Il vino Secondo le normative CE, si definisce vino “...il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli zuccheri contenuti.

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Il vino Secondo le normative CE, si definisce vino “...il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli zuccheri contenuti nelle uve fresche pigiate o non, o di mosti di uve, che si trasformano in alcole attraverso la cosiddetta fermentazione alcolica...” Il vino è senza dubbio uno dei prodotti alimentari di maggior valore sotto molti punti di vista. Innanzitutto è legato alla tradizione: in tutto il mondo, esso è il simbolo dell’Italia, che è stata sempre riconosciuta come terra di elezione per la vite, basti pensare al termine Enotria (terra del vino) con cui era nota in epoca greca. Dal punto di vista commerciale esso rappresenta un settore in cui convergono grandi interessi e grandi investimenti. Poi è un alimento che negli ultimi anni ha visto crescere vertiginosamente le produzioni ad alta qualità, anche dal punto di vista della sicurezza. Infine, presenta aspetti molto interessanti anche dal punto di vista nutrizionale (considerandone un’assunzione moderata) per via delle sostanze nobili che contiene, come i polifenoli, il resveratrolo e i composti aromatici

Il vino come prodotto di qualità Come un buon olio si ottiene da buone olive e un corretto trattamento, così un buon vino si ottiene da materie prime buone e dal buon impiego delle pratiche vinicole, a partire dal vigneto per arrivare all’imbottigliamento. La qualità del vino non si può improvvisare. L’epoca del vino al metanolo è forse un lontano ricordo Inoltre, le esigenze dei consumatori sono in continuo aumento, anche perchè la cultura del buon bere si sta diffondendo, soprattutto tra i consumatori giovani. Diventa sempre più difficile ingannare i clienti, che col tempo sono stati educati ad esigere prodotti di qualità anche a costo di un prezzo maggiore. Va anche considerato che il mercato del vino ha un indotto (turismo enogastronomico, manifestazioni fieristiche) in grande evoluzione Un vino DOC, vinificato come si deve, sarà sempre riconosciuto come prodotto di grande affidabilità, mentre un vino da battaglia non può avere vita lunga

Importanza commerciale Dal punto di vista commerciale, il vino è uno dei punti di forza dell’economia italiana e in particolare piemontese. Nella nostra regione la produzione di vino si aggira sui 3.3 milioni di ettolitri annui, ma quello che impressiona di più è il dato qualitativo: oltre il 70% della produzione è rappresentata da vini di categoria V.Q.P.R.D., ovvero vini DOC (44 denominazioni) e vini DOCG (7 denominazioni) Si tratta quindi di un comparto di altissimo livello, che richiede quindi investimenti conseguenti dal punto di vista della ricerca a supporto della produzione

Classificazione dei vini Le tipologie di vini presenti sul mercato sono varie e differiscono per la qualità: L'Unione Europea riunisce in un'unica categoria i vini da tavola ed i vini ad indicazione geografica (I.G.T.) nella categoria dei vini da tavola, mentre i vini D.O.C. e D.O.C.G. sono riuniti nella categoria dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.) Una collocazione particolare hanno poi i vini speciali e fra questi un ruolo importante per tradizione e nobiltà rivestono i Vini Spumanti e i Vini Frizzanti, naturali e gassificati Vini da Tavola: sono vini senza alcuna indicazione di provenienza o nome di vitigno o annata di raccolta Vini a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.): provengono per almeno l'85% dalla zona geografica di cui portano il nome e devono rispondere ad alcuni parametri indicati nei disciplinari di produzione Vini a Denominazione Origine Controllata (D.O.C.): si tratta di vini di qualità, originari di una regione ben determinata, le cui caratteristiche enochimiche ed organolettiche devono rispettare i parametri dettati dai disciplinari di produzione Vini a Denominazione Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.): sono prodotti di particolare pregio sottoposti a regole di produzione più severe rispetto ai vini a denominazione di origine controllata

Classificazione per grado alcolico In dipendenza del grado alcolico (e con conseguenze non indifferenze dal punto di vista fiscale) possiamo classificare i vini come segue: Vini da Tavola: titolo alcolometrico non inferiore a 8.5%; per i vini prodotti su talune superfici viticole da stabilirsi il titolo alcolometrico volumico totale può essere portato ad un massimo di 17% (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) ad altitudine inferiore a 600 m s.l.m Vini Liquorosi: titolo alcolometrico minimo stabilito non inferiore 15% ne superiore a 22%. Si distinguono dai vini passiti anche per l'aggiunta di mosto di uve concentrato e/o di alcol Vini Passiti e Vinsanti: non esistendo una normativa generale specifica, rientrano quei vini che hanno un tasso alcolico minimo stabilito dai disciplinari di produzione anche se con tasso alcolico effettivo oltre 15% vol. Questi vini non possono essere aggiunti di concentrati o di alcol perchè in tal caso rientrerebbero automaticamente nella categoria dei vini liquorosi Vini aromatizzato: vini speciali aventi un contenuto in alcol inferiore a 21%, costituiti in prevalenza da vino addizionato o non di alcole e di saccarosio ma di sostanze permesse dalle vigenti disposizioni e normative, atte a conferire al prodotto particolari odori e sapori estranei Vini Frizzanti: titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 7%

Esempio di disciplinare Ogni vino V.Q.P.R.D è soggetto ad un disciplinare di produzione che ne vincola la commercializzazione al rispetto di regole precise, riguardanti l’origine delle uve, il metodo di trattamento, ecc.; curiosamente, dal punto di vista analitico i parametri da rispettare sono pochissimi. Nell’esempio è riportato il disciplinare D.O.C.G. del Barolo D.P.R. 1 luglio 1980: Riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita del vino Barolo Art. 2. - Il Barolo deve essere ottenuto esclusivamente dalle uve del vitigno Nebbiolo delle sottovarietà Michet, Lampia e Rosè prodotte nella zona di origine Art. 3. - La zona di origine delle uve atte a produrre il Barolo, comprendente i territori dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d'Alba ed in parte il territorio dei comuni di Monforte d'Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour,Diano d'Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo Art. 4. - Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del "Barolo" devono essere quelle tradizionali della zona e comunque unicamente quelle atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto da considerarsi idonei unicamente i vigneti collinari di giacitura ed orientamento adatti ed i cui terreni siano preminentemente argilloso-calcarei. La produzione massima ad Ha in coltura specializzata non deve essere superiore a q.li 80 di uva. A tale limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata attraverso un'accurata cernita delle uve purché la produzione non superi del 20% il limite massimo sopra stabilito

Esempio di disciplinare Art. 6. - Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nella zona delimitata nell'art. 3. Il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, sentito il parere del comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine dei vini può altresì consentire che le suddette operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio siano effettuate dalle aziende che, avendo stabilimenti situati nei territori delle provincie di Cuneo, Asti, Alessandria inclusi nell'art. 4 del disciplinare annesso al D.P.R. 23 aprile 1966, dimostrino che già effettuarono tali operazioni, previa attestazione della competente camera di commercio Art. 7. - Le uve destinate alla vinificazione, sottoposte a preventiva cemita, se necessario, devono assicurare al vino una gradazione alcolica complessiva minima naturale di gradi 12,5. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche. La conservazione e l'invecchiamento del vino devono essere effettuate secondo i metodi tradizionali. Il vino deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno tre anni e conservato per almeno due anni di detto periodo in botti di rovere o di castagno. Il periodo di invecchiamento decorre dal 10 gennaio successivo all'annata di produzione delle uve. È consentita l'aggiunta, a scopo migliorativo, di Barolo più giovane ad identico Barolo più vecchio o viceversa nella misura massima del 15%. In etichetta, dovrà figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura preponderante. Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Barolo ultimato il periodo di invecchiamento obbligatorio, dovrà essere sottoposto alla prova di degustazione

Esempio di disciplinare Art. 8. - Il Barolo, all'atto dell'immissione al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche: Art. 9. - Il Barolo sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a cinque anni può portare come specificazione aggiuntiva la dizione riserva. Art. 10. - La denominazione Barolo chinato è consentita per i vini aromatizzati preparati utilizzando come base vino Barolo senza aggiunta di mosti o vini non aventi diritto a tale denominazione e con una aromatizzazione tale da consentire, secondo le norme di legge vigenti, il riferimento nella denominazione alla china colore: rosso granato con riflessi arancione; odore: profumo caratteristico, etereo, gradevole, intenso; sapore: asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico; gradazione alcolica minima complessiva: gradi 13; acidità totale minima: 5 per mille; estratto secco netto minimo: gr. 23/litro

Esempio di disciplinare Art. 11. - È vietato usare assieme alla denominazione Barolo qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato e similari. È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, consorzi, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente. È consentito altresì l'uso di indicazioni geografiche e toponomastiche che facciano riferimento a comuni, frazioni, poderi, tenute, tenimenti, cascine e similari, nonché delle sottospecificazioni geografiche, bricco, costa, vigna e altri sinonimi di uso locale, costituite da aree, località e mappali inclusi nella zona delimitata nel precedente art. 3 e dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino cosi qualificato è stato ottenuto Art. 12. - Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il Barolo deve sempre figurare l'indicazione veritiera o documentabile della annata di produzione delle uve. La denominazione di origine controllata e garantita Barolo deve essere sempre messa in evidenza, comunque deve figurare con caratteri di altezza e di larghezza non inferiori a 2/5 di quelli massimi di ogni altra indicazione che compaia sull'etichetta principale della bottiglia Art. 13. - Chiunque produce, vende, pone in vendita, o comunque distribuisce per il consumo con la denominazione di origine controllata e garantita Barolo vini che non rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione, è punito a norma dell'art. 28 del D.P.R. 12 luglio 1963, n. 930

L’etichetta di un vino In questa figura è riportata l’etichetta di un vino di classe V.Q.P.R.D. In rosso sono riportate le indicazioni obbligatorie, in nero quelle facoltative Nome della regione determinata Dicitura speciale (D.O.C. o D.O.C.G.) Nome dell’imbottigliatore Sede dell’imbottigliatore Stato di appartenenza (se esportato) Volume nominale Titolo alcolimetrico effettivo Indicazioni ecologiche Lotto C. Titolo alcolimetrico totale G. Sottozona H. Distinzioni L. Annata di raccolta delle uve O. Menzione vigna Q. Menzioni complementari (es. Riserva, superiore, classico, ecc.) S. Tipo di elaborazione (es. Passito, vino novello, ecc.)

