Rut e Noemi, Maria ed Elisabetta IO@NOI.COM Rut e Noemi, Maria ed Elisabetta a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini © Silvia Franceschini, 2010
Il libro di Rut A Rut è dedicato un intero Libro della Bibbia Nella tradizione ebraica, il libro di Rut entrerà tra le cinque Meghillot, cioè i Rotoli, opere bibliche particolarmente care alla liturgia sinagogale (gli altri testi sono il Cantico, le Lamentazioni, Qohelet ed Ester). Nella Bibbia ebraica si trova negli scritti, subito dopo Proverbi; nella LXX, Rut segue Giudici La Meghillat Rut, in sinagoga, è letta nella festa di Pentecoste, il tempo della raccolta dell’orzo narrato nel testo rimanda alla festa delle Settimane I 4 capitoli del Libro sono come degli atti che iniziano e finiscono, e ogni capitolo ha un verbo dominante che si ripete: 1) Tornare = 12 volte 2) Spigolare = 12 volte 3) Riscattare = 7 volte 4) Riscattare = 15 volte, Generare = 12 volte, Nome = 7 volte
1872, Webb, Rut e Noemi, coll. Priv.
Rut: una vedova straniera Rut, è straniera, la moabita che, rimasta vedova di un israelita profugo, è sollecitata dalla suocera per tre volte a tornare dal suo popolo, alla «casa di sua madre», ma lei declina l’invito Non si tratta solo di un andare insieme, ma anche di abbracciare la stessa vita, lo stesso destino di popolo, la stessa fede. E il fine di una donna, a quei tempi, era solo uno: trovare riposo in casa di un marito Rut rimane, abbandonando quello che era lo scopo della sua vita, e va nella terra di YHWH. Proprio i Moabiti che erano esclusi dal culto di YHWH devono a Rut di aver spezzato questo limite Rut è una donna dotata di una fedeltà tenace, indistruttibile, determinata, ha un animo inflessibile La storia di Rut, intrecciata a quella di Noemi, è raccontata in maniera avvincente ed è, indubbiamente, il più bell’elogio della donna straniera nella Bibbia È l’unico testo in cui si racconta un’amicizia tra due donne (per gli uomini vedi 1Sam 18-20: amicizia tra Davide e Gionata), il tema dell’amicizia nella Bibbia non è sviluppato, ma quando se ne parla i testi sono commoventi Rut parte come Abramo e come Abramo segna un nuovo inizio
1886, Merle Hugues, Rut, Bristol, Art Museum
… e Rut si attaccò a lei … … E si alzò lei e le sue nuore e tornò dai campi di Moab, perché aveva ascoltato nelle steppe di Moab che YHWH aveva visitato il suo popolo per dare loro pane E uscì da quel luogo in cui si trovava e le sue due nuore con lei. E si incamminarono nella via per ritornare al paese di Giuda. E Noemi disse alle due sue nuore: «Andate, tornate, ciascuna a casa di sua madre. Usi YHWH bontà con voi, così come ne avete usata con i morti e con me. Dia YHWH a voi e troviate riposo ciascuna nella casa del proprio marito». E le baciò e alzarono la voce e piansero. E le dissero: «Ritorneremo con te dal tuo popolo». E Noemi disse: «Tornate figlie mie, perché vi incamminate con me? Forse ho ancora figli nel mio ventre e saranno per voi da mariti? Tornate figlie mie, andate, poiché sono diventata vecchia per essere per un uomo. Se dicessi: ne ho speranza e se anche avessi un marito questa notte e anche partorissi figli, vorreste voi aspettare che diventino grandi, per questo rimarreste sole senza maritarvi? No, figlie mie, perché sono piena di amarezza molto più di voi perché è uscita contro di me la mano di YHWH». E alzarono la loro voce e piansero a lungo. E Orpa baciò sua suocera e invece Rut si attaccò/aderì a lei… (Rut 1,6-14)
1795 Blake, Noemi Orpa e Rut, Victoria and Albert Museum, Londra
Rut: farsi vicina … Allora Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata al suo popolo e ai suoi dei; torna indietro anche tu, come tua cognata». Disse Rut: «Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te. Perché dove tu andrai io andrò, dove pernotterai, pernotterò; il tuo popolo sarà il mio popolo, il tuo Dio il mio Dio. Dove morirai morirò e là sarò sepolta. Così faccia YHWH a me e così aggiunga, perché la morte dividerà me da te». E vide che essa si era intestardita (voleva fortemente) per andare con lei e smise di parlare (cessò di insistere) con lei. E si incamminarono loro due fino a che entrarono a Betlemme. E fu, nel loro arrivare a Betlemme, tutta la città si interessò di loro. E dissero: “ È proprio Noemi?”… (Rut 1,15-19) Noemi è l’ebrea che conosce Dio e gli dà la colpa di ciò che le è successo. Rut è Moabita e dice: il tuo Dio sarà il mio Dio La sofferenza induce Noemi anche a dare una lettura disperata della sua esistenza, chiamatemi Mara, questa è la mia vita Orpà anche lei torna alla casa della madre, è un ritorno, ma senza cambiamento, è un ritorno in un contesto di sicurezza, non è un progresso nel percorso individuale. Ci sono dei ritorni nella nostra vita che sono regressivi, che vanno sorvegliati
