L’AGRICOLTURA ROMANA E LA VILLA RUSTICA

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L’AGRICOLTURA ROMANA E LA VILLA RUSTICA

L’agro pubblico Quando i romani iniziarono a sottomettere le popolazioni italiche definirono le terre conquistate col termine di "agro pubblico". Una parte di questi terreni veniva divisa in centurie, cioè in rettangoli più o meno equivalenti, destinati ad essere assegnati ai coloni-soldati, che di mestiere facevano i contadini e che su questi lotti praticavano sostanzialmente un'agricoltura di sussistenza. Nel trevigiano abbiamo ad esempio, i segni della centuriazione di Altino, di Oderzo, di Treviso e di Asolo.

Esempio di centuriazione

Le centuriazioni nel veneto

A chi andavano le altre terre? Altri terreni potevano essere affittati a cittadini privati, che quindi li gestivano, anche potendo trasmetterli in via ereditaria, senza averne la proprietà, che restava statale. La parte del leone toccò sempre ai comandanti militari, membri dell'aristocrazia senatoria, forniti di poteri quasi illimitati, che potevano far lavorare sulle loro terre coloni e schiavi. Il processo di concentrazione terriera nelle mani di pochi privilegiati non trovò ostacoli e, nel tempo, determinò la crisi irreversibile della piccola proprietà contadina libera.

I trattati di agricoltura: catone Il primo Trattato di agricoltura (De re rustica), scritto da Catone tra il 164 e il 154 a.C. e indirizzato al ricco proprietario che vive in città e affida la gestione della villa di campagna (l'azienda agricola) a un fattore, di condizione servile, riservandosi di ispezionarla personalmente di tanto in tanto. Generalmente la villa era divisa in due parti: la parte urbana, destinata ad ospitare il padrone, la parte rustica, destinata agli alloggi degli schiavi, e adibita come attrezzaia.

I trattati di agricoltura: catone Catone conosceva l'enciclopedia agricola del cartaginese Magone, che evidenziava i grandi livelli produttivi e scientifici dell'agricoltura punica. Fu proprio lui a dare all'agricoltura romana, fino a quel momento dominata dalla monocoltura cerealicola, una svolta verso gli impianti di ulivi e di vigne. Nella graduatoria stilata da Catone, il vigneto, per importanza, deteneva, nell'azienda agricola, il primo posto, seguito da orto irriguo, saliceto, uliveto, prato, seminativo, bosco ceduo, terreni ed arbusti, bosco a ghiande. La manodopera doveva essere rigorosamente schiavile, organizzata in squadre controllate da due villici, maschio e femmina, che, pur essendo schiavi, svolgevano la funzione responsabile di un fattore. Le mansioni di tutti questi lavoratori e il modo di sfruttare al massimo la loro forza-lavoro vengono descritti sin nei minimi particolari.

I trattati di agricoltura: catone Il calcolo economico era molto rudimentale, praticamente si riduceva al principio: "vendere molto e comprare poco". Anche la tecnologia era piuttosto primitiva. In tutta la storia di Roma l'idea di profitto non è mai stata legata alla terra, ma solo ai commerci e soprattutto all'usura. Alla terra si legava l'idea di rendita. Il vigneto-tipo doveva essere di circa 100 iugeri (25 ettari), lavorati da 16 schiavi, cioè dai due fattori, dieci braccianti, un aratore o bifolco, un asinaio, un addetto al saliceto (o legatore di viti) e un porcaro. L'uliveto-tipo doveva invece essere sui 240 iugeri (60 ettari), lavorato da 13 schiavi. L'azienda doveva essere chiaramente orientata al mercato, per cui si dovevano specializzare le colture (specie il vino e l'olio) ed evitare l'autarchia. Prima della pubblicazione, un secolo dopo, dei tre importanti libri di agricoltura di Varrone, una legge agraria del 111 a.C. sanciva la trasformazione ad uso privato dell'agro pubblico, mostrando quindi la necessità di ampliare i contratti di locazione coi coloni.

