BIOETICA E FASE TERMINALE DELLA VITA

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BIOETICA E FASE TERMINALE DELLA VITA

DEFINIZIONE DI MORTE Perdita totale ed irreversibile dell’unitarietà funzionale dell’organismo. Cessazione della vita dell’essere come organismo integrato morfologicamente e funzionalmente (l’organismo cessa di “essere un tutto”).

IL “MORIRE” Processo evolutivo che colpisce gradualmente le cellule dei diversi tessuti e le relative strutture subcellulari sulla base della loro differente resistenza alla carenza di ossigeno, sino alla estinzione di ogni attività vitale, con il permanere dei soli fenomeni enzimatici colliquativo-putrefattivi. Il processo del morire termina quando “tutto l’organismo” è giunto alla completa necrosi.

Quindi il problema è quello di individuare il momento esatto iniziale in cui il processo della morte ha origine in maniera irreversibile, senza attendere la inevitabile comparsa dei fenomeni colliquativo-putrefattivi.

Criteri per l’accertamento della morte all’inizio ultimo atto respiratorio (“l’ultimo sospiro”): morte respiratoria; poi si passò alla cessazione irreversibile dell’attività cardiaca: morte cardiaca (criterio ancora oggi prevalente); oggi è stato inserito, ma solo per alcuni pazienti, il criterio neurologico: morte cerebrale totale.

Questo è possibile perché il cervello, nella sua totalità, costituisce l’elemento indispensabile per il mantenimento dell’unità funzionale dell’organismo. Si parla di necrosi totale ed irreversibile di tutto l’encefalo, in quanto controlla sia la vita vegetativa (strutture tronco-encefaliche) che quella di relazione (strutture corticali). La “morte corticale” e la “morte tronco-encefalica” sono un’altra cosa (caso del bambino anencefalo).

La morte cerebrale totale solo per alcuni pazienti: morti in un centro di rianimazione; sottoposti a ventilazione meccanica e ad assistenza circolatoria; destinati ad essere donatori di organi (non oltre una certa età, non portatori di malattie infettive, ecc.).

Criteri neurologici per l’accertamento di morte stato di coma profondo areflessico (atonia muscolare ed areflessia dei muscoli scheletrici innervati dai nervi cranici ed una areflessia di tutti i nervi che generano dal tronco-encefalo); assenza di respirazione spontanea dopo sospensione delle macchine; assenza di attività elettrica cerebrale, spontanea e provocata; condizioni che devono protrarsi per almeno 6 ore (12 nel bambino).

Stato vegetativo o morte corticale Stato vegetativo persistente Stato vegetativo permanente

1) Stato vegetativo persistente condizione in cui il paziente con grave danno cerebrale è progredito dal coma ad uno stato di simil-veglia senza documentabile coscienza (recuperato il ciclo sonno-veglia e di giorno hanno comunemente gli occhi aperti, ma non hanno attività corticale documentabile).

assenza di evidenza di coscienza di sé o dell’ambiente e inabilità ad interagire con gli altri; assenza di evidenza di comportamenti mantenuti, riproducibili, finalizzati o volontari in risposta a stimoli visivi, auditivi, tattili, nocicettivi; assenza di evidenza di comprensione o espressione del linguaggio;

intermittenti simil-risvegli (ciclo sonno-veglia); incontinenza sfinterica; nervi cranici e riflessi spinali variabilmente preservati; sopravvivono senza assistenza strumentale; la loro sopravvivenza è correlata alla qualità ed intensità dei trattamenti medici e dell’assistenza infermieristica che ricevono.

2) Stato vegetativo permanente irreversibile; in questi casi è regola la “non-resuscitazione” che include l’astensione da manovre di rianimazione ventilatoria e cardiopolmonare nell’evenienza di una insufficienza acuta.

LA MORTE E LA SUA RIMOZIONE appartiene ad un ordine completamente diverso, rispetto a quello cui appartiene l’evento morboso e non può essere considerata alla stregua di un mero evento biologico o medico; ma la morte fa parte della vita degli organismi (“apoptosi o morte cellulare programmata”);

sistematica ed ideologica rimozione della sofferenza e della morte (non è quella fisiologica che ci aiuta a vivere); medicalizzazione estrema e dominio tecnologico sulla morte (eutanasia ed accanimento terapeutico); sperimentazione quotidiana del proprio limite, della propria dipendenza.

MORTE ED ANTROPOLOGIE Utilitarismo neocontrattualistico: distinzione ontologica tra individuo umano e persona. Individuo umano: organismo che vive e si esprime con le caratteristiche della attività autonoma; Persona: possibilità attuale di entrare in relazione cosciente con l’altro (SNC). È pericoloso introdurre la distinzione tra vita biologica (funzioni di coscienza) e vita personale (vita di coscienza e di relazione), perché la persona non è un insieme di diversi atti esistenziali, ma un’unica ed irripetibile esistenza individuale che si sviluppa.

Biologismo:visione panteistica e panvitalista. Non esiste, a livello ontologico, una distinzione tra una forma di vita e l’altra: la vita è un’unica corrente (reincarnazione, ecc.). Piante, animali ed uomo devono essere rispettati allo stesso livello perché hanno pari dignità.

Personalismo: l’individuo umano si identifica sempre con la persona. È evidente che nessuno strumento ci consente di constatare la morte, in senso ontologico, della persona, possiamo però constatare la perdita dell’unità funzionale di quell’individuo: attraverso la morte di tutto l’encefalo si constata che quell’unità funzionale non c’è più. La vita umana è un bene “fondamento” ed indisponibile.