1960, Chagall, Noemi e le nuore, litografia, Nizza, Musée National Message Biblique Marc Chagall
Rut: alleanza e relazione Il Libro ci mostra cosa vuol dire mettere in pratica l’alleanza: i diversi personaggi compiono l’alleanza, anzi ognuno va anche al di là di quello che è richiesto. Non è un caso che questo Libro sia centrato sulle donne, che sono quelle più vulnerabili, senza diritti nella comunità dell’alleanza, soprattutto se vedove e straniere Queste donne sono mosse da chesed, amore, misericordia, fedeltà, è un termine dell’alleanza. Non solo agiscono mosse da chesed, ma la promuovono attorno a sé, vedi Rut con Noemi, promuove energie e risorse tanto che la suocera circondata da chesed comincia ad attivarsi. Il Libro contiene una profezia, nel senso che c’è un’alleanza con tutti quelli che se pur stranieri si avvicinano a Dio facendo delle scelte di compagnia a livello umano, non ancora a partire dalla fede. C’è una promessa, c’è un’alleanza per tutti quelli che sono disposti ad essere vicini Nel primo capitolo c’è già tutta la ricchezza della personalità di Rut, in un condensato della sua esperienza umana piena di dolore: vedovanza, solitudine, vuoto di figli e poi una nuova separazione: sua suocera che ha deciso di fare ritorno al paese d’origine. Con la suocera scomparirebbe anche l’unica traccia tangibile dell’uomo che ha amato, forse anche per questo vuole seguirla. Al di là di tutto, Dio continua a visitare il suo popolo, per dare il pane dell’amore. Basta solo tornare, compiere il cammino fino a Betlemme, la casa del pane. Parte anche Rut, dopo lunghe insistenze, fedelmente attaccata alla suocera Noemi, quasi ostinata nel voler incontrare la terra, la gente, il Dio che erano stati di suo marito dal di dentro di queste due donne nasce un’esigenza irrefrenabile di muoversi. La vita offre sempre un ritorno, una speranza, una luce
2001, Naomi Spiers, Rut e Noemi
Grammatica della relazione I verbi più importanti che si ripetono quasi come ritornelli di un unico canto d’amore sono: tornare e andare; verbi poi tenerissimi come piangere, alzare la voce, baciare; verbi più tristi come abbandonare, separare. Noemi si alza, e prende in mano la situazione e fa un discorso realistico e sapiente alle nuore. Noemi manifesta un certo disinteresse, Orpà si mostra quindi di buon senso, invece Rut aderì a lei. Il verbo dbq ha due connotazioni importanti: in Gen 2 usato per l’unione fisica tra uomo e donna; inoltre è un verbo di alleanza. Come avviene con una cintura che aderisce ai fianchi (Ger 13,11); o con la pelle che ricopre e avvolge le ossa (Sal 102,6; Gb 19,20); o con la lingua che tocca il palato e non se ne distacca in un contatto che non permette neppure un soffio, una sillaba (Sal 137,6; Gb 29,10; Ez 3,26). Il salmista usa questo verbo nel cantare il suo amore per Dio, la sua sete, la sua ricerca assidua e tenace (Sal 62,9: a te si stringe l’anima mia). L’adesione di Rut a Noemi, la sua decisione di seguirla, di stare con lei ha queste caratteristiche Non insistere con me: Rut mostra la sua decisione irrevocabile con un’espressione forte, un verbo che oscilla, nel suo significato, tra l’incontro fortuito (Es 5,20; 23,4) e il colpo deliberatamente inferto (Es 5,3; Gdc 8,21). È un farsi incontro insistente, assillante, ripetuto, che diventa un fondersi, come tra due confini che sono contigui e non si distinguono più (Gs 16,7; 17,10) Noemi e Rut sono un solo comune cammino verso la terra promessa, insistere, a questo punto, è superfluo, anzi disturba
1994, Darlene Slavujac, Rut e Noemi
