Guarda che chiamo l’uomo nero LA CLASSE 2° D DELLA SCUOLA VITTORINO DA FELTRE PRESENTA Guarda che chiamo l’uomo nero * Parole e testo tratte da «Guarda che chiamo l’uomo nero» scritto da R. Pavanello
IO CONOSCO TANTI BAMBINI A CUI NON PIACE LA MINESTRA… STO PARLANDO DI QUEI BEI MINESTRONI DI VERDURA CHE OGNI TANTO LE MAMME PREPARANO PERCHÉ SANNO CHE FANNO TANTO BENE AI LORO FIGLI. PRENDONO UN GRAN PENTOLONE E CI METTONO DENTRO OGNI TIPO DI DELIZIA: CAROTE, PATATE, VERZE, FAGIOLI, MELANZANE, CECI, ZUCCHINE, SEDANO, CIPOLLE, PREZZEMOLO… AH, CHE MERAVIGLIA! E CHE PROFUMINO SI SENTE PER TUTTA LA CASA! COS’HAI DA FARE QUELLA FACCIA? NON MI DIRE CHE NEANCHE A TE PIACE LA MINESTRA!!! BEH, ALLORA ASSOMIGLI A FILIPPO. ANCHE A LUI NON PIACEVA LA MINESTRA, ANZI LA ODIAVA PROPRIO E TUTTE LE VOLTE CHE LA SUA MAMMA GLIELA PREPARAVA ERANO TRAGEDIE. QUELLA SERA, PER ESEMPIO, SI STAVA RIPETENDO LA SOLITA SCENA. NEL PIATTO C’ERA UN BEL PASSATO DI VERDURA CALDO E FUMANTE E DI FRONTE FILIPPO CHE PENSAVA: “VELENO! QUESTO È VELENO! MI VOGLIONO AVVELENARE, MA IO NON CI CASCO!” SI STRAPPÒ VIA IL TOVAGLIOLO DAL COLLO, INCROCIÒ LE BRACCIA E MISE UN MUSO CHE ARRIVAVA FINO A TERRA. “FILIPPO, MANGIA LA MINESTRA FINCHÉ È CALDA! CI HO MESSO ANCHE GLI SPINACI, COSÌ DIVENTI FORTE COME BRACCIO DI FERRO!”
DISSE LA MAMMA. NIENTE. E POI LUI ERA GIÀ FORTE COME BRACCIO DI FERRO DISSE LA MAMMA. NIENTE. E POI LUI ERA GIÀ FORTE COME BRACCIO DI FERRO. ANZI DI PIÙ! “FILIPPO, SU DA BRAVO, NON FARMI ARRABBIARE! NIENTE DI NIENTE. ALLORA LA SUA MAMMA, CHE DI SOLITO ERA BRAVISSIMA, PERSE LA PAZIENZA E FECE UNA COSA CHE LE MAMME NON DOVREBBERO MAI FARE (ANCHE SE QUALCHE VOLTE CAPITA ANCHE ALLE MAMME BRAVISSIME DI SBAGLIARE): CERCÒ DI FARGLI PAURA! “FILIPPO, SE NON MANGI QUELLA MINESTRA IM-ME-DIA-TA-MEN-TE CHIAMO L’UOMO NERO E TI FACCIO PORTARE VIA! HAI CAPITO? POI USCÌ DALLA CUCINA DICENDO: “TORNO TRA CINQUE MINUTI E GUAI A TE SE NON TROVO IL PIATTO VUOTO!» QUANTE COSE POSSONO SUCCEDERE IN CINQUE MINUTI? TANTISSIME! SPECIALMENTE QUANDO UN BAMBINO SI METTE A PENSARE A QUELL’UOMO NERO. EH GIÀ PERCHÉ FILIPPO NON LO AVEVA MAI VISTO QUESTO UOMO NERO E PRIMA DI AVER PAURA VOLEVA IMMAGINARSI COM’ERA. FORSE ERA NERO COME IL LUPO DI CAPPUCCETTO ROSSO! O FORSE ERA GRANDE COME L’ORCO DI POLLICINO! MA LUI NON AVEVA PAURA NÉ DEL LUPO DI CAPPUCCETTO ROSSO, NÉ DELL’ORCO DI POLLICINO. FIGURARSI DI UN UOMO NERO QUALSIASI!
