Teoria degli algoritmi e della computabilità Prima giornata: spunti di teoria della calcolabilità e principali classi di complessità computazionale dei.

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Teoria degli algoritmi e della computabilità Prima giornata: spunti di teoria della calcolabilità e principali classi di complessità computazionale dei problemi Guido Proietti Email: guido.proietti@univaq.it URL: www.di.univaq.it/~proietti/index_personal

La dicotomia tra informatique e computer science Il termine informatica deriva dal francese informatique, contrazione di information automatique Nell’accezione italiana, il termine viene associato sia alla pratica di utilizzo, sia agli aspetti tecnologici, e sia alla programmazione dei dispositivi automatici di elaborazione dati (computer, in senso lato: PC, tablet, smartphone, etc.) Si noti invece che nella lingua inglese informatica si traduce con il termine: Computer Science (CS), quando ci si riferisce allo studio sistematico dei processi computazionali (e quindi ai principi di programmazione di un elaboratore) Information and Communication Technology (ICT), quando ci si riferisce ai dispositivi tecnologici Estremizzando: nel mondo anglosassone, la computer science sta al computer come l’astronomia sta al telescopio! E in Italia?

L’anima tecnico-applicativa dell’Informatica-ICT Rimanda all’empirismo in filosofia: l’esperienza (cioè l’uso del computer) è alla radice della conoscenza È l’aspetto che viene privilegiato nei corsi di formazione continua e in quelli scolastici primari di alfabetizzazione informatica (locuzione espressamente utilizzata nella Riforma Moratti del 2003 della scuola primaria): il discente viene istruito al mero uso di alcune delle applicazioni digitali di largo consumo, con ampie distorsioni di natura commerciale (in alcune circolari ministeriali viene esplicitamente previsto l’addestramento all’utilizzo di prodotti proprietari!) Conseguenze negative: incapacità di utilizzo consapevole dei mezzi di calcolo, ovvero mancanza di una vera cultura (o educazione) digitale, la quale consente invece di padroneggiare gli strumenti tecnologici e di muoversi a proprio agio nella comunità virtuale (la rete) rapida obsolescenza delle informazioni acquisite, stante il livello di continua innovazione (hardware e software) in ambito tecnologico

L’anima matematica dell’Informatica-CS Rimanda al razionalismo in filosofia La ragione pura (conoscenza a priori) è più affidabile dell’esperienza sensoriale (conoscenza a posteriori) Programmare è assimilabile a un’attività matematica Esempi: teoria della calcolabilità, complessità computazionale, verifica formale della correttezza dei programmi, semantica dei linguaggi di programmazione, etc.

L’informatica come scienza a sé stante L’Informatica-CS è quindi una disciplina scientifica pervasiva e con caratteristiche peculiari, che però stenta a trovare un suo ruolo nel panorama scolastico italiano (e mondiale), anche per via dei richiamati dissensi sulla sua identità culturale; da un punto di vista pedagogico, infatti, insegnare una disciplina scientifica è ben diverso dall’insegnare una disciplina tecnica! Nella comunità accademica, c’è invece consenso sul fatto che l’obiettivo principale dell’informatica è quello di definire degli strumenti metodologici atti a sviluppare, sul piano psicologico, comportamentale ed operativo, l’abilità a risolvere efficientemente ed automaticamente problemi per i quali non si possiede a priori una procedura risolutiva  questo approccio metodologico conduce allo sviluppo del pensiero computazionale, che completa e complementa il classico sviluppo del pensiero logico-matematico Domanda aperta: Come si declina allo stato attuale questo concetto in ambito scolastico?

