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L’ODISSEA IL VIAGGIO DI ULISSE
Omero è vissuto forse nel IX sec. a. C Omero è vissuto forse nel IX sec. a. C. Della sua vita non si sa quasi nulla: la sua stessa esistenza è stata messa in dubbio. La leggenda ce lo raffigura vecchio, cieco e girovago. Secondo la tradizione egli è l’autore dell'Iliade e dell'Odissea ma già dall’antichità si sostenne che l'Iliade e l'Odissea, opere tanto differenti per stile, mondo sociale ed economico, non potevano essere opera dello stesso autore.
L’Odissea narra il lungo viaggio per mare che compì Ulisse per tornare nella sua patria: Itaca.
La Grecia dopo dieci lunghissimi anni di guerra aveva vinto contro i Troiani grazie all’astuzia del re di Itaca, Ulisse.
L’eroe aveva suggerito di costruire un enorme cavallo dentro il quale nascondere i migliori guerrieri greci.
Durante la notte i Greci uscirono dal cavallo e incendiarono tutta la città di Troia.
Finita la guerra i principi greci tornarono con le navi alle loro città. Alcuni arrivarono subito, altri ci misero alcuni anni a causa delle tempeste e degli dei avversi. Solo Ulisse non tornava e non si sapeva più nulla di lui.
Erano passati già dieci anni da quando i Greci avevano conquistato la città di Troia e a Itaca lo aspettavano tutti. La mamma Anticlea nel frattempo era morta di crepacuore.
Tre anni dopo anche il padre Laerte, avendo perso la speranza nel ritorno di Ulisse se ne era andato dalla reggia e ora abitava in una piccola casetta di campagna.
Soltanto la sposa di Ulisse, Penelope, viveva nella speranza che il marito sarebbe tornato presto. Penelope era bellissima e fedele. Molti nobili dell’isola, i Proci, insistevano per ottenere la sua mano ma lei si rifiutava.
I Proci avevano occupato il palazzo di Ulisse, mangiavano e bevevano gratis sostenendo che Ulisse era morto e non sarebbe più tornato. Essi avevano tentato persino di uccidere il figlio Telemaco.
Ad un certo punto Penelope, stanca delle pressioni dei Proci, disse: “Quando terminerò di tessere questa tela, sceglierò chi di voi sarà mio marito”. Ma l’astuta Penelope tesseva di giorno e vegliava di notte per disfare il lavoro fatto nella giornata. Così il momento della scelta non arrivava mai…
Ma dove era finito Ulisse? L’eroe era partito da Troia con dodici navi e ogni nave aveva settanta uomini d’equipaggio. Giunse nella terra dei Ciconi e saccheggio le loro città: essi si ribellarono e molti soldati persero la vita.
Dopo l’avventura contro i Ciconi Ulisse si diresse con i superstiti in Africa sulle coste della Libia, dove vivevano i lotofagi, “i mangiatori del fiore di loto”. Il loto era un frutto dolcissimo che aveva un effetto molto particolare: chi lo assaggiava dimenticava tutto, la famiglia, gli amici, la patria. Ulisse con la forza strappò i suoi compagni da quella terra e li condusse sulle navi.
Lasciata l’isola dei lotofagi, Ulisse approdò su un’altra isola abitata dai ciclopi: si trattava di mostri giganti con un solo occhio in mezzo alla fronte che abitavano in grandi caverne e si nutrivano di carne umana.
Ulisse scelse dodici dei suoi uomini e insieme perlustrarono l’isola Ulisse scelse dodici dei suoi uomini e insieme perlustrarono l’isola. Giunse nella grotta del ciclope Polifemo che in quel momento era a pascolare il suo gregge. I compagni affamati mangiarono il formaggio che trovarono ma, giunta la sera, Polifemo tornò nella grotta.
Il ciclope afferrò un enorme macigno e chiuse la caverna Il ciclope afferrò un enorme macigno e chiuse la caverna. Poi si voltò e vide gli intrusi. Subito ne ghermì due e li divorò in un solo boccone.
Ulisse pensò di uccidere Polifemo ma in quel modo non sarebbero più usciti dalla grotta, decise allora di accecarlo. Affilarono un tronco d’albero e lo accecarono.
Polifemo furibondo e pazzo dal dolore disse: “Chi sei tu straniero che mi accechi ?”. Ulisse astutamente rispose : “Mi chiamo Nessuno ”.
Il mattino seguente Polifemo tolse il masso dalla grotta per fare uscire le pecore a pascolare.Ulisse consigliò ai suoi compagni di aggrapparsi al ventre delle pecore e così riuscirono a scappare. Quando Polifemo fu all’aria aperta chiamò i suoi amici Ciclopi.
“Aiuto – gridava - Nessuno mi uccide!”. E i ciclopi rispondevano : “Ma se nessuno ti uccide perché ti lamenti?” In questo modo Ulisse riuscì a scampare il terribile pericolo.
Dopo aver visitato l’isola di Eolo, Ulisse approdò nell’isola dei Lestrigoni che uccisero molti suoi compagni. Undici delle loro dodici navi vennero affondate e gli equipaggi crudelmente divorati.
