Esercitazione 1 7 marzo 2014 Petya G. Garalova

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Transcript della presentazione:

Esercitazione 1 7 marzo 2014 Petya G. Garalova petya.garalova@hotmail.com Assistenza studenti Venerdì dalle 16.15 alle 17.15 Esercitazione 1 7 marzo 2014 7 marzo 2014

Scopo delle esercitazioni Gli obiettivi delle esercitazioni sono: Ripassare/rafforzare quanto appreso a lezione con il Prof. Ginebri Approfondire aspetti “applicativi” della materia, principalmente: Esercizi numerici Rappresentazioni grafiche

Scienza economica Economia: “scienza che studia il comportamento umano come una relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi” (Robbins , 1945). “studia i processi attraverso i quali le società ... decidono che cosa, come e per chi produrre” (Begg, Fischer, Dornbusch, 2008, 3° ed., pag. 3).

Scarsità Concetto molto importante in economia. Tuttavia, il linguaggio economico ne da un’accezione particolare: Un bene è scarso se la sua quantità disponibile non è sufficiente a soddisfare tutti gli usi produttivi (quindi la domanda di tale bene).

Scarsità Implica che si debbano operare delle scelte. Ogni scelta deve essere valutata in base a vari fattori. Tra i fattori che devono essere considerati ci sono i costi e i benefici.

Costi Ci sono diversi tipi di costo: Costi fissi Costi variabili Costi sociali Costo opportunità Ecc. Più avanti avremo modo di approfondire i vari concetti.

Costo opportunità (1) Valutazione della quantità di un bene o servizio a cui devo rinunciare al fine di ottenere un altro bene o servizio. Ad esempio, il salario può essere considerato il costo opportunità del tempo libero.

Beneficio Nelle valutazioni non vanno considerati solo i costi, ma anche i benefici. Nell’esempio precedente, se decido di non andare a lavorare significa che do una valutazione del beneficio derivante da tale scelta che è maggiore rispetto al salario.

Scarsità e usi alternativi delle risorse Rappresentazione grafica Dati 25 20 15 10 5 Cibo Vestiti Lav. Prod. 4 25 3 22 1 9 2 17 10 24 30 Cibo 0 5 10 15 20 25 30 Vestiti

Frontiera delle possibilità produttive F.P.P. 25 20 15 10 5 A Per ogni dato livello di produzione di un bene ci dà la massima quantità producibile di un altro bene B C Cibo X D Y E 5 10 15 20 25 30 Vestiti

Fattibilità ed efficienza Il punto “X” non è efficiente (tecnologicamente) in quanto, impiegando tutte le risorse, potrei ottenere: 12 unità aggiuntive di cibo; oppure 14 unità aggiuntive di vestiti. Il punto “Y” non è fattibile in quanto: impiego 4 lavoratori per ottenere solo 30 vestiti; oppure Impiego 1 lavoratore per 1 unità di cibo e i rimanenti 3 producono al massimo 24 vestiti.

Legge dei rendimenti decrescenti Dai dati della tabella si potrebbe pensare che: 1 lavoratore produce 10 unità di cibo; 3 lavoratori producono 9 x 3 = 27 unità di vestiti. Tuttavia, la legge dei rendimenti decrescenti indica che la produttività media dei lavoratori diminuisce quando aumentano i lavoratori impiegati nello stesso settore.

Legge dei rendimenti decrescenti Cibo Vestiti Lav. Prod. Prod.Med 4 25 25/4 = 6,3 3 22 22/3 = 7,3 1 9 9/1 = 9 2 17 17/2 = 8,5 10 10/1 = 10 24 24/3 = 8 30 30/4 = 7,5

Costo opportunità (2) ∆(vestiti) ∆(cibo) ciboB − ciboA Qual è il costo opportunità associato al passaggio dal punto “A” al punto “B”? Per passare da “A” a “B” devo rinunciare a produrre 3 unità di cibo per produrre 9 unità di vestiti. Il costo opportunità marginale è quindi: ∆(vestiti) ∆(cibo) ciboB − ciboA vestitiB − vestitiA 9 − 0 22 − 25 −0,33 = Devo quindi rinunciare a 0,3 unità di cibo per ogni unità di vestiti passando dal punto “A” al punto “B”.

Strumenti di analisi La misura del costo opportunità appena visto può essere ricavata come il rapporto incrementale associato alla variazione dal punto “A” al punto “B”. Dobbiamo quindi introdurre elementi analitici/matematici.