Il punto di vista del legislatore in Italia: l’Informatica nella scuola secondaria L’informatica, in senso lato, entra nei curricula di molti Istituti tecnici e professionali, con varie sfumature. Tendenzialmente, emerge un quadro confuso in termini di competenze didattiche, anche in riferimento ai requisiti di accesso all’insegnamento della disciplina. Siamo ancora in attesa del regolamento di accorpamento delle classi di concorso, che dovrà mettere ordine nel settore. Vediamo però nel dettaglio come si presenta l’informatica nelle declaratorie dei due indirizzi che più si prestano ad un’analisi di carattere epistemologico: il Liceo Scientifico – Opzione delle scienze applicate, e l’Istituto tecnico tecnologico – Articolazione Informatica

Il punto di vista del legislatore in Italia: l’Informatica al Liceo Scientifico DPR 89/2010 (riordino dei licei ex Legge 30 ottobre 2008, n. 169): Liceo Scientifico – Opzione delle scienze applicate: 2 ore di lezioni settimanali di Informatica nel quinquennio Obiettivi formativi: Il collegamento con le discipline scientifiche, ma anche con la filosofia e l’italiano, deve permettere di riflettere sui fondamenti teorici dell’informatica e delle sue connessioni con la logica, sul modo in cui l’informatica influisce sui metodi delle scienze e delle tecnologie, e su come permette la nascita di nuove scienze  Nella declaratoria viene data enfasi all’anima scientifica della disciplina!

Il punto di vista del legislatore in Italia: l’Informatica al Tecnologico-Informatica DPR 88/2010 (riordino degli istituti tecnici ex Legge 30 ottobre 2008, n. 169): Istituto tecnico tecnologico – Articolazione Informatica: 6 ore di lezioni settimanali di Informatica nel secondo triennio Obiettivi formativi: Saper impostare e risolvere problemi con procedure informatiche, saper gestire il processo di progettazione di dispositivi e strumenti informatici e lo sviluppo delle applicazioni informatiche, saper sviluppare applicazioni informatiche per reti locali o servizi a distanza  Nella declaratoria viene richiamata l’anima tecnico-applicativa della disciplina, ma viene anche data enfasi all’approccio problem solving

Nanos gigantum humeris insidentes L’obiettivo di questo corso è proprio quello di aumentare la vostra sensibilità rispetto all’importanza dello sviluppo del pensiero computazionale Per costruire un sillabo di questo corso coerente con le premesse, proviamo a salire come nani sulle spalle dei giganti!

Sviluppare il pensiero computazionale “Se è vero che un problema non si capisce a fondo finché non lo si deve insegnare a qualcuno altro, a maggior ragione nulla deve essere compreso in modo più approfondito di ciò che si deve insegnare ad una macchina, ovvero di ciò che va espresso tramite un algoritmo." Donald Knuth, autore di The Art of Computer Programming

Sviluppare il ragionamento matematico “Il ragionamento matematico può essere considerato piuttosto schematicamente come l'esercizio di una combinazione di due capacità, che possiamo chiamare intuizione e ingegnosità.“ Alan M. Turing (1912-1954)

Problemi ed algoritmi Per risolvere un problema (computazionale), bisogna quindi coltivare e sviluppare l’intuito e l’ingegno del discente attraverso la comprensione iniziale della natura del problema stesso (ovvero del suo ‘’nucleo’’ matematico), seguita poi dalla progettazione di un’appropriata procedura di risoluzione algoritmica (se possibile!), ovvero una sequenza di istruzioni formali che possono essere tradotte in un linguaggio intellegibile al computer (programma), il tutto concluso da una meticolosa verifica della correttezza del risultato

Gli obiettivi di questo corso Tutto ciò premesso, ci concentreremo quindi sull’anima algoritmica dell’informatica, o più propriamente sulla teoria della computabilità, che a sua volta può essere suddivisa in due grandi filoni: La teoria della calcolabilità, ovvero lo studio della (ir)risolubilità dei problemi computazionali mediante un procedimento di calcolo (algoritmo) La teoria degli algoritmi e della complessità computazionale, ovvero lo studio delle risorse di calcolo (principalmente tempo di esecuzione e spazio di memoria utilizzato) necessarie e sufficienti ad un algoritmo (esatto, approssimato, randomizzato) per risolvere un problema computazionale Il tutto verrà illustrato cercando di utilizzare un linguaggio rigoroso ma senza eccedere nel formalismo, con l’obiettivo quindi di fornire delle idee e del materiale da riutilizzare in classe (opportunamente adattato alle esigenze di ciascuno, ovviamente!)