I trattati di agricoltura: varrone Varrone venne incontro all'esigenza di ricchissimi latifondisti che praticamente avevano come unico scopo di vita quello di campare di rendita, senza preoccuparsi eccessivamente della conduzione agricola di un'azienda, che sempre più si trasformava in una tenuta sfarzosa. Molti senatori, convinti che il frumento poteva anche essere importato dall'Africa o dalla Sardegna, e il vino dalla Grecia, cominciarono ad acquistare ingenti mandrie o greggi da affidare a schiavi-pastori, che le guidassero nella transumanza verso l'Adriatico o il Tirreno. Ma investirono anche nell'allevamento del pesce in piscine artificiali, o dei volatili nelle voliere, o in conigli e pollame. Cesare stabilì addirittura che 1/3 dei pastori doveva essere libero. Queste figure di lavoratori favorivano sempre più forme contrattuali molto vantaggiose.

I trattati di agricoltura: columella L'agronomo Columella, contemporaneo di Seneca, scrisse un nuovo trattato di agricoltura in cui fa chiaramente capire che la pratica dell'affitto può dare ottimi risultati. Catone infatti non aveva assolutamente prevista la possibilità di affidare a coloni dei lotti adiacenti alla villa, in cambio di un canone in denaro. I coloni, che sfruttavano alcune strutture presenti nella villa, come il forno e il mulino, si potevano rendere disponibili nei periodi dell'anno in cui era necessario l'impiego di manodopera supplementare, p.es. nella stagione della vendemmia. Il passaggio dalla schiavitù al servaggio (che in questo momento si chiama "colonato") caratterizzerà la nascita della formazione feudale.

L’organizzazione del territorio: le strade

Le centuriazioni: i segni riconoscibili nella viabilità attuale; le centuriazioni di treviso

Gli strumenti e le tecniche delle centuriazioni La groma Il tracciamento degli angoli

I tracciati e le misure L’allineamento

La villa rustica romana Nella villa rustica vi erano due corti (cortes), una interna, l'altra esterna, e in ciascuna una vasca (piscina); la vasca della corte interna serviva per abbeverare gli animali, l'altra, per alcune operazioni agricole come macerar cuoio, lupini, ecc. Attorno alla prima delle due corti sorgevano le costruzioni in muratura e formavano, tutte insieme, la villa rustica in senso più ristretto: cioè, la parte della fattoria dove abitavano i servi.

La villa rustica romana Ne era il centro una spaziosa cucina (culina): nella fattoria la cucina non è, come in città, la stanza dove lavorano i cuochi, ma luogo di riunione e di lavoro. Vicino alla cucina, in modo da poter usufruire del suo calore, erano le stanze da bagno per i servi, la cantina, le stalle dei buoi (bulina) e dei cavalli (equilia); se vi era posto, anche il pollaio, ciò per la credenza che il fumo fosse salutare al pollame

La villa rustica romana Lontani dalla cucina e possibilmente rivolti verso nord erano, invece, quegli ambienti che, per la loro destinazione, richiedevano un luogo asciutto, come i granai (granaria), gli essiccatoi (horrea), le stanze in cui veniva conservata la frutta (oporothecae). I magazzini più esposti al pericolo dell'incendio potevano anche costituire un edificio (villa fructuaria) completamente separato dalla villa rustica. Adiacente alla villa rustica vi era l'aia; lì vicino sorgevano alcuni capannoni, come la rimessa dei carri agricoli (plaustra) o il nubiliarum, un luogo in cui riporre provvisoriamente il grano in caso di improvviso acquazzone. E' incerto dove abitassero i servi: sappiamo, però, che vi erano le stanze da letto (cellae familiares), l'ergastulum, una specie di prigione in cui gli schiavi che scontavano una mancanza attendevano ai lavori più duri, e il valetudinarium per gli schiavi ammalati. Mancando la villa urbana, le stanze migliori venivano riservate al padrone.