Il vino oggetto di studi Oltre che essere alimento di grande diffusione e consumo in tutto il mondo, il vino è anche, probabilmente, l’alimento più studiato dal punto di vista scientifico. Il numero di studi scientifici pubblicati ogni anno è impressionante e riguarda argomenti vari nel campo della chimica, della microbiologia, della medicina, dell’agronomia, ecc. Ma è soprattutto la chimica enologica la disciplina che attrae il maggior numero di ricercatori in tutto il mondo. Sarà probabilmente per il grande fascino che esercita la chimica del vino, così complessa e in parte ancora inesplorata Il Professor Amerine, luminare della University of California a Davis, dichiarò che se fosse stato un giovane in procinto di intraprendere l’attività di produttore di vino, avrebbe dapprima studiato chimica, in modo da capire a livello microscopico i processi che favoriscono la nascita di un buon vino

Analisi del vino Come per molti altri alimenti, le analisi sul vino riguardano più aspetti: l’aspetto normativo, legato a parametri analitici che ogni prodotto enologico deve rispettare per poter essere commercializzato: grado alcolico, acidità totale, parziale e fissa, estratto secco, ecc., anche se i disciplinari di produzione sono poco restrittivi da questo punto di vista l’aspetto nutrizionale, legato alle proprietà benefiche (o anche malefiche) che il vino apporta alla nostra salute, attraverso l’assunzione di sostanze antiossidanti come i polifenoli che può essere interessante dosare nelle varie classi in cui esistono l’aspetto qualitativo, legato principalmente all’aroma e al bouquet del vino e quindi alle centinaia di sostanze volatili di cui è ricco il vino, sostanze in parte ancora non ancora identificate e quantificate

Alcune applicazioni analitiche Le analisi sono importanti in più punti della filiera del vino, dal prelievo delle uve alla commercializzazione del prodotto imbottigliato: Controllo di qualità: valutare il grado di maturazione delle uve, l’effetto dei vari passaggi del processo, il grado di invecchiamento Riduzione dei processi degradativi: identificare le sostanze che apportano contributi negativi al vino e capirne l’origine Miscelazione: stabilire, attraverso la misurazione di parametri ben precisi, quali siano i rapporti ottimali di miscelazione per ottenere un prodotto con le caratteristiche desiderate Certificazione per la commercializzazione: poter soddisfare i requisiti richiesti per l’ottenimento della D.O.C. Certificazione per l’esportazione: poter soddisfare i requisiti richiesti per l’esportazione dei prodotti sui mercati esteri

Normative sui metodi di analisi A livello di Comunità Europea, il Regolamento CE n.2676/90 determina i metodi d’analisi comunitari da utilizzare nel settore del vino. In questa normativa, tutti i parametri importanti per gli aspetti di sicurezza alimentare sono descritti nei minimi particolari. Successivi aggiornamenti hanno apportato modifiche ai metodi o hanno introdotti metodi nuovi, in conseguenza dell’evoluzione degli studi scientifici in campo enochimico La legislazione Italiana, come quelle di altri paesi europei, fa riferimento a quella comunitaria, recependone i regolamenti per quanto riguarda i metodi d’analisi da utilizzare. Per quanto riguarda i limiti massimi di concentrazione per le sostanze indesiderate nel vino, invece, non ci sono ancora regole comuni. Al proposito, è sufficiente valutare i limiti massimi per il contenuto di metalli nel vino, mostrati nelle tabelle seguenti in cui sono confrontati i limiti stabiliti da alcuni paesi

Limiti per metalli non tossici FAO/WHO: Food and Agricolture Organization / World Health Organization OIV: Organisation International de la Vigne et du Vin

Limiti per metalli tossici FAO/WHO: Food and Agricolture Organization / World Health Organization OIV: Organisation International de la Vigne et du Vin

Composizione del vino Nel vino sono presenti centinaia di composti diversi (attualmente sono note non meno di 600 sostanze) ed è interessante notare che le proprietà organolettiche non sono influenzate soltanto dai suoi componenti maggiori, cioè acqua e alcol etilico, ma anche dai componenti minori e persino da quelli presenti in tracce e ultratracce. Per esempio, è sufficiente una concentrazione di poche decine di ng/l di 2,4,6-tricloroanisolo per impartire al vino il classico, sgradevole gusto di tappo È piuttosto difficile delineare una descrizione della composizione media del vino, viste le numerose possibilità di tecniche di vinificazione. Sono sempre presenti composti delle seguenti classi: Acqua Alcoli: etanolo, metanolo, alcoli superiori, glicerina Acidi organici: tartarico, malico, citrico, lattico, acetico Zuccheri: glucosio, fruttosio Gomme e pectine Polifenoli: antociani, tannini Sostanze minerali: anioni, cationi Sostanze volatili: acidi volatili, esteri, aldeidi, terpeni Vitamine Gas disciolti: anidride carbonica, anidride solforosa, ossigeno

Composizione e qualità Ogni produttore di vino sa che per fare un buon prodotto è necessario realizzare l’armonia tra i vari componenti del vino. Ad esempio, aumentare artificialmente la gradazione alcolica del vino serve a poco se questo non è bilanciato da un equivalente corredo di sostanze aromatiche A livello chimico, la qualità di un vino è determinata da una serie di sostanze tra le quali hanno particolare importanza le seguenti: Alcol etilico Estratto secco netto Zuccheri (fruttosio, glucosio) Acidità (acidi carbossilici) Polifenoli (antociani, stilbeni, flavanoli, ecc.) Anidride carbonica Composti aromatici (terpeni, esteri, alcoli superiori, aldeidi, ecc.)

Alcol etilico La sua importanza, dal punto di vista merceologico e commerciale, è determinante essendo la sostanza a maggior concentrazione dopo l’acqua e quindi influenza notevolmente tutto il complesso dei caratteri organolettici. Oltre al sapore dolce, l’alcol etilico o etanolo è responsabile della morbidezza del vino. È inoltre importantissima la sua capacità di solubilizzare tutti i composti importanti ai fini della costituzione del bouquet, che non sarebbero solubili in un mezzo esclusivamente acquoso. Infine è decisivo dal punto di vista della genuinità, in quanto è possibile riconoscere l’addizione di zucchero non proveniente dall'uva per aumentare il grado alcolico in base alla misura di parametri analitici sull’alcol L’alcol etilico o etanolo si forma dalla fermentazione alcolica del glucosio presente nel mosto, favorita dall’azione dei lieviti Saccharomyces Cerevisiae: C6H12O6  2C2H5OH + 2CO2

Titolo alcolometrico Il contenuto di etanolo nel vino si esprime attraverso il titolo alcolometrico volumico, di cui è bene distinguere tre varianti: Il titolo alcolometrico potenziale, che quantifica l’alcol potenzialmente sviluppabile da zuccheri non ancora fermentati, e si misura moltiplicando per 0.06 la quantità nel vino di zuccheri riduttori, espressa in g/l; questo fattore moltiplicativo deriva dalle unità Brix necessarie per generare un volume di etanolo pari a 1% (v/v) attraverso la fermentazione alcolica. L’unità Brix esprime la percentuale di solidi totali in soluzione, calcolata in g di soluto/100 g di soluzione; nel mosto, il 95% dei solidi disciolti è zucchero che quindi esprime quasi interamente i Brix Il titolo alcolometrico effettivo, che quantifica l’etanolo presente Il titolo alcolometrico totale, dato dalla somma del titolo effettivo e potenziale

Determinazione dell’etanolo Il metodo più semplice per determinare il grado alcolico di un vino è quello ebullioscopico, nel quale cioè si misura il punto di ebollizione del campione. Considerando il vino una miscela binaria acqua-etanolo, è possibile risalire alla % di etanolo nel campione in base alla temperatura alla quale esso bolle, facendo riferimento al grafico sottostante; l’abbassamento del punto di ebollizione dell’acqua (abbassamento ebullioscopico) è infatti funzione quasi lineare dell’aggiunta di un altro componente In alternativa si può eseguire l’analisi GC, determinando l’etanolo insieme agli altri alcoli, oppure l’analisi HPLC

Misura densimetrica dell’etanolo Un altro metodo semplice e correntemente utilizzato per determinare il titolo di etanolo è quello densimetrico, che si basa cioè sulla misurazione della densità. Il valore di densità di una miscela binaria acqua-etanolo è correlabile al grado alcolico; la misura si effettua a 20°C, oppure apportando una correzione se a temperatura diversa. Il vino in esame è sottoposto a distillazione per eliminare tutte le sostanze non volatili; nel distillato si concentrano anche composti omologhi dell’etanolo nonchè gli esteri etilici, che contribiscono quindi al valore finale. Attraverso la determinazione della densità del distillato con bilancia idrostatica, si estrapola da tabelle di riferimento il valore del grado alcolico effettivo La bilancia idrostatica funziona in base al principio di Archimede, secondo cui un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verticale uguale al peso del liquido spostato. Il peso diviso il volume impiegato darà il valore della densità

Altri alcoli Il vino contiene altri alcoli che possono influenzarne la qualità, in senso positivo o negativo. Tra quelli apprezzabili vi è la glicerina o glicerolo, prodotta come l’etanolo nella fermentazione alcolica Un altro alcol, questa volta meno desiderabile, è l’alcol metilico o metanolo (CH3OH) che si forma dall’idrolisi enzimatica della pectina, un polisaccaride presente nell’uva. Pur essendo tossico, il suo contenuto nel vino non costituisce rischio, a meno di quantità fraudolentemente aumentate (come nel caso tristemente noto di Narzole). La sua determinazione si effettua normalmente per GC La glicerina impartisce al vino un sapore marcatamente dolciastro e contribuisce a migliorarne l’equilibrio e il corpo. Essendo un composto non troppo volatile, la sua determinazione si effettua per separazione HPLC

Alcoli superiori I cosidetti alcoli superiori o fusel oils, cioè alcoli con più di due atomi di carbonio, si originano dagli aminoacidi presenti nell’uva: nel vino i più importanti sono 1-propanolo, 2-metil-1-propanolo, 3-metil-1-butanolo e 2-metil-1-butanolo Gli alcoli superiori influenzano in vario modo il gusto del vino; nel Cabernet Sauvignon ne è stato identificato uno particolare, il 3-metiltio-1-propanolo (CH3-S-CH2-CH2-CH2-OH) che deriva dall’aminoacido metionina e impartisce al vino una forte nota dolce La determinazione degli alcoli superiori si può effettuare per GC. Nel cromatogramma sono riconoscibili i seguenti composti, in ordine di eluizione: 1-propanolo, etil acetato (un estere), 2-metil-1-propanolo, 1-butanolo (standard interno), etil acetale (un etere), 3-metil-1-butanolo e 2-metil-1-butanolo

Estratto secco netto È un parametro importante: dà l'idea della robustezza del vino. Ad esso contribuiscono le sostanze non volatili lasciate dopo l’evaporazione dell’etanolo, quindi composti diversi come gli acidi fissi tartarico, malico e lattico, la glicerina, le materie coloranti, i tannini, le sostanze minerali e gli zuccheri, anche se questi ultimi contribuiscono più correttamente all’estratto secco apparente, potendo generare altro etanolo L'estratto secco netto, il cui valore si esprime in g/l, è legato al tipo di vino ed alla tecnica di vinificazione. I vini rossi, a causa della presenza delle materie coloranti e dei tannini, hanno solitamente un estratto superiore a quello dei bianchi. L'estratto secco netto è uno dei parametri previsti dai disciplinari dei vini D.O.C. e D.O.C.G., ed entra quindi a far parte degli elementi di giudizio sulla genuinità. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la correlazione fra il valore dell'estratto e il valore delle ceneri di un vino. Infatti il contenuto in ceneri di un vino è normalmente circa 1/10 del valore dell'estratto secco netto La determinazione si effettua per densitometria, misurando la differenza tra la densità del campione di vino e quella del distillato alcolico (privo delle sostanze che compongono l’estratto). Nell’effettuare la determinazione, è necessario porre attenzione a non arricchire il distillato in sostanze debolmente volatili come l’acido malico, il glicole etilenico o la stessa acqua