Le tre giornate Oggi Martedì 3/6/2014 Giovedì 12/6/2014 Facile, difficile, impossibile: spunti di teoria della calcolabilità e principali classi di complessità computazionale dei problemi Martedì 3/6/2014 Essere algoritmista: progettare un algoritmo corretto, efficiente, e possibilmente ottimo Giovedì 12/6/2014 Quando il problema è troppo arduo e tutto il resto fallisce: algoritmi di approssimazione e il potere della randomizzazione

I temi di oggi Che cos’è un algoritmo? Posso sempre risolvere (algoritmicamente) un dato problema? Quanto velocemente? Caratterizzazioni dei problemi in funzione della loro “difficoltà” computazionale: le classi di complessità Il problema da 1 Milione di Dollari: P versus NP

Definizione (necessariamente informale) di algoritmo Procedimento effettivo che consente di risolvere un problema (ovvero di ottenere una risposta ad un determinato quesito) eseguendo, in un determinato ordine, un insieme finito di passi semplici (azioni), scelti tra un insieme (solitamente) finito di possibili azioni. Algoritmo ≠ Programma: un algoritmo è l’essenza computazionale di un programma, ovvero della sua codifica in un certo linguaggio di programmazione, in quanto fornisce una procedura risolutiva depurata da dettagli riguardanti il linguaggio di programmazione stesso, l’ambiente di sviluppo, il sistema operativo

Etimologia della parola algoritmo Il termine Algoritmo deriva da Algorismus, traslitterazione latina del nome di un matematico persiano del IX secolo, Muhammad al-Khwarizmi, che ne descrisse il concetto applicato alle procedure per eseguire alcuni calcoli matematici

Problemi computazionali Un problema computazionale è una relazione tra un insieme di istanze (input) e un insieme di soluzioni (output). Una soluzione algoritmica ad un problema computazionale consiste in un algoritmo che calcola per ogni istanza del problema almeno una soluzione, o che rilascia un certificato di non esistenza di una soluzione. Ad esempio, il problema della fattorizzazione: “Dato un intero positivo n, scomporlo in fattori primi“ ammette una soluzione algoritmica: basta guardare ad uno ad uno tutti i valori minori di n, e per ciascuno di essi, verificare se è primo (scomponendolo a sua volta in fattori primi), e se sì, verificare se divide n.

Tipologie di problemi computazionali Problemi di decisione – Richiedono una risposta binaria ad una domanda. Ad esempio: il numero 29 è primo? Problemi di ricerca – Richiedono di restituire una soluzione del problema. Ad esempio: trovare la media aritmetica di un insieme di numeri Problemi di ottimizzazione – Richiedono di restituire la soluzione migliore (rispetto ad un prefissato criterio) tra tutte quelle possibili. Ad esempio: trovare il cammino di lunghezza minima fra due nodi di un grafo

Una domanda apparentemente strana Possono esistere problemi non calcolabili, cioè irrisolubili (algoritmicamente)? Si noti che se un tale problema esistesse, allora sarebbe preclusa soltanto (si fa per dire!) la sua risoluzione in un numero finito di passi. Ma il concetto di infinito è troppo elusivo per la nostra mente… La risposta alla domanda è sì, e anzi i problemi non calcolabili "sono molti di più" di quelli calcolabili! I problemi si classificano quindi in: problemi non calcolabili (problemi che non ammettono una soluzione algoritmica) problemi calcolabili, a loro volta classificabili in: problemi trattabili (cioè risolvibili in tempi ‘’ragionevoli’’) problemi intrattabili

Insiemi numerabili Un insieme è numerabile (possiede un’infinità numerabile di elementi) ⇔ i suoi elementi possono essere messi in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali. In altre parole, un insieme numerabile è un insieme i cui elementi possono essere enumerati, ossia descritti da una sequenza del tipo a1, a2, ... , an, ...

Insiemi numerabili: esempi Insieme dei numeri naturali N Insieme dei numeri interi Z: n ↔ 2 n+ 1 n ≥0 n ↔2 |n| n< 0 Enumerazione: 0, -1, 1, -2, 2, -3, 3, -4, 4, ... Insieme dei numeri naturali pari: 2n ↔ n Enumerazione: 0, 2, 4, 6, 8, ... Insieme delle sequenze (stringhe) su un alfabeto finito.