Grammatica della relazione Se altra cosa che la morte mi separerà da te: ecco la dichiarazione serena e trasparente dell’alleanza tra queste due donne. Rut dice che solo la morte potrà spezzare il loro vincolo di fedeltà, disperdere il carico di amore, di affetto e venerazione reciproca accumulato e custodito con cura nel passare dei giorni La vide così decisa: Noemi sembra davvero stupita della decisione quasi irragionevole e ostinata di Rut. Questo verbo esprime forza, robustezza, decisione, coraggio, saldezza, ma anche fretta. È lo stesso verbo che Dio pronuncia quando invita Giosuè a non avere paura e ad essere pronto per entrare nella terra promessa (Dt 31,6-7; Gs 1,6.7.9). Anche Rut è pronta per il grande passaggio, per l’ingresso nella terra dell’amore, dove scorre latte e miele, dove c’è pane in abbondanza, perché lì abita Dio Fecero il viaggio insieme fino a Betlemme: ormai non c’è più bisogno di parole, basta il silenzio, perché tutto è pronto per il cammino insieme. Ed entrano a Betlemme, penetrano nella terra, e facendo questo diventano loro stesse terra nuova, terra abbondante capace di accogliere, di lasciare entrare, di ricevere la visita di Dio
1876-77, Rooke Thomas Matthews, Storia di Rut, Londra, Tate Gallery
Incontro di Maria ed Elisabetta Questo brano posto al centro del capitolo 1 di Luca, ne costituisce il cuore, il punto chiave. Esso è racchiuso tra due annunciazioni, e i loro canti di lode e di fede (Magnificat e Benedictus) e diventa rivelazione del mistero che si sta realizzando … In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore"… (Lc 1,39-45)
1486-90, Domenico Ghirlandaio, La visitazione, Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni
Mettersi in cammino Questo passo del Vangelo è un viaggio verso la montagna, verso la terra di Giuda, che è terra di lode, di canto (questo significa il suo nome). Dunque è una salita, un’ascesa, ma anche un ingresso: dalla città alla casa, dalla folla all’intimità. Luca intreccia abilmente il racconto con la simbolica del viaggio. La fede è sempre un mettersi in cammino, come già Abramo C’è un grande movimento che anima questa scena: Maria si mette in viaggio, raggiunge in fretta, entra, saluta; Giovanni sussulta esultando, cioè danza pieno di gioia nel grembo di sua madre; Elisabetta è riempita di Spirito Santo che soffia dentro di lei e la fa esclamare a gran voce. La Scrittura così ci coinvolge in questo movimento e ci invita alla danza, ad entrare nei passi di danza di tutti coloro che già prima di noi seguono il Signore Maria si alza in una risurrezione d’amore, di cura per l’altro che la spinge in una corsa affrettata verso Elisabetta. Il testo di Luca ci offre proprio il verbo della risurrezione, che indica un alzarsi pieno, deciso, solido. Maria ben dritta, mossa dallo Spirito del Signore, lascia dietro a sé ogni cosa e decide di partire. Si mette in cammino e sale verso la montagna, poi entra e saluta. Un avvicinamento progressivo che non teme le distanze, le differenze, le fatiche, le incognite. Per questo è così gioiosa, traboccante fino al canto, alla lode
1528, Pontormo, Visitazione, Pala di San Michele Carmignano
Grembi che danzano Due donne che si cercano e si incontrano, per dare vita alla vita. Due grembi abitati, parlanti, esultanti, già partecipi dell’esistenza. Salutò Elisabetta: il saluto scambiato tra Maria ed Elisabetta non è vuoto, formale, ma porta in sé tutta la carica, tutta la preparazione che vediamo nelle decisioni, nei gesti, nei movimenti di Maria. È un saluto pregnante come sono Maria ed Elisabetta, un avvicinarsi di grembi, di vite, di respiri, che diventa benedizione Il bambino sussultò: il saluto è tale da provocare una gioia incontenibile, l’esultanza di una vera e propria danza. Il verbo che troviamo in queste parole di Elisabetta significa saltare, balzare, saltellare, ma anche danzare. Questo particolare ricorda la danza del re Davide davanti all’arca (2Sam 6,14); Giovanni vuole esprimere danzando tutta la gioia traboccante per l’arrivo del Messia. Maria ci appare allora come la nuova arca, colei che porta in sé la salvezza d’Israele e di tutte le genti Nel grembo: ci troviamo davanti alla parola chiave del brano che ricorre 3 volte. È questo il centro dell’incontro con Dio, luogo della gioia e della trasformazione. Il termine greco richiama i significati di cavità, vuoto. Ma il grembo non è un luogo vuoto, anzi è la vita stessa abitata, fatta accoglienza, accettazione. Il primo contatto fra queste due donne avviene a livello del grembo, in quei loro spazi segreti, intimi, vitali, che custodiscono il tesoro più prezioso che è stato dato loro: un figlio. Siamo così condotti anche noi presso il santuario della vita che è il grembo della donna
1644, Philippe de Champaigne, La visitazione