EUTANASIA (Storia) Ippocrate la rifiuta; Platone ed Aristotele a tratti la accettano; Gli stoici esaltano il suicidio; Il Cristianesimo esalta la sacralità della vita umana e l’impegno caritativo e solidaristico nei confronti degli altri; La filosofia moderna esalta il concetto di autonomia ed il diritto a determinare il momento della propria morte.

EUTANASIA (Definizione) “ Un’azione o un’omissione, che di natura sua o nelle intenzioni di chi la compie, procura la morte allo scopo di eliminare il dolore ”. È quindi un’azione di morte provocata che si può realizzare secondo due modalità: o attraverso un intervento attivo oppure sottraendo una terapia o un’assistenza efficace e dovuta.

Non è la “buona morte”, la “dolce morte”, la “morte serena”. Non è la “morte senza dolore”.

EUTANASIA (Classificazioni) Quanto al metodo usato: attiva o passiva (omissiva). Quanto al modo: living will (testamento in vita; la vita rientra tra i beni disponibili? Libertà nello stato di diritto); do not resuscitate order; criptoeutanasia, depenalizzazione; legalizzazione. Quanto ai soggetti operanti: suicidio; omicidio; suicidio assistito od omicidio del consenziente. Quanto ai destinatari: terminale; neonatale; sociale (qualy).

Art. 34 Codice di Deontologia Medica (1998) “ Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso ”.

EUTANASIA (alcuni gravi rischi) la domanda del paziente può essere ambigua (può chiedere cure migliori); la domanda del paziente può essere condizionata da fattori esterni (familiari, assistenziali, ecc.); la domanda del paziente può variare nel tempo; errori diagnostici e/o prognostici; rischio di snaturare la figura del medico; rischio di abusi da parte del medico; indebolimento della percezione sociale del valore della vita.

EUTANASIA (alcuni gravi rischi) disimpegno pubblico nei confronti dell’assistenza ai morenti; risorse limitate ed ottimo rapporto costi/benefici (trasmissione olandese); freno al progresso scientifico.

EUTANASIA (Motivi della richiesta) dolore fisico; dolore psicologico (perdita di dignità); terapie costose e/o mutilanti; isolamento, discriminazione, emarginazio- ne, abbandono, dipendenza da altri; stanchezza di vivere; preoccupazione per l’esito finale.

ACCANIMENTO TERAPEUTICO (Modalità) Modalità A: continuare la ventilazione meccanica successivamente alla morte cerebrale totale accertata, al di fuori dell’ipotesi di trapianto. Modalità B: interventi di comprovata inefficacia e che aumentano le sofferenze; interventi gravemente sproporzionati tra costi umani e risultati benefici.

ACCANIMENTO TERAPEUTICO (Criteri etici) Proporzionalità degli interventi (chirurgici, medici, farmacologici, diagnostici, riabilitativi, ecc.); Nel caso di interventi ad alto rischio, essi possono essere eseguiti od omessi col consenso del paziente; Garantire le cure “normali” (alimentazione, idratazione, igiene della persona): problema dell’idratazione e dell’alimentazione per via enterale e parenterale: terapie o cure (to cure o to care)? Il dovere della terapia del dolore; Verità dell’informazione al paziente sulla diagnosi e sulla prognosi (modo, tempo, gradualità); L’eccezionalità dei mezzi terapeutici è soggetta alla continua evoluzione della scienza medica.

LE CINQUE FASI DEL “PROCESSO DEL MORIRE” (E. Kubler Ross) Reazione di rifiuto ad accettare l’approssimarsi della propria morte: non è possibile, non io, non ancora. Fase della rivolta: perché proprio io? Fase del patteggiamento: col medico, con Dio. Fase della depressione (elaborazione del lutto): riposo finale prima del lungo viaggio. Fase dell’accettazione.

MEDICINA PALLIATIVA (Definizione) Medicina costituita dalle cure totali offerte al paziente dal momento in cui la malattia non è più responsiva ai trattamenti etiologici e/o patogenetici. Tende a controllare il dolore e gli altri sintomi, i problemi psicologici e familiari che colpiscono il malato terminale, offrendo un sistema di aiuto continuo al paziente fino all’ultimo istante di vita ed un supporto preparatorio alla famiglia per affrontare la malattia inguaribile (ma non incurabile!) ed il lutto.

“prendersi cura” (to care) e farsi carico (caring); patologie: tumori, AIDS, malattie degenerative e del sistema nervoso (demenza, sclerosi multipla, ecc.).

MEDICINA PALLIATIVA (Origine e sviluppo) Dal movimento hospice anglosassone; nel Regno Unito costituisce una specialità medica e materia di insegnamento universitario.

MEDICINA PALLIATIVA (Presupposti etico-culturali) dall’eutanasia all’eubiosia (il malato deve essere lasciato morire con dignità e serenamente, possibilmente a casa); no all’accanimento terapeutico; principio della proporzionalità delle cure; la famiglia del paziente come nucleo sofferente, ma anche come unità di cura.

MEDICINA PALLIATIVA (Interventi) lavoro di équipe multidisciplinare assistenza finalizzata a: controllo del dolore; nausea, vomito, anoressia, insonnia, depressione, isolamento; prevenzione e cura delle piaghe da decubito e delle infezioni; fisioterapia; supporto psico-sociale al malato ed ai familiari (elaborazione del lutto).

MEDICINA PALLIATIVA (Interventi) Assistenza Domiciliare Integrata (ADI); Hospice: per riacutizzazioni della malattia.

MEDICINA PALLIATIVA (Obiettivi) Vita di qualità per il paziente; Non lasciarlo solo; opporsi all’accanimento terapeutico ed ai viaggi della speranza; verità sui limiti delle cure e sui loro effetti indesiderati; ascolto del paziente e della sua famiglia.