L’AGGRESSIVITA’ E L’ALTRUISMO

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L’AGGRESSIVITA’ E L’ALTRUISMO

CHE COS’E’ L’AGGRESSIVITA’ ?

Sapete se…. L’aggressività è biologicamente determinata o si apprende? Quali circostanze facilitano l’aggressività? I media influenzano l’aggressività? Si può ridurre l’aggressività?

La parola deriva dal termine aggredior, che può significare sia assalire sia andare verso, intraprendere. Spesso il termine aggressione viene usato per intendere comportamenti diversi: conflitto, competizione, coercizione, violenza e bullismo. Le numerose difficoltà di concettualizzare un definizione unitaria hanno stimolato Storr (1968) a definirla una parola valigia entro la quale si può mettere tutto.

L’aggressività La maggior parte degli studiosi definiscono l’aggressività come l’insieme di azioni dirette a colpire uno o più individui tale da provocare loro sofferenze di natura fisica e/o morale. Nel suo significato etimologico il termine “aggressività” ha in sé una molteplicità di significati che rispecchiano la complessità del fenomeno.

Diversi approcci teorici Psicoanalisi Etologia Comportamentismo Apprendimento sociale

. Gli esseri umani sono “naturalmente” buoni o cattivi? Freud (1929): L’aggressività permette di indirizzare l’energia distruttiva verso l’esterno consentendo all’energia vitale, espressione dell’istinto di autoconservazione, di prevalere

Approccio etologico I comportamenti aggressivi sono funzionali alla sopravvivenza individuale ed al mantenimento della specie Sia l’approccio freudiano che quello etologico considerano dunque l’aggressività come “naturale” ed inevitabile

Lorenz considera l’aggressività un istinto che esige una scarica periodica. Egli distingue tra aggressività interspecifica che si attua tra individui di specie diverse e aggressività intraspecifica, che si attua tra individui della stessa specie. Solo quest’ultima è considerata dall’autore vera aggressività. L’aggressività è ritenuta una disposizione comportamentale innata che ha origine dalla selezione naturale e che come altre disposizioni quali il prendersi cura dei piccoli, accresce le probabilità di sopravvivenza e la conservazione della specie.

L’approccio comportamentista Uno degli approcci descrittivi allo studio dell’aggressività considera l’aggressività come un istinto interno, stimolato da eventi esterni. L’ipotesi più nota è quella definita frustrazione- aggressività (Dollard, 1939) secondo la quale ogni evento frustante, ogni situazione che ostacola la tendenza dell’individuo a raggiungere un obiettivo, diventa origine di aggressività e provoca una sequenza comportamentale la cui risposta è un’offesa di solito rivolta verso l’oggetto ritenuto causa dell’impedimento.

I livelli di spiegazione del comportamento antisociale frustrazione aggressività Esempio: una bocciatura a un esame può indurre aggressività verso il professore o più probabilmente verso amici o familiari

L’intensità dell’aggressione varia con l’intensità della frustrazione e dipende dal grado con cui viene ostacolato il raggiungimento dell’obiettivo nonché dal numero di frustrazioni precedenti. E’ chiaro che non tutte le frustrazioni hanno come conseguenza l’aggressività e non tutti gli atti aggressivi sono il risultato di una frustrazione precedente.

Aspetti positivi: l’ipotesi frustrazione-aggressività prende decisamente le distanze da una concezione di aggressività come prodotto di un istinto innato Critiche: la frustrazione può indurre risposte diverse dall’aggressività (es. pianto), così come non sempre i comportamenti aggressivi sono causati da frustrazioni individuali (es. terrorismo) Rielaborazione di Berkowitz: • L’aggressività è solo una delle risposte possibili a un sentimento negativo; diventa dominante quando nella situazione sono presenti stimoli a cui la persona ha associato una connotazione aggressiva • Studio sull’ “effetto arma”: in presenza di uno stato d’animo negativo, la presenza di un’arma aumenta l’intensità della risposta aggressiva (Berkowitz e LePage, 1967)

Bandura All’interno della teoria comportamentista, Bandura propone un diverso approccio teorico all’aggressività: l’aggressività può essere prodotto della frustrazione solo se sin da bambini essa è stata appresa come risposta ad un aumento della tensione. La frustrazione è una facilitazione per il verificarsi del comportamento aggressivo ma non una condizione necessaria perché ciò avvenga. Si ipotizza che il comportamento aggressivo venga acquisito attraverso l’imitazione di modelli parentali, dei coetanei, della televisione.

Il comportamento aggressivo si sviluppa attraverso feedback sotto forma di gratificazioni e punizioni. Particolare importanza riveste l’ambiente sociale, infatti l’apprendimento avviene attraverso l’esercizio e l’imitazione ed in tutti e due i casi è una rete di rapporti interpersonali che seleziona i rinforzi e propone i modelli.

