Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo

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Transcript della presentazione:

Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo

La crisi del dopoguerra Passati gli entusiasmi, anche i paesi vincitori come l’Italia sono in difficoltà finanziarie: Forte indebitamento estero conseguente debolezza monetaria: inflazione e svalutazione. economiche: Riconversione della produzione dall’economia di guerra a quella di pace.

Agitazione sociale Il dopoguerra vede un incremento della conflittualità sociale e degli scioperi: L’esperienza del fronte ha favorito il maturare di una “coscienza di classe” tra i proletari; il numero degli iscritti a leghe e sindacati cresce radicalmente; l’inflazione spinge alla lotta per adeguare i salari al costo della vita; i contadini chiedono (e occupano) le terre promesse dopo Caporetto.

La reazione borghese Proprietari e industriali guardano con preoccupazione al nuovo “clima”: Vorrebbero mantenere i vantaggi sociali ed economici di cui hanno goduto durante la guerra (che per molti è stato un ricco affare). Sentono l’esigenza di un potere forte per far fronte alla “minaccia bolscevica” Di fronte al nuovo potere sindacale anche gli industriali si organizzano: nel 1919 nasce la Confindustria.

Lo scontento dei ceti medi La piccola-media borghesia: subisce gli effetti dell’inflazione su stipendi e risparmi; è turbata dai disordini sociali e dalla debolezza del governo; dopo aver ricoperto ruoli di responsabilità in guerra fatica a rientrare nella vita civile; Sinceramente interventista, è delusa dei risultati delle trattative di pace e dalla “vittoria mutilata”.

Linea Wilson Confine 1915 Fiume

L’impresa di Fiume Nel settembre del 1919, d’Annunzio, insieme a volontari e reparti insubordinati dell’esercito occupa Fiume che gli alleati intendevano assegnare alla Jugoslavia. Il governo Italiano, presieduto da Nitti, succeduto a Orlando dopo la crisi di Versailles, non interviene. Fiume resta in mano ai dannunziani.

Novità politiche del 1919 In gennaio Don Luigi Sturzo, con il consenso del papa, fonda il Partito Popolare (partito cattolico ma autonomo rispetto alla Chiesa). In marzo Mussolini a Milano fonda il Movimento dei Fasci di Combattimento, con un programma in cui convivono istanze rivoluzionarie e nazionalismo.

Elezioni politiche del 1919 Sono le prime che si svolgono con il sistema proprozionale, che premia i partiti di massa. La camera risulta suddivisa in tre “poli” (liberali, popolari e socialisti) senza che alcuna forza possieda la maggioranza. Ne deriverà una forte instabilità politica (6 governi tra 1919 e 1922).

I governi del dopoguerra ottobre 1917 – giugno 1919 Orlando giugno 1919 – maggio 1920 Nitti I maggio 1920 – giugno 1920 Nitti II giugno 1920 – luglio 1921 Giolitti V luglio 1921 – febbraio 1922 Bonomi I febbraio 1922 – agosto 1922 Facta I agosto 1922 – ottobre 1922 Facta II ottobre 1922 – luglio 1943 Mussolini

Il quinto governo Giolitti Nel 1920 Giolitti è chiamato al governo per far fronte ad una situazione sociale sempre più difficile. I contrasti tra metalmeccanici e imprenditori portano in autunno alle occupazioni delle fabbriche. Ispirate dai socialisti del gruppo di “Ordine nuovo” (leader: Gramsci), favorevole alla costituzione dei consigli di fabbrica.

La debolezza socialista Le idee di Ordine nuovo non hanno però successo nel PSI dove prevale una posizione ribellistica, di astratta contrapposizione alle forze borghesi, incapace di attuare una concreta strategia rivoluzionaria. Nel congresso di Livorno del 1921 la sinistra (Gramsci, Bordiga) si separa: nasce il Partito Comunista, aderente alla Komintern (nata nel 1919).

