 31/1957 la Corte ha stabilito che l’obbligo per la stampa periodica di registrazione presso il Tribunale non è assimilabile all’autorizzazione amministrativa vietata dall’art. 21 Cost. in quanto «la registrazione é disposta in seguito all'accertamento della rispondenza tra una situazione di fatto e le norme legislative. Ma non vi é margine di discrezionalità per l'organo competente ad emettere il provvedimento, poiché, come si é ricordato, l'autorità giudiziaria verificata la regolarità dei documenti, ordina l'iscrizione». Nella sentenza n. 121/1957 la Corte “salvato” le norme del t.u.p.s. 1931 relative agli spettacoli (necessità di licenza di polizia per spettacoli in luogo pubblico, possibilità per la polizia locale di sospendere le rappresentazioni in caso di disordini, necessità di autorizzazione per aprire locali teatrali e cinematografici, possibilità per la polizia di accedere nei locali in qualsiasi momento) sostenendo che non riguardavano la libera manifestazione del pensiero, ma erano solo finalizzate a tutelare la sicurezza e l’incolumità pubbliche.

La giurisprudenza costituzionale (segue) Nella sentenza n. 38/1961 la Corte ha stabilito che la licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografica non è assimilabile ad una autorizzazione vietata ex art. 21 Cost. poiché «oggetto dell'autorizzazione é non già la diffusione del proprio pensiero con i mezzi offerti dall'arte tipografica e dalle arti affini, ma l'esercizio di queste arti, delle quali é oggetto soltanto la riproduzione in numero illimitato di esemplari che contengano la manifestazione di un'opinione o di un pensiero quale si voglia». Nelle sentenze n. 159/1970 e n. 93/1972 la Corte ha esaminato la questione della c. d. “censura degli edicolanti”: «la cernita imposta ai rivenditori di giornali [...] non realizza certamente una forma di censura costituzionalmente illegittima. [...] i rivenditori di pubblicazioni periodiche non sono tenuti all’esame integrale e dettagliato delle stesse, prima di esporle in vendita, ma soddisfano il precetto loro imposto qualora, anche in rapporto al carattere della singola pubblicazione, ne esaminino almeno i titoli e le immagini più appariscenti ...».

Il sequestro Strumento soltanto successivo (repressivo), sottoposto a riserva di giurisdizione e a riserva di legge assoluta e rinforzata, poiché è applicabile solo in due casi: nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi; nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. Il riferimento ai “delitti” significa che non si può procede a sequestro per motivi civilistici (Corte costituzionale, sentenze n. 122/1970 e 60/1976). La procedura prevede la riserva di legge tassativa e assoluta, ma la Corte cost. (sent.. 4/1972 e 60/1976) ha precisato che non ci si riferisce a una legge specifica, ma ad un insieme di leggi. Prevede inoltre la preventiva autorizzazione motivata del giudice (riserva di giurisdizione) La procedura urgente (comma 4 art. 21 Cost.) è applicabile solo nel caso di stampa periodica e non di stampati non periodici.

Il sequestro (segue) I casi in cui si può procedere a sequestro sono previsti da varie leggi (non una sola): artt. 3 e 16 della legge 47/1948: violazione delle norme sulla registrazione e sull’indicazione dei responsabili; d. l. 561/1946 e l. 1561/1960: stampati osceni o contrari alla pubblica decenza; art. 8 della l. 645/1952: stampa periodica che faccia apologia del fascismo. art. 161 l. 633/1941 sul diritto d’autore: opere che violino il copyright. (non reato, ma illecito civile)

Le norme sulla registrazione e l’indicazione dei responsabili (sono sancite dalla legge 47/1948) La stampa periodica deve registrarsi presso la cancelleria del tribunale civile competente per territorio. All’atto della registrazione occorre indicare il nome e il domicilio del proprietario/editore, del direttore responsabile e del vicedirettore, nonché il titolo, la natura della pubblicazione e la periodicità. La stampa comune doveva depositare in prefettura quattro copie, ma quest’obbligo è stato eliminato nel 2006 (ora occorre solo depositare una copia alla biblioteca nazionale centrale di Roma e Firenze). Ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore (indicazioni obbligatorie).