Disimpegno morale Bandura pone l’accento al processo di disimpegno morale, processo che mira a dissociare l’azione dalla propria valutazione morale rendendo così possibili e giustificati comportamenti che normalmente una persona non considera accettabili. Secondo questo processo, individuo, comportamento ed ambiente sono reciprocamente dipendenti. Maggiore è il disimpegno morale, minore è il senso di colpa e il bisogno di riparare al male causato dalla condotta lesiva. Es. un ragazzo potrebbe ritenere inaccettabile dire una bugia secondo i propri principi morali mentre per gli amici ammissibile influenzando cosi la sua condotta. Più alto è il disimpegno morale minore il senso di colpa provato e viceversa.

Bandura ha elaborato 8 processi capaci di disimpegnare il controllo interno dissociandolo dalla condotta immorale e cancellando le autocensure. Tali processi cognitivi, secondo Bandura, operano nelle manifestazioni violente le quali possono trovare forme di giustificazione che riducono l’autocensura morale senza minare l’autostima personale.

Meccanismi di disimpegno morale Giustificazione morale: “se lo è meritato:è un ladro” Etichettamento eufemistico “non l’ho picchiato, gli ho dato uno spintone” Confronto vantaggioso “gli ho dato solo uno spintone, mica un pugno” Diffusione di responsabilità “non sono stato solo io, hanno partecipato anche altri” Dislocamento di responsabilità “Marco mi ha detto di colpirlo” Distorsione delle conseguenze “non si è fatto niente” Disumanizzazione della vittima “E’inferiore a ma, potevo farlo” Attribuzione della colpa “E’ stato Luigi ad iniziare offendendomi” Ridefinizione della condotta riprovevole Ridefinizione della responsabilità personale Ridefinizione delle Conseguenze dell’azione riprovevole Ridefinizione del ruolo di vittima

L’imitazione P osserva un comportamento aggressivo di O Il comportamento di O porta a conseguenze desiderate Maggiore probabilità che P agisca come O in situazioni analoghe

Esperimento Bandura formò tre gruppi di bambini in età prescolare: - primo gruppo uno dei suoi collaboratori si mostrò aggressivo nei confronti di un pupazzo gonfiabile chiamato Bobo. L'adulto picchiava il pupazzo con un martello gridando: «Picchialo sul naso!» e «Pum pum!». - secondo gruppo, quello di confronto, un altro collaboratore giocava con le costruzioni di legno senza manifestare alcun tipo di aggressività nei confronti di Bobo. - terzo gruppo, quello di controllo, era formato da bambini che giocavano da soli e liberamente, senza alcun adulto con funzione di modello. In una fase successiva i bambini venivano condotti in una stanza nella quale vi erano giochi neutri (peluche, modellini di camion) e giochi aggressivi (fucili, Bobo, una palla con una faccia dipinta legata ad una corda). Bandura poté verificare che i bambini che avevano osservato l'adulto picchiare Bobo manifestavano un'incidenza maggiore di comportamenti aggressivi, sia rispetto a quelli che avevano visto il modello pacifico sia rispetto a quelli che avevano giocato da soli.

Le forme dell’aggressività Berkowitz negli anni ‘70 ha distinto i comportamenti aggressivi che si accompagnano ad un’eccitazione motoria (come nel caso della rabbia o dolore) dalle aggressioni strumentali, attuate per perseguire un fine diverso. Una differenziazione simile è stata effettuata da Feshbach (1964, 1970) nel distinguere l’aggressione accidentale ed intenzionale: accidentale Aggressività ostile intenzionale strumentale

Le tipologie di aggressività OSTILE Volontà a procurare un danno fisico o materiale, o un danno psicologico STRUMENTALE Mirato al raggiungimento di un obiettivo REATTIVA Quando si restituisce una risposta violenta all’aggressione di un altro LUDICA “giochi turbolenti”, bambini e ragazzi che condividono una finalità ludica nonostante siano presenti atti violenti

Innatisti e Comportamentisti Approcci teorici Innatisti e Comportamentisti Imitazione sociale

LE NORME SOCIALI Milgram (1963): “Gente “normale” può da un momento all’altro rendersi complice di un processo di distruzione” Lo scopo dell'esperimento era quello di studiare il comportamento di soggetti a cui un'autorità (nel caso specifico uno scienziato) ordina di eseguire delle azioni che confliggono con i valori etici e morali dei soggetti stessi. Studio: maestro e allievo (questo collaboratore) Procedura: Un partecipante, nel ruolo di “maestro”, deve infliggere scosse elettriche di diversa intensità ad un “allievo” quando questi compie errori in un compito di ricordo Risultati: il 65% dei rispondenti arriva ad infliggere la scossa più forte.