I successi di Giolitti Il governo si mantiene neutrale ed offre una mediazione tra operai e imprenditori che porta alla fine delle occupazioni. Giolitti abolisce il prezzo politico del pane, ma introduce tassa di successione e nominatività dei titoli. Col trattato di Rapallo (1920) con la Jugoslavia Fiume diviene città libera ed è sgomberata dai dannunziani.

Il fallimento Ma le mediazioni giolittiane sembrano debolezza a gran parte dell’opinione pubblica: sia agli imprenditori, che avrebbero voluto dal governo l’uso della forza sia al ceto medio, preoccupato per il diffondersi dei sovversivi. Dal 1920, abbandonate le velleità rivoluzionarie, il movimento fascista si fa difensore delle loro esigenze.

Il fascismo nelle campagne A partire dalle campagne emiliane, i fascisti organizzano “squadre d’azione” che attaccano leghe, cooperative, amministrazioni socialiste. Le azioni ottengono l’appoggio e il finanziamento dei possidenti ma anche di piccoli proprietari, stanchi del potere acquisito dalle organizzazioni “rosse”.

Da un testo scolastico del 1938: “Intanto il movimento e la sua audacia aggressiva si estendono a tutta l’Italia [...] Nella lotta quotidiana e incessante i sovversivi [...] sono dapprima costretti alla difensiva, poi il Fascismo ne tronca gli scioperi e ne conquista le posizioni e in molte provincie assume i poteri, sostituendosi ai rossi e alle autorità dello Stato, impotenti a difendere l'osservanza della legge. Lo squadrismo […] si dà ben presto[…] una gerarchia e un ordinamento militare, con le denominazioni romane di squadre, manipoli, centurie, coorti, legioni e con l’assunzione dei simboli, dei distintivi, dei canti, della camicia nera e del berretto o elmo degli « arditi » e si arma, oltre che del celebre manganello, di bombe a mano, di rivoltelle e di mitragliatrici.”

“All’interno, occupazione delle fabbriche da parte degli operai, scioperi, violenza, anarchia; lo Stato impotente a farsi obbedire. Ma il Fascismo, colla bellezza e santità dei suoi ideali e col fascino e l’impeto della sua azione ardimentosa, raccoglie sotto i suoi gagliardetti numerose falangi di ex combattenti, di intellettuali, di studenti, di cittadini, appartenenti alla borghesia urbana, di industriali, di gruppi di operai, (nazionalisti, liberali, e perfino comunisti) e oppone sempre più vigorosamente la forza contro la violenza, organizza il lavoro di volontari contro gli scioperi nei pubblici servizi, moltiplica le spedizioni punitive contro i giornali sovversivi, contro le organizzazioni e assume le difesa dello Stato, sostituendosi alle autorità costituite impotenti e imbelli.” E. Barilli, L’Italiano Nuovo, Manuale di Cultura Fascista

Lo squadrismo dilaga Le azioni dimostrative, di intimidazione e punitive si diffondono anche nelle città, praticamente impunite a causa della connivenza delle forze dell’ordine. Lo stesso Giolitti mira ad utilizzare i fascisti per i suoi fini trasformistici e, per le elezioni del 1921, offre loro posto nelle liste liberali. 35 fascisti entrano così in Parlamento.

Da antipartito a partito Mentre si susseguono i deboli governi Bonomi e Facta, incapaci di contenere le violenze, Mussolini intuisce la possibilità della conquista del potere. Al congresso di Roma del 1921 il movimento rinuncia all’impostazione repubblicana e anticlericale, si trasforma in Partito Nazionale Fascista e aspira apertamente al governo.

La marcia su Roma Al congresso di Napoli del 1922 i fascisti decidono di portare le proprie “milizie” a Roma per ottenere il governo. Il re rifiuta di fare intervenire l’esercito contro le squadre che il 28 ottobre entrano pacificamente nella capitale e chiama Mussolini (che era a Milano) a sostituire il dimissionario Facta.