Parte II Il rapporto col proprio corpo a cura di Rossella Ghigi
Nella maggior parte dei casi, capita che gli intervistati si sentano «brutti»; in circa un caso su dieci questo avviene spesso. Si tratta di una percezione normale in epoca pre-adolescenziale, in cui il corpo che cambia non risponde più agli ideali corporei dell’infanzia e non ancora a quelli del post-pubertà. Le percentuali per genere sono abbastanza simili, anche se è più frequente che un maschio dica di non sentirsi mai brutto rispetto a una femmina (45% vs. 38%).
La differenza per genere si fa più marcata rispetto all’ideale di magrezza. Nonostante il sovrappeso sia più diffuso tra i maschi che tra le femmine, secondo i dati ISTAT, è più frequente che siano i maschi a non aver «mai» sentito la voglia di essere più magri (51% vs. 37.7%). In ogni caso, è interessante rilevare che il 62.3% delle ragazze e il 49% dei ragazzi, già alle medie, abbiano il desiderio di essere più magri. Gli ideali di tonicità e snellezza si fanno già sentire a questa età.
D’altra parte, circa il 30% dei ragazzi e il 37% delle femmine ha dichiarato di aver provato a dimagrire almeno una volta. Alla domanda su cosa si fosse fatto specificamente la maggioranza delle risposte è stata la riduzione degli alimenti, mentre una percentuale molto bassa (meno del 10%) ha fatto attività fisica o sport. Nessuno ha parlato di induzione al vomito, ma il ricorso a misure anche drastiche di riduzione degli alimenti è stato segnalato (ad es. «Ho smesso di mangiare per una settimana intera ma dopo mi sono resa conto di quello che facevo e ho ripreso a mangiare»). È stato chiesto se si desiderasse cambiare qualche parte del proprio corpo. Circa un intervistato/a su tre ha risposto affermativamente. Non ci sono grandi differenze per genere, età, titolo di studio dei genitori e paese di origine in questo caso. La parte che più vogliono cambiare è la pancia (20%) seguita dal naso e dalla faccia. Tra maschi e femmine non si segnalano grandi differenze nell’ordine delle parti, se non il fatto che i maschi più delle femmine vorrebbero cambiare la propria statura. La domanda era volutamente generica, tuttavia, e la risposta non fa che segnalare, ancora una volta, una insoddisfazione corporea dovuta più a un effetto età che a un effetto generazione (ovvero la cultura di questi giovani rispetto a quella dei giovani di ogni epoca).
Quella che si segnala, però, è una attenzione alle modifiche corporee che, questa sì, appare inedita. Abbiamo voluto individuare due tipi di modifiche corporee che sono segnalate in letteratura come particolarmente presenti nell’immaginario adolescenziale. La body art (in primis, tatuaggi e piercing) e la chirurgia estetica. Naturalmente questi due tipi di modifiche sono molto diversi tra loro per significato, pericolosità, costi, invasività e permanenza. Per ragioni deontologiche, legali ed etiche non hanno la stessa diffusione. Tuttavia la ricerca internazionale ha provato come siano entrambe modifiche sempre più presenti nel linguaggio e nell’immaginario delle nuove generazioni che, se pur non le praticano entrambe allo stesso modo, le «mettono in conto» o «non le escludono» per il futuro.
Iniziamo dunque con l’atteggiamento verso la chirurgia estetica Iniziamo dunque con l’atteggiamento verso la chirurgia estetica. È stato chiesto agli intervistati se si sarebbero mai sottoposti a una serie di interventi: operazione al naso, lifting, liposuzione e operazione al seno (solo alle ragazze). Le possibili risposte erano «Sì, lo farei anche subito» «Sì, ma più avanti negli anni» «No, mai» (non è stata inclusa la modalità «Sì, l’ho già fatto» trattandosi di una possibilità remota tra i soggetti di questa età). Abbiamo poi creato una variabile che tenesse conto del fatto che un intervistato/a avesse risposto almeno un «Sì» (subito/più avanti) ad almeno un intervento. I risultati parlano chiaro. Il genere conta già a questa età nell’atteggiamento verso la chirurgia estetica (dove, lo ricordiamo, nove pazienti su dieci, tra gli adulti, sono donne). Più di una ragazza su cinque la farebbe (Vs. meno di un ragazzo su dieci).