Economia e strumenti quantitativi La scienza economica positiva offre spiegazioni oggettive in merito al funzionamento economico. A tal fine, si formulano dei modelli che vengono formalizzati con strumenti matematici. Questi modelli sono accompagnati da analisi quantitative (econometria) in modo da appurare se, ed eventualmente in che misura, il modello si adatta alla realtà.

Rappresentazione dei dati Supponendo di avere due serie (“X” e “Y”), queste possono essere rappresentate nel piano cartesiano: Ordinate y Ascisse II quandrante I quandrante I: x>0, y>0 II: x<0, y>0 III: x<0, y<0 IV: x>0, y<0 x III quandrante IV quandrante

Dati del PIL in Venezuela (1) Dati del Prodotto Interno Lordo in Venezuela dal 1990 al 2001, in miliardi di BLV.

Dati del PIL in Venezuela (2)

Dati del PIL in Venezuela (3) Nel grafico è rappresentato il PIL aggregato ed ogni punto ci da una combinazione(PIL, tempo). Prima di andare avanti, notiamo che i dati ci dicono che il PIL in Venezuela è cresciuto annualmente in media del 42,2% (“miracolosamente”...). Media(∆PILt / PILt−1) = Media((PILt − PILt −1) / PILt −1) ≈ 42%

Dati del PIL in Venezuela (4) Notato qualcosa? Abbiamo considerato il PIL nominale. Sebbene la rappresentazione grafica sia giusta (è il PIL nominale), non è molto significativa sull’andamento economico del Venezuela in quanto viene inclusa la dinamica dei prezzi (cioè l’inflazione): dobbiamo, quindi, considerare il PIL reale (che esclude tali effetti).

Variabili in termini correnti e costanti Variabili nominali (correnti, in valore): sono espresse al prezzo corrente (prezzo di mercato, ai produttori,...) Variabili reali (costanti, in volume): sono espresse ad un sistema di prezzi relativo ad un anno base.

Tenere conto dell’andamento dei prezzi Prendiamo la variazione percentuale dei due aggregati tra il 1999 e il 2000: PIL corrente → 79655,7 / 59344,6 − 1 = 0,342 = 34,2% PIL costante → 79655,7 / 76823,3 − 1 = 0,037 = 3,7% Notiamo poi che la variazione percentuale dei prezzi è stata di circa (1 / 0.77−1)×100 ≈ 30%. La differenza tra variazioni percentuali del PIL nominale e costante è circa, appunto, al 30% (34,2% − 3,7% = 30%).

Inflazione In effetti, in Venezuela durante il periodo 1991- 2001 il tasso di inflazione (variazione percentuale dell’indice dei prezzi al consumo) è stata pari a circa il 42%. Il PIL reale è cresciuto in media nel periodo 1990- 2001 del 2,3%. Nota: il CPI (Consumer Price Index) non coincide con il deflatore implicito del PIL.

Dati del PIL in Venezuela (5) Per comodità, dividiamo i dati del PIL reale per 10.000 e consideriamo il 1990 pari a 1. Riportiamo i dati su un piano e includiamo una retta interpolante.

Funzioni La retta rappresenta la tendenza del PIL reale ottenuta con un criterio statistico. Essa è la rappresentazione grafica di una funzione. Una funzione mette in relazione una variabile “Y” (detta var. dipendente) con altre variabili “Xi” (dette var. indipendenti o esplicative) con i = 1,2, ..., n: Y = f ( x1, x2, ..., xn ) Nel nostro caso Y = PIL, X1 = tempo e n = 1.

Funzione lineare (1) Una funzione affine, o abitualmente “lineare”, è rappresentata, in termini generali, da: Y = a + b1X1 + b2X2 + ... + bnXn Un caso particolare è dato dalla retta sul piano bidimensionale: Y = a + bX dove “a” è l’intercetta e “b” è la pendenza. “a” rappresenta l’incrocio della retta con l’asse delle ordinate, mentre “b” è una misura dell’effetto di “X” su “Y”.

Funzione lineare (2) L’interpolante che abbiamo tracciato nell’ultimo grafico è data da (valori approssimati): Y = 7 + 0,12 t dove t = 0, 1, 2,... rappresenta un trend lineare. Ad ogni incremento dell’unità di tempo, il punto sulla retta ha un valore sulle ascisse superiore di 0,12 unità rispetto al periodo precedente. Ad es.: t0 = 7 e t1 = 7,12, quindi ∆Y = 0,12.