La giurisprudenza costituzionale sul sequestro (1) Sent. n. 122/1970 (sequestro operato al fine di far cessare l’abuso di immagine altrui): «Quando la stampa viene in considerazione come strumento di diffusione del pensiero – presupposto che discende dalla già rilevata connessione fra libertà di stampa e libertà di pensiero – la norma contenuta nel terzo comma dell'art. 21 della Costituzione copre l'intera area del sequestro, qualunque sia il contrapposto interesse col quale la stampa entra in collisione»; quindi anche il sequestro finalizzato alla tutela del diritto di immagine è da ritenersi ammissibile. Quindi il sequestro preventivo è ammissibile quando la pubblicazione dell'immagine attraverso la stampa integri la fattispecie prevista dall'art. 528 c.p. (pubblicazioni oscene), perché solo in tal caso si tratterebbe di un delitto per il quale espressamente la legge vigente autorizzi il provvedimento.

La giurisprudenza costituzionale sul sequestro (2) Sent. n. 82/1975 (sequestro di pellicola cinematografica oscena): Il sequestro, quale strumento di prevenzione diretto a tutelare il buon costume, può trovare fondamento costituzionale nell'art. 21, u.c., Cost. quando venga disposto prima di una sentenza di proscioglimento oppure quando sia tenuto fermo in caso di sentenza di condanna, ma non ha più ragione d'essere e va quindi revocato se la decisione emessa dal giudice, sebbene gravata d'appello, abbia accertato l'assenza di antigiuridicità nella condotta dell'imputato e la non oscenità del bene sequestrato. Sent. n. 4/1972 (sequestro per apologia di fascismo): La formula dell'articolo 21 (legge sulla stampa) non é così univoca da potersene argomentare la volontà di introdurre una riserva qualificata di legge, potendo invece venire interpretata come indicativa del complesso delle norme riguardanti la materia, anche all'infuori della loro riunione formale in unica sede. Stesse conclusioni nella sent. n. 60/1976 (sequestro per violazione di norme sul diritto d’autore).

Attenzione alla differenza fra “reati di stampa” e “reati a mezzo di stampa”!! I “reati di stampa” possono essere esclusivamente commessi da colui che scrive, trattandosi per lo più di violazioni della legge sulla stampa (es. il reato di stampa clandestina, le false dichiarazioni nella registrazione dei periodici, l’asportazione, la distruzione ed il deterioramento degli stampati). Si tratta generalmente di reati a contenuto omissivo. I “reati a mezzo di stampa”, invece, sono reati che possono essere commessi da chiunque, non esclusivamente attraverso la stampa (es. la diffamazione, che può essere perpetrata sia parlando con gli amici sia scrivendo sulle colonne di un periodico). Se però sono commessi attraverso la stampa, ciò ne rappresenta una aggravante. La distinzione rileva ai fini dell’individuazione della responsabilità penale del direttore della testata e anche agli effetti della forma del procedimento penale (ex art. 21 della l. 47/1948 è per i reati a mezzo della stampa quella del rito direttissimo, ove il pubblico ministero cita a giudizio l’imputato senza dover passare attraverso il filtro dell’udienza preliminare).

I reati DI stampa Art. 16 l. 47/1948: stampa clandestina, cioè senza registrazione o con registrazione incompleta (senza indicare editore o stampatore). Art. 19. l. 47/1948: false dichiarazioni all’atto della registrazione. Art. 10 l. 47/1948: mancato avviso all’autorità di p.s. dell’affissione di un giornale murale. Sono invece illeciti amministrativi: Art. 633 bis c. p.: divulgazione di stampa clandestina. Art. 17 l. 47/1948: omissione delle indicazioni obbligatorie. Art. 18 l. 47/1948.: non ottemperanza alla dichiarazione di mutamento degli elementi indicati all’atto della registrazione. Art. 8 l. 47/1948: non ottemperanza all’obbligo di rettifica.

Poi vi è stata una azione riformatrice della Corte costituzionale: I reati A MEZZO stampa La disciplina del t. u. di pubblica sicurezza (1931) e del codice penale sui reati a mezzo stampa inizialmente è rimasta invariata. Poi vi è stata una azione riformatrice della Corte costituzionale: Dichiarato illegittimo l’art. 553 c. p. che puniva la propaganda di pratiche anticoncezionali (sent. 49/1971), basandosi sul concetto di evoluzione del costume. Varie sentenze (a partire dalla 9/1965) che circoscrivono il concetto di buon costume alla sfera del pudore sessuale. Ritenuto conforme a costituzione l’istituto dell’autorizzazione all’esercizio dell’arte tipografica: è legato all’esercizio di un’attività economica e non alla libera manifestazione del pensiero (sent. 38/1961). Ora abrogato dall’art. 16 del d.lgs. 112/1998. Dichiarato illegittimo l’art. 272 c.p. nella parte in cui puniva la propaganda diretta a distruggere o a deprimere il sentimento nazionale (sent. 87/1966): «Non trattasi quindi di propaganda che ha finalità illecite, e pertanto qualsiasi limitazione di essa contrasta con la libertà garantita dall'art. 21 della Costituzione».