Ulisse si rimise in viaggio e sbarcò in una terra abitata da una bella maga di nome Circe la quale aveva il potere di trasformare tutti gli uomini in animali.
Ad Ulisse rimasero quarantacinque compagni, i quali vennero trasformati tutti in porci. Ulisse incontrò un dio di nome Mercurio che gli donò un’erba magica che gli avrebbe permesso di non subire l’incantesimo. Ulisse ordinò a Circe di trasformare di nuovo i suoi compagni in uomini.
La nave passò accanto all’isola delle sirene, creature splendide, dalla voce meravigliosa. Esse attiravano i marinai verso la loro isola per poi farli schiantare contro gli scogli. Ulisse che voleva sentire la voce delle sirene si fece legare all’albero maestro e ordinò ai suoi compagni di mettere dei tappi di cera.
In questo modo Ulisse riuscì ad ascoltare la voce delle sirene senza schiantarsi contro gli scogli.
Continuando a navigare, Ulisse incontrò Scilla e Cariddi,due terribili mostri, nascosti tra due scogli nello Stretto di Messina che aspettavano la preda.
Dopo aver perso alcuni compagni,Ulisse approdò in Sicilia, nell’isola del Sole,dove pascolavano i buoi del dio.I buoi erano animali sacri ed non si potevano uccidere, ma i suoi sciocchi compagni,dalla tremenda fame li uccisero.
Il dio per punirli scatenò una tremenda tempesta che rese difficile il loro viaggio e un fulmine colpì la nave di Ulisse e tutti i compagni morirono nelle acque.
Dopo dieci giorni di tempesta, Ulisse esausto approdò nell’isola di Ogigia dove abitava una ninfa di nome Calipso. Ella accolse benevolmente l’arrivo di Ulisse, ma lo tenne prigioniero per sette anni poi, obbligata da Zeus, dovette rilasciare Ulisse.
Proseguendo il viaggio,Ulisse costruì una zattera, ma il dio Nettuno scatenò contro di lui una terribile tempesta, facendolo naufragare sull’isola dei Feaci. Qui incontrò la figlia del re Alcino,la bellissima Nausica, la quale si innamorò di lui e lo ospitò nella sua reggia come un re.
La bella Nausica lo invitò a pranzo e Ulisse gli raccontò le sue avventure. I Feaci gli diedero dei regali tra i quali una nave che servì a Ulisse per tornare a casa.
Ulisse era contento di essere tornato in patria. Quando arrivò sulla riva gli apparve Minerva sotto forma di pastore che gli raccontò tutte le cose che erano successe in sua assenza. Telemaco proprio in quei giorni era andato a Sparta a cercare notizie del padre e Minerva gli disse di aspettare il ritorno del figlio.
Minerva lo trasformò in un mendicante e gli ordinò di andare dal suo servo Eumeo. Eumeo non lo riconobbe ma lo accolse nella sua casa.
Quando arrivò Telemaco,Ulisse gli si fece riconoscere e padre e figlio si abbracciarono. Telemaco disse al padre: “Adesso dobbiamo trovare il modo di cacciare i maledetti Proci dal palazzo”.
Quando ritornò alla reggia nessuno lo riconobbe tranne il vecchio cane Argo che agitando debolmente la coda tentò di rialzarsi dal suo giaciglio.Ma dallo sforzo e dall’emozione il cane morì ai piedi del padrone.Ulisse a stento riuscì a nascondere le lacrime.
Penelope non riconobbe il marito ma si confidò ugualmente con lui : “Sono passati vent’anni da quando il mio adorato Ulisse è partito e ormai i Proci pretendono di ottenere la mia mano”.
Il giorno seguente Penelope si presentò ai Proci dicendo : “Chi tra voi riuscirà a tendere l’arco di mio marito e a centrare il difficile bersaglio diverrà mio sposo”.
I Proci tentarono ad uno ad uno di tendere l’arco ma nessuno ci riuscì. Dal fondo della sala il mendicante avanzò timorosamente chiedendo di farlo provare. I Proci ridevano e lo sbeffeggiavano : “Come, un misero mendicante come te vuole sposare una regina? Ah,Ah,Ah!”.
Telemaco, che sapeva l’identità del mendicante, ordinò ai Proci di farlo provare.
Ulisse tese l’arco senza difficoltà e con grande agilità riuscì a centrare il bersaglio al primo tentativo. Improvvisamente i Proci capirono che Ulisse era tornato ma immediatamente l’eroe si volse verso di loro e li trafisse uno ad uno. Telemaco aiutò il padre a fare giustizia.
Penelope corse tra le braccia del marito e sul suo viso ricomparve il sorriso che vent’anni prima era scomparso. Finalmente potevano raccontarsi tutto quello che avevano passato.
La mattina seguente Ulisse andò a riabbracciare il padre Laerte, lo ricondusse alla reggia dove tutti vissero felici per lungo tempo.
Realizzato da: Omar, Alice, Simone, Alfonso, Veronica, Francesco, Miriam, Evelyn. Alla regia: prof. Palmina
FINE