La disponibilità a farlo aumenta coll’aumentare dell’età (sappiamo da altre ricerche che è massima intorno ai 17 anni tra i giovani); è minore tra chi ha entrambi i genitori stranieri e diminuisce, ancorché in misura contenuta, al crescere del titolo di studio dei genitori .
Naturalmente la maggiore o minore presenza delle modalità di una variabile all’interno delle altre nel campione prescelto potrebbe influenzare questi risultati. Ma con una analisi di regressione logistica è emerso che essere femmina piuttosto che maschio triplica la propensione a rispondere di voler fare almeno un intervento in maniera statisticamente significativa (p<0.05) al netto di altri fattori quali titolo di studio dei genitori, essere o meno stranieri, età.
Per ogni tipo di operazione, sono qui indicate le percentuali di accordo («Sì, lo farei anche subito» o «Sì, lo farei ma più avanti negli anni»). Per ogni tipo di interventi chi ha entrambi i genitori italiani esprime più accordo rispetto a chi ha entrambi i genitori stranieri (non sono conteggiate qui le percentuali di chi ha un genitore italiano e uno straniero per la bassa numerosità di questo campione per le varie modalità della variabile). L’accordo in base al titolo di studio varia in base al tipo di intervento.
Il campione di femmine, a cui sono state poste le domande per tutti i tipi di intervento, mostra percentuali di interesse soprattutto per l’operazione al naso e il lifting. Tuttavia è l’operazione al seno quella che raccoglie la percentuale maggiore di «Sì, lo farei anche subito».
Alcune ricerche hanno dimostrato che il grado di soddisfazione rispetto al proprio corpo di una madre o di un padre si può riflettere sul modo in cui il figlio o la figlia percepisce il proprio o intende cambiarlo. Questo vale soprattutto per le diadi genitore-figlio in cui vi è una identificazione per genere (madre-figlia in particolare). Abbiamo incrociato dunque il grado di interesse verso la chirurgia estetica con la risposta alle domande che chiedevano se la madre e il padre fossero soddisfatti del proprio aspetto e se discutessero in famiglia dell’aspetto del figlio/a. Si nota innanzitutto che la soddisfazione della madre, ma non quella del padre, influenzano l’atteggiamento di favore verso la chirurgia estetica del campione complessivo di maschi e femmine. Più del 35% di coloro che hanno risposto almeno un «Sì» hanno una madre non soddisfatta del proprio aspetto.
Distinguendo però per genere dell’intervistato, si nota che sono le femmine quelle più influenzate nell’atteggiamento verso la chirurgia estetica dall’insoddisfazione materna rispetto ai maschi (quasi il 50% delle ragazze che hanno mostrato di essere favorevoli ha una mamma insoddisfatta, vs. meno del 10% dei ragazzi favorevoli alla chirurgia estetica). Il contrario non avviene per i maschi (la percentuale di coloro che sono favorevoli ad avere il padre insoddisfatto è simile a quella di chi ha il padre soddisfatto): preoccuparsi del corpo e volerlo cambiare resta una questione «da donne» anche in famiglia. Madre contenta per il proprio aspetto Padre contento per il proprio aspetto
D’altra parte, a non parlare «mai» del proprio aspetto fisico in famiglia sono più i maschi delle femmine: il 57% (vs. 40% delle compagne), come una domanda apposita ha rilevato.
Per rilevare eventuali differenze nei canoni estetici di ragazzi e ragazze, è stata posto anche il seguente quesito, utilizzando un test già validato nella letteratura socio-psicologica:
Le risposte alle scale tendono sempre a concentrarsi nelle categorie centrali. Tuttavia va sottolineato che più di un intervistato/a su tre (35.2%) ha risposto che la propria silhouette ideale era entro le prime tre figure –di cui le prime due indicano un BMI, Indice di massa corporea, sottopeso. Col tempo gli ideali corporei femminili vanno dimagrendo e snellendosi. Negli anni Novanta il campione si concentrava tra la silhouette n.4 e la n.5. è evidente dunque un effetto generazione presso i giovani che vede questo ideale «smagrirsi» pericolosamente.
Per valutare se ci fosse o mano anche un effetto genere, abbiamo distinto le risposte per maschi e femmine. Si notano forti sovrapposizioni, ma sono le femmine ad avere percentuali più alte presso le silhouette più magre.
Per le femmine, il n. medio di silhouette ideale è 3. 61 (deviaz Per le femmine, il n. medio di silhouette ideale è 3.61 (deviaz. standard 1.029) , per i maschi 4.06 (deviaz. standard 1.289). Questo confronto tra medie, che può sembrare basso ma in realtà è molto alto, è statisticamente significativo (intervallo di confidenza al 95%).