Vari valori della pendenza della retta Il coefficiente “b” è detto anche rapporto incrementale (in questo caso è costante): b = DY/DX (b fornicse informazioni sulla direzione del cambiamento di Y a seguito di una variazione di X) b > 0 → retta inclinata positivamente; b < 0 → retta inclinata negativamente; b = 0 → retta parallela all’asse delle ascisse; b = ∞ → retta parallela all’asse delle ordinate (in realtà, quest’ultimo caso non è rappresenta una vera funzione).

Vari valori della pendenza di y=a+bx b > 0 b = 0 b < 0 b = ∞

Vari valori dell’intercetta di y=a+bx x a < 0 Supponiamo che b < 0

Equazioni Un’equazione è un’uguaglianza tra due espressioni contenente una o più incognite che è verificata solo per determinati valori della/e incognita/e. Ad esempio: c + d x = 3 → equaz. di primo grado; c + d x + e x2 = 8 → equaz. di secondo grado.

Risolvere equazioni di primo grado (1) 2 + x = 0 x = − 2; infatti 2 − 2 = 0 30 + x = 40 x = 40 − 30 = 10; infatti: 30 + 10 = 40 −x + 5 = 15 −x = 15 − 5 = 10 → x = −10; infatti: −(−10) + 5 = 10 + 5 = 15

Risolvere equazioni di primo grado (2) 2 + 4 x = 0 4x = −2 → x = −2/4; infatti: 2+4(−2/4) = 0 30 + 10 x = 40 10x = 40 − 30 → 10x = 10 → x = 10/10 = 1; infatti: 30 + 10 (1) = 40 −2/x + 5 = 15 −2/x = 15 − 5 → 2/x = −10 → x = −2/10 = −1/5; infatti −2/(−1/5) + 5 = 10 + 5 = 5

Funzioni non lineari Le funzioni non sono tutte lineari. Possiamo avere, ad esempio, polinomi di grado n: y = a + b1 x + b2 x2 + ... + bn xn (per qualificare un polinomio si guarda alla potenza maggiore: non è necessario che ci siano tutte le potenze).

Funzione quadratica Esempio di funzione non lineare: y = a + b x2 con a = 4 e b = 1 y = 4 + x2

y = 4 + x2 In questo caso “b” non rappresenta la pendenza. Infatti, il coefficiente “b” rappresenta la pendenza solo nel caso lineare. Nel caso di curve la pendenza non è costante. Come si calcola la pendenza in termini generali?

Pendenza in generale (1) Quando si ha a che fare con curve di tipo generale, non ci si può riferire alla pendenza in tutta la curva, ma in un punto. Si può prima definire pendenza media tra due punti della curva (rapporto incrementale) e poi attraverso un processo di limite si arriva al concetto di pendenza in un punto (derivata) (Blasi, 1998, pag. 114).

Pendenza in generale (2) Il rapporto incrementale si può scrivere, in generale, come: ∆f f(x0 + ∆x) – f(x0) ∆x ∆x Il significato geometrico è dato dalla pendenza della retta secante che passa per i punti di ordinate (x0, f(x0)) e (x0+∆x, f(x0+∆x)). Ci dà il valor medio della pendenza della curva tra i punti di ascissa x0 e x0+∆x. =

Pendenza in generale (3) f(x0+∆x) f(x0) x0 x0+∆x

Pendenza in generale (4): derivata Per valori sempre più piccoli di ∆x avrò: lim f(x0 + ∆x) − f(x0) ∆x → 0 ∆x Il termine precedente si chiama “derivata”. Ponendo x = x0 + ∆x si può riscrivere come: f ’(x0) lim f(x) − f(x0) x → x0 x − x0 =

Pendenza in generale (5): derivata Abbiamo quindi che la derivata rappresenta la pendenza della retta tangente alla curva y = f(x) e che passa per il punto di coordinate (x0, f(x0)) f(x0) x0

Derivata di y = 4 + x2 Nel caso visto in precedenza, la derivata sarà: y’ = 2 x

Riferimenti Robbins, L. (1932), Essay on the Nature and Significance of Economic Science, Macmillan, London. Begg. D., Fischer S., e Dornbusch F., (2008), Economia, McGraw-Hill, Milano. Blasi, A. (1998), Matematica per le Applicazioni Economiche e Finanziarie, Edizioni Kappa, Roma