Enumerazione delle sequenze Si vogliono elencare in un ordine ragionevole le sequenze costruite su un certo alfabeto (finito) Ordine lessicografico: Si ordinano i caratteri dell’alfabeto (arbitrariamente); quindi si ordinano le sequenze in ordine di lunghezza crescente, e, a parità di lunghezza, in “ordine alfabetico” Una sequenza s arbitraria si troverà, tra quelle di |s| caratteri, in posizione alfabetica tra queste.

Esempio Alfabeto = {a,b,c, ..., z} a, b, c, ..., z, aa, ab, ..., az, ba, ..., bz, ..., za, ..., zz, aaa, aab, .... , baa, ...., zaa, ... , zzz, ...

Enumerazione delle sequenze Ad una sequenza arbitraria corrisponde il numero che ne indica la posizione nell’elenco Ad un numero naturale n corrisponde la sequenza in posizione n  Corrispondenza biunivoca con N

Insiemi non numerabili Esempi: insieme dei numeri reali compresi nell’intervallo chiuso [0,1] insieme dei numeri reali compresi nell’intervallo aperto (0,1) insieme dei numeri reali insieme di tutte le linee nel piano insieme delle funzioni in una o più variabili.

Quante sono le funzioni da numeri naturali in numeri naturali? Sono enumerabili? NO!!! Come possiamo dimostrare che le funzioni da naturali in naturali non sono enumerabili? Si procede con un argomento proposto dal matematico tedesco Georg Cantor nel 1891: la diagonalizzazione

Considerazioni preliminari Consideriamo i possibili sottoinsiemi non vuoti dei numeri naturali: {0}, {0,1}, {2,5,7}… Per ogni sottoinsieme S di N possiamo costruire una funzione che associa ad ogni elemento di N il valore 1 se questi appartiene ad S, e 0 altrimenti Le funzioni da N in N sono quindi almeno tante quanti i sottoinsiemi di N Quanti sono i possibili sottoinsiemi di N?

I sottoinsiemi di N Supponiamo per assurdo che i sottoinsiemi di N siano enumerabili Consideriamo la seguente tabella: 1 2 3 4 … f0 0 1 1 0 … f1 1 0 0 0 … … fi è la funzione che identifica l’i-esimo insieme

Una funzione speciale Costruiamo la seguente funzione: f x0 x1 x2 x3 … 1 2 3 4 … f x0 x1 x2 x3 … dove xi è 1 se l’i-esimo elemento della diagonale è 0, 0 altrimenti. Questa funzione definisce un sottoinsieme di N ma non può apparire nella tabella!!!! Quindi l’ipotesi che le funzioni che definiscono sottoinsiemi di N siano enumerabili non può essere vera!

Funzioni non calcolabili Abbiamo dimostrato che un sottoinsieme delle funzioni da N a N non è numerabile Quindi tali funzioni sono più dei numeri naturali

Dalle funzioni ai problemi Ricordiamo che un problema computazionale è una funzione matematica che associa ad ogni insieme di dati il corrispondente risultato ⇒ Esistono tanti problemi computazionali quante sono le funzioni da N a N ⇒ le funzioni da N a N non sono numerabili ⇒ i problemi non sono numerabili.

|{Algoritmi}| < |{Problemi}| Algoritmi vs Problemi D’altro canto, un algoritmo è una sequenza finita di caratteri su un alfabeto finito, e abbiamo visto che tali sequenze sono numerabili ⇒ |{Algoritmi}| < |{Problemi}| ⇒ Devono esistere problemi per cui non esiste un algoritmo di calcolo, cioè problemi non calcolabili!

Alla ricerca di un problema non calcolabile Abbiamo dimostrato l’esistenza di funzioni/problemi non calcolabili. I problemi che si presentano spontaneamente sono tutti calcolabili. Non è stato facile individuare un problema che non lo fosse. Turing (1930): Problema dell’arresto.

Il problema dell’arresto Consiste nel chiedersi se un generico algoritmo A avente come input un insieme di dati D termina in tempo finito la sua esecuzione, oppure “va in ciclo”, ovvero continua a ripetere la stessa sequenza di istruzioni all’infinito (supponendo di non avere limiti di tempo e memoria).