La disciplina dei reati a mezzo stampa (segue) Restano tuttora nel codice penale varie fattispecie di reati (anche) a mezzo stampa: - Diffamazione - Propaganda antinazionale e sovversiva - Violazione dei segreti (di Stato, investigativo, processuale) - Offesa e vilipendio delle pubbliche istituzioni - Offese al sentimento religioso mediante vilipendio di persone/cose - Istigazione a delinquere e a disubbidire alle leggi Molti di questi reati sono qualificati “contro l’ordine pubblico”, concetto estraneo alla Costituzione, anche se “salvato” in alcune pronunce della Corte come “ordine legale su cui poggia la convivenza sociale”. La l. 205/1999 ha abrogato varie fattispecie di reati di opinione, fra cui quello di “apologia di reato” e quello di “eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell’Autorità”. Per altri reati di opinione le pene sono divenute notevolmente più lievi con l. 85/2006 (es. offese al sentimento religioso, ora punito solo con multa). Le pene, in alcuni casi, sono aggravate se il reato è commesso “pubblicamente”, cioè ad esempio a mezzo stampa (art. 266 c. p., u. c.)

La disciplina dei reati a mezzo stampa (segue) Anche nella legge 47/1948 (artt. 14-15 e 20) esistono alcune figure di reato a mezzo stampa: Pubblicazioni che destinate ai giovani, che però offendono il loro sentimento morale o li istighino alla corruzione, al delitto, al suicidio, oppure favoriscano il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale. Pubblicazioni dal contenuto impressionante/raccapricciante che possono turbare il comune sentimento della morale o possano provocare il diffondersi di reati o suicidi. Asportazione, deterioramento o distruzione di stampati al fine di impedirne la vendita. Impedimento alla stampa, pubblicazione o diffusione di periodici mediante violenza o minaccia.

Altri reati di opinione Che possono essere commessi ANCHE a mezzo stampa: legge n. 654 del 1975, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette violenza o atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la legge n. 115 del 2016 vi ha aggiunto un nuovo articolo che prevede la reclusione da due a sei anni nei casi in cui la propaganda, l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondino «in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale».

La responsabilità penale del direttore della testata Corte costituzionale, sentenza n. 3/1956: Quesito: la responsabilità del direttore di giornale, quale la configura l'art. 57, n. 1, c. p., rappresenta un caso di responsabilità personale oppure un caso di responsabilità per fatto altrui? Infatti, l’art. 27 Cost. precisa che «la responsabilità penale è personale». Soluzione: il direttore risponde per fatto proprio a titolo di colpa (omissione di controllo) e quindi la sua responsabilità viene meno per caso fortuito, forza maggiore, costringimento fisico o errore invincibile. (segue ...)

La responsabilità del direttore della testata (segue) Legge n. 127/1958, che ha modificato l’art. 57 c.p., che ora recita: «Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo». La stessa legge ha introdotto anche l’art. 57 bis c. p.: «Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non è indicato o non è imputabile». Secondo l’art. 58 c. p., inoltre, rubricato “stampa clandestina”: « Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica».

La procedibilità dei reati a mezzo stampa nei confronti del direttore responsabile (art. 58 bis c. p.) «Se il reato commesso col mezzo della stampa è punibile a querela, istanza o richiesta, anche per la punibilità dei reati preveduti dai tre articoli precedenti è necessaria querela, istanza o richiesta. La querela, l'istanza o la richiesta presentata contro il direttore o vice- direttore responsabile, l'editore o lo stampatore, ha effetto anche nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato da questo commesso. Non si può procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se è necessaria una autorizzazione di procedimento per il reato commesso dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non è concessa. Questa disposizione non si applica se l'autorizzazione è stabilita per le qualità o condizioni personali dell'autore della pubblicazione».

La stampa telematica

La legge 62/2001 e le pubblicazioni telematiche La nuova definizione di prodotto editoriale comporta l’estensione anche all’editoria on-line delle norme sulle indicazioni obbligatorie e sull’obbligo di registrazione delle testate, come pure la disciplina del sequestro degli stampati. L’art. 1, comma 3 della legge, infatti estendeva l’obbligo di registrazione e di indicazione dei responsabili anche al prodotto editoriali on-line «diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto». Problemi: 1) Come identificare la periodicità per le pubblicazioni on-line? 2) Come fare per le indicazioni obbligatorie, ad es. il luogo di pubblicazione? 3) Come considerare l’informazione on-line libera, cioè di natura non professionale/professionistica? Chi sarebbe ad esempio, in tal caso, il direttore responsabile? Quindi, il d. lgs. 70/2003 (art. 7) stabilisce che la registrazione delle testate editoriali telematiche è obbligatoria solo per coloro che intendono avvalersi dei contributi della l. 62/2001 (cioè credito agevolato e credito di imposta).