Più alta è l’età, più la silhouette ideale è magra; non ci sono invece tendenze significative rispetto all’origine della famiglia e al titolo di studio genitoriale.
È stato anche chiesto di dare un voto da 1 a 10 al proprio corpo È stato anche chiesto di dare un voto da 1 a 10 al proprio corpo. La letteratura sottolinea come le femmine più dei maschi siano insoddisfatte del loro corpo lungo tutta l’adolescenza, proprio perché subiscono pressioni maggiori a conformarlo a un ideale estetico e perché questo ideale è più severo, più pervasivo, meno diversificato al suo interno e più «scollegato» con la realtà di quello maschile. Abbiamo voluto approfondire anche questo aspetto.
Circa il 60% del campione ha dato del proprio corpo un voto positivo: 8, 9 o 10. C’è una certa sovrapposizione per genere rispetto al voto, che si concentra intorno all’8.
Per le femmine, il voto medio è 7. 32 (deviaz. standard 2 Per le femmine, il voto medio è 7.32 (deviaz. standard 2.154) , per i maschi 7.56 (deviaz. standard 1.996). Questo confronto tra medie, che nuovamente può sembrare basso ma in realtà è comunque rilevante, è statisticamente significativo (intervallo di confidenza al 95%).
Al fine di rendere anche graficamente le maggiori differenze rispetto alla soddisfazione per il proprio aspetto esteriore, abbiamo dicotomizzato le risposte in sufficienti (voto al proprio corpo da 1 a 5) e sufficienti (da 6 a 10). Diventa chiaro come le femmine più dei maschi siano propense a darsi una insufficienza allo specchio.
La tendenza a darsi un voto insufficiente è inversamente associata al titolo di studio genitoriale. I figli di due genitori stranieri hanno inoltre una maggiore propensione a darsi un voto insufficiente. Tra i più giovani la tendenza a darsi una insufficienza è maggiore.
Madre contenta per il proprio aspetto La tendenza a darsi una insufficienza rispecchia in questo caso la diade di genere genitori-figli: tra le femmine che si danno una insufficienza, la maggior parte ha una madre scontenta del proprio aspetto, e viceversa per i maschi. Padre contento per il proprio aspetto
È stato infine vagliato l’interesse per la body art (piercing e tatuaggi) tra gli intervistati. Qui si nota un maggiore accordo, come prevedibile, verso questa pratica, rispetto alla chirurgia estetica. È interessante notare che i maschi sono leggermente più propensi delle femmine a escludere di farne (58% vs. 51%), e che le femmine più dei maschi affermano di averne già fatti. La letteratura sull’adolescenza ci ricorda che il tatuaggio viene praticato più dai maschi, mentre il piercing (pur escludendo quello femminile ai lobi delle orecchie) viene comunque praticato più dalle femmine.
Dicotomizzando l’atteggiamento verso al body art tra contrari (chi ha risposto che non ne ha né ne farà) e favorevoli, si nota che entrambi i generi mostrano una percentuale di accordo intorno al 45%. Crescendo questo accordo si fa maggiore, è maggiore tra chi ha entrambi i genitori stranieri, mentre non risente del titolo di studio dei genitori in maniera netta.
Da questa parte della ricerca risulta innanzitutto un diffuso interesse presso i giovani verso le modifiche corporee, specialmente le meno invasive, quali piercing e tatuaggi. Emerge inoltre che le giovani ragazze del campione manifestano già in questa fase della vita indici di soddisfazione per il proprio aspetto esteriore inferiori a quelli dei compagni, e una tendenza a concepire il proprio corpo come un insieme di singole parti che si può confrontare con gli ideali socialmente condivisi ed eventualmente cambiare, più dei ragazzi. Questi ideali sono per loro particolarmente rigidi, come l’analisi della silhouette ideale ha mostrato.
Emerge inoltre un ruolo importante che hanno i genitori nel trasmettere non soltanto una certa cultura corporea, ma anche una fiducia nelle possibilità del corpo di «valere» anche se non adeguato agli standard di bellezza. Tutto questo ha notevoli conseguenze nel rapporto col proprio corpo, in termini di considerazione dello stesso (sua parcellizzazione e mercificazione simboliche), di autostima personale, di investimento nel capitale fisico (in alternativa o in associazione ad altri tipi di investimento, ad es. lo studio) per farsi strada nella vita.