Esempio #1: Stabilire se un intero p > 1 è primo. Primo(p) //scritto in C fattore = 2; while (p % fattore != 0) fattore++; return (fattore == p); Termina sicuramente (la guardia del while diventa falsa quando fattore = p).

Esempio #2 Algoritmo che trova il più piccolo numero intero pari (maggiore di 4) che NON sia la somma di due numeri primi. L’algoritmo si arresta quando trova n ≥ 4 che NON è la somma di due primi.

Un corrispondente programma Goldbach() //scritto in C n = 2; do { n = n + 2; controesempio = true; for (p = 2; p ≤ n - 2; p++) { q = n - p; if (Primo(p) && Primo(q)) controesempio = false; } } while (!controesempio); return n; //n non è la somma di due primi

Congettura di Goldbach 1792: “ogni numero intero pari n ≥ 4 è la somma di due numeri primi” Congettura falsa  Goldbach() si arresta Congettura vera  Goldbach() NON si arresta  Il programma Goldbach() è funzionalmente utile solo nel caso in cui la congettura sia falsa! Ad oggi la congettura è ancora aperta, ed è nota essere vera fino a numeri dell’ordine di 1018

Osservazione Un algoritmo che risolvesse il problema dell’arresto costituirebbe dunque uno strumento estremamente potente: permetterebbe infatti di dimostrare in tempo finito congetture ancora aperte sugli interi (tipo la congettura di Goldbach).

Teorema Turing ha dimostrato che riuscire a calcolare se un programma arbitrario si arresta e termina la sua esecuzione non è solo un’impresa ardua, ma è addirittura IMPOSSIBILE! TEOREMA Il problema dell’arresto non è calcolabile (più precisamente, NON è DECIDIBILE).

DIMOSTRAZIONE (per assurdo) Se il problema dell’arresto fosse decidibile, allora esisterebbe un algoritmo ARRESTO che, presi A e D come generici dati di input, determinerebbe in tempo finito le risposte: ARRESTO(A,D) = 1 se A(D) termina ARRESTO(A,D) = 0 se A(D) non termina

Osservazioni (1) L’algoritmo ARRESTO non può consistere in un algoritmo che simuli la computazione A(D): se A non si arresta su D, ARRESTO non sarebbe in grado di rispondere 0 in tempo finito.

Osservazioni (2) Osserviamo anche che il dato D può legittimamente essere un algoritmo: gli algoritmi sono rappresentabili con sequenze di simboli, che possono essere presi dallo stesso alfabeto usato per codificare i dati di input. Quindi, ha senso considerare l’ipotesi di dover progettare un algoritmo che indaghi sulle proprietà di altri algoritmi, trattando questi ultimi come dati.

DIMOSTRAZIONE (1) Un algoritmo per algoritmi è un algoritmo A, comunque formulato, che può operare sulla rappresentazione di un altro algoritmo B, che cioè calcola A(B). In particolare, può avere senso determinare se A(A) termina in tempo finito, cioè ARRESTO(A,A) = 1 ⇔ A(A) termina

DIMOSTRAZIONE (2) Se esistesse l’algoritmo ARRESTO, esisterebbe anche il seguente algoritmo: PARADOSSO(A) while (ARRESTO(A,A)) { ; }

DIMOSTRAZIONE (3) ⇔ L’ispezione dell’algoritmo PARADOSSO mostra che: PARADOSSO(A) termina ⇔ x = ARRESTO(A,A) = 0 A(A) non termina

DIMOSTRAZIONE (4) ⇔ PARADOSSO(PARADOSSO) termina Cosa succede calcolando PARADOSSO(PARADOSSO)? PARADOSSO(PARADOSSO) termina ⇔ x = ARRESTO(PARADOSSO, PARADOSSO) = 0 PARADOSSO(PARADOSSO) non termina contraddizione!