Le pubblicazioni telematiche non professionali Se la registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze economiche, allora le pubblicazioni telematiche di tipo non professionale, sia pure a carattere periodico, non sono soggette a tale obbligo, senza comunque incorrere nel reato di stampa clandestina previsto dalla legge sulla stampa del 1948. Però la corte d’appello di Catania nel maggio 2011 ha confermato la sentenza di primo grado a carico del blogger siciliano Carlo Ruta: reato di stampa clandestina per omessa registrazione della pubblicazione periodica. La sentenza ha fatto scalpore, ma è stata annullata dalla Cassazione (sent. 10 maggio 2012 n. 23230)

Stampa telematica e reati a mezzo stampa (1) Cass. pen. n. 10535/2008: un forum telematico (gruppo di discussione) non può essere assimilato a un prodotto editoriale o a una testata giornalistica; quindi il sequestro (oscuramento) è ammissibile anche in ipotesi diverse da quelle molto garantiste previste per legge per il sequestro degli stampati. Cass. pen. n. 11895/2014: è illegittimo il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. di un intero sito Internet, pur in presenza di commenti di terzi astrattamente diffamatori. La Corte ha sottolineato la funzione sociale dei mezzi di informazione e, nel caso concreto, ha ritenuto insussistente una potenzialità lesiva (periculum in mora) del sito in sé.

Stampa telematica e reati a mezzo stampa (2) Cass. pen. n. 16712/2014: caso di insulti pubblicati su Facebook, leggibili solo nell’ambito di una cerchia ristretta di amici; il nome della persona insultata non era stato scritto, ma la persona era certamente identificabile dagli amici che avevano accesso a quella pagina. Sussiste il reato di diffamazione perché è ravvisabile negli autori del commento offensivo la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone Cass. pen. n. 24431/2015: la fattispecie aggravata del reato di diffamazione ricorre anche nel caso in cui i commenti offensivi siano postati su una bacheca Facebook, essendo questo tipo di bacheche accessibili ad un gran numero di persone. Inoltre – ha precisato la Cassazione – «l'utilizzo di Facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione».

Stampa telematica e reati a mezzo stampa (3) Cass. pen. n. 35511/2010: per la Corte, la telematica è assolutamente eterogenea rispetto alla stampa e non sono consentite analogie in materia penale; quindi ha escluso che al direttore di una testata telematica possa essere imputato il reato di diffamazione a mezzo stampa, come pure che i coordinatori di blog e forum telematici possano essere considerati solidalmente responsabili per i reati eventualmente commessi dagli autori delle pubblicazioni telematiche. Cass. pen. n. 2561/2011: l’art. 57 c.p. non è applicabile alle testate giornalistiche on-line in quanto le pubblicazioni telematiche non possono rientrare nella nozione di “stampa” contemplata nell'art. 1 della L. n. 47/1948, la quale non include espressamente le pubblicazioni effettuate tramite le moderne tecniche telematiche. Quindi è stata annullata senza rinvio la condanna, comminata all’ex direttore dell’edizione telematica dell’Espresso per aver omesso il controllo necessario a impedire la commissione del reato di diffamazione.

Stampa telematica e reati a mezzo stampa (4) Tuttavia, Cass. Pen. 31022/2015 ha stabilito che il concetto di “stampa” va inteso in senso evolutivo e quindi deve applicarsi perfettamente anche a quanto pubblicato testate online registrate (con l’unica eccezione dei commenti postati dagli utenti). Per la Corte, se un quotidiano o un periodico telematico hanno le caratteristiche e la struttura di un vero e proprio giornale cartaceo e sono regolarmente registrati, allora deve applicarsi ad essi la disciplina normativa sulla stampa tradizionale . Dunque,  la testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio di stampa: il sequestro/oscuramento può allora essere applicato solo nei casi espressamente previsti dalla legge (e non, come nel caso in esame, per diffamazione).