Zuccheri Rappresentano una parte importante del mosto e quindi del vino e sono costituiti principalmente da fruttosio (levulosio) e glucosio (destrosio): il primo ha struttura furanosidica, cioè a 5 atomi di carbonio, mentre il secondo ha struttura piranosidica, cioè a 6 atomi di carbonio. I due zuccheri vengono fermentati dai lieviti naturalmente presenti nel mosto con produzione di alcol; quando la fermentazione è terminata non sono più presenti o si ritrovano in tracce. Altri zuccheri piranosidici nel mosto sono il ramnosio, l’arabinosio e lo xilosio Oltre ai monosaccaridi citati, nell’uva sono presenti disaccaridi come il saccarosio (fruttosio + glucosio) e polisaccaridi come la pectina (acido galatturonico) e le gomme (arabinosio, galattosio) Secondo il tenore di zuccheri presenti i vini vengono classificati come secchi, amabili, dolci, ecc.; fruttosio glucosio ovviamente i vini dolci e liquorosi contengono una quantità di zuccheri non fermentati più elevata che ne conferisce il sapore dolce

Rapporto glucosio/fruttosio Glucosio e fruttosio nel mosto si trovano inizialmente in quantità pressoché uguali per cui il loro rapporto varia tra 0.7 e 1.1, a seconda di fattori come il grado di maturità delle uve, le condizioni climatiche e naturalmente la varietà di uva. Durante la fermentazione alcolica, il glucosio viene consumato per primo dai lieviti: ciò comporta una sua diminuzione e il rapporto fra i due zuccheri, al procedere della fermentazione, si allontana sempre di più dall'unità, fino ad arrivare alla fine attorno a 0.25. Nel caso di vini dolci e nei casi in cui non è consentita la dolcificazione, il valore di questo rapporto può rappresentare un elemento di controllo della genuinità Nel vino non è presente naturalmente il saccarosio. Le piccole quantità che si trovano nell'uva all'atto della spremitura spariscono rapidamente nel giro di qualche ora per idrolisi, quindi un’eventuale addizione fraudolenta è difficile da rivelare. Nei casi sospetti, la ricerca del saccarosio e dei suoi derivati di idrolisi (glucosio e fruttosio) è uno dei parametri di controllo della genuinità

Inositolo Sempre nell'ambito del controllo della genuinità, un elemento di notevole valore diagnostico è costituito dalla presenza di due composti che vengono collocati nel quadro zuccherino naturale dei vini: mio-inositolo e scillo-inositolo. La determinazione del contenuto di questi due polialcoli ciclici e il rapporto fra le loro concentrazioni assume un significato rilevante agli effetti del controllo della genuinità mio-inositolo scillo-inositolo

Determinazione degli zuccheri riducenti La determinazione degli zuccheri si può effettuare con tecniche diverse. Una determinazione classica è quella degli zuccheri riducenti: essendo il glucosio e il fruttosio composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è possibile determinarne la quantità totale (comprensiva anche dei pentosi, zuccheri non fermentabili ma ugualmente riducenti) mediante il metodo di Rebelein che consiste nel fare reagire gli zuccheri con una soluzione di Cu2+ in ambiente basico: Zucchero + Cu2+  prodotto ossidato + Cu+ Lo ione Cu2+ è addizionato in quantità nota sotto forma di reattivo di Fehling, composto da due soluzioni di cui una contenente CuSO4·5H2O e l’altra contenente tartrato di sodio e potassio in idrossido di sodio. Dopo la reazione redox, l’eccesso di Cu2+ è fatto reagire con KI in ambiente di H2SO4 e si titola lo iodio sviluppatosi con Na2S2O3 in presenza di indicatore salda d’amido: 2Cu2+ + 2I-  2Cu+ + I2 I2 + 2S2O32-  2I- + S4O62- Per l’analisi dei vini rossi o di vini ricchi di polifenoli è bene eliminare i polifenoli stessi con carbone attivo, per evitare interferenze positive nella determinazione

Determinazione cromatografica La separazione cromatografica degli zuccheri è possibile con HPLC su colonna di silice con gruppi aminici e fase mobile acqua/acetonitrile. Per la rivelazione si impiega normalmente il detector a indice di rifrazione, basato sulla capacità di una sostanza in soluzione di deviare un raggio luminoso; in alternativa, essendo gli zuccheri composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è possibile utilizzare un rivelatore amperometrico nel quale i vari composti separati sono sottoposti ad una reazione elettrochimica iso-Eritritolo Fruttosio Sorbitolo Mannitolo Glucosio Inositolo Saccarosio Maltitolo Maltosio

Acidità del vino L'acidità conferisce al vino vivacità nel gusto e nel colore: si tratta quindi di un parametro apprezzabile, se dovuto agli acidi giusti Gli acidi presenti nel vino sono classificabili in acidi naturali, presenti nell’uva (tartarico, malico e citrico) e in acidi di origine fermentativa (acetico, lattico e succinico). Ogni acido conferisce note particolari e positive se in concentrazione opportuna; l’acido malico è preferibilmente convertito ad acido lattico nella fermentazione malolattica in quanto dà note acerbe, mentre l’acido acetico è ovviamente mantenuto al minimo per evitare l’insorgere di acescenza L'acidità totale del vino è costituita dalla somma dell’acidità volatile, data principalmente dall’acido acetico, e dell'acidità fissa, data da acido tartarico, malico, lattico e in misura minore acido succinico e altri acidi. L’acidità totale è convenzionalmente espressa in g/l di acido tartarico in quanto è l’acido presente in misura preponderante nell'uva e nel mosto Le tecnologie di trasformazione e di vinificazione influenzano in modo determinante il quadro acidico finale del vino, che va quindi controllato attentamente mediante la determinazione analitica dei parametri di acidità (totale, volatile e fissa) e dei singoli acidi principali

Determinazione dell’acidità L’acidità totale del vino è effettuata con titolazione acido-base con una soluzione a titolo noto di NaOH, rilevando il punto di equivalenza in presenza di indicatore blu di bromotimolo oppure seguendo la titolazione per via potenziometrica con un elettrodo. Normalmente l’analisi si effettua dopo avere allontanato l’anidride carbonica presente, che potrebbe falsare il punto di equivalenza. È importante L’ acidità fissa, dovuta agli acidi organici non volatili, si misura per differenza tra l’acidità totale e quella volatile comprendere la differenza tra acidità totale e acidità titolabile: la prima è il contenuto totale di acidi organici nel vino, mentre la seconda è la concentrazione totale di ioni H+ nel vino, minore dell’acidità totale in quanto gli acidi nel vino sono in parte neutralizzati da ioni Na+ e K+. Quindi l’acidità totale è uguale a [H+] + [Na+] + [K+] Oltre all’acidità totale, è utile determinare l’acidità volatile dovuta principalmente all’acido acetico. Si misura in maniera analoga all’acidità totale sul distillato ottenuto in corrente di vapore d'acqua, con l’apparecchiatura mostrata in figura. In questo caso è necessario sottrarre dal valore determinato il contributo di sostanze che passano nel distillato: biossido di zolfo libero e combinato, acido sorbico e acido salicilico eventualmente aggiunti al vino

Determinazione del quadro acido Oltre ai parametri di acidità, è utile la determinazione dei singoli acidi organici, in quello che è noto come il quadro acido. I principali acidi che lo compongono sono i seguenti: Acidi minori sono il formico, l’ossalico, il piruvico e il gluconico Acido tartarico, l’acido caratteristico dell’uva, in parte perso per precipitazione come potassio bitartrato Acido malico, la cui concentrazione è limitata nei vini rossi dalla fermentazione malo-lattica Acido citrico, la cui presenza è artificiale se al di sopra di 800 mg/l Acido succinico, formato dalla fermentazione alcolica Acido lattico, formato dalla fermentazione malo-lattica Acido acetico, formato dall’ossidazione dell’acetaldeide e dalla fermentazione acetica Acido tartarico Acido malico Acido citrico Acido succinico Acido lattico Acido acetico

Quadro acido con HPLC La determinazione del quadro acido si effettua con tecniche cromatografiche. Si può utilizzare la cromatografia HPLC, separando gli acidi in forma protonata e quindi meno polare, su una colonna C18 con fase mobile acqua/acetonitrile oppure solo acquosa, e rivelazione spettrofotometrica a 210 nm

Quadro acido con IC Altra tecnica impiegata è la cromatografia ionica. In questa tecnica, gli acidi sono separati in forma parzialmente ionizzata, utilizzando una variante nota come esclusione ionica. Si utilizza acido eptafluorobutirrico come fase eluente e rivelazione conducimetrica. Gli acidi sono eluiti in ordine di pK crescente, ovvero gli acidi più forti per primi e gli acidi più deboli per ultimi Normalmente si effettua una diluizione 1:25-1:50 del campione per ridurre la possibilità di interferenze da parte di sostanze fenoliche; inoltre, essendo la concentrazione di acido tartarico molto elevata, la diluizione ne riporta il livello a valori opportuni

Polifenoli Dopo i carboidrati e gli acidi, i polifenoli o composti fenolici sono il gruppo più abbondante di costituenti chimici dell’uva. Nel vino hanno un ruolo importantissimo: innanzitutto sono responsabili delle differenze tra vini bianchi e vini rossi, soprattutto per colore e aroma, in particolare contribuendo al gusto amaro e all’astringenza del vino; in secondo luogo, hanno proprietà antiossidanti e battericide, particolarmente gradite dal punto di vista salutistico; infine hanno un ruolo primario nella conservazione e nell’invecchiamento del vino A livello macroscopico, i polifenoli rappresentano la parte colorata e colorante del vino. Sono composti contenuti nella buccia dell'uva e la loro presenza nel vino dipende dalla tecnica di vinificazione. Il contatto più o meno prolungato del mosto con le bucce ne determina il contenuto nel mosto e quindi nel vino. In base al contenuto di polifenoli si possono classificare i vini come bianchi, rosati, rossi, rossissimi e torchiati. I vini bianchi hanno un contenuto in polifenoli inferiore rispetto ai vini rossi

Benefici dei polifenoli In campo enologico ed igienico-sanitario è ormai largamente condivisa la teoria che il vino abbia una notevole azione cardioprotettiva. Studi epidemiologici e prove sperimentali condotte sull'uomo hanno dimostrato che il vino rosso riduce l'incidenza dell'arteriosclerosi coronarica più di ogni altra bevanda alcolica. Successive indagini hanno altresì provato che i polifenoli hanno una potente azione antiossidante capace di inibire la formazione di lipoproteine ossidate (LDL) nell'uomo. Gli studiosi sembrano unanimemente concordi nell'attribuire tale importante azione terapeutica ai polifenoli e principalmente al Resveratrolo, composto contenuto nella buccia dell'uva e che induce nella bacca un tipo di resistenza ad infezioni da funghi

Paradosso francese Il termine French paradox (Paradosso francese) è stato coniato nel 1991 a proposito del fatto che, nella popolazione francese, l'incidenza di infarto del miocardio è circa la metà rispetto agli Stati Uniti e al Nordeuropa, nonostante la dieta del Francesi sia basata su un consumo di burro ed altri grassi animali altrettanto elevato Ormai è acclarato che la spiegazione consiste nell'abitudine diffusa ad un moderato consumo di vino rosso, alimento ricco di sostanze antiossidanti come sono i polifenoli

Attività antiossidante Per chiarire la potenzialità dei polifenoli in termini di salute, valutiamo l’attività antiossidante dei vini rossi in confronto con il loro contenuto di polifenoli totali e di antociani. Nell’analisi di 19 vini rossi del Trentino, si nota una correlazione strettissima tra i parametri considerati Ormai è acclarato che la spiegazione consiste nell'abitudine diffusa ad un moderato consumo di vino rosso, alimento ricco di sostanze antiossidanti come sono i polifenoli

Classificazione dei polifenoli Chimicamente i polifenoli si distinguono per la presenza di due o più gruppi fenolici, e sono suddivisibili nelle seguenti famiglie: Flavonoidi, sostanze pigmentate con struttura caratteristica costituita da due gruppi benzenici uniti da un eterociclo con un atomo di ossigeno Acidi fenolici, come gli acidi benzoici e gli acidi cinnamici derivati degli acidi fenolici, come gli stilbeni tra cui il resveratrolo

Polifenoli nei vini bianchi Nella vinificazione in bianco, essendo scarso l’utilizzo delle bucce degli acini, passano nel vino principalmente i polifenoli contenuti nella polpa, che sono prevalentemente di tipo non flavonoide. Prevalgono gli acidi idrossibenzoici (acido gallico, vanillico, siringico, salicilico, gentisico), gli acidi idrossicinnamici (acido cumarico, caffeico, ferulico) e i loro esteri con l’acido tartarico (acido coutarico, caftarico, fertarico) che sono i polifenoli maggiori nei vini bianchi Acido gallico Oltre ai non flavonoidi, sono presenti polifenoli a struttura flavonoide chiamati flavan-3-oli, tra cui prevalgono la catechina e l’epicatechina, composti che contribuiscono significaticamente al profilo sensoriale. Derivati delle catechine sono le procianidine e gli esteri con l’acido gallico Acido caffeico Catechina Acido caftarico o trans-caffeoiltartarico Procianidina

Polifenoli nei vini rossi Nella vinificazione in rosso sono presenti tutti i polifenoli citati più altre famiglie di composti flavonoidi che sono contenuti in prevalenza nelle bucce. Essi sono: Flavan-3,4-diolo Flavan-3,4-dioli o leucoantocianidine Flavonoli, composti che hanno quasi sempre un residuo di glucosio, tra cui la quercetina, la miricetina e il kaempferolo Antociani, i composti per eccellenza legati al colore del vino rosso Tannini, composti polimerici di origine anche non flavonoide e di grande importanza nelle caratteristiche organolettiche dei vini, in particolare di quelli invecchiati Flavonolo Antocianina

Determinazione dei polifenoli Come per gli zuccheri e per l’acidità, la determinazione dei polifenoli ha significato a livello dei singoli composti oppure sull’insieme dei composti della medesima famiglia Per quanto riguarda la determinazione totale dei composti fenolici, il metodo più noto è quello dell’Indice di Folin-Ciocalteau, nel quale si utilizza la spettrofotometria UV-visibile. Si utilizza il reattivo di Folin-Ciocalteau (miscela di acido fosfotungstico, H3PW12O40, e acido fosfomolibdico, H3PMo12O40) che in presenza di composti fenolici si riduce a miscela di ossidi di tungsteno e molibdeno (W8O23 e Mo8O23); la colorazione blu sviluppata ha un massimo di assorbimento a 750 nm. Convenzionalmente il risultato della misura spettrofotometrica si esprime in mg di acido gallico per litro di vino (GAE) Il metodo è molto pratico da eseguire, anche se ha scarsa selettività, in quanto misura il numero di gruppi fenolici presenti nel campione, quindi anche quelli dei monoidrossifenoli, ed è inoltre sensibile a sostanze facilmente ossidabili come l’acido ascorbico, l’anidride solforosa e gli zuccheri riducenti nei vini dolci

Determinazione cromatografica La determinazione dei singoli polifenoli è piuttosto complessa, in quanto non ci sono reazioni selettive che si possano sfruttare per effettuare ad esempio misure spettrofotometriche. La tecnica più idonea a determinare singolarmente i composti fenolici è la cromatografia, e in particolare, essendo i polifenoli composti non volatili, la tecnica HPLC Esistono metodi di separazione HPLC che consentono di determinare un quadro polifenolico abbastanza ampio, anche se mai esaustivo: abbiamo visto come sotto la denominazione polifenoli rientrino in realtà composti piuttosto diversi, che dal punto di vista cromatografico hanno comportamento sicuramente differente. Per cui la separazione cromatografica è possibile per alcuni dei più importanti composti fenolici, generalmente impiegando metodi in gradiente, che consentono nella stessa corsa cromatografica di modificare le caratteristiche della fase mobile in modo da includere nella separazione famiglie diverse di polifenoli In alternativa, esistono metodi di pretrattamento che consentono di isolare una o più famiglie di polifenoli che possono essere poi determinate con maggiore accuratezza

Esempi di separazione di polifenoli In questo esempio è riportato il cromatogramma di una miscela standard di polifenoli (A) separati su colonna C18 con una fase fissa acqua/metanolo/acido acetico in gradiente di metanolo. La rivelazione è spettrofotometrica a 280 nm I polifenoli separati sono di tipo flavonoide e non flavonoide. Nel cromatogramma B è mostrata l’analisi di un vino rosso iniettato direttamente in colonna; il risultato migliora nettamente dopo estrazione liquido-liquido con dietiletere (C). Si noti il picco del resveratrolo (13) A B C

Gli antociani Gli antociani sono composti polifenolici del gruppo dei flavonoidi. Essi vengono sintetizzati nelle bucce dell’uva, ai cui frutti impartiscono il colore che, a seconda degli antociani presenti, può essere verde-giallo, rosa, rosso, rosso-violetto, rosso-nero e blu-nero Nell’uva Vitis vinifera esistono cinque tipi di antocianine: Cianidina, Delfinidina, Malvidina, Peonidina e Petunidina Esistono poi alcuni derivati di questi cinque composti-base, in particolare gli esteri formati dal glucoside con l’acido acetico e p-cumarico

Equilibrio tra le forme Gli antociani si trovano in strutture diverse a seconda del pH

Determinazione degli antociani La determinazione del profilo antocianico è interessante dal punto di vista tassonomico, essendo questi composti tipici delle uve da cui deriva il vino e quindi teoricamente utili per riconoscere i vitigni impiegati. La separazione si effettua con tecnica HPLC su colonna C18 e fase mobile acqua/acetonitrile, normalmente in gradiente di solvente organico. La fase mobile ha pH acido (< 1.5) per avere le antocianine omogeneamente in forma di ione flavilio, il quale presenta un massimo di assorbimento a 520 nm, in particolare a pH molto acido Questa separazione consente di determinare separatamente le 5 antocianine e i loro derivati esterei con gli acidi acetico, cumarico e caffeico

Il Resveratrolo Il più importante tra i polifenoli è sicuramente il composto 3,5,4’-triidrossistilbene, più noto come trans-resveratrolo, appartente alla classe degli stilbeni. Questa sostanza, presente in molte piante ma in misura prevalente nell’uva, è diventata oggetto di numerosissime ricerche per le sue ormai accertate virtù medicamentose L’origine di questo interesse sta nel fatto che la sua presenza è stata identificata in formulazioni erbali della tradizione popolare giapponese; attualmente, si ritiene che abbia proprietà antiinfiammatorie e anticoagulanti utili per la protezione dall’aterosclerosi e dalle malattie cardiovascolari In più, sembra che il resveratrolo possa inibire eventi cellulari associati all’insorgere e al procedere di tumori e ridurre la morte cellulare per stress ossidativi In definitiva, si tratta di uno dei composti più nobili presenti nel vino

Il Resveratrolo nel vino Dal punto di vista biochimico, la sintesi del resveratrolo è causata in risposta a infezioni microbiche o stress nella vite, ma paradossalmente si produce anche per trattamenti chimici come l’applicazione di erbicidi e fungicidi, o per esposizione alla luce UV Nell’uva, la sintesi del resveratrolo è localizzata prevalentemente nelle cellule della buccia. Nella vinificazione in rosso, quindi, la macerazione con le bucce fa sì che i vini rossi abbiano livelli di resveratrolo maggiori rispetto ai vini bianchi Il contenuto di resveratrolo nel vino dipende soprattutto dalle caratteristiche genetiche del vitigno e dalle condizioni enologiche. Nei vini americani il livello di resveratrolo è inferiore a 1 mg/l, mentre nei vini europei la concentrazione è maggiore, soprattutto per quelli italiani, francesi e spagnoli. In alcuni casi è stato verificato l’effetto maggiorativo dell’esposizione solare della vite

Determinazione del resveratrolo La determinazione quantitativa del resveratrolo nelle sue varie forme (isomeri liberi e glicosilati) si effettua mediante separazione cromatografica con la tecnica HPLC, utilizzando una fase fissa Si-C18 e una fase mobile costituita da un gradiente binario acqua/acetonitrile L’analisi non si effettua sul campione di vino tal quale, ma su un estratto ottenuto con SPE, facendo passare il campione su una fase adsorbente ed eluendo i composti trattenuti con tetraidrofurano Utilizzando il convenzionale rivelatore UV-visibile a 305 nm si ottiene il cromatogramma (a), mentre con l’impiego del rivelatore a spettrometria di massa (b) si ha un notevole incremento della sensibilità. Gli analiti separati sono: trans-resveratrolo glicoside cis-resveratrolo glicoside trans-resveratrolo cis-resveratrolo I.S. standard interno (acido 3,4,5-trimetossicinnamico)

Anidride carbonica L’anidride carbonica o biossido di carbonio è un gas che si forma come prodotto collaterale durante la già citata fermentazione alcolica degli zuccheri: C6H12O6  2C2H5OH + 2CO2 ed ha un ruolo importante nel ciclo di produzione del vino: durante la fermentazione del mosto mantiene infatti un ambiente favorevole impedendo il contatto con l'aria. La sua presenza diventa di importanza decisiva nel caso di vini spumanti e frizzanti nei quali l'anidride carbonica diventa elemento distintivo e qualificante. La sua quantità nel prodotto, espressa come pressione in bottiglia, è soggetta a precise norme nazionali e comunitarie Mediante tecniche analitiche come la spettrometria di massa è possibile accertare la provenienza della anidride carbonica presente in uno spumante o in un prodotto frizzante e quindi eseguire un accurato controllo di qualità e genuinità

Determinazione della CO2 La determinazione dell’anidride carbonica si effettua per volumetria. Si porta il campione di vino a temperatura prossima a OºC in una soluzione a titolo noto di NaOH (pH 10-11), nella quale la CO2 è idratata e convertita ad H2CO3. Si titola l’eccesso di NaOH con una soluzione acida in presenza di anidrasi carbonica per catalizzare l'idratazione della CO2. Il contenuto in CO2 viene ricavato dal volume di soluzione acida impiegato per passare da pH 8,6 (forma bicarbonato) a pH 4,0 (acido carbonico). Una titolazione di riferimento, effettuata nelle stesse condizioni sul vino privato di CO2, permette di tener conto del volume di soluzione di NaOH consumato dagli acidi del vino

Composti aromatici La qualità di un vino, spesso descrivibile in termini organolettici soggettivi, è riconducibile all’effetto che hanno sui nostri organi alcuni composti che influenzano in particolare l’odorato e il gusto: i composti aromatici. Prima di capire quali sono questi composti, chiariamo alcuni termini: Si parla di aroma in riferimento al profumo che deriva dall’uva, e che può variare da vitigno a vitigno Si parla di bouquet in riferimento al profumo che deriva dalla vinificazione, comprendendo le condizioni di fermentazione, i vari processi di cantina e l’invecchiamento. Il bouquet cambia costantemente man mano che un vino giovane diventa invecchiato (a differenza dell’aroma)

Determinazione del quadro aromatico La determinazione delle sostanze volatili si effettua ovviamente per gascromatografia, impiegando preferenzialmente la versione accoppiata con la spettrometria di massa (GC-MS) che permette di identificare strutturalmente le numerosissime e spesso assai complesse sostanze volatili presenti nel vino Per effettuare l’analisi delle componenti volatili, è bene effettuare un pretrattamento per isolare soltanto la frazione che li contiene ed evitare di mandare in colonna sostanze non volatili come i composti fenolici o le sostanze inorganiche. Per questo motivo si è soliti estrarre la frazione volatile con un’estrazione liquido-liquido o con metodi SPE

Estrazione in fase solida del vino Nell’estrazione in fase solida (SPE) il campione di vino è fatto fluire attraverso una colonna contenente materiale sorbente, in grado di trattenere selettivamente alcune classi di sostanze, le quali sono poi desorbite con un opportuno solvente. Il solvente può essere iniettato in colonna con maggiore facilità in quanto avrà un contenuto di sostanze disciolte nettamente inferiore rispetto al campione originario Attivazione del materiale sorbente Passaggio del campione sulla colonnina con trattenimento selettivo degli analiti Lavaggio per eliminare specie indesiderate Desorbimento (eluizione) degli analiti trattenuti con un opportuno solvente

Microestrazione in fase solida del vino Nella microestrazione in fase solida (SPME) una fibra ricoperta di materiale sorbente è immersa nel campione di vino oppure nello spazio di testa in recipiente chiuso (1); le sostanze che hanno affinità per la fase sorbente vengono estratte (2) e possono essere rilasciate per riscaldamento della fibra (3), cosa che può avvenire nell’iniettore di un gascromatografo (4). In questa tecnica, il carico di sostanze disciolte nella colonna è del tutto irrilevante, in particolare nella versione che agisce sullo spazio di testa 1 2 3 4

Esempio di analisi GC-MS Quale che sia il tipo di pretrattamento, l’analisi GC-MS dei composti volatili permette di determinare un numero elevato di sostanze, quindi di caratterizzare ampio il quadro aromatico. In un vino sono determinabili 50-100 sostanze aventi caratteristiche di volatilità, in prevalenza alcoli, terpeni ed esteri. Con opportuni trattamenti, è possibile ampliare il gruppo di composti, con la possibilità di caratterizzare le varietà Nella figura è riportato un esempio di analisi GC-MS di un estratto SPME da vino Nebbiolo

Composti volatili I composti volatili presenti nel vino sono responsabili del suo profumo. Essi hanno tendenza ad evaporare e chimicamente appartengono, tra le altre, alle famiglie dei terpeni, alcoli, aldeidi, chetoni, acidi ed esteri. Sono stati identificati circa 500 composti diversi che influenzano il profumo del vino; di questi, soltanto un centinaio è stato quantificato I composti volatili sono suddivisibili in tre classi, a seconda della loro origine: Composti primari, detti anche varietali perchè caratteristici da varietà a varietà di Vitis vinifera; tipici composti varietali sono ad esempio i terpeni Composti secondari, che si sprigionano durante i processi di vinificazione, in particolare al momento della pigiatura (prefermentativi) e durante le fermentazioni (fermentativi) Composti terziari, che si generano durante la maturazione e l’invecchiamento, in relazione anche alle condizioni di conservazione che possono essere ossidanti (a contatto con l’aria) o riducenti (in assenza di aria)

Profumi primari Sono i composti varietali, presenti nell’uva e caratterizzanti da vitigno a vitigno. La maggior parte dei composti aromatici varietali sono i terpeni, sostanze di varia natura chimica (alcoli, aldeidi, idrocarburi, chetoni, ecc.) ma riconducibili all’unità di base isoprenica una tecnica come la GC-MS è in grado di riconoscerli e determinarli quantitativamente Alcuni esempi di terpeni sono geraniolo, nerolo, citronellolo e linalolo ossido Nel vino i terpeni, pur avendo un impatto sensoriale elevato, hanno concentrazione molto basse, dell’ordine dei µg/l. Soltanto geraniolo nerolo citronellolo linalolo ossido A

Profumi secondari I profumi secondari, prefermentativi e postfermentativi, sono in massima parte esteri. Nel vino sono stati identificati circa 300 esteri, molti dei quali danno al vino le classiche note fruttate. L’origine degli esteri è in parte dalla fermentazione (esteri neutrali o volatili), in parte da processi di invecchiamento che coinvolgono reazioni lente di esterificazione (esteri acidi o nonvolatili) Tra gli esteri del vino ci sono ovviamente molti esteri etilici, derivanti dall’etanolo, ed esteri metilici, derivanti dal metanolo

Profumi terziari Sono i composti che vengono rilasciati o si formano nel corso dell’invecchiamento. Essi dipendono strettamente dalle condizioni di maturazione e dal tipo di recipiente. Ad esempio, nella conservazione in barrique si generano nel vino sostanze estremamente caratteristiche derivanti dal legno e suddivisibili in quattro classi: Alcuni di questi composti sono rilasciati dal legno, altri invece si formano nelle condizioni ossidanti o riducenti, a partire da composti già presenti Furani, come il 5.6-diidro-4-metil-2H-piran-2-one, che impartisce al vino un aroma di zucchero filato Lattoni, come il 3-metil--ottanolattone, responsabile dell’aroma di noce di cocco Aldeidi fenoliche, come la vanillina o 4-idrossi-3-metossibenzaldeide, che impartisce il tipico aroma di vaniglia Fenoli, come il 4-vinilguaiacolo, responsabile della nota di bruciato Vanillina 4-vinilguaiacolo

Nota di kerosene La nota di kerosene o asfalto si forma in vini bianchi invecchiati in botti. I composti responsabili di questo particolarissimo carattere sono due norisoprenoidi, il vitispirano e l’1,1,6-trimetil-1,2-diidronaftalene o TDN, derivati dai carotenoidi presenti nell’uva. Questi composti hanno una soglia olfattiva di 0.8 mg/l e 0.02 mg/l rispettivamente. Benchè la nota di asfalto sia considerata spesso un’imperfezione nei vini bianchi, essa è caratteristica dei Riesling invecchiati La determinazione di questi composti non è semplice, essendo presenti a concentrazioni molto basse. Normalmente è necessario uno stadio di estrazione per isolare gli analiti dalla matrice, a cui segue l’analisi gascromatografica vitispirano TDN

Pirazine Le pirazine sono composti aromatici molto potenti che si trovano frequentemente in natura in prodotti come i piselli e i peperoni verdi. Ci sono tre tipi di pirazine: la isopropilmetossipirazina, prevalente in asparagi e piselli, la isobutilmetossipirazina, prevalente nei peperoni verdi, e la sec-butilmetossipirazina che si trova prevalentemente nelle barbatietole Queste sostanze sono state recentemente individuate anche in alcuni vini (Sauvignon bianco, Merlot nero, Cabernet sauvignon) ai quali conferiscono una nota erbacea o, appunto, di peperone verde in virtù della loro soglia olfattiva estremamente bassa: 1-2 ng/L nei vini bianchi e 10–15 ng/L nei rossi, ovvero l’equivalente di un grappolo su 500.000 tonnellate. Sono quindi sostanze di grande interesse dal punto di vista aromatico; peraltro i consumatori ne gradiscono il contributo nei vini bianchi ma non nei rossi

Determinazione delle pirazine La determinazione delle pirazine è complessa a causa della concentrazione, generalmente molto bassa, e della difficoltà di individuarle in mezzo a centinaia di altre sostanze volatili. Soltanto una tecnica potente come la GC-MS è in grado di identificarle e dosarle Nelle figure sono riportati i cromatogrammi ottenuti con SPME-GC-MS in un Merlot nero (alto) e in un Cabernet Sauvignon (sx). Le pirazine identificate sono presenti a livello di pochi ng/l, concentrazioni comunque già attive dal punto di vista organolettico

Sostanze inorganiche Le sostanze inorganiche nel vino hanno scarsa importanza dal punto di vista qualitativo, tranne influenzare negativamente i caratteri organolettici se presenti in quantità eccessive, es. il sodio in eccesso può dare una nota salata sgradevole Dal punto di vista analitico possiamo classificare i composti inorganici in tre categorie: cationi, cioè ioni positivi di metalli, presenti come controioni di composti organici carichi negativamente, come gli acidi carbossilici, oppure come impurezze anioni, cioè ioni negativi, solitamente provenienti dall’addizione di composti impiegati nel processo di vinificazione ceneri, l’insieme delle sostanze inorganiche rimaste dopo l’incenerimento dell’estratto secco

Ceneri Con il termine ceneri si intende l'insieme dei prodotti ottenuti per incenerimento del residuo dell'evaporazione del vino (il già citato estratto secco), trattamento condotto in modo da ottenere la totalità dei cationi (ad esclusione dello ione ammonio) sotto forma di carbonati, di ossidi o di altri sali minerali anidri. L’incenerimento dell'estratto del vino è effettuato fra 500 e 550ºC fino a combustione completa dei composti di carbonio. A quelle temperature tutta la materia organica è decomposta a CO2, H2O e sottoprodotti di degradazione termica La determinazione delle ceneri si effettua in modo semplice, dosando un volume noto di vino su crogiolo di platino tarato e ponendo il crogiolo prima su piastra riscaldante a 200ºC per portare a secco il campione, poi in forno elettrico a 525ºC. Il peso finale, detratto della tara del crogiolo, fornisce il dato delle ceneri Le ceneri hanno carattere alcalino, essendo composte prevalentemente da ossidi e carbonati. L'alcalinità delle ceneri è un altro parametro che si misura ed equivale alla somma dei cationi, diversi dall'ammonio, combinati agli acidi organici del vino. La determinazione si effettua per titolazione con NaOH dell’eccesso di acido solforico necessario per solubilizzare a caldo le ceneri, in presenza di indicatore metilarancio

Cationi inorganici I cationi hanno funzioni varie nell’uva; nel vino non hanno invece un ruolo di primaria importanza. Si originano nel vino a seguito di assunzione di sostanze minerali da parte della vite, oppure per addizione di composti aventi funzioni varie all’uva, al mosto e al vino grezzo. Possiamo distinguere i cationi in tre gruppi: La determinazione dei cationi ha importanza soprattutto dal punto di vista sanitario e qualitativo, in quanto molti di questi elementi in concentrazioni eccessive sono dannosi per la salute o comunque per la qualità del vino. Non a caso nel processo di vinificazione si effettua il passaggio di affinamento noto come demetallazione, che provoca un abbassamento generale del contenuto di metalli mediante precipitazione elementi derivanti dal contributo minerale del terreno e dalla capacità della vite di assumere sostanze minerali (Al, B, Ba, Li, Mn, Mo, Rb, Si, Sr e Ti o elementi in tracce e ultratracce) elementi la cui origine è in parte naturali, in parte artificiale (Ca e Mg, Cu e Zn, Fe, K e Na, P) elementi di origine quasi esclusivamente artificiale (Pb, Cd, Co, Cr, Ni)

Determinazione di cationi Per la determinazione dei cationi, le normative ufficiali prevedono metodi di analisi singoli per alcuni elementi, cosa che peraltro rende i tempi di analisi inutilmente lunghi. Le tecniche richieste sono: Dal punto di vista pratico ed economico è molto più vantaggioso l’impiego di tecniche multielementari, cosa che, tra l’altro, permette di determinare un numero maggiore di elementi oltre a quelli espressamente richiesti dalle normative. Le tecniche più idonee sono le seguenti: Fotometria di fiamma per K e Na Spettrofotometria di assorbimento atomico con fiamma per Mg, Ca, Fe, Cu, Ag e Zn Spettrofotometria di assorbimento atomico con fornetto di grafite per Cd e Pb Cromatografia a scambio cationico, per ioni alcalini e alcalino-terrosi e metalli di transizione Voltammetria di stripping anodico per metalli di transizione Spettrometria di emissione atomica con plasma induttivamente accoppiato per tutti gli elementi Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato per tutti gli elementi

Determinazione di cationi con IC La cromatografia ionica permette di separare e quantificare ioni in soluzione. Nell’analisi del vino è impiegata per determinare cationi alcalini (Li+, Na+, K+, Rb+), alcalino-terrosi (Mg2+, Ca2+, Sr2+, Ba2+) e ione ammonio (NH4+). La determinazione si effettua con rivelazione conducimetrica sul campione diluito 1:50 e con eluente acido

Determinazione di metalli con IC Per la determinazione di metalli di transizione (Fe2+, Co2+, Ni2+, Cu2+, Zn2+) e metalli pesanti (Pb2+, Cd2+) è necessario un altro tipo di rivelatore; normalmente si utilizza una reazione di derivatizzazione post-colonna con un legante e rivelazione spettrofotometrica a 530 nm La separazione è preceduta da un trattamento del campione con raggi UV, in modo da distruggere i composti organici presenti nel vino che interferirebbero pesantemente con la separazione cromatografica agendo da complessanti Pb2+ Cu2+ Zn2+ Ni2+

Determinazione di metalli con ICP Tra le tecniche spettroscopiche per la determinazione degli elementi nel vino, particolarmente utili sono la spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato (ICP-MS) e la spettrometria di emissione atomica con plasma induttivamente accoppiato (ICP-AES), tecniche che presentano limiti di rivelabilità dell’ordine di ng/l (la prima) e µg/l (la seconda) e quindi sono idonee per l’analisi del vino in cui molti elementi sono presenti in tracce o ultratracce, soprattutto quelli significativi dal punto di vista sanitario (Cd, Hg, Pb). Le due tecniche presentano il grosso vantaggio di poter determinare sequenzialmente un numero elevatissimo di elementi

Schema di funzionamento Plasma Monocromatore Detector Inductively Coupled Plasma Atomic Emission Spectrometer Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometer Plasma Analizzatore a quadrupolo Detector

Esempio di strumento ICP-AES Smaltimento fumi Sistema ottico al PC Torcia di quarzo in posizione assiale Nebulizzatore Camera di nebulizzazione 2 canali: 1 per il campione 1 per lo scarico Pompa peristaltica

Esempio di strumento ICP-MS Smaltimento fumi Spettrometro di massa Interfaccia al PC Torcia di quarzo Nebulizzatore Camera di nebulizzazione Pompa peristaltica

Limiti di rivelabilità I limiti di rivelabilità per la tecnica ICP-MS sono molto più bassi rispetto all’ICP-AES e alle altre tecniche di spettroscopia atomica

Anioni inorganici Gli anioni inorganici presenti nel vino sono principalmente fosfato, importante nella fermentazione del mosto, e solfato, dall’ossidazione dell’anidride solforosa; sono inoltre presenti borato, silicato e cloruro. Un eccesso di cloruro di sodio può dare una nota salata fastidiosa La determinazione degli anioni si effettua per cromatografia a scambio anionico con eluente carbonato/bicarbonato oppure con eluente NaOH; la rivelazione è conducimetrica Nella figura è riportato il cromatogramma ottenuto dell’analisi di un campione di vino rosso diluito 1:10; gli anioni sono separati insieme agli acidi carbossilici

Composti indesiderati Nel vino sono a volte presenti sostanze che si formano in condizioni particolari e che danno al vino note organolettiche negative. Alcuni esempi di composti indesiderati sono i seguenti: 2,4,6-tricloroanisolo (TCA): è il composto responsabile del famoso gusto di tappo, avente una soglia olfattiva di ~5 ng/l; si forma nei tappi di sughero a seguito del trattamento di sbiancamento con ipoclorito, come il suo analogo 2,3,4,6-tetraclorofenolo etilfenoli (4-etilfenolo e 4-etilguaiacolo) e vinilfenoli (4-vinifenolo e 4-vinilguaiacolo) si originano dagli acidi cinnamici trans-ferulico e trans-p-cumarico, con il contributo di lieviti del genere Brettanomyces; questi composti sono responsabili delle note fenoliche e medicinali dei vini deteriorati

Determinazione di 2,4,6-TCA La determinazione del 2,4,6-tricloroanisolo nel vino si può effettuare per GC, impiegando la tecnica SPME o altre tecniche di estrazione Nella figura, l’analisi è effettuata per GC-MS dopo trattamento SPME con una fibra di polidimetilsilossano, un materiale sorbente avente affinità per i composti organici volatili. Nel cromatogramma A è riportata l’analisi di un campione di vino addizionato con 40 ng/l di TCA (picco 1) e 50 ng/l di triclorotoluene (picco 2, standard interno); il TCA non sembra presente nel campione tal quale (cromatogramma B)

Determinazione di etil- e vinilfenoli Essendo composti volatili, gli etil- e vinilfenoli si determinano per gascromatografia. L’analisi non è effettuata sul vino tal quale, bensì su un estratto ottenuto per SPE, passando il campione su una colonnina di polistirene-divinilbenzene ed eluendo i composti polari trattenuti con diclorometano Nella figura è riportato il cromatogramma di un estratto di fenoli volatili da un campione di vino Sherry varietà Fino, contaminato da lieviti del genere Brettanomyces. I composti rivelati sono: 4-etilguaiacolo 4-etilfenolo 4-vinilguaiacolo 4-vinifenolo

Anidride solforosa L’anidride solforosa (SO2) è un composto di grande importanza in enologia, in quanto, pur essendo utilizzata principalmente come antisettico, svolge anche altre funzioni: asseconda l’estrazione delle sostanze coloranti, protegge il mosto dall’ossidazione e, in generale, permette di ottenere vini più sani e serbevoli (cioè le cui caratteristiche possono conservarsi senza deterioramento per un certo periodo di tempo). Inoltre, forma composti di reazione con sostanze presenti nel vino, che in alcuni casi hanno influenza diretta sul gusto e sull’aroma; per questo si è soliti distinguere la percentuale di SO2 libera e combinata. Composti che reagiscono facilmente sono gli antociani, l’acetaldeide e gli zuccheri In realtà, attualmente l’impiego della SO2 è tendenzialmente limitato all’addizione in fase di svinatura e imbottigliamento; inoltre esistono precisi limiti di legge (160 mg/l per i vini rossi e 200 mg/l per i bianchi e i rosati) dovuti al fatto che si tratta di una sostanza che può dare disturbi intestinali o il famoso cerchio alla testa

Determinazione della SO2 La determinazione della SO2 si effettua per volumetria, utilizzando una titolazione acido-base oppure una titolazione redox Nel primo metodo, mediante una corrente di aria o di azoto la SO2 viene fissata e ossidata per gorgogliamento in una soluzione diluita neutra di H2O2: SO2 + H2O2  SO3- + H2O  H2SO4 L'acido solforico formato viene dosato con una soluzione a titolo noto di NaOH. Questo metodo determina la SO2 totale; la frazione libera viene estratta dal vino per trascinamento a freddo (10ºC) Nel secondo metodo la SO2 libera è dosata con titolazione iodometrica diretta: H2SO3 + I2  H2SO4 + 2HI Si dosa quindi la SO2 combinata dopo idrolisi alcalina e la SO2 totale per somma delle due frazioni

Adulterazione del vino Il vino, tra gli alimenti, è uno dei prodotti maggiormente sottoposto a frode. Vini di alta qualità o di annate particolari raggiungono prezzi elevati, diventando l’obiettivo ideale di pratiche illecite. Nonostante la legislazione sul vino sia una tra le più complete e il vino sia tra gli alimenti maggiormente analizzati, l’entità delle frodi è talmente elevata da essere difficilmente quantificabile Le frodi sul vino causano un grande danno di immagine al mercato in termini di fiducia del consumatore, soprattutto nel contesto attuale in cui i prodotti dei Paesi emergenti in campo enologico (Argentina, Australia, Cile, California, Nuova Zelanda) diventano competitivi Fino a poco tempo fa, l’unico modo per verificare l’autenticità di un vino consisteva nell’assaggio da parte di esperti. Attualmente, sono stati sviluppati metodi che accoppiano strumenti matematici e tecniche analitiche avanzate, permettendo così l’applicazione a studi di autenticazione e tracciabilità. Il ruolo della chimica analitica è quindi evidente e giustificato dal valore del prodotto

Principali frodi Le principali frodi in campo enologico sono: Diluizione con acqua (annacquamento) Vini ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli dell'uva (pratica vietata in Italia, ma consentita in altri Paesi) Aggiunta di sostanze non consentite: alcool, antifermentativi, aromatizzanti, coloranti Messa in commercio di vini di qualità differente da quella dichiarata in etichetta Messa in commercio di vini non conformi alle norme acescenti (con acido acetico > 1 g/l) con contenuto di anidride solforosa eccessivo con gradazione alcolica inferiore a quella prevista vinificato da vitigni non permessi dal disciplinare

Metodi per riconoscere le frodi Le tecniche maggiormente utilizzate per riconoscere le frodi e le adulterazioni sono le seguenti, in ordine di importanza: Analisi degli isotopi stabili nella versione Isotope Ratio Mass Spectrometry (IRMS), tecnica che sfrutta la spettrometria di massa per evidenziare le distribuzioni isotopiche caratteristiche di materiali aventi origine diversa; in particolare sono utilizzati gli isotopi di C, H, O, N, Sr e Pb Risonanza Magnetica Nucleare (NMR): si tratta di una tecnica potentissima per la differenziazione di prodotti alimentari di origine diversa o ottenute con procedimenti diversi Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato (ICP-MS): si tratta di una tecnica elementare, in grado di determinare quasi tutti gli elementi del sistema periodico in concentrazioni estremamente basse Cromatografia: il termine riassume un insieme di tecniche di separazione, alcune delle quali sono impiegate per la determinazione di classi di composti che possono essere utilizzati nella differenziazione di prodotti alimentari

Addizione illecita di coloranti Attraverso la determinazione del profilo antocianico è spesso possibile riconoscere l’addizione illecita di sostanze coloranti, impiegata per impartire al vino un colore più attraente Gli antociani sono presenti in molti frutti a bacca colorata (ribes, mirtillo, ciliegia, fragola, uva); estratti antocianici sono impiegati nell’industria alimentare come coloranti naturali, ma il loro impiego nel vino è ovviamente vietato Il riconoscimento si basa sul fatto che nell’uva sono presenti 5 antocianine di base (cianidina, delfinidina, malvidina, peonidina e petunidina) aventi soltanto residui di glucosio. L’identificazione di antocianine con altri residui zuccherini indica l’impiego di estratti di frutti diversi, come nel caso riportato dove si identifica l’addizione di estratto di bacca di sambuco (elderberry in inglese), che contiene cianidina con un residuo di sambubioside, uno zucchero caratteristico del sambuco

Isotopo (iso + topos) = stesso posto Tecniche isotopiche Le tecniche isotopiche sono state sviluppate all’inizio degli anni ’80 in Francia (Università di Nantes) e hanno avuto grande applicazione in tutti i campi della ricerca scientifica. Attualmente sono in grande espansione grazie all’introduzione di strumentazioni molto sofisticate Isotopo (iso + topos) = stesso posto La quantificazione del rapporto da due isotopi dello stesso elemento ha potenzialità notevoli nello stabilire se due oggetti chimicamente simili hanno provenienza diversa, in relazione alla differenza delle materie prime. Fenomeni di vario tipo influenzano la distribuzione isotopica degli elementi nelle materie prime, determinando differenze nei prodotti finali che possono essere rivelate dalle tecniche di analisi isotopica

Applicazioni in campo alimentare L’analisi degli isotopi stabili è molto importante soprattutto negli studi di autenticità degli alimenti e quindi del vino. Essa, sulla base dei differenti rapporto isotopici, permette di riconoscere molecole, presenti in alimenti, aventi la stessa struttura chimica ma provenienti da materie prime diverse o elaborate con processi diversi, per esempio per sintesi biologica o industriale Si possono distinguere: gli aromi naturali (es. vanillina) da quelli di sintesi l’acido acetico proveniente dalla fermentazione acetica da quello ottenuto industrialmente i salmoni selvatici da quelli di allevamento (in base ad un lipide caratteristico) l’aggiunta di zuccheri diversi da quelli presenti naturalmente l’annacquamento del latte la provenienza geografica di alimenti

Applicazioni in campo alimentare Discriminazione di prodotti di differente origine biosintetica e geografica Controllo di frodi alimentari Applicazioni già regolamentate per vino, aceti, succhi di frutta e miele Studi per nuove applicazioni in olio, vanillina, caffeina, vegetali, carne, latte e formaggio Tipicizzazione di alimenti di origine controllata (es.DOP, IGP, certificazioni di tipo biologico) Controllo della composizione della dieta animale Aggiunta di zucchero esogeno Annacquamento Grado di utilizzo di mangime nell’alimentazione

L’analisi isotopica in enologia La ricerca di sofisticazioni in enologia si può effettuare con le tecniche isotopiche: Inoltre si può stabilire con discreta approssimazione la zona di provenienza di un vino Per chiarire l’importanza dell’introduzione di queste tecniche va considerato che prima del loro avvento, i metodi esistenti per scoprire le sofisticazioni erano abbastanza inefficaci. L’addizione di saccarosio ai mosti genera rapidamente per idrolisi fruttosio e glucosio, zuccheri già presenti nell’uva e quindi indistinguibili: Le molecole di fruttosio e glucosio introdotte fraudolentemente hanno però una traccia della loro origine, nascosta nella distribuzione isotopica degli elementi che li costituiscono (carbonio, idrogeno e ossigeno). Questa distribuzione è diversa a seconda dell’origine del saccarosio o del trattamento cui è stato sottoposto sofisticazione del vino per aggiunta di zuccheri diversi da quelli presenti nell’uva (bietola, canna, mais), una pratica illecita in Italia annacquamento del vino O C H 2 O C H 2 O H C 2  +

Gli isotopi Isotopi di uno stesso elemento hanno uguale numero di protoni (e quindi di elettroni) ma diverso numero di neutroni hanno lo stesso numero atomico (Z) ma un diverso numero di massa (A) massa differente Gli isotopi di uno stesso elemento hanno quindi proprietà chimiche simili, in ragione dello stesso numero di protoni, ma proprietà fisiche diverse, in ragione della massa differente. Tutti gli elementi (tranne 12) esistono in almeno due forme isotopiche

Esempio: l’idrogeno Deuterio Idrogeno 1 elettrone (rosso) 1 protone (verde) Deuterio 1 neutrone (blu) Tritio 1 elettrone (rosso) 1 protone (verde) 2 neutrone (blu) Il Tritio è artificiale e quindi non di interesse in questa tecnica che si basa sui soli isotopi stabili

Distribuzioni isotopiche La distribuzione isotopica stabile (non considerando, cioè, gli isotopi artificiali) degli elementi dipende strettamente dall’ origine e dall’evoluzione biogeochimica dei composti di cui fanno parte. Quindi due composti aventi la stessa formula, es. il biossido di carbonio CO2, possono avere differente composizione isotopica se la loro origine e/o la loro storia sono diverse Le proporzioni degli isotopi stabili nei vari composti sono approssimativamente quelle medie esistenti sulla terra, tuttavia le piccole deviazioni dalla media sono la chiave per differenziare un campione dall’altro Nell’elenco seguente sono indicate le distribuzioni medie di alcuni elementi; le cifre indicate in rosso sono quelle che contengono l’informazione discriminante Per poter mettere in risalto le differenze tra le distribuzioni isotopiche di un elemento in due campioni diversi è necessaria una tecnica in grado di misurare masse atomiche e molecolari con grandissima accuratezza e precisione. La tecnica in questione è la spettrometria di massa 1H: 99.984% 2H o D: 0.01557% 12C: 98.89 % 13C: 1.11140% 14N: 99.64% 15N: 0.36630% 16O: 99.76% 17O: 0.04% 18O: 0.20004% 32S:95.02% 33S: 0.75% 34S: 4.21500% 36S:0.02%

Espressione dei risultati I rapporti isotopici sono usualmente espressi in termini di valori  che esprimono le deviazioni, in parti per mille, da un materiale di riferimento: o l’espressione equivalente: dove R = rapporto massa isotopo pesante/massa isotopo leggero (es. 18O/16O) X > 0 indica un arricchimento dell’isotopo pesante nel campione rispetto allo standard X < 0 indica un impoverimento dell’isotopo pesante o un arricchimento dell’isotopo leggero rispetto allo standard

Standard di riferimento Elemento Isotopi stabili Abbondanza naturale media (%) Valori dei rapporti standard Standard di riferimento internazionale Idrogeno 1H 99.985 2H/1H = V-SMOW (Vienna –Standard Mean Ocean Water) 2H 0.015 0.000316 Carbonio 12C 98.892 13C/12C = V-PDB (Vienna-Pee Dee Belemnite) Carbonato di calcio fossile 13C 1.108 0.0112372 Azoto 14N 99.6337 15N/14N = AIR (Azoto dell’aria) 15N 0.3663 0.007353 Ossigeno 16O 99.7587 18O/16O = 18O 0.2039 0.0039948 Zolfo 32S 95.02 34S/32S = V-CDT (Canyon Diablo Troilite) 34S 4.22 0.0450045 N.B. la distribuzione isotopica nei materiali standard di riferimento è differente da quella naturale media!

Frazionamento isotopico La possibilità di differenziare due campioni in base all’analisi isotopica è legata al fenomeno di frazionamento isotopico che avviene nelle materie prime, ovvero nella deviazione dalla distribuzione isotopica naturale degli elementi in conseguenza a fenomeni biogeochimici naturali o artificiali Si noti che le variazioni sono misurate rispetto ad un materiale standard con distribuzione diversa da quella naturale La variazione naturale di abbondanza isotopica è conseguenza delle diverse proprietà chimico-fisiche degli isotopi di uno stesso elemento EFFETTO CINETICO Differente velocità di reazione EFFETTO TERMODINAMICO Differente energia libera Massa differente

Frazionamento nell’acqua Per valutare le cause e l’evoluzione del frazionamento in relazione al ciclo produttivo del vino, consideriamo gli elementi di maggior interesse nei processi biosintetici: idrogeno, carbonio e ossigeno. Questi elementi formano due molecole fondamentali nella vita delle piante: acqua e anidride carbonica H, C, O  H2O, CO2 L’acqua tende per natura ad evaporare con una reazione di equilibrio regolata dalla temperatura: H218O(g) + H216O(l)  H216O(g) + H218O(l) All’equilibrio, l’acqua in fase vapore si è arricchita in 16O (18O < 0) essendo le molecole di 1H16O più leggere e quindi più propense all’evaporazione. Per lo stesso motivo, la fase liquida sarà più ricca in 2H16O, 1H18O e 2H18O, molecole più pesanti (18O e 2H > 0)

Ciclo dell’acqua Durante i fenomeni di evaporazione e precipitazione si verifica frazionamento isotopico dell’ossigeno L’entità del frazionamento dipende dalla temperatura, la quantità di umidità rimossa, il tipo di condensazione (conversione in acqua o in ghiaccio) e altri fattori climatici e geografici

Effetto della temperatura Essendo il frazionamento dipendente dalla temperatura, dal punto di vista geografico il valore di 18O diminuisce: all’aumentare della latitudine all’aumentare dell’altitudine

Frazionamento nei vegetali Nel ciclo vegetativo delle piante, l’assorbimento di acqua dal terreno e il processo di traspirazione, caratteristico di ciascuna specie, causano anch’essi un arricchimento di isotopi pesanti (2H e 18O), in dipendenza dalla specie vegetale e dalle condizioni climatiche (climi freddi, piovosi o caldo-aridi) Quindi, in dipendenza di questi parametri, le piante hanno a disposizione acqua "isotopicamente" diversa, da utilizzare nella fotosintesi

Esempi di frazionamento 18O/16O

Ciclo della CO2 L'anidride carbonica, essendo allo stato gassoso, subisce il processo di frazionamento per transizione di fase in modo molto meno sensibile, anche se dai dati acquisiti nel corso degli anni si è potuto osservare che un lieve frazionamento è dovuto alla latitudine, probabilmente per fattori climatici quali la temperatura Nella tabella sono riportati i valori dei rapporti isotopici di idrogeno, carbonio e ossigeno misurati in vini provenienti dalle regioni italiane per l’annata 1994 D/H e 13C/12C misurati nell’etanolo 18O/16O misurato nell’acqua

Frazionamento biosintetico Il ciclo della fotosintesi con la produzione di glucosio determina ancora una modifica isotopica per quanto riguarda il contenuto in deuterio dell'acqua, ma diventa estremamente selettivo per quanto riguarda l'anidride carbonica e quindi il rapporto isotopico 13C/12C. Il cammino fotosintetico per la fissazione della CO2 ne è infatti la principale fonte di variazione. Le piante incorporano CO2 secondo tre meccanismi biosintetici: Il meccanismo C3 provoca un frazionamento del carbonio molto più elevato rispetto agli altri due meccanismi. Gli isotopi più pesanti, in questo caso il 13C, sono cineticamente meno favoriti e quindi più lenti a reagire, per cui, maggiore è il numero dei passaggi di reazione e tanto più sarà selettivo il processo il ciclo di Calvin o C3 (es. vite e barbabietola) il ciclo di Hatch-Slack o C4 (es. canna e mais) il ciclo noto come Crassulean Acid Methabolism o CAM, meno comune

Frazionamento di 12C e 13C

Al termine del ciclo Al termine del ciclo sintetico si producono molecole di glucosio che hanno un contenuto isotopico correlato a quello dell'acqua e dell'anidride carbonica impiegate, nonché del ciclo fotosintetico seguito La successiva fermentazione alcolica che trasforma il glucosio ad alcol etilico modifica solo in parte i rapporti isotopici (maggiormente per D/H), per cui essi si ritrovano nelle molecole di alcol etilico prodotte

Parametri D/H nei vegetali PARAMETRI CHE INFLUENZANO IL RAPPORTO D/H NEI COMPOSTI VEGETALI Composizione isotopica dell'acqua di falda effetto latitudine ciclo planetario dell'acqua effetto geografico - continentale effetto altitudine Evapotraspirazione fogliare effetto climatico (temperatura - umidità relativa) bietola, fragola (91-93 ppm) piante a ciclo C3 ( 96 ÷ 108 ppm ) mele, pere, ciliegie ( 95 ÷ 101 ppm ) Provenienza vegetale dell’alcol vite ( 98 ÷ 108 ppm ) piante a ciclo C4 (canna da zucchero, mais) (110-115 ppm)

Esempi di frazionamento 2D/1H

Informazioni fornite dai r.i. In definitiva, i fenomeni naturali che si succedono durante il ciclo degli elementi C, H e O sono tali da permettere una differenziazione del prodotto finale. In base al tipo di rapporto isotopico in considerazione, si possono avere le informazioni descritte nella tabella

Antisofisticazioni La contraffazione dovuta all’addizione di zuccheri di canna o bietola è relativamente semplice da identificare, in base al rapporto isotopico D/H. Il valore dovuto allo zucchero presente naturalmente nel vino è 98-102 ppm; valori superiori indicano addizione di zucchero di canna e mais, mentre valori inferiori indicano addizione di zucchero di bietola. La misura è effettuata normalmente con la tecnica di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) L'aggiunta di una miscela equivalente di zuccheri di canna e bietola non modifica il rapporto isotopico del deuterio, ma è comunque evidenziabile dall'aumentare del rapporto isotopico 13C/12C L’annacquamento del vino è rivelabile in base al rapporto 18O/16O: infatti l’acqua esterna ha un contenuto in 18O minore dell'acqua del vino e farà diminuire di conseguenza il valore del rapporto isotopico misurato. La misura è effettuata normalmente con una tecnica di Spettrometria di Massa

Metodi ufficiali di analisi Le potenzialità dell’analisi isotopica sono tali che nel corso degli ultimi anni alcuni metodi di analisi sono diventati ufficiali al livello nazionale ed europeo Il Regolamento CEE 2676/90 (determinazione dei metodi comunitari di analisi da utilizzare nel settore del vino) prevede la rivelazione dell’aumento del titolo alcolimetrico di mosti e vini, ottenuto con addizione fraudolenta di saccarosio, mediante analisi NMR del rapporto D/H Il Regolamento CEE 822/97 (modifica del Regolamento precedente) prevede la determinazione del rapporto isotopico 18O/16O dell’acqua contenuta nei vini per identificare il possibile fraudolento annacquamento di un vino Il Regolamento CE 440/2003 (modifica del Regolamento precedente) prevede la determinazione del rapporto isotopico 13C/12C dell’etanolo nei vini e nei mosti mediante tecnica IRMS per identificare l’addizione fraudolenta di miscele di saccarosio da bietola e canna

Banche Dati Va considerato che la variazione dei rapporti isotopici dell'alcol di vino può essere oscillante. Ad esempio per il rapporto D/H nei vini italiani, a seconda della latitudine, del clima e della piovosità si possono avere valori compresi tra circa 98 e 107 ppm Per avere un campione statistico rappresentativo di tutta la produzione viticola italiana è necessario effettuare un'indagine su tutto il territorio nazionale. A questo scopo sono state costituite, a partire dal 1987, col patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - Ispettorato Centrale per la Repressione delle Frodi, le Banche Dati su campioni di vino sicuramente genuini e provenienti da tutta Italia. Ogni anno vengono raccolti circa 500 campioni di uva da tutte le regioni italiane e per ogni prelievo viene compilata una scheda con le principali informazioni del vigneto; dati relativi alla produzione (kg per ceppo, resa per ettaro) eventuale irrigazione, piovosità. Tali uve vengono successivamente vinificate in laboratorio, ottenendo il vino da analizzare Nel caso del Rapporto isotopico del deuterio, la Banca Dati Italiana è stata formalmente validata da una Commissione della Comunità Europea, che si avvale del contributo tecnico del Joint Research Centre di Ispra A livello europeo, dal 1990 esiste un database di vini che raccoglie dati da campioni di provenienza certa vinificati in Europa, secondo le indicazioni del Regolamento UE 2676/90. Oltre ai dati dei valori D/H originariamente previsti, attualmente il database comprende anche valori di 13C del’etanolo e di 18O dell’acqua di vino. Siccome le possibilità di adulterazione comprendono l’utilizzo di mosti rettificati, zuccheri e prodotti vari da paesi del terzo mondo, si stanno raccogliendo dati anche da vini provenienti da questi paesi

Determinazione della provenienza Oltre all’utilizzo nell’identificazione di sofisticazioni, l’analisi isotopica è impiegata nella caratterizzazione dal punto geografico dei prodotti enologici. Come si è detto in precedenza, infatti, uve cresciute in zone climaticamente diverse daranno vini in cui C, H e O (presenti in etanolo e acqua) avranno subito frazionamenti isotopici conseguentemente diversi Nella figura a fianco sono riportati i valori di 18O per vini provenienti da: Le differenze risultano essere significative Paesi europei caldi (Spagna, Portogallo) Paesi europei temperati (Francia, Italia) Paesi europei freddi e umidi (Germania, Austria)

Problemi nella determinazione della provenienza Per la determinazione della provenienza regionale, si possono utilizzare gli stessi parametri utili a identificare le adulterazioni, cioè 13C e 18O di etanolo e acqua di vino. La base è ovviamente il database UE. La determinazione è però resa problematica dal fatto che i campioni incogniti possono essere stati soggetti ad adulterazione, rendendo difficile la collocazione all’interno del database. Inoltre le variazioni stagionali naturali possono essere significative (figura sotto - 18O di vini tedeschi della Franconia in annate diverse Una misura alternativa può essere la determinazione del rapporto isotopico dell’azoto (15N/14N) dagli aminoacidi, che però può essere influenzato dall’addizione di sali di ammonio per la fermentazione L’approccio migliore sembra quindi essere un impiego di più variabili, sia isotopiche sia di altro genere

Spettrometria di massa La spettrometria di massa è una tecnica utilizzata per separare molecole cariche, cioè ioni, in base alla loro massa o, più correttamente, in base al rapporto massa/carica. Quindi è una tecnica in grado di distinguere isotopi dello stesso elemento e di calcolarne i rapporti isotopici I rapporti isotopici degli elementi leggeri (H, O, C, N, S) sono misurati con la tecnica Isotope Ratio Mass Spectrometry (IRMS) mediante trasformazione in gas puri Per gli elementi pesanti (Pb, Sr) sono invece utilizzate la tecnica Inductively Coupled Plasma –Mass Spectrometry (ICP-MS) e la tecnica Thermal Ionization Mass Spectrometry (TIMS) nelle quali il campione è trasformato in atomi e ioni

Isotope Ratio Mass Spectrometry Nella tecnica Isotope Ratio Mass Spectrometer (IRMS) si utilizza uno spettrometro di massa avente sensibilità minore ma capacità di risoluzione e precisione assai più elevata rispetto agli spettrometri convenzionali Lo spettrometro IRMS comprende tre parti fondamentali: una sorgente di ioni, un analizzatore di massa e un contatore di ioni La sorgente di ioni ha lo scopo di ionizzare le molecole del campione (generalmente introdotto in forma gassosa) per interazione con un fascio di elettroni che causa la formazione di ioni positivi dai composti del campione Gli ioni positivi sono poi accelerati e condotti all’interno dell’analizzatore di massa, ovvero un campo elettromagnetico dove gli ioni sono separati a seconda del loro rapporto massa/carica (m/z) Infine gli ioni sono raccolti e contati da un rivelatore

Principio di funzionamento Sorgente ionica Magnete m/z 2 (H2) m/z 3 (HD) m/z 4 (D2)

Preparazione del campione Per effettuare la misura con la IRMS è necessario convertire l’elemento di interesse nel campione in forma gassosa Esempio: determinazione del rapporto 13C/12C nel vino (alcol etilico) Estrazione e purificazione del composto di interesse Trasformazione del composto di interesse in gas Separazione e quantificazione con spettrometria di massa Estrazione alcol etilico dal vino Ossidazione e trasformazione dell’alcol in CO2 Quantificazione del rapporto 13CO2/12CO2

Cosa si misura effettivamente? Idrogeno  H2: masse 2, 3 2 = 1H1H 3 = 1H2D Carbonio  ossidazione con O2  CO2: masse 44, 45, 46 44 = 12C16O16O 45 = 13C16O16O e 12C16O17O 46 = 13C16O17O e 12C17O17O Azoto  N2: masse 28, 29, 30 28 = 14N14N 29 = 14N15N 30 = 15N15N Zolfo  ossidazione con O2  SO2: masse 64, 66 64 = 32S16O16O 66 = 34S16O16O

Specie misurate

Esempi di strumenti Nelle figure sono riportati due esempi di spettrometri di massa per analisi IRMS. Si tratta generalmente di strumenti di costo elevato, accessibile soltanto a laboratori di analisi molto avanzati Molti spettrometri per analisi IRMS sono dotati anche di un gascromatografo per la separazione di specie organiche preliminare all’analisi degli isotopi

IMPORTANTE Scrivere meglio volatili Scrivere terpeni con cromatogrammi Scrivere esteri con cromatogrammi