Laboratorio di scrittura e cultura della comunicazione

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Transcript della presentazione:

Laboratorio di scrittura e cultura della comunicazione LA LUNA E I FALÒ Laboratorio di scrittura e cultura della comunicazione Prof. Mario Morcellini

LA LUNA E I FALÒ La luna e i falò – scriveva Pavese in una lettera - è il libro che mi portavo dentro da più tempo e che ho più goduto a scrivere. Tanto che credo che per un pezzo, forse sempre, non farò più altro. Lettera di Cesare Pavese in LESLIE A. FIEDLER, Introduzione a Pavese in Kenyon Review,XVI:4, 1954.

LA LUNA E I FALÒ Scritto quasi di getto in due mesi, fra il settembre e il novembre del 1949, La luna e i falò rappresenta l'opera della maturità dello scrittore piemontese. Fonte: MOLONEY BRIAN, Pavese as Historian: 'La luna e i falò' .

VITA DI CESARE PAVESE Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Per breve periodo fu direttore della rivista “La Cultura”. Si profila subito la storia di un destino tragico e amaro, evidenziato da un disperato bisogno d’amore, da una ricerca di apertura verso gli altri, verso il mondo, verso le relazioni interpersonali, destino di solitudine, di amarezza, di disperata sconfitta. Una grande dicotomia tra l’attrazione per la solitudine e il bisogno di non essere solo. Fonte: www.centrostudipavese.it

VITA DI CESARE PAVESE Dibattuto tra gli estremi di una orgogliosa affermazione di sé e della constatazione di una sua inadattabilità alla vita, Pavese sceglie fin da ragazzo la letteratura «come schermo metaforico della sua condizione esistenziale» (Venturi), in essa cercando la risoluzione dei suoi conflitti interiori. Fonte: www.centrostudipavese.it

VITA DI CESARE PAVESE Nel 1936 compare a Firenze, per le edizioni Solaria, la prima raccolta di poesie Lavorare stanca che comprendeva le poesie scritte dal 1931 al 1935 e che fu letta da pochi. Una seconda edizione, comprendente anche le poesie scritte fino al 1940, fu pubblicata nel 1942 da Einaudi. Fonte: www.centrostudipavese.it

VITA DI CESARE PAVESE Dal 1936 al 1949 la sua produzione letteraria è ricchissima. Alla fine della guerra si iscrisse al PCI e pubblicò sull'Unità "I dialoghi col compagno" (1945) mentre nel 1950 pubblica "La luna e i falò", vincendo nello stesso anno il Premio Strega con "La bella estate". Il 27 agosto 1950, in una camera d'albergo a Torino, Cesare Pavese, a soli 42 anni, si tolse la vita. Solo un'annotazione, sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, sul comodino della stanza «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono...». Fonte: www.centrostudipavese.it

“Potevo spiegare a qualcuno che quel che cercavo era soltanto di vedere quello che avevo già visto?" Fonte: www.centrostudipavese.it

LA LUNA E I FALÒ Il romanzo viaggia su due piani paralleli. Uno legato al passato, con un percorso della memoria articolato in estesi flash-back. L’altro piano corre lungo i binari del presente. Il racconto di un Ritorno Fonte: www.centrostudipavese.it Prof. Mario Morcellini

LA LUNA E I FALÒ Vi è anche la riflessione politica appena accennata, ma ugualmente profonda di un personaggio fondamentale quale è Nuto. Fonte: www.centrostudipavese.it

LA LUNA E I FALÒ In un paese diviso, dove i morti continuano a riaffiorare dalla terra e ad alimentare l’odio egli è il marxista del villaggio, che conosce le ingiustizie, ma vede le difficoltà e le ragioni di ogni parte, che riflette con lucidità sulla situazione del dopoguerra, ma allo stesso tempo crede nel potere della luna e nelle capacità magiche dei falò accesi nella notte di San Giovanni di risvegliare le campagne. Fonte: www.centrostudipavese.it

Nel significato del titolo "La luna e i falò“ vi è il chiaro riferimento mitico al ciclo delle stagioni che affianca tutte le vicende del destino dell'uomo. La luna, che ha qui funzione di simbolo, serve a scandire il ritmo dell'opera e ad instaurare il rapporto tra la terra e il cielo. Fonte: Segre, La letteratura italiana del Novecento, Editori Laterza, Roma – Bari, 2004.