La repressione dei reati commessi tramite pubblicazioni on-line L’art. 17 del d. lgs. n. 70/2003, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2000/31/CE sulla società dell’informazione nel mercato interno, in materia di responsabilità dei fornitori di servizi nella società dell’informazione stabilisce che «il prestatore non e' assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, ne' ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite». Tuttavia, «il prestatore e' comunque tenuto: a) ad informare senza indugio l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell'informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l'identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite». Infine, «il prestatore e' civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente».

Il caso Google-Vividown Cass. Pen. n. 3672/2014: assoluzione definitiva dei manager di Google Italia, processati per un video diffuso nel 2006 raffigurante un minorenne disabile di Torino maltrattato dai compagni di scuola. La condotta contestata consisteva nell’aver omesso un’informativa sulla privacy, visualizzabile in italiano dalla pagina iniziale del servizio Google Video in sede di attivazione del relativo account. Per la Cassazione, nel caso specifico Google ha agito come un mero Internet Host Provider, che non ha alcun obbligo generale di sorveglianza dei dati immessi da terzi sul sito da lui gestito né di informare chi immette i dati degli obblighi derivanti dalla normativa sulla privacy. Il titolare del trattamento dei dati caricati sul sito Google Video è l’utente (uploader) che li ha caricati ed è solo lui responsabile per eventuali violazioni di legge.

Il caso Google-Spain Corte di Giustizia, sent. 13 maggio 2014, causa C−131/12: All’origine della vicenda vi è una richiesta con la quale un cittadino spagnolo aveva cercato di ottenere, prima dal gestore del sito e poi da Google, la rimozione di alcuni dati personali pubblicati su un articolo di giornale ritenuti non più attuali. Per la Corte l’attività di un motore di ricerca (indicizzazione dei contenuti) costituisce trattamento dei dati personali. Su richiesta degli interessati – che hanno il c. d. “diritto all’oblio” – deve deindicizzare i contenuti, a meno che non sussistano ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, giustificanti un interesse preminente del pubblico ad avere accesso a dette informazioni. Se il motore di ricerca rifiuta la deindicizzazione, l’interessato può adire l’autorità giudiziaria.

La stampa come attività economica

La stampa come attività economica La stampa non è solo un mezzo di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost., ma anche un’attività economica ex art. 41 Cost.: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. In base a questo si giustifica la normativa: che tutela il giornalista nei confronti dell’indirizzo editoriale del direttore di testata; che prescrive la responsabilità penale dell’editore; che prevede forme di sostegno economico alle imprese editrici; che detta regole antitrust per il sistema dei mezzi di comunicazione.

La trasparenza delle fonti di finanziamento (art. 21 Cost., V) La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. In origine, i costituenti erano preoccupati del rischio di introduzione di inammissibili poteri di controllo da parte dello Stato sulle fonti di entrata dei giornali. Inoltre, la trasparenza delle fonti di finanziamento era percepita come possibilità per il cittadino di comprendere i condizionamenti economici cui le testate giornalistiche erano sottoposte e quindi la loro linea editoriale. Più recentemente, la norma è stata utilizzata come fondamento per la disciplina antitrust dei mezzi di comunicazione, intesa come garanzia del loro pluralismo.

Il sostegno economico alla stampa Negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Costituzione, permane il meccanismo di integrazione del prezzo della carta (legato all’istituto del prezzo amministrato dei quotidiani) ad opera dell’Ente nazionale cellulosa e carta (istituito con l. 1453/1935), e si aggiungono altre agevolazioni fiscali e riduzioni tariffarie alle imprese editoriali. L’Ente cellulosa e carta è stato posto in liquidazione con l. 595/1994. Tale impostazione non muta con la l. 168/1956 (Provvidenze per la stampa). Muta invece con la l. 1063/1971 (Provvidenze a favore dell’editoria giornalistica): oltre all’integrazione del prezzo della carta, spettano alle imprese editrici anche contributi straordinari finanziati dal bilancio statale, assegnati in modo inversamente proporzionale alla quantità di carta utilizzata l’anno precedente (così vengono agevolate le imprese editoriali minori); inoltre, forme di credito agevolato per le imprese editoriali.

Il sostegno economico alla stampa con la legge 172/1975 Si inizia a comprendere il nesso fra sostegno alla stampa e pluralismo dell’informazione! Potenziamento delle forme di credito agevolato; allargamento dei soggetti beneficiari del contributo statale straordinario (es. anche agenzie di stampa, giornali italiani all’estero, periodici non quotidiani di vario contenuto); istituzione di commissione tecnica incaricata di verificare la sussistenza dei requisiti per accedere al contributo statale; obbligo di trasparenza finanziaria (bilancio-tipo) per le imprese che intendono accedere ai contributi; creazione del Registro nazionale della stampa quotidiana e periodica e delle agenzie di stampa.

Il sostegno economico alla stampa con la legge 416/1981, con modifiche ed integrazioni successive (leggi n. 67/1987, 250/1990, 595/1994, 549/1995, 650/1996) L’obiettivo che si intende raggiungere è quello di porre il settore della stampa in una condizione economica di autosufficienza nel giro di cinque anni, riducendo progressivamente l’erogazione di contributi diretti a carattere assistenzialistico e sviluppando, invece, il sistema della contribuzione indiretta.

Il sostegno economico alla stampa: i contributi diretti Contributi diretti alle imprese editoriali, a carattere transitorio e legati alla permanenza per altri 5 anni del prezzo amministrato dei quotidiani: - contributo fisso per ogni copia stampata, decrescente con l’aumento della tiratura; - contributo a favore delle imprese editrici di periodici, inversamente proporzionale alla quantità di carta utilizzata; - contributo per le pubblicazioni di elevato valore culturale (apposita commissione, che si basa sui criteri formulati dal Governo); - contributo per le pubblicazioni italiane all’estero (ripartito con criteri decisi dal Governo); contributo per le agenzie di stampa. Il prezzo amministrato dei quotidiani era stato deciso nel 1947 come misura transitoria, prorogata varie volte. La l. 67/1987 ha decretato la fine dell’istituto a partire dal 1988. La l. 67/1987 ha anche stabilito l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di destinare il 50% delle spese sostenute per la pubblicità ai quotidiani e periodici.

I contributi diretti: negli anni Novanta (segue) Con le leggi 67/1987 e 250/1990 si riduce l’area dei beneficiari dei contributi diretti. Rimangono: - contributo annuo da ripartire fra imprese editrici di giornali e periodici in Italiano diffusi all’estero o di giornali/periodici esteri diffusi in Italia; contributo annuo alle imprese “di elevato valore culturale” (rigore scientifico); contributo annuo fisso + contributi variabili in relazione alla tiratura alle imprese editrici: a) costituite in cooperative di giornalisti; b) il cui capitale è detenuto in maggioranza da cooperative, fondazioni o enti no profit; c) di quotidiani/periodici nelle lingue delle minoranze; d) di quotidiani/periodici organi di partito

I contributi diretti negli anni Novanta: le critiche Il parametro “imprese cooperative senza scopo di lucro” è effettivamente idoneo per individuare le imprese meritevoli di sostegno? Infatti, esso lascia fuori le piccole imprese locali che però perseguono scopo di lucro. In base a quali criteri si può stabilire l’elevato valore culturale delle pubblicazioni? Il finanziamento ai giornali di partito non rischia piuttosto di tradursi in una forma di finanziamento pubblico ai partiti politici?

I contributi ai giornali di partito (1) Fin dalla legge 25 febbraio 1987, n. 67 , viene corrisposto un contributo "alle imprese editrici di quotidiani o periodici che attraverso esplicita menzione riportata in testata risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento". Con le modifiche intervenute con legge 388/2000, secondo l'art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 250 , i contributi sono corrisposti "alle imprese editrici di quotidiani o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o nel Parlamento europeo avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano, nell'anno di riferimento dei contributi nei limiti delle disponibilità dello stanziamento di bilancio”.

I contributi ai giornali di partito (2) Con legge 23 dicembre 2000, n. 388, per accedere ai contributi diretti gli organi di partito o movimento politico debbono: costituirsi in cooperative, il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dalla edizione di quotidiani o periodici organi di movimenti politici; far certificare il bilancio da una società di revisione; editare testate con una diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva se nazionali ovvero almeno al 40 per cento se locali; prevedere nello statuto il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei cinque successivi. Ovviamente, gli organi di partito hanno accesso anche ai contributi indiretti previsti per tutti gli altri giornali e periodici.

I contributi ai giornali di partito (3) La legge n. 248 del 2006 ha permesso che possano usufruire dei contributi diretti anche quelle imprese che editano pubblicazioni che risultano essere organi di partiti o movimenti politici anche privi del requisito della rappresentanza parlamentare, purché abbiano già maturato il diritto ai contributi alla data del 31 dicembre 2005 (questo perché alcune forze politiche non erano rappresentate in Parlamento). L’art. 44 del d.l. 133/2008 ha stabilito che i contributi all’editoria verranno concessi solo se previsti dal bilancio statale (non più quindi diritto soggettivo). Il d.P.R. 22/2010 ha stabilito che il contributo sarà erogato in base alle copie effettivamente vendute (tracciabilità tramite codice a barre) e non alla tiratura dichiarata. Comunque, il sistema dei contributi pubblici diretti all’editoria sarebbe dovuto definitivamente dal 31 dicembre 2014 (d.l. 201/2011 convertito in l. 214/2011). Previsto un regime transitorio per ottenere contributi ancora per il 2013.

