Intervista a Srinivasa Ramanujan ( )

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Transcript della presentazione:

Intervista a Srinivasa Ramanujan (1887-1920)

Leggendo il libro “Noi e i numeri” di Luisa Girelli mi sono imbattuta in questa personalità fuori dal comune e ho deciso di approfondire la sua conoscenza. Ho quindi ritenuto opportuno intervistarlo per conoscere al meglio le sue intuizioni e le sue teorie.

Salve Signor Ramanujan, le va di parlarmi un po’ di lei? Certo Valentina! Io sono nato in India, a Erode nel Tamil Nadu e sono un indiano tamil. Mi iscrissi alla scuola superiore cittadina di Kumbakonam nel 1898, quando avevo 10 anni, e fu lì che entrai in contatto per la prima volta con i formalismi matematici. Ho completato gli esami nella metà del tempo a disposizione, mostrando familiarità anche con le serie infinite Purtroppo non mi concentrai molto sulle altre materie, tanto da non passare gli esami della scuola superiore. In questo periodo della mia vita, ero ancora molto povero, quasi fino alla miseria.

Cosa pensavano compagni e insegnanti delle sue straordinarie abilità matematiche? Essi raramente comprendevano le mie intuizioni, e mi guardavano con rispettosa ammirazione. Ho sempre avuto un buonissimo rapporto con loro basato sul rispetto reciproco e sulla lealtà.

Mi parli della sua vita in India… Una volta sposato, dovetti cercare un’occupazione. Con la raccolta dei miei calcoli matematici, mi spostai nella città di Chennai alla ricerca di un posto da impiegato. Alla fine trovai un lavoro e un inglese mi consigliò di contattare i ricercatori di Cambridge. Ho sempre cercato di ottenere i riconoscimenti che speravo mi avrebbero permesso di lasciare il mio impiego per potermi concentrare completamente sui miei studi matematici.

La povertà ha condizionato la sua vita? Diciamo di si, ma mi ritengo comunque fortunato, in quanto sono riuscito lo stesso a realizzare i miei sogni. Come ti dicevo sono nato a Kumbakonam, una povera cittadina del sud dell'India, nella provincia di Madras, specializzata nella lavorazione di metalli preziosi e nella produzione di variopinti sari di seta. Mio padre Srinivasa Iyengar era un modesto commesso, mentre mia madre Komalatammal era una donna colta, e passionale, persino ossessionante, che non esitava mai nel riversare la sua forte personalità su ciò che suscitava il suo interesse.

Ha cercato ugualmente di portare avanti i suoi studi… Vidi respingere diverse volte la mia domanda di sostegno finanziario, per aver prodotto risultati che nessuno di quelli che avevo contattato in India poteva comprendere pienamente. Così nel 1913 mandai una lettera a tre professori di Cambridge: H. F. Baker, E. W. Hobson e G. H. Hardy, includendovi una lunga lista di teoremi che dichiarai di essere in grado di dimostrare. Solo Hardy, membro del Trinity College di Cambridge in Inghilterra, notò i miei teoremi. Le altre due lettere invece non ricevettero risposta . Dopo uno scetticismo iniziale, Hardy mi rispose richiedendo le dimostrazioni di alcuni dei risultati citati nella lettera ricevuta e iniziò ad organizzare il mio arrivo in Inghilterra.

Ebbe qualche dubbio prima della partenza per l’Inghilterra? Temevo che la mia famiglia non fosse d'accordo. Ma Namagìri, la divinità che mi ha sempre protetto, intervenne di nuovo. Mia madre mi sognò seduto in una grande sala circondato da europei e la dea Namagiri le aveva ordinato di non ostacolarlo. A preoccuparmi, infine, era la prospettiva dì essere sottoposto ad altri esami umilianti quando fosse arrivato a Cambridge.

Decise di partire? Essendo un Bramino ortodosso, consultai i dati astrologici per il mio viaggio, per timore di perdere la mia casta giungendo in terre lontane. Ora posso affermare di avere un bellissimo ricordo di quel viaggio in Inghilterra. Hardy si rivelò una persona davvero squisita. Mi rimembro di un’intervista che rilasciò, nella quale affermò che le mie formule “Devono essere vere, perché se non lo fossero, nessuno avrebbe avuto l'immaginazione per inventarle." Fu una dichiarazione che mi fece sentire finalmente compreso e valorizzato. Tra noi nacque una bella amicizia e gli sarò sempre grato per aver creduto in me.

Come si è trovato in Inghilterra? In parte bene e in parte male. Sono stato bene accolto dai miei amici e colleghi matematici... ma la mia cultura è davvero diversa dalla loro. Loro sono troppo analitici e io forse troppo sintetico. Io voglio capire l'insieme mentre loro insistono sui particolari.Sono stato bene in Europa ma la mia terra è l'India, ed è lì che rimangono le mie profonde radici.