Dal tardo impero all’alto medioevo L’agricoltura e la società nel passaggio dall’Impero Romano al Medioevo

Il tardo impero romano Aree di produzioni agricole e specializzazioni. Dopo il 250 d.c. iniziò la decadenza sociopolitica dell’Impero ma quella agricola era iniziata prima. Con la riduzione di manodopera schiavile e l’accentuazione del fenomeno del latifondo il sistema produttivo si avviò verso quell’economia agricola tipica del medioevo.

Il tardo impero romano

Il tardo impero romano Verso la fine dall'Impero, i grandi proprietari terrieri se ne andarono dalle città, oramai poco sicure per le incursioni delle popolazioni «barbare», e si rifugiarono nelle loro ville di campagna La villa romana diventò non solo il centro del latifondo, ma il centro di un villaggio. Questo villaggio funzionava come un’entità autonoma e autarchica, produceva il cibo, i vestiti, le abitazioni, gli attrezzi per i propri abitanti, inoltre aveva anche un proprio esercito.

Il tardo impero romano La manodopera, che una volta era quasi esclusivamente schiavile, divenne prevalentemente servile, con i servi legati alla terra (servi della gleba). La classe servile era costituita dagli ex schiavi e dai piccoli proprietari terrieri o dai coloni falliti (magari solo a causa di una cattiva annata)

Il medioevo Ufficialmente il Medioevo inizia con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476 d.c. e termina nel 1492, data della scoperta dell’America (e anche della caduta del Sultanato di Granada, ultimo baluardo islamico in Spagna). L’alto Medioevo va dal V al X secolo ed è il periodo più buio, caratterizzato da continue invasioni, instabilità politica e forte riduzione dei commerci. Nell’alto medioevo l’instabilità politica, soprattutto in Italia, causa una consistente riduzione della popolazione che avviene non a causa delle cosiddette «invasioni barbariche» ma con la «Guerra gotica» tra l’Impero Bizantino e gli Ostrogoti che regnavano in Italia. Si passa da 11 milioni di abitanti (fine Impero Romano d’Occidente) a 8 milioni di abitanti nel 900.

Il medioevo L’instabilità e le guerre accelerano il fenomeno dell’abbandono delle città, già iniziato nel tardo Impero Romano (Roma, che in epoca imperiale aveva circa 500.000 abitanti, nel 7° secolo ne ha solo 30.000. Gran parte della popolazione vive nelle campagne: si mangiano meno cereali (cicli colturali lunghi), più ortaggi (cicli colturali corti), si integra la dieta con la caccia. La produzione è prevalentemente per l’autoconsumo. Alla fine di questo periodo (X secolo) ha inizio il fenomeno dell’incastellamento e (con l’arrivo dei Franchi) la diffusione del sistema feudale .

L’incastellamento

L’incastellamento Il castello ha preso origine o dall’evoluzione della villa romana oppure dall’evoluzione di strutture di difesa (torri) tipicamente militari. Allo stesso modo le città fortificate hanno avuto origini diverse: dall’espansione di villaggi originati attorno al castello oppure da città romane preesistenti (es. Treviso, Asolo). Le funzioni del castello erano molteplici, principalmente quelle di difesa del nobile e della sua famiglia, poi anche quelle di difesa del villici, che col tempo finirono per costruire le loro case all’interno della seconda cerchia di mura. L’agricoltura alto medievale era praticamente «di sussistenza», veniva prodotto quel poco in più per mantenere il nobile con la sua famiglia i soldati e la classe sacerdotale, per il resto era autoconsumo. Considerando che era poco sicuro coltivare piante a ciclo lungo, venivano privilegiati i cereali estivi a ciclo corto, come il miglio e il panico, e i legumi. Per i nobili, una consistente integrazione alimentare era data dalla caccia.