Ai bagliori dei falò, che venivano accesi di notte LA LUNA E I FALÒ Ai bagliori dei falò, che venivano accesi di notte durante le feste contadine e riflettendosi nel cielo rappresentavano per il bambino un momento magico e di scoperta, si contrappongono altri falò che comportano per il protagonista la perdita delle illusioni e la decisione di lasciare il paese. Fonte: Segre, La letteratura italiana del Novecento, Editori Laterza, Roma – Bari, 2004.

LA LUNA E I FALÒ Ambiente sociale: la maggior parte dei personaggi del romanzo sono di bassa estrazione sociale, contadini o artigiani. Differenza tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:LA TRAMA Anguilla, protagonista e io narrante, torna nelle sue Langhe nell’immediato dopoguerra dopo molti anni passati in America; e, nel paese natio, intraprende una sorta di pellegrinaggio alla ricerca delle proprie radici, avendo per guida l’amico d’infanzia Nuto, falegname e suonatore di clarino, ma soprattutto anima integra e pura. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

Non sapevo che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, veder morire, trovar la Mora com’era adesso. C. Pavese, La luna e i falò, capitolo III.

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI La nostalgia, i luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, la memoria, la solitudine, lo sradicamento, la malinconia, la Resistenza, la paternità mancata, la civiltà contadina con i propri rassicuranti riti, l'ingiustizia del mondo, l'amicizia, il rapporto con le donne sono alcuni dei temi principali affrontati da Pavese.   Fonte: www.italialibri.net

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI Il protagonista si rende conto degli orrori della guerra, e di come il mondo rurale nel quale è cresciuto non esista più, se non nel suo ricordo. Fa un sole su questi bricchi, un riverbero di grillaia e di tufi che mi ero dimenticato. Qui il caldo più che scendere dal cielo esce da sotto […] È un caldo che mi piace, sa un odore: ci sono dentro anch’io a quest’odore, ci sono dentro tante vendemmie e fienagioni e sfogliature, tanti sapori e tante voglie che non sapevo più d’avere addosso. C. Pavese, La luna e i falò, capitolo V.

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI La fuga e il ritorno Il tempo la città e la campagna L’America Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI La fuga e il ritorno il protagonista torna nel suo paesino; una riscoperta dei luoghi della memoria; ritornare con la mente a quella che è stata la sua vita da ragazzo; ricerca dell'identità del protagonista con il mondo che oggi è cambiato; Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI Il tempo il tempo, non solo nel ricordo del protagonista, fa da contrasto alle vicende narrate e si fonde con il paesaggio; Tempo che ha un ritmo preciso e diventa anche frenetico.   Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

IL TEMPO Pavese è stato certamente una figura insolita. Oggi avrebbe rifiutato l’omologazione, ormai quasi globale, insinuatasi anche nei più piccoli luoghi, nei paesi che egli amava molto. I ragazzi, le donne, il mondo non sono mica cambiati. Non portano più il parasole, la domenica vanno al cinema invece che in festa, danno il grano all’ammasso, le ragazze fumano – eppure la vita è la stessa, e non sanno che un giorno si guarderanno in giro e anche per loro sarà tutto passato. Cesare Pavese, La luna e i falò, Einaudi, Torino, 1995, p.126.

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI La città e la campagna Nel romanzo è presente un'opposizione tra due mondi: quello della campagna, arcaico, povero e chiuso, l'altro della città, ricco, affascinante, già aperto a qualche cambiamento. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI Il paesaggio  Nell’oscillazione tra passato e presente, il paesaggio domina. Nei falò, nelle fasi lunari, nelle stagioni che si ripetono si rivela l’immutabilità della terra. Le Langhe sono colline di profumi e di gusti forti, di terra nera e bianca. Di colline che non finiscono. Terre dove “lavorare stanca”. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

IL PAESAGGIO (...) Vedevo Gaminella in faccia, che a quell'altezza sembrava più grossa ancora, una collina come un pianeta, e di qui si distinguevano pianori, alberetti, stradine che non avevo mai visto. Un giorno pensai, bisogna che saliamo lassù. Anche questo fa parte del mondo. C. Pavese, La luna e i falò, capitolo XIII.