Cosa accadde successivamente? Tormentato dai malanni, in una nazione lontana da casa, ed ossessivamente preso dagli studi, la mia salute in Inghilterra peggiorò, forse aggravata dallo stress, e dalla scarsità di cibo vegetariano, di cui io mi nutro esclusivamente seguendo i principi della mia religione. Esso era difficilmente reperibile a causa della Prima Guerra Mondiale. Mi fu diagnosticata la tubercolosi e una grave carenza di vitamine.

Nel 1919 decisi di tornare in India da mia moglie. Il giorno del nostro matrimonio lei aveva solo 9 anni. Questa è una pratica molto comune in India. I matrimoni sono spesso combinati dai genitori delle ragazze.

Che ruolo ha ricoperto la religione nella sua vita? Sin da bambino sono stato circondato dalla spiritualita' della mia casta: i brahmani. Tra la miriade di divinità, Namagiri era quella cara alla mia famiglia. Era proprio Namagiri, la "musa" che mi ispirava e che mi appariva in sogno svelandomi i segreti dei numeri. È’ grazie a lei e al suo supporto che sono oggi un uomo rispettato e conosciuto .

Che rapporto aveva con sua madre? Ho sempre avuto un ottimo rapporto con lei.si chiamama Komalatammal Pensa che in India la forza del legame tra noi è entrata nel mito, e persino i biografi indiani hanno immancabilmente ritenuto opportuno commentarlo. Riservava un'energia enorme alla vita spirituale. Mia madre era di una devozione ardente, teneva incontri di preghiera in casa, cantava al tempio, e praticava l'astrologia e la chiromanzia. Il nome della lnostra divinità domestica, la dea Namagiri di Namakkal, era sempre sulle sue labbra.

Nella sua vita ha dovuto affrontare anche momenti molto difficili… Un giorno i nervi mi cedettero e tentai il suicidio gettandomi sotto la metropolitana di Londra. Una guardia fermò il treno a pochi metri da me e mi ferii alle gambe. C'è un altro episodio che può far riflettere sul mio stato nel periodo che ho trascorso in Inghilterra: dopo aver bevuto una bevanda confezionata, l'Ovaltine, convinto che fosse a base vegetale, lessi l'etichetta per caso e scoprii che conteneva estratti animali. Mortificato, scappai e interpretai il bombardamento che mi colse per strada come una punizione divina per aver mangiato carne!Era giusto che io pagassi per il mio errore…

Cos’è la “quaterna di Ramanujan”? Una quaterna di Ramanujan è un insieme ordinato di quattro numeri naturali non nulli per cui la somma dei cubi del primo e del secondo numero è uguale alla somma dei cubi del terzo e del quarto numero. Un giorno G. H. Hardy,venne a farmi visita in ospedale e, osservò che il numero del taxi con cui era giunto, 1729, gli sembrava piuttosto insulso; io gli feci immediatamente notare che invece il numero era estremamente interessante, essendo il minimo intero [positivo] che si può esprimere come somma (non ordinata) di due cubi [positivi] in due modi diversi. Da quel giorno il numero 1729 porta il nostro nome e viene chiamato Numero di Hardy-Ramanujan.

Mi mostri come posso scomporre il numero 1729… 1.729 = 13 + 123 = 103 + 93.

(Kanigel, "The Man who knew Infinity“) Hanno detto di lei… « Ramanujan fu un matematico così grande che il suo nome trascende le gelosie, il più superlativamente grande matematico che l'India abbia prodotto nell'ultimo migliaio di anni. I suoi balzi di intuizione confondono i matematici ancor oggi, sette decenni dopo la sua morte. I suoi scritti vengono ancora scandagliati per i loro segreti. I suoi teoremi vengono applicati in aree difficilmente immaginabili quando era in vita. » (Kanigel, "The Man who knew Infinity“) 

Cosa mi dice di David Leavitt? Egli è stato molto importante per me perché ha scelto di raccontare la mia storia nel suo romanzo intitolato “Il matematico indiano”. Grazie a lui tutto ciò che ho vissuto potrà essere ricordato anche dopo la mia scomparsa, soprattutto nel mio paese natale al quale sono molto legato.

La ringrazio davvero di cuore per la sua disponibilità… Figurati Valentina, grazie a te per avermi offerto la possibilità di raccontarti la mia vita! E’ sempre piacevole poterlo fare…

Il 26 aprile 1920; Ramanujan morì a Madras, all'età di trentatré anni, ucciso da una malattia che oggi si ritiene fosse amebiasi, un'infezione dell'intestino crasso che probabilmente aveva contratto prima di partire per l'Inghilterra. Nessuno può anche solo immaginare dove sarebbe arrivato se avesse avuto una vita più lunga, quando molte delle sue scoperte hanno aperto nuovi campi di indagine della matematica.