EPPURE, SE QUESTO SIGNORE PORTAVA VIA I BAMBINI CHE NON MANGIAVANO LA MINESTRA, DOVEVA ESSERE DAVVERO TERRIBILE. FILIPPO PROVÒ AD IMMAGINARSELO. SAPEVA SOLO CHE ERA TUTTO NERO. TUTTO TUTTO? TUTTO TUTTO. ANCHE I CAPELLI? NERI COME SERPENTI. ANCHE GLI OCCHI? NERI COME DUE OLIVE ANCHE LE ORECCHIE? NERE COME DUE PIPISTELLI. ANCHE IL NASO? NERO COME LA NOTTE ANCHE LE MANI? NERE COME IL CARBONE, FIN SOTTO LE UNGHIE. E ANCHE I PIEDI? NERI COME LA PECE E MOLTO PUZZOLENTI! E IL RESTO COM’ERA? “FORSE AVRÀ UNA GRAN TESTONA CON CENTO OCCHI” PENSÒ FILIPPO, “O UNA BOCCACIA ENORME CON CENTO DENTI! OPPURE UN GRAN PANCIONE PELOSO, DOVE FINISCONO TUTTI I BAMBINI CHE SI PORTA VIA!” CHE FIFA! FILIPPO NON VOLEVA PROPRIO FINIRE IN QUELLA CAVERNA BUIA! PERÒ NON VOLEVA NENANCHE MANGIARE LA MINESTRA. PERCIÒ RESTÒ LÌ, IMMOBILE, DAVANTI AL PIATTO FUMANTE.
IMPROVVISAMENTE LA FINESTRA DELLA CUCINA COMINCIÒ AD APRIPRSI PIAN PIANO, CIGOLANDO. GNIIIC. FILIPPO ERA UN PO’ PREOCCUPATO. “MA-MAMMA? SE-SEI TU? NESSUNA RISPOSTA. LA FINESTRA COMINCIÒ AD APRIRSI, CIGOLANDO PIÙ FORTE. GNIIIIIIC….. E UNA MANONA NERA SI APPOGGIÒ SUL DAVANZALE…. ORA FILIPPO TREMAVA COME UN BUDINO DALLA FIFA: NON ERA DI SICURO LA SUA MAMMA, QUELLA! UN’OMBRA SCAVALCÒ LA FINESTRA E SALTÒ DENTRO LA CUCINA SENZA FARE RUMORE. FILIPPO LO RICONOBBE SUBITO: ERA PROPRIO L’UOMO NERO! STAVA PER METTERSI A GRIDARE, MA TRATTENNE IL FIATO E LO GUARDÒ BENE: NON ERA COME SE L’ERA IMMAGINATO LUI! NON AVEVA CENTO OCCHI E NEPPURE CENTO DENTI E NEPPURE UN GRAN PANCIONE PELOSO. E NON ERA NENACHE PUZZOLENTE, ANZI, AVEVA UN BUON ODORE: SAPEVA DI LEGNA BRUCIATA E DI MUSCHIO DEL BOSCO. L’UOMO NERO GLI SORRISE E SI SEDETTE IN SILENZIO VICINO A LUI. GLI PORTÒ VIA DELICATAMENTE IL CUCCHIAIO E IL PIATTO DI MINESTRA CON LE SUE MANONE NERE. QUINDI… SE LA SBAFÒ IN QUATTRO BOCCONI! POI SORRISE DI NUOVO A FILIPPO CHE PER UN MOMENTO PENSÒ: “ E SE QUESTO HA ANCORA FAME E SI FA UN PANINO CON FILIPPINO”?
MA L’UOMO NERO NON CI PENSAVA AFFATTO A MANGIARLO MA L’UOMO NERO NON CI PENSAVA AFFATTO A MANGIARLO. SI LECCÒ I BAFFI COME UN GATTO E GLI SUSSURRÒ SOTTOVOCE: “GRAZIE FILIPPO! ERANO TRE GIORNI CHE NESSUNA MAMMA MI CHIAMAVA. AVEVO UNA FAME NERA! GLI FECE L’OCCHIOLINO E ANDÒ VERSO LA FINESTRA PER SCAPPARE, PRIMA CHE TORNASSE FILIPPO. TROPPO TARDI! LA MAMMA STAVA ARRIVANDO. L’UOMO NERO FECE APPENA IN TEMPO A NASCONDERSI SOTTO IL TAVOLO MA, PER LA FRETTA, PRESE UNA GRANDE ZUCCATA CONTRO LO SPIGOLO. AHIO!!! “ALLORA QUESTA MINESTRA È DIVENTATA FREDDA?” CHIESE LA MAMMA ENTRANDO IN CUCINA. “OH, MENO MALE! VEDI CHE NON TI HO AVVELENATO? ESCLAMÒ VEDENDO IL PIATTO VUOTO. “EH GIÀ! ALLORA PER PREMIO POSSO MANGIARE UN PO’ DI CIOCCOLATO?” CHIESE QUEL FURBACCIONE. “VA BENE, TE LO SEI MERITATO!”, DISSE LA MAMMA. FILIPPO ALZÒ L’ANGOLO DELLA TOVAGLIA E DIEDE METÀ DEL CIOCCOLATO ALL’UOMO NERO STRIZZANDOGLI L’OCCHIO, ANCHE SE NON ERA TANTO CAPACE. L’UOMO NERO SORRISE E FECE ANCHE LUI L’OCCHIOLINO A FILIPPO. POI, SEMPRE RANNICCHIATO SOTTO AL TAVOLO, MANGIÒ IL SUO CIOCCOLATO TUTTO CONTENTO, MASSAGGIANDOSI IL BERNOCCOLO CHE AVEVA IN TESTA CON LE SUE MANONE NERE.