DIMOSTRAZIONE (5) Dunque non può esistere nemmeno l’algoritmo ARRESTO. L’unico modo di risolvere la contraddizione è che l’algoritmo PARADOSSO non possa esistere. Dunque non può esistere nemmeno l’algoritmo ARRESTO. In conclusione, il problema dell’arresto è indecidibile! QED

Osservazione Aver dimostrato che il problema dell’arresto è indecidibile implica che non può esistere un algoritmo che decida in tempo finito se un algoritmo arbitrario termina la sua computazione su input arbitrari. Attenzione: ciò non significa che non si possa decidere in tempo finito la terminazione di algoritmi particolari su input particolari (o anche arbitrari)!

Altri problemi non calcolabili Esistono risultati di non calcolabilità relativi ad altre aree della matematica, tra cui la teoria dei numeri e l'algebra, e per problemi meno ‘’esoterici’’ del problema dell’arresto Tra questi, occupa un posto di rilievo il ben noto decimo problema di Hilbert.

Equazioni diofantee Un'equazione diofantea è un'equazione della forma p(x1,x2,...,xm) = 0 dove p è un polinomio a coefficienti interi.

Il decimo problema di Hilbert (1) Data un’arbitraria equazione diofantea, di grado arbitrario e con un numero arbitrario di incognite p(x1,x2,...,xm) = 0 stabilire se p ammette soluzioni intere.

Il decimo problema di Hilbert (2) La questione circa la calcolabilità di questo problema è rimasta aperta per moltissimi anni, e ha attratto l'attenzione di illustri matematici è stata risolta negativamente nel 1970 da un matematico russo allora poco più che ventenne, Yuri Matiyasevich.

Problemi risolubili Concentriamoci ora sui problemi risolubili, ovvero quelli per cui esiste un algoritmo risolutivo (che opera in tempo finito). Il nostro obiettivo è ora quello di separare i problemi trattabili da quelli intrattabili, dove intuitivamente trattabile significa che il problema può essere risolto prima che sia diventato inutile averne trovato la soluzione 

dimensione dell’istanza Complessità computazionale: alcuni concetti di cui non è sempre facile parlare algoritmo istanza efficienza problema modello di calcolo dimensione dell’istanza caso peggiore correttezza

A cosa vogliamo rispondere? CONTESTO: Abbiamo un problema a cui sono associate diverse (infinite) istanze di diversa dimensione. Vogliamo risolvere (automaticamente) il problema progettando un algoritmo. L’algoritmo sarà eseguito su un modello di calcolo e deve descrivere in modo non ambiguo (utilizzando appositi costrutti) la sequenza di operazioni sul modello che risolvono una generica istanza. La complessità temporale/spaziale di un’esecuzione dell’algoritmo è misurata come numero di operazioni eseguite/memoria utilizzata sul modello e dipende dalla dimensione dell’istanza e dall’istanza stessa. Invece, la complessità temporale/spaziale di un algoritmo è il suo numero di operazioni eseguite/memoria utilizzata nel caso peggiore, cioè rispetto all’istanza più difficile da trattare, normalizzato però ovviamente rispetto alla dimensione dell’istanza stessa (perché altrimenti istanze grandi risulterebbero più ‘’difficili’’ di istanze piccole solo per via della loro dimensione). DOMANDA: Quanto è difficile il problema, ovvero, qual è la complessità temporale/spaziale del miglior algoritmo risolutivo che posso sperare di progettare? D’ora in avanti, ci concentreremo sulla risorsa tempo

Modelli di calcolo Innanzitutto, per parlare di complessità computazionale, dobbiamo parlare di modello di calcolo

Un modello storico: la macchina di Turing - troppo di basso livello: somiglia troppo poco ai calcolatori reali su cui girano i programmi - utile per parlare di calcolabilità ma meno utile per parlare di efficienza

Un modello più realistico Macchina a registri (RAM: random access machine) un programma finito un nastro di ingresso e uno di uscita una memoria strutturata come un array ogni cella può contenere un qualunque valore intero/reale, e quindi ha una dimensione infinita due registri speciali: PC e ACC La RAM è un’astrazione dell’architettura di von Neumann, ed è Turing-equivalente, cioè si può dimostrare che tutto quello che si può calcolare su una Macchina di Turing si può calcolare anche su una RAM, e viceversa. Questo non è un caso: infatti, la tesi di Church-Turing, universalmente accettata, afferma che tutti i modelli di calcolo ragionevoli sono o equivalenti o meno potenti della Macchina di Turing!