L’AGRICOLTURA TRA IMPERO ROMANO E MEDIOEVO: LE AZIENDE IMPERO ROMANO: SI PRODUCE PER LA VENDITA MEDIOEVO: SI PRODUCE PER L’AUTOCONSUMO I GRANDI LATIFONDI PRODUCONO UN PO’ DI TUTTO SOPRATTUTTO PER L’AUTOCONSUMO. GRANDI SUPERFICI ABBANDONATE REGREDISCONO A BOSCO E SONO UTILIZZATE PER IL PASCOLO, PER LA CACCIA E PER LA RACCOLTA I GRANDI LATIFONDI SONO SPESSO SPECIALIZZATI E PRODUCONO GRANDI QUANTITA’ DESTINATE SOPRATTUTTO AL MERCATO

L’AGRICOLTURA TRA IMPERO ROMANO E MEDIOEVO: LA GESTIONE I LATIFONDI SONO LAVORATI PREVALENTEMENTE DA SERVI LEGATI ALLA TERRA (SERVI DELLA GLEBA). UNA PARTE PIÙ O MENO CONSISTENTE DEL LAVORO È FORNITA ANCHE DALLE CORVÈE OBBLIGATORIE DA PARTE DEI COLONI. I GRANDI LATIFONDI SONO GESTITI DA MANODOPERA PREVALENTEMENTE SCHIAVILE. DA UN CERTO PUNTO IN POI SONO PRESENTI, IN MISURA PROGRESSIVAMENTE MAGGIORE, ANCHE COLONI E SERVI.

GLI ATTREZZI AGRICOLI PER LA RACCOLTA E LA POTATURA PER IL LAVORO NEI CAMPI PER LA RACCOLTA E LA POTATURA

L’AGRICOLTURA TRA IMPERO ROMANO E MEDIOEVO 1 IMPERO ROMANO: SPECIE COLTIVATE MEDIOEVO: SPECIE COLTIVATE CEREALI: Orzo, Frumento, Farro, Miglio, Spelta, Avena e Segale. ORTICOLE: LEGUMINOSE Ceci, Fave , Lenticchie, Piselli, Lupini, ORTAGGI: Lattughe, Cavoli, Broccoli, Asparagi, Sedani, Cardi, Cetrioli, Cipolle, Porri Aglio, ecc Si continuano a coltivare le stesse specie però sono privilegiate quelle a ciclo breve. tra i cereali viene coltivato molto il miglio, il farro e la spelta sostituiscono il frumento, più delicato. negli orti cittadini si coltivano legumi e ortaggi per autoconsumo

L’AGRICOLTURA TRA IMPERO ROMANO E MEDIOEVO 2 IMPERO ROMANO: SPECIE COLTIVATE MEDIOEVO: SPECIE COLTIVATE PIANTE DA FRUTTO: Mele, Pere, Cotogne, Uva, Prugne, Melograni, Carrube, Pesche, Ciliegie, Albicocche, Noci e Mandorle. VITE: per la produzione del vino OLIVO: per la produzione di olio e anche di olive da consumo. Si continuano a coltivare le stesse specie però le grandi piantagioni si riducono drasticamente; gli alberi da frutto vengono coltivati nei giardini domestici, la vita continua ad essere coltivata ma quasi esclusivamente nei conventi (il vino è indispensabile per la s. messa)

L’ALLEVAMENTO TRA IMPERO ROMANO E MEDIOEVO ANIMALI DA LAVORO: Bovini, Asini; Cavalli. ANIMALI DA CARNE E ALTRO: Ovicaprini, Maiali: allevati al pascolo (transumante per gli Ovicaprini) ANIMALI DA CORTILE: Oche, Anatre, Galline, Conigli, Tortore, Colombi; ANIMALI SEMISELVATICI: Cinghiali, Cervi, Lepri, Pesci Si riducono i numeri, l’aumento dei boschi favorisce l’allevamento brado di specie rustiche, soprattutto maiali, la transumanza è a volte impedita dalla scarsa sicurezza dei tratturi. Gli animali da cortile continuano ad essere allevati per autoconsumo.