La fine dei contributi diretti Il sistema dei contributi pubblici diretti all’editoria doveva definitivamente dal 31 dicembre 2014 (d.l. 201/2011 convertito in l. 214/2011). Era previsto un regime transitorio per ottenere contributi ancora per il 2013. Però la legge di stabilità 2014 (l. n. 147/2013, art. 1 comma 261) ha istituito un fondo straordinario per gli interventi a sostegno dell’editoria nel triennio 2014-16, con finalità di incentivare gli investimenti delle imprese editoriali orientati all’innovazione tecnologica e digitale e l’assunzione di giovani giornalisti. Approvata ad ottobre 2016 una nuova legge per ridefinire il sostegno pubblico all’editoria.

Il sostegno economico alla stampa mediante contributi indiretti Contributi indiretti per imprese impegnate in ristrutturazione tecnico- economica: - contributi in conto interesse derivanti da Fondo speciale istituito presso la Presidenza del Consiglio, concessi su deliberazione di un comitato di nomina governativa; finanziamenti agevolati mediante un apposito fondo governativo per le agevolazioni di credito; credito di imposta pari al 10% della spesa sostenuta per l’acquisto della carta; - agevolazioni tariffarie (telefono, posta ...) e agevolazioni fiscali (dal 1995, IVA al 4%), da cui però sono escluse le pubblicazioni pornografiche e quelle che includono pubblicità per più del 45% dello stampato (compresa pubblicità redazionale o inserti separati); - mutuo agevolato per imprese editrici di elevato valore culturale mediante un apposito fondo ministeriale; accesso alla Cassa integrazione guadagni e speciale indennità integrativa di fine rapporto per dipendenti delle imprese editoriali che perdono il posto a causa di crisi dell’impresa.

I contributi indiretti (segue) Dal 1990 l’entità dei contributi indiretti è aumentata, l’area dei beneficiari è stata allargata (anche editoria libraria) ed è scomparsa la distinzione fra pubblicazioni di particolare valore culturale e le altre. Parallelamente è stato stabilito un tetto massimo per gli introiti pubblicitari (vedi slides successive).

Il sostegno economico alla stampa con la legge 62/2001 Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali La legge istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per l’informazione e l’editoria) un apposito fondo per le agevolazioni di credito (finanziamenti decennali) per imprese editoriali impegnate in ristrutturazione economico-produttiva. Porzioni del fondo sono specificamente destinate ad imprese di piccole dimensioni, ad imprese in forma cooperativa, ad imprese impegnate nella diffusione della lettura in Italia o delle opere italiane all’estero. La legge prevede anche regole relative alla trasparenza degli assetti societari delle imprese editoriali. Inoltre, la legge fornisce una nuova definizione di prodotto editoriale: «... il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici» (art. 1, comma 1).

Legge n. 198/2016 Istituzione di un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, che va a sostituirsi al precedente Fondo istituito nel 2014. La definizione dei criteri e delle modalità per accedere al fondo è demandata a futuri decreti attuativi. Disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, escludendo esplicitamente da tali benefici gli organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali, i periodici specialistici, le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa.

Legge n. 198/2016 (segue) Potranno invece continuare a beneficiare di contributi diretti le cooperative giornalistiche, gli enti senza fini di lucro che editano quotidiani o periodici, le imprese editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche o di associazioni di consumatori oppure diffusi all’estero oppure destinati a non vedenti o ipovedenti, i gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa. Contributi calcolati in base a vari parametri, fra cui il numero di copie annue effettivamente vendute, l’edizione della testata anche in formato digitale, il numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato, i costi sostenuti per l’innovazione e la trasformazione digitale.

Il ruolo delle Regioni nel settore della stampa Accanto al sostegno statale alla stampa, si moltiplicano le forme di intervento regionali, dopo che la Corte costituzionale ha riconosciuto le loro competenze in materia di informazione, anche in assenza di espliciti riferimenti nella Costituzione e negli Statuti. (sentenze 348/1990 e 29/1996). Infatti, l’informazione non è stata considerata una materia, ma una “precondizione” per il corretto esercizio delle funzioni politiche da parte delle istituzioni a tutti i livelli. Con la riforma costituzionale del 2001, la materia “ordinamento della comunicazione” figura fra quelle di competenza concorrente fra Stato e Regioni (art. 117 Cost., comma 3).