Si assegnò “a sorte” al soggetto ingenuo la funzione di maestro Nella sala 2 soggetti: un complice e il soggetto ingenuo Si assegnò “a sorte” al soggetto ingenuo la funzione di maestro (doveva leggere una serie di coppie di parole). Il complice doveva rispondere usando 4 pulsanti

Ad ogni errore il soggetto doveva punire usando scariche elettriche di intensità crescente: 30 leve che andavano dai 15 volts a 450 volts

Sul generatore c’erano scritte indicazioni come: “leggera” – “moderata”- “forte” – “intensa” – “estremamente intensa”- “con pericolo di morte” (!!) Il complice, in un’altra stanza, sbagliava volontariamente e il soggetto veniva esortato a premere una leva

Il complice nell’altra stanza... A 75 V iniziava a gemere; A 120 V diceva di sentire dolore; A 135 V urlava; A 150 V diceva di non voler continuare; A 180 V di non farcela più; A 270 V emetteva un grido d’angoscia ; A 300 V rantolava e non rispondeva più alle domande

Lo sperimentatore invitava a continuare... “Continuate, per piacere” – “Vi prego di continuare” – “E’ assolutamente indispensabile continuare”- “L’esperimento esige che si continui

FORTE STATO D’ANSIA (trema, suda, COSA STA ACCADENDO AL SOGGETTO? - CONFLITTO CRESCENTE FORTE STATO D’ANSIA (trema, suda, balbetta proteste, si morde le labbra...) SI SENTE IN DOVERE DI OBBEDIRE ALL’AUTORITA’

PERCHE’ QUESTI RISULTATI? Il soggetto si sente un mero esecutore senza responsabilità Prova paura e inquietudine all’idea di disobbedire ad un’autorità legittima L’ESPERIMENTO DI MILGRAM FU REPLICATO IN OLANDA, GERMANIA, SPAGNA, ITALIA, AUSTRALIA E GIORDANIA. I RISULTATI FURONO SIMILI.

Minore distanza soggetto-vittima Minore obbedienza (minore intensità scosse) Maggiore distanza soggetto-sperimentatore

DINAMICA DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO Interpretazione che si dà alla situazione in cui si trova e dell’evento (pacca sulla spalla) Importante il ruolo dell’attribuzione di intenzionalità (in un posto affollato il colpo al gomito può essere interpretato accidentale) La scelta della risposta da attivare è determinata dalla - percezione delle conseguenze -attivazione emotiva negativa -norme

comportamento di aiuto prosociale Altruismo aiutare per aiutare aiutare per un secondo fine comportamento di aiuto Hartshorne e May (1929)

Kitty Genovese Il 13 marzo, 1964 Kitty Genovese venne aggredita e uccisa sotto gli occhi di almeno 38 persone che si trovavano alle finestre delle loro abitazioni nel quartiere del Queens a New York. L’aggressione durò 35 minuti . Nessuno chiamò la polizia. Perché?

Livelli di spiegazione dei comportamenti prosociali L’altruismo è una caratteristica individuale? Latané e Darley (1968): l’attuazione di comportamenti altruistici non è legata solo a fattori individuali, ma anche a fattori situazionali • L’intervento di soccorso a qualcuno in difficoltà è molto più probabile se l’individuo ritiene di essere l’unica persona presente nella situazione • La numerosità dei presenti influisce sulla decisione di aiutare: più sono le persone che assistono alla richiesta di aiuto, minore è la probabilità che l’individuo intervenga in soccorso della “vittima” • Interpretazione in termini di diffusione della responsabilità: non potendo osservare i comportamenti reciproci, ciascuna delle persone presenti finisce per pensare che qualcun altro abbia già provveduto al soccorso

L’altruismo per la conservazione della specie Insetti prosociali come le formiche e le api ha permesso di dimostrare nel regno animale, gli individui sterili spendono la loro vita nell’aiuto e nella protezione di quelli fecondi.

