A cura di Pierpaolo Triani Accompagnare le persone per far crescere comunità corresponsabili: approfondimento teorico A cura di Pierpaolo Triani
Schema dell’intervento Premessa: corresponsabilità, accompagnamento, azione pastorale Le ragioni di una rilevanza Due presupposti fondamentali Le implicazioni dell’accompagnare
Corresponsabilità e accompagnamento In una comunità dove si cerca di camminare insieme, non è sufficiente che qualcuno diriga, che i compiti siano ben distinti, che ci si confronti per decidere: La corresponsabilità chiede alle persone di stare insieme e di aiutarsi reciprocamente. Soprattutto al ‘leader di servizio’, a colui che guida la comunità è chiesto di: - sapersi relazionare con le persone; saper far crescere le persone: saper stare con, saper stare tra, saper stare affianco alle persone
Non è un caso allora che oggi vi sia nel campo pastorale, soprattutto nel magistero di Papa Francesco, ma non solo, un crescente uso del termine ‘accompagnare’. E’ opportuno perciò porvi attenzione per approfondirne il significato e le implicanze, ma anche per mettere in luce delle possibili deformazioni.
«La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a ‘quest’arte dell’accompagnamento’, perché tutti imparino a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (Es 3,5)» (EG, 169).
Le ragioni di una rilevanza Si potrebbe pensare che oggi si parli sempre più di accompagnare, perché non si vuole più o non si è più in grado di ‘guidare’, di dire ‘esattamente che cosa è giusto e sbagliato fare’. Inteso in questo modo il termine accompagnare rappresenterebbe un segno di debolezza ad esercitare un preciso ruolo di guida. E’ un pensiero possibile che però porta alla separazione tra guidare e accompagnare. Vi è però un’altra posizione, che è quella che vorrei mettere in evidenza e che mi sembra di cogliere nell’attuale linea del magistero, che inserisce il tema dell’insegnare e del guidare dentro l’accompagnamento come prospettiva di fondo.
Questa prospettiva ci dice che è importare porre alla base la logica dell’accompagnare e l’arte dell’accompagnamento perché l’educazione, la formazione, la missione, la cura pastorale non sono azioni sulle persone, Ma con le persone, per le persone, tra persone.
Sottolineare il valore dell’accompagnare comporta allora il riconoscere che: - la vita delle persone è una realtà dinamica non ‘qualcosa di astratto’, non un sistema logico dove tutto è a posto; le persone nel loro cammino hanno bisogno di legami, di supporti, di punti di riferimento ‘concreti’. le relazioni plasmano le persone.
Due presupposti fondamentali
Non ‘cosificare’ l’altro «Il mondo ha per l’uomo due volti, secondo il suo duplice atteggiamento. L’atteggiamento dell’uomo è duplice per la duplicità della sua parola fondamentale che egli dice. Le parole fondamentali non sono singole, ma coppie di parole. Una di queste parole fondamentali è la coppia io-tu. L’altra parola fondamentale è la coppia io –esso dove, al posto dell’esso, si possono anche sostituire le parole lui o lei, senza che la parola fondamentale cambi. E così anche l’io dell’uomo è duplice. Perchè l’io della parole fondamentale io – tu è diverso da quello della parola fondamentale io-esso» (M. Buber, Il principio dialogico, p. 59).
La relazione io-esso, ‘oggettivizza’ e ‘cosifica’ La relazione io –tu, riconosce l’altro e mi mette in gioco come persona. «Se sto di fronte a un uomo come di fronte al mio tu, se gli rivolgo la parola fondamentale io-tu, egli non è una cosa tra le cose e non è fatto di cose» (M. Buber, op. cit., p. 64).
Predisporsi all’incontro e al dialogo P. Freire e le condizioni del dialogo: 1) L’amore profondo per il mondo e per gli uomini 2) L’umiltà (che è il contrario dell’arroganza) 3) La fede non ingenua negli uomini 4 La speranza 5) Un pensiero vero
Le implicazioni dell’accompagnare
Farsi vicini L’accompagnamento ha bisogno di esprimersi come atto di vicinanza e di prossimità, per far uscire la persona dall’anonimato e dalla solitudine, perché sia data ad essa la possibilità di vivere dei legami buoni.
“In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale» (EG 169)
Ascoltare “Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale. L’ascolto ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori” (EG 171)
Invitare, promuovere L’accompagnamento non è passivo, ma è uno stare a fianco ‘propositivo’, che invita la persone ad uscire da sé, che è attento a riconoscere le loro capacità e si attiva per promuoverle, che ne cura la dimensione vocazionale.
Sostenere il discernimento Colui che accompagna sostiene l’altro nel discernimento, senza sostituirsi alla sua scelta. «Prendere decisioni e orientare le proprie azioni in situazioni di incertezza e di fronte a spinte interiori contrastanti è l’ambito dell’esercizio del discernimento. Si tratta di un termine classico della tradizione della Chiesa, che si applica ad una pluralità di situazioni. Vi è infatti un discernimento dei segni dei tempi, che punta a riconoscere la presenza e l’azione dello Spirito nella storia; un discernimento morale, che distingue ciò che è bene da ciò che è male; un discernimento spirituale, che si propone di riconoscere la tentazione per respingerla e procedere invece sulla vita della pienezza della vita» (Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea generale, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento preparatorio).
Commozione e compassione Accompagnare comporta la disposizione e la capacità di commozione e di com-passione. Lo ha ricordato Francesco in un passaggio del suo Discorso ai membri della Pontificia Accademia della Vita nel 2017: “La passione per l’accompagnamento e la cura della vita, lungo l’intero arco della sua storia individuale e sociale, chiede la riabilitazione di un ethos della compassione o della tenerezza per la generazione e rigenerazione dell’umano nella sua differenza”. Papa Francesco, Discorso ai membri della Pontifica Accademia della Vita, 5 ottobre 2017.
Rispetto e attesa “Chi accompagna sa riconoscere che la situazione di ogni soggetto davanti a Dio e alla sua vita di grazia è un mistero che nessuno può conoscere pienamente dall’esterno. Il Vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere una persona a partire dal riconoscimento della malvagità oggettiva delle sue azioni (cfr Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cfr Mt 7,1; Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non accondiscende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita sempre a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per annunciare il Vangelo» (EG, 172).
Attenzione e premura “la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta” (Relatio Synodi della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: "Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione" (5-19 ottobre 2014), n. 28)
Considerare la singolarità L’accompagnamento non è, per definizione, un atto che si compie sempre nello stesso modo, ma che richiede: - Una specifica attenzione alla singolarità di ciascuno.