La distribuzione e la vendita di quotidiani e periodici In Italia non sono esistiti per lungo tempo sistemi di distribuzione alternativi a quello della vendita (es. posta o distribuzione porta a porta) nelle edicole autorizzate. Quindi i quotidiani hanno diffusione più scarsa che in altri paesi, dove non esistono vincoli amministrativi del genere. Legge 416/1981: obbligo per le rivendite autorizzate di garantire a parità di condizioni il servizio a tutte le testate che ne facciano richiesta. Spetta alle Regioni la definizione di indirizzi generali per la localizzazione dei punti vendita e ai Comuni la loro effettiva localizzazione. Legge 108/1999: sperimenta per la prima volta altri possibili punti vendita non esclusivi (librerie, bar, benzinai ...) e contiene una delega al Governo per il riordino della materia. D. lgs. 170/2001: spetta alle Regioni di rilasciare le autorizzazioni per punti vendita esclusivi (le edicole) e non esclusivi (gli altri), in base alla densità della popolazione, delle caratteristiche urbane e sociali della zona, dell’entità delle vendite, dall’esistenza di altri punti vendita. L. 103/2012: dal 1 gennaio 2013 è obbligatoria la tracciabilità delle vendite attraverso il codice a barre.

La normativa antitrust

CONTROLLO e COLLEGAMENTO (art. 2359 c. c.): Per comprendere il disposto della l. 67/1987 (e la normativa antitrust dettata dalle leggi successive) occorre riferirsi alla nozione di: CONTROLLO e COLLEGAMENTO (art. 2359 c. c.): Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell'applicazione dei nn. 1 e 2 del l° comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.

Per comprendere il disposto della l Per comprendere il disposto della l. 67/1987 (e la normativa antitrust dettata dalle leggi successive) occorre riferirsi anche alla nozione di: POSIZIONE DOMINANTE Si dice che un’impresa detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando essa possiede quote elevate sulle vendite in un determinato mercato e quando, a causa delle caratteristiche economiche di quel mercato, nonché, eventualmente, di vincoli istituzionali, le possibilità di reazione degli altri concorrenti, effettivi o potenziali, sono limitate (definizione dell’AgCom).

La normativa antitrust per l’editoria La legge 67/1987 (Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria) rappresenta il primo esempio di norme anticoncentrazionistiche per uno specifico settore economico. All’art. 3 definisce la nozione di posizione dominante nel mercato editoriale: editore/controllore di società editrici di quotidiani che nell’anno precedente hanno avuto tiratura superiore al 20% della tiratura complessiva nazionale ... ... oppure superiore al 50% della tiratura complessiva di una regione o di una delle quattro aree interregionali; titolare di collegamenti con società editrici di quotidiani con tiratura superiore al 30% della tiratura complessiva nazionale. Le posizioni dominanti sono vietate di per sé e, se raggiunte, devono essere eliminate con provvedimenti del Garante (sulla figura del Garante si veda lezione sul sistema radiotelevisivo), i cui poteri però non sono sufficientemente incisivi.

La normativa antitrust (segue) Per poter controllare l’eventuale raggiungimento di posizioni dominanti, le imprese editoriali sono soggette ad obblighi: di trasparenza (degli assetti proprietari, degli assetti societari e dei loro eventuali mutamenti); (la trasparenza delle fonti di finanziamento è richiamata nel comma 5 dell’art. 21 Cost.) di iscrizione al Registro nazionale della stampa (ora, dal 1997, Registro degli operatori della comunicazione); di comunicare il trasferimento di azioni, partecipazioni, quote di proprietà (se superano il 10% del capitale sociale); di redigere un bilancio consolidato di gruppo.

La normativa antitrust (segue) Editoria e pubblicità Analoghi obblighi gravano sulle imprese concessionarie di pubblicità. Esse inoltre non possono operare in esclusiva per quotidiani la cui tiratura superi il 30% di quella nazionale (o il 20%, se c’è rapporto fra controllato e controllante).

La “zona franca” Va sottolineato che per i giornali periodi diversi dai quotidiani, come pure per la stampa non periodica, non esiste alcuna regolamentazione anticoncentrazione!!!!

A partire dalla l. 223/1990 (legge Mammì) la normativa anticoncentrazione nel settore della stampa si intreccia strettamente con quella relativa al settore della radiodiffusione, per cui la comune disciplina verrà trattata congiuntamente nelle lezioni successive.

Grazie per l’attenzione! Fine Grazie per l’attenzione!