L’altruismo può essere considerato una dimensione di personalità? • Secondo alcune ricerche, la personalità altruistica sarebbe associata a tratti di personalità come: alta stima di sé, alta competenza morale, locus of control interno, basso bisogno di approvazione esterna, forte senso di responsabilità sociale • Penner e al. (1995) hanno distinto due fattori: “empatia verso gli altri” e “propensione all’aiuto” • Secondo altri studi, il fattore che meglio permette di predire il comportamento di aiuto è la percezione della propria efficacia Critiche: La dimensione di personalità spesso non è sufficiente per prevedere la messa in atto di comportamenti altruistici; è necessario considerare anche altri livelli, quali ad esempio le caratteristiche del contesto e fattori culturali

Il ruolo dell’empatia Hoffman (1975): • Elementi caratterizzanti l’empatia sono la compassione, la tenerezza, la simpatia verso una persona in difficoltà • A questi si aggiunge un processo cognitivo: l’osservatore assume la prospettiva dell’altro • L’empatia rende più probabile l’attuazione di una risposta di aiuto Tuttavia, l’osservazione della sofferenza altrui può attivare due emozioni: • disagio personale • reale preoccupazione per l’altra persona Quale di queste emozioni motiva il comportamento di aiuto?

Cialdini et al. (1973): Ipotesi del sollievo dallo stato negativo • I comportamenti di altruismo derivano da una motivazione fondamentalmente egoistica: rimuovere l’angoscia causata dall’osservazione della sofferenza altrui • La percezione di diffusione di responsabilità rende la fuga una risposta funzionale alla riduzione dell’angoscia Batson et al. (1989): Modello dell’empatia - altruismo • Se le persone percepiscono la vittima simile a sé, decidono di aiutarla anche se potrebbero sottrarsi alla vista delle sue sofferenze Critica di Cialdini et al. (1997): • Se la somiglianza percepita è forte, si crea un senso di unità interpersonale che causa una certa sovrapposizione sé - altro: risulta difficile distinguere motivazioni altruistiche ed egoistiche

Norme che regolano la solidarietà verso le persone in difficoltà: • norma di reciprocità: bisogna restituire l’aiuto a chi ce l’ha offerto o potrà farlo in futuro • norma di responsabilità sociale: dobbiamo aiutare chi dipende da noi, soprattutto se appartenente alla nostra famiglia (bambini, malati), ma anche i membri deboli della società • norme di non intervento: in alcuni casi (es. nelle dispute familiari), intervenire in aiuto significa intromettersi. Seguono il principio dei “i panni sporchi vanno lavati in famiglia” Affinché una norma influenzi il comportamento, deve: • essere stata appresa e interiorizzata durante la socializzazione • essere percepita come pertinente nella specifica situazione

Tre forme di altruismo (Moscovici, 1994) • Altruismo partecipativo: comportamenti che favoriscono la vita collettiva nella comunità Esempio: volontariato • Altruismo fiduciario: comportamenti finalizzati a stabilire un legame di fiducia con l’altro, creando vincoli di reciprocità Esempio: relazioni di vicinato • Altruismo normativo: aiuto alle persone in difficoltà da parte delle istituzioni sociali, regolato da sistemi di norme formali Esempio: sussidio di disoccupazione

Dinamica del comportamento atruistico DEFINIZIONE DELL’EVENTO Sembra che le persone si impegnano ad aiutare persone che lo meritano Molte volte si cade nell’errore di attribuzione Cioè tendenza di sopravvalutare le cause interne nella spiegazione del comportamento altrui. Dinanzi una persona che barcolla pensiamo ad un ubriaco piuttosto che ad una persona che ha avuto un malore, ciò si traduce probabilmente in una mancanza di aiuto. A tale distorsione si aggiunge l’idea di un mondo giusto, ordinato e razionale in cui la casualità ha un ruolo limitato.

DINAMICA DEL COMPORTAMENTO ALTRUISTICO EFFETTIVA DECISIONE DI AIUTARE INFLUENZA DELLA PRESENZA DI ALTRI ERRORE FONDAMENTALE DI ATTRIBUZIONE DEFINIZIONE DELL’EVENTO ATTRIBUZIONE DI CAUSA CREDENZA NEL MONDO GIUSTO NORME SOCIALI RILEVANTI VALUTAZIONE DEI COSTI ATTRIBUITI ALL’AIUTO EFFETTIVA DECISIONE DI AIUTARE

Latané e Darley (1970) situazioni: a- un sogg. per volta ..... questionario (la qualità della vita nelle grandi metropoli)   situazioni: a- un sogg. per volta ..... b- sogg + 2 complici.... ….dallo sportellino fuoriesce un denso fumo…

RISULTATI QUANDO ERANO SOLI ENTRAVANO AD AVVERTIRE LO SPERIMENTATORE SE ERANO IN COMPAGNIA SOLO IL 38% SI ALZAVA PER AVVERTIRE ENTRO I PRIMI MINUTI DINANZI UN EVENTO INSOLITO E AMBIGUO LE PERSONE OSSERVANO IL COMPORTAMENTO DEGLI ALTRI PER CAPIRE LA SITUAZIONE SENZA PENSARE CHE ANCHE GLI ALTRI FANNO LO STESSO “Ignoranza pluralistica”