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI La morte il trascorrere della vita che viene annientato dal ritmo inarrestabile della realtà che brucia ogni cosa che trova sul proprio cammino Nelle pagine finali un personaggio, Valino, compie l’eccidio della propria famiglia e dà fuoco alla casa. Accanto a questo c’e la morte di Irene e Santina, due delle ragazze che il protagonista aveva conosciuto da bambino. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI Oltre alla dimensione narrativa, il rapporto col passato diventa condizione mentale. Una riscoperta dei luoghi della memoria che investe la psicologia del protagonista e la muta in maniera profonda. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

LA LUNA E I FALÒ:I TEMI I simboli e le figure che riemergono nascondono però una componente negativa. Nel suo ritorno infatti il protagonista si accorgerà che i luoghi dell’infanzia sono, come affermato da Anco Marzio Mutterle, «un paese di morti, saturo soltanto di cose e persone scomparse». Il ricordo ed il ritorno sfociano dunque in una riflessione amara che condiziona non solo il presente ma, in quest’ottica, anche il passato. Fonte: Pavese falso e vero: vita, poetica, narrativa by Tibor Wlassics, L. Giovannetti Author(s) of Review: Anna Urbancic, Italica, Vol. 67, No. 3 (Autumn, 1990), pp. 423-424

Che cos'è questa valle per una famiglia che venga dal mare, che non sappia niente della luna e dei falò? Bisogna averci fatto le ossa come il vino e la polenta, allora la conosci senza bisogno di parlarne, e tutto quello che per tanti anni ti sei portato dentro senza saperlo si sveglia adesso al tintinnìo di una martinicca, al colpo di coda di un bue, al gusto di una minestra, a una voce che senti sulla piazza di notte. C. Pavese, La luna e i falò, capitolo X.

GUIDA ALLA LETTURA CAPITOLO PRIMO LA LUNA E I FALÓ GUIDA ALLA LETTURA CAPITOLO PRIMO

LA LUNA E I FALÒ L’altro anno, quando tornai la prima volta in paese, venni quasi di nascosto a rivedere i noccioli. La collina di Gaminella, un versante lungo e ininterrotto di vigne e di rive, un pendìo così insensibile che alzando la testa non se ne vede la cima – e in cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri boschi, altri sentieri – era come scorticata dall’inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi. La vedevo bene, nella luce asciutta, digradare gigantesca verso Canelli dove la nostra valle finisce. Dalla straduccia che segue il Belbo arrivai alla spalliera del piccolo ponte e al canneto.

LA LUNA E I FALÒ Vidi sul ciglione la parete del casotto di grosse pietre annerite, il fico storto, la finestretta vuota, e pensavo a quegli inverni terribili. Ma intorno gli alberi e la terra erano cambiati; la macchia dei noccioli sparita, ridotta una stoppa di meliga. Dalla stalla muggì un bue, e nel freddo della sera sentii l’odore del letame. Chi adesso stava nel casotto non era dunque più così pezzente come noi.

LA LUNA E I FALÒ M’ero sempre aspettato qualcosa di simile, o magari che il casotto fosse crollato; tante volte m’ero immaginato sulla spalletta del ponte a chiedermi com’era stato possibile passare tanti anni in quel buco, su quei pochi sentieri, pascolando la capra e cercando le mele rotolate in fondo alla riva, convinto che il mondo finisse alla svolta dove la strada strapiombava sul Belbo. Ma non mi ero aspettato di non trovare più i noccioli. Voleva dire ch’era tutto finito. La novità mi scoraggiò al punto che non chiamai, non entrai sull’aia.

LA LUNA E I FALÒ Capii lì per lì che cosa vuol dire non essere nato in un posto, non averlo nel sangue, non starci già mezzo sepolto insieme ai vecchi, tanto che un cambiamento di colture non importi. Certamente, di macchie di noccioli ne restavano sulle colline, potevo ancora ritrovarmici; io stesso, se di quella riva fossi stato padrone, l’avrei magari roncata e messa a grano, ma intanto adesso mi faceva l’effetto di quelle stanze di città dove si affitta, si vive un giorno o degli anni, e poi quando si trasloca restano gusci vuoti, disponibili, morti.

LA LUNA E I FALÒ Così questo paese, dove non sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto. Uno gira per mare e per terra, come i giovanotti dei miei tempi andavano sulle feste dei paesi intorno, e ballavano, bevevano, si picchiavano, portavano a casa la bandiera e i pugni rotti. Si fa l’uva e la si vende a Canelli; si raccolgono i tartufi e si portano in Alba. C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonce e di torchi tutta la valle fino a Camo.

LA LUNA E I FALÒ Che cosa vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste cose si capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni,e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese?