Lezioni di acustica e ottica

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Transcript della presentazione:

Lezioni di acustica e ottica http://www.ge.infn.it/~manuzio/ Quinto anno G Manuzio

Argomenti Acustica Pressione sonora. Onde piane e onde sferiche. Concetto di fronte d’onda. Velocità del suono e suoi valori caratteristici. Velocità delle particelle del mezzo e definizione di impedenza acustica. L’intensità di una perturbazione sonora. Legge 1/ r2. Perturbazioni armoniche. Periodo, frequenza, pulsazione, lunghezza d’onda e loro relazioni caratteristiche. Teorema di Fourier. Spettri di frequenza discreti e continui. Il fenomeno della diffrazione. Riflessione e rifrazione delle onde acustiche e dipendenza delle intensità delle onde riflesse e rifratte dalle impedenze acustiche nel caso di incidenza normale. Come il cervello reagisce agli stimoli acustici. Decibel SIL. Decibel SPL. Decibel SPLA. Ottica Il concetto di fotone: Grandezze che caratterizzano un fotone e loro ordini di grandezza. Velocità di propagazione della luce nel vuoto e nei mezzi trasparenti: indice di rifrazione. Il fenomeno della dispersione della luce e i prismi. Lo spettro delle onde elettromagnetiche e della luce. Spettri a righe e spettri continui. Il principio di Fermat e il problema della focalizzazione. Lenti convergenti. Lenti divergenti. Immagini reali e virtuali. La costruzione delle immagini in presenza di una lente o di un sistema di lenti. Coni e bastoncelli e la loro sensibilità al colore. Come costruire un colore con solo tre colori base. Polarizzazione della luce

Il concetto di pressione sonora In un ambiente privo di rumori la pressione dell’aria è la pressione atmosferica Patm che vale circa 100.000 Pa In presenza di un rumore o di qualsiasi altra “perturbazione acustica” la pressione P dell’aria, in un dato punto P, vale P = Patm + p(t) dove p(t) è una pressione rapidamente fluttuante attorno al valore zero. p(t) è perciò una funzione del tempo (t) che assume valori sia positivi che negativi, sempre molto inferiori al valore della pressione atmosferica. La pressione p = p (t) è detta pressione sonora nel punto P Il grafico mostra un esempio di andamento di p con il tempo

Onde piane e onde sferiche Una perturbazione sonora ha sempre origine da una sorgente che induce valori di pressione fluttuanti tra le particelle del mezzo in contatto con la sorgente. Quando si inducono delle pressioni fluttuanti tra le particelle di un mezzo, le particelle interessate al fenomeno trasmettono alle particelle vicine delle forze fluttuanti e ciò induce, in definitiva, la propagazione, in tutto il mezzo in cui la sorgente è immersa, della perturbazione acustica originata dalla sorgente. Interessano in modo particolare le seguenti due situazioni: - la sorgente della perturbazione è una sfera vibrante immersa in un mezzo omogeneo. In tal caso la pressione varia da punto a punto, ma in ogni istante è identica in tutti i punti che giacciono su una qualsiasi sfera concentrica alla sorgente: si dice che il mezzo è attraversato da un’onda sferica o anche che i fronti d’onda della perturbazione sono sferici ( si veda la figura ). - la sorgente della perturbazione è una parete piana, in linea di principio indefinita, immersa in un mezzo omogeneo. In tal caso la pressione varia da punto a punto, ma in ogni istante è identica in tutti i punti che giacciono su una qualsiasi piano parallelo a quello che costituisce la sorgente: si dice che il mezzo è attraversato da un’onda piana o anche che i fronti d’onda della perturbazione sono dei piani.

La velocità di propagazione delle perturbazioni Si abbia una perturbazione, quale ad esempio un’onda sferica, che si propaga in un mezzo omogeneo. La perturbazione viaggia nello spazio con una ben definita velocità c, detta velocità di propagazione della perturbazione. Ciò vuol dire che l’andamento temporale presente al tempo t1 in un punto a distanza r1 dalla sorgente è identico all’andamento temporale che sarà presente in un punto a distanza r2 > r1 all’istante t2 = t1 + ( r2 – r1 ) / c La velocità c si chiama anche velocità del suono e ha i seguenti valori tipici a temperatura ambiente: in aria c = 340 m/s in acqua c = 1530 m/s nel tessuto muscolare c = 1590 m/s - nel sangue c = 1560 m/s

La velocità delle particelle del mezzo e l’impedenza acustica Le fluttuazioni di pressione che caratterizzano una perturbazione acustica inducono un movimento delle particelle del mezzo in cui avvengono tali variazioni di pressione. Le particelle del mezzo si muovono dunque in modo fluttuante ( avanti e indietro ) con una velocità u(t) strettamente dipendente da p(t). Nei mezzi omogenei vale la relazione di proporzionalità diretta: u (t) = p(t) / Z dove Z è una costante caratteristica del mezzo in cui la perturbazione si propaga che viene chiamata impedenza acustica del mezzo. Si faccia attenzione a non confondere le due velocità c ed u: l’una riguarda la propagazione della perturbazione , l’altra il moto delle particelle che viene indotto dalla perturbazione. Valori caratteristici di Z sono. - aria Z = 400 kg m-2 s-1 - acqua Z = 1530000 kg m-2 s-1 - tessuti del corpo umano ( valore medio ) Z = 1600000 kg m-2 s-1 In un mezzo omogeneo vale la relazione caratteristica: Z = r c dove r è la densità del mezzo

L’intensità di una perturbazione Occorre dell’energia per mettere in vibrazione un mezzo e occorre continuare a spendere energia per continuare a mantenere una perturbazione in un mezzo. L’energia ceduta dalla sorgente si propaga verso l’esterno e perciò una superficie perpendicolare alla direzione di propagazione della perturbazione ( quale è ad esempio un fronte d’onda ) è attraversata in ogni istante da un flusso di energia che si propaga dalla sorgente verso l’infinito. La velocità di propagazione dell’energia è la velocità c Una superficie S perpendicolare alla direzione di propagazione della perturbazione è dunque attraversata da una energia DE in ogni breve intervallo di tempo Dt Si definisce come intensità di un’onda acustica il rapporto: I = DE / S Dt ( che si misura in W / m2 ) L’intensità è una misura del flusso di energia sonora attraverso una superficie L’intensità varia in generale da punto a punto; ma - è costante in un’onda piana - varia con la legge I = I0 / r2 ( dove I0 è una costante ed r è la distanza dalla sorgente ) in un’onda sferica. Vale l’importante relazione I = p(t)2 / Z che mette direttamente in relazione l’intensità di una perturbazione e la pressione sonora che questa induce nell’ambiente

Perturbazioni armoniche Si dice perturbazione armonica una perturbazione sonora in cui la pressione sonora in un dato punto varia con la legge p(t) = A sin ( w t + f ) dove: A è detta ampiezza della perturbazione ( Pa ) w è detta pulsazione ( rad s-1 ) f è detta fase ( rad ) Sono anche grandezze caratteristiche di una perturbazione armonica: la frequenza f = w / 2p ( Hz = s-1 ) il periodo T = 1 / f = 2p / w ( s ) la lunghezza d’onda l = c T = c / f ( m) Ne deriva l’importante relazione: l f = c Una perturbazione armonica è detta anche tono puro.

Ampiezza, periodo, fase e lunghezza d’onda Un’onda sinusoidale vista da una posizione fissa e in funzione del tempo oppure a tempo fisso e in funzione della posizione: definizione di periodo e di lunghezza d’onda

Il teorema di Fourier Una importantissima proprietà delle perturbazioni armoniche è la seguente: qualsiasi perturbazione può sempre essere considerata come somma di un numero finito o infinito di perturbazioni armoniche. La dimostrazione dell’affermazione precedente è nota come teorema di Fourier. Il motivo per cui questo teorema è così importante è il seguente: dal momento che qualsiasi perturbazione può essere considerata come somma di perturbazioni armoniche, basta conoscere il comportamento delle perturbazioni armoniche per poter ricostruire il comportamento di qualsiasi tipo di perturbazione E’, ad esempio, il motivo per cui è possibile stabilire la qualità di un microfono, di un amplificatore acustico o del sistema uditivo di una persona (esame audiometrico) indagando soltanto il comportamento di uno di questi sistemi quando viene sollecitato da un numero finito di perturbazioni armoniche.

Lo spettro di una perturbazione Quando uno strumento musicale ( o un cantante ) emette una nota definita, il suono risulta la somma ( si dice anche la sovrapposizione ) di un numero finito e piccolo di armoniche. Se si riportano in un grafico l’intensità delle varie armoniche al variare della frequenza ( si veda la figura ) si ottiene lo spettro in frequenza della nota emessa. Nel caso indicato lo spettro è costituito da poche righe ( frequenze ) isolate e perciò si dice che si è in presenza di uno spettro a righe. Quando invece si ha un suono complesso oppure un rumore, le perturbazioni armoniche necessarie per comporre il rumore diventano tantissime e lo spettro diventa uno spettro continuo.

La diffrazione del suono Il suono è un tipico fenomeno ondulatorio e, come tutti questi fenomeni, subisce gli effetti di diffrazione e di interferenza. Il fenomeno della diffrazione ha luogo quando una perturbazione sonora, cui è associata una data lunghezza d’onda l, incide su una fenditura o su un ostacolo di dimensioni confrontabili o minori di l. Nel primo caso, il suono dilaga in tutte le direzioni al di là della fenditura; aggira invece gli ostacoli nel secondo caso. Quando parliamo emettiamo, ad esempio, onde sonore con lunghezze d’onda confrontabili o maggiori delle dimensioni della bocca: ciò fa sì che il suono si propaghi per diffrazione in tutte le direzioni e non solo davanti a noi. Se si hanno dei fronti d’onda di perturbazioni sonore che incidono su fenditure di dimensioni molto maggiori delle lunghezze d’onda caratteristiche della perturbazione, al di là della fenditura si forma un fascio di onde sonore che in un mezzo omogeneo si propaga in linea retta così come si propagano in linea retta i fasci di luce che passano attraverso fenditure di dimensioni molto maggiori di 1 mm.

Riflessione e rifrazione delle onde sonore In assenza di importanti fenomeni di diffrazione, quando un fascio di onde sonore proveniente da un mezzo omogeneo incontra una superficie piana che separa il mezzo di provenienza da un secondo mezzo omogeneo, hanno luogo contemporaneamente il fenomeno della rifrazione e della rifrazione. Una parte dell’energia trasportata dal fascio incidente ( di intensità I ) viene ceduta al fascio riflesso ( intensità Irifl ) e una parte al raggio rifratto ( intensità Irifr ). Quando l’incidenza è normale ( angolo di incidenza 90° ) valgono le relazioni: I = Irifl + Irifr Irifl = ( Z1 – Z2) / ( Z1 + Z2 ) dove Z1 e Z2 sono le impedenze acustiche dei due mezzi. Per angoli di incidenza diversi, la formula è un poco più complicata ma gli ordini di grandezza non cambiano. Sono le formule utili per capire il modo in cui si formano le immagini ecografiche che si producono per effetto della riflessione di onde ultrasonore alla frequenza di qualche MHz sulle discontinuità tissutali del corpo. La catena degli ossicini è un adattatore di impedenza tra l’aria in contatto con il timpano e il liquido contenuto nella coclea e messo in moto attraverso la finestra ovale: se tale meccanismo di raccordo non esistesse, l’energia acustica in arrivo sul timpano verrebbe tutta riflessa indietro

L’orecchio e le intensità sonore Tra I e circa 1,3 I il cervello riconosce un unico “livello” di rumore L’intensità minima è I0 = 10-12 w / m2 Tra 10-12 e 1,3 10-12 si situa il primo livello Tra 1,3 10-12 e (1,3)2 10-12 si situa il secondo livello Tra (1,3)2 10-12 e (1,3)3 10-12 si situa il terzo livello Tra (1,3)i-1 10-12 e (1,3)i 10-12 si situa il terzo livello Una regola approssimata per calcolare il numero i del livello corrispondente ad una intensità generica I è: i = 10 log ( I / I0 ) Si dice che l’intensità sonora corrisponde ad i decibel ( dB). La misura si dice effettuata in dB SIL ( sound intensity level )

Come il cervello classifica le intensità sonore

I decibel SPL I microfoni misurano la pressione sonora L’intensità sonora è legata alla pressione sonora da I = p2 / Z La misura del livello sonoro l si può ottenere da misure di pressione sonora anziché da misure di intensità usando la formula: l = 20 log ( p / p0 ) dove p0 = 2 10-5 Pa è la pressione sonora che corrisponde ad I0 = 10-12 w m-2 La misura si dice effettuata in decibel SPL ( sound pressure level ) e questa è la misura tecnicamente e legalmente riconosciuta ed eventualmente corretta per tener conto delle caratteristiche dell’orecchio

La correzione per i decibel SPL A A causa della diversa sensibilità minima a suoni di frequenze diverse ( ad esempio 24 dB a 200 Hz contro 0 dB a 1000 Hz ) nei fonometri ( gli strumenti che misurano le intensità sonore ) sono presenti dei sistemi automatici per avere delle misure che con una ragionevole approssimazione facciano corrispondere 0 dB alla intensità minima udibile a qualunque frequenza di interesse per l’orecchio umano. L’operazione viene effettuata tramite un filtro elettronico apposito e le misure si dicono corrette secondo la curva A ( esistono anche altre curve di correzione ) e le misure si dicono effettuate in dB SPLA. Tali misure sono quelle da utilizzare per scopi legali

Le ragioni della risposta logaritmica sono dovute al meccanismo di ripristino dell’equilibrio di una cellula nervosa dopo che è stata simulata Stimolazioni intense fanno depolarizzare le cellule con frequenza maggiore, tanto prima che siano tornate all’equilibrio quanto più alto è lo stimolo. Il ritorno all’equilibrio avviene con legge pressochè esponenziale e ciò induce una codificazione pressochè logaritmica dell’intensità dello stimolo

Che cosa è la luce Un fascio di luce è un insieme di particelle elementari chiamate fotoni che, nel vuoto, viaggiano alla velocità c = 300 000 km/s e che sono ciascuna caratterizzata da: - una frequenza n ( dell’ordine di 1015 Hz ) - un’energia E = hn dove h, detta costante di Planck, vale 6 10-34 kg m2 s-1 - una lunghezza caratteristica l, detta lunghezza d’onda nel vuoto, che è data dalla importante relazione: l n = c ( l’ordine di grandezza di l per la luce visibile è alquanto inferiore al mm ) - una dinamica ( cioè delle leggi che ne regolano il moto ) di tipo ondulatorio (non sono palline in moto!) Nella materia la velocità v della luce è inferiore a quella con cui i fotoni si muovono nel vuoto e vale la relazione v = c / n dove n è un numero maggiore di 1, caratteristico di ogni materiale trasparente alla luce, detto indice di rifrazione. L’indice di rifrazione dell’acqua vale n = 1,33; quello dell’aria è sostanzialmente uguale ad 1

Come si muove la luce In un mezzo omogeneo indefinito la luce segue un cammino rettilineo Incontrando una superficie di separazione di due mezzi omogenei indefiniti la luce si muove seguendo le note leggi della riflessione ( l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione ) e della rifrazione (il seno dell’angolo di rifrazione è uguale al seno dell’angolo di incidenza moltiplicato per il rapporto tra l’indice di rifrazione del mezzo in cui avviene la rifrazione e l’indice di rifrazione del mezzo di provenienza ) In generale valgono le seguenti due leggi: - il principio di Fermat: tra tutti i possibili cammini la luce segue sempre quello che richiede il minor tempo di propagazione - il principio di Huyghens: ad un dato istante tutti i punti di un fronte d’onda possono essere considerati sorgenti elementari di onde sferiche chiamate wavelet: dopo un certo tempo la nuova posizione del fronte d’onda è individuata dalla superficie tangente a tutte le wavelet. Sarebbe opportuno precisare ulteriormente il principio di Huyghens ma esso è qui riportato soprattutto per ricordare ancora che le leggi del moto dei fotoni sono delle leggi di tipo ondulatorio affatto diverse da quelle che regolano il moto macroscopico dei corpi. Le equazioni che costituiscono le leggi del moto dei fotoni sono le quattro equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo classico E’ conseguenza di tale fatto che i fasci di luce subiscano i fenomeni di diffrazione e di interferenza

La dispersione della luce L’indice di rifrazione di certi materiali varia rapidamente al variare della lunghezza d’onda. Ciò porta ad avere angoli di rifrazione diversi per fotoni di diversa lunghezza d’onda. I fotoni di diversa frequenza di un fascio vengono in tal modo ordinatamente separati.

Lo spettro della luce visibile inserito nello spettro di tutte le onde elettromagnetiche

Spettri continui e spettri a righe

Lenti e principio di Fermat PRINCIPIO DI FERMAT: tra tutti i possibili cammini che un raggio di luce può seguire, il percorso effettivo è sempre quello che corrisponde ad un tempo minimo di percorrenza. Applicato al problema della focalizzazione, il principio di Fermat stabilisce che: per realizzare la focalizzazione in uno stesso punto dello spazio di molti raggi di luce uscenti da una sorgente puntiforme, bisogna che i tempi di percorrenza dei vari cammini seguiti dai diversi raggi di luce siano tutti identici tra loro e tutti minimi rispetto a qualunque possibile percorso adiacente Nelle lenti convergenti il minor tempo impiegato ad attraversare RR’ rispetto a quello impiegato ad attraversare oOO’ compensa il maggior tempo impiegato a percorrere PR + R’Q rispetto al tempo impiegato a percorrere PO + O’Q

Le lenti convergenti sono caratterizzate da una distanza focale definita come la distanza dalla lente e al di là della lente del punto in cui convergono dei raggi paralleli oppure come distanza dalla lente a cui bisogna porre una sorgente puntiforme per ottenere un fascio di raggi paralleli Alcune situazioni tipiche di comportamento di raggi luminosi in presenza di una lente convergente

Lenti convergenti e lenti divergenti Quando i raggi provenienti da una sorgente puntiforme P effettivamente convergono in un punto Q si dice che l’immagine di P è reale. Quando i raggi provenienti da una sorgente puntiforme P sembrano soltanto provenire da un punto Q si dice che l’immagine di P è virtuale. Anche le lenti convergenti possono formare immagini virtuali

Formazione delle immagini Le figure illustrano i principi di costruzione della immagine reale o virtuale formata in diverse situazioni da una lente. Di solito basta ricordare la definizione di fuoco e il comportamento dei raggi paralleli all’asse ottico e il fatto che un raggio che passa attraverso il centro di una lente sottile prosegue indeviato Definita la distanza focale f di una lente (>0 se convergente, <0 se divergente ) e indicando con p la distanza dell’oggetto dalla lente e con q la distanza dell’immagine, vale la relazione: 1 1 1 ______ + ______ = ______ p q f

Lente di ingrandimento Microscopio composto

Coni e bastoncelli

Visione scotopica e fotopica

Il triangolo di composizione dei colori

La polarizzazione della luce Un fotone è anche una zona di spazio ( di lunghezza pari a circa 3 metri nel caso di fotoni ottici ) che si sposta con la velocità della luce e in cui sono presenti dei campi elettrici e magnetici che variano nel tempo con la frequenza n = E / h ( di circa 1015 Hz per i fotoni ottici ). I campi elettrici e magnetici sono tra loro perpendicolari ed entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione del fotone. Fissata una direzione k ortogonale alla direzione di propagazione i fotoni possono avere il campo elettrico variamente orientato rispetto alla direzione k. I fotoni che hanno il campo elettrico disposto lungo la direzione k, si dicono polarizzati lungo la direzione stessa; i fotoni aventi il campo elettrico che vibra in direzione perpendicolare a k si dicono polarizzati ortogonalmente alla direzione stessa. Tutti gli altri fotoni si dicono parzialmente polarizzati lungo k e il loro grado di polarizzazione rispetto a k è il coseno dell’angolo che il campo elettrico del fotone forma con tale direzione