Macchina a registri RAM: random access machine nastro di Input nastro di Output CPU memoria (come un grosso Array con celle illimitate) PC ACC PC: program counter prossima istruzione da eseguire programma finito ACC: mantiene operandi istruzione corrente

Il concetto di dimensione dell’istanza Formalmente, è il numero di bit strettamente necessari per rappresentare l’istanza sul nastro di input della RAM. Quindi, ad esempio, se l’input è un valore numerico n, allora la dimensione dell’istanza sarà pari alla sua codifica binaria (ed è pari quindi ad un numero di bit logaritmico rispetto al valore, cioè log2n) Si noti però che se l’input è un insieme di dati ‘’omogenei’’ di cardinalità n (ad esempio, un insieme di numeri da ordinare), allora si assume, al fine di semplificare l’analisi dell’algoritmo, che la dimensione dell’input è pari ad n

Modello di calcolo: cosa posso fare L’analisi della complessità di un algoritmo è basata sul concetto di passo elementare Passi elementari su una RAM istruzione ingresso/uscita (lettura o stampa) operazione aritmetico/logica accesso/modifica del contenuto della memoria

T(n) = max istanze I di dimensione n {tempo(I)} Il caso peggiore di un algoritmo Sia tempo(I) il numero di passi elementari di un algoritmo sull’istanza I. Allora, la complessità computazionale dell’algoritmo è: T(n) = max istanze I di dimensione n {tempo(I)} Intuitivamente, T(n) è il numero di passi elementari dell’algoritmo sulle istanze di ingresso che comportano più lavoro per l’algoritmo stesso Perché è importante? Perché rappresenta una garanzia (cioè una limitazione superiore) sul tempo di esecuzione su ogni possibile istanza di input! Domanda: Analogamente a quanto accade con lo studio delle funzioni in analisi matematica, ha senso caratterizzare T(n) al tendere di n all’infinito, cioè al crescere della dimensione dell’input?

la notazione asintotica Una grande idea: la notazione asintotica Idea: descrivere T(n) in modo qualitativo, ovvero perdere un po’ in precisione (senza perdere l’essenziale) e guadagnare in semplicità, al fine di raggruppare gli algoritmi in classi di equivalenza rispetto alla loro complessità computazionale.

Notazione asintotica O f(n) = O(g(n)) se  due costanti c>0 e n0≥0 tali che 0f(n) ≤ c g(n) per ogni n ≥ n0

Esempi: Sia f(n) = 2n2 + 3n, allora f(n)=O(n3) (c=1, n0=3) In generale, un qualsiasi polinomio di grado k appartiene a O(nk)

Notazione asintotica O e concetto di limite

Complessità computazionale (o temporale) di un algoritmo e di un problema Definizione Un algoritmo A ha una complessità computazionale O(f(n)) su istanze di dimensione n se T(n)=O(f(n)) Definizione (upper bound di un problema) Un problema Π ha una complessità computazionale o upper bound O(f(n)) se esiste un algoritmo che risolve Π la cui complessità computazionale è O(f(n))

La classe Time Ora che abbiamo definito i concetti di dimensione dell’istanza, modello di calcolo e notazione asintotica ‘’O’’, possiamo introdurre la classe Time: Data un’istanza di dimensione n, e data una qualunque funzione f(n), chiamiamo Time(f(n)) l’insieme dei problemi che possono essere risolti sulla RAM in tempo O(f(n)).

Esempi Il problema della ricerca, ovvero di verificare se un certo elemento è presente in un dato insieme di dimensione n, appartiene a Time(n): basta scorrere tutti gli elementi e verificarne la presenza Lo stesso problema, nel caso in cui gli elementi fossero ordinati, si può dimostrare che appartiene a Time(log n). Esercizio per casa: Riuscite a progettare un algoritmo con tale complessità temporale? NOTA: Time(1) denota i problemi che possono essere risolti in tempo costante, indipendentemente dalla dimensione dell’istanza (sono quindi problemi banali)