In principio era la relazione Elisabetta fu piena di Spirito Santo: il greco usa il verbo all’aoristo passivo che indica un evento ben preciso, con un inizio rintracciabile. Elisabetta fu riempita, visitata, abitata da una presenza sempre più consistente Esclamò a gran voce: Elisabetta a questo punto non può che esplodere in un canto di gioia traboccante. Il testo ci offre un verbo abbastanza raro che appare solo qui nel NT e 5 volte nell’AT e che significa alzare la voce, esclamare, acclamare, lodare. Esso compare sempre in un contesto liturgico particolare, nel momento in cui Israele trasporta l’arca dell’alleanza (1Cr 15,28; 16,4-5.42; 2Cr 5,13) A che debbo?: il canto e la danza di Elisabetta si erano aperti con la proclamazione estasiata di due benedizioni consecutive rivolte a Maria: Benedetta tu… e benedetto il frutto del tuo grembo! E ora proseguono con un’esclamazione piena di stupore, di meraviglia e di gratitudine. Questo a che debbo? Può essere tradotto: E da dove a me questo? Con un’espressione molto particolare che non si trova in bocca a nessuno nella Bibbia. Solo Mosè una volta parlando con Dio dice: da dove a me la carne da dare a tutto questo popolo? (Nm 11,13). Questa è una domanda che rivela una chiara consapevolezza di sé. Elisabetta sa di aver ricevuto una visita, un dono grande e non si sente degna. Riconosce la bontà di Dio versa di lei e non sa come ricambiare. Il dono di Dio viene solo dall’alto, da quel cielo ormai aperto, spalancato per noi
1886-94, James Jacques Joseph Tissot, La Visitazione
Parola di benedizione Quelle tra Maria ed Elisabetta sono le prime parole che nel Vangelo di Luca si scambiano due esseri umani. In questo primo dialogo la prima parola di Elisabetta è una benedizione che si estende su tutte le donne. Benedetta tu perché Dio benedica con la vita. Le madri sono quindi benedette per prime e profetizzano per prime. E se una nascita è gioia, viene a noi il Dio della gioia. Imparare anche noi a benedire, a cercare le parole più buone; ma è più che dire, è una forza di vita che viene dall’alto, che discende dalla prima benedizione: Dio li benedisse: crescete e moltiplicatevi (Gen 1,28). Il primo passo per l’incontro con il mistero e con il cuore dell’altro è benedire, è poter dire: tu sei una benedizione di Dio per me, tu sei un dono di Dio. E una casa dove non ci si benedice l’un l’altro, dove non ci si loda reciprocamente, è destinata alla tristezza Casa come santuario: Elisabetta invece sta in casa; da cinque mesi è nascosta così dopo aver scoperto il dono di Dio nel suo grembo, una meraviglia sconvolgente che l’ha paralizzata. All’arrivo di Maria, Elisabetta apre la sua casa, la sua vita, la sua persona, non si sottrae alla gioia contagiosa di questo incontro. Non si nasconde più perché sa di essere conosciuta fino in fondo, per questo non pone barriere, ostacoli. Per due volte il brano sottolinea che lei ascolta (vv 41 e 44): parte da qui la sua apertura agli eventi della vita che la raggiungono in maniera così inaspettata. Prima di tutto apre l’orecchio, il cuore, il grembo e accoglie. La casa così diventa il luogo dove la vita celebra la sua festa, della liturgia più vera. E lodano Dio, ringraziano, benedicono: due madri costruiscono un santuario di preghiera nella casa. Elisabetta benedice, Maria loda. Come accolse il figlio Giovanni nel suo grembo, così accoglie Maria nella sua casa e lo Spirito nel cuore. Elisabetta non è passiva, anzi opera insieme alla grazia e si lascia coinvolgere nella danza della salvezza. Due donne che si salutano in modo festoso, che si scambiano in modo reciproco la benedizione. Una visita d’amore, di salvezza, di illuminazione
2002, Chmakoff, La visitazione 4
Visitazione di Maria di Rainer Maria Rilke In principio leggera procedeva Maria in salita, talvolta già avvertiva crescerle dentro il suo corpo miracoloso - e si fermava, allora, respirando, sugli alti monti della Giudea. Non la terra, ma per lei la sua pienezza intorno era distesa; e procedendo avvertì che non si poteva andare oltre quella grandezza infinita che ora percepiva. E un desiderio la prese, di posare la mano sull’altro ventre, già più largo. E le due donne si vennero incontro barcollando, e si sfiorarono gli abiti e i capelli. Ricolma ognuna del suo santuario, nella sua compagna si riparava. Ah, il Salvatore in Lei - ancora un fiore; ma il Battista, in grembo alla cugina ruppe la sua gioia dando guizzi.