Il quadro di contesto della Regione Emilia – Romagna

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Il quadro di contesto della Regione Emilia – Romagna Elisa Valeriani ERVET

DAL QUADRO STRATEGICO EUROPEO ALLA PROPOSTA DI STRUTTURA DEL QUADRO REGIONALE DI CONTESTO Quadro strategico europeo (Position paper Commissione Europea per l’accordo di partenariato, Eropa2020, Agenda digitale europea, nuovi regolamenti comunitari…) Quadro nazionale (PNR, Rapporto Barca, Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-20; Tavoli ministeriali per il confronto partenariale; Bozze Accordo di Partenariato; ) Programmazione regionale (Triennale attività produttive, PRIT, PiTER, …) Banche dati statistiche europee, nazionali e regionali Proposta di dimensioni/temi conoscitivi da analizzare Proposta di variabili/indicatori Target di riferimento (distanza dal raggiungimento dell’obiettivo)

FASI DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEL QUADRO REGIONALE DI CONTESTO 1. Selezione delle informazioni da analizzare (variabili/indicatori) 2.a Quantificazione ed analisi delle informazioni (variabili/indicatori) 2.b Definizione punti di forza e di debolezza 3. Redazione quadro di contesto regionale

STRUTTURA DEL QUADRO DI CONTESTO DELLA REGIONE 1. la prima parte descrive i macro trend della regione per quanto concerne le principali variabili macro-economiche e sociali; 2. la seconda parte è organizzata in 10 aree tematiche, come definiti nel documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi Comunitari 2014-2020”

DIECI DRIVER PER UNO SVILUPPO COMPETITIVO E SOSTENIBILE 1 R&S 10 Formazione 2 Agenda Digitale 3 Competitività 9 Sociale DIECI DRIVER PER UNO SVILUPPO COMPETITIVO E SOSTENIBILE 4 Energia 8 Occupazione 7 Mobilità Persone merci 5 Clima 6 Ambiente Cultura

LE COSE CHE SAPPIAMO Dinamiche demografiche Il problema della crescita economica Crescere nell’economia globale Gli Investimenti Agricoltura e comparto agro-alimentare Le Costruzioni Terziarizzazione dell’economia e nuova manifattura Credito e intermediazione finanziaria Mercato del lavoro La risposta al Terremoto del 2012 Competitività delle Regioni UE Target Europa 2020

LE DINAMICHE DEMOGRAFICHE (1/2) Popolazione, una grande provincia in più La popolazione dell’Emilia-Romagna è cresciuta nell’arco dell’ultimo decennio di oltre 400 mila persone, pari al 10% del numero complessivo dei suoi abitanti all’inizio del 2002 Crescita trainata dall’immigrazione Negli ultimi 5 anni la componente nazionale è cresciuta dello 0,2% a fronte di una crescita della componente straniera del 66% (oltre 200 mila persone in termini assoluti) Flussi migratori italiani verso l’estero tra il 2003 e il 2011 oltre 22mila emiliano romagnoli sono emigrati all’estero e oltre 250mila verso altre regioni italiane Elaborazione ERVET su dati Regione Emilia-Romagna, MMWD e ISTAT

LE DINAMICHE DEMOGRAFICHE (2/2) La contrazione della fascia di età “della crescita” Diminuisce fortemente la classe di età (15-39) che deve assicurare un impulso determinante per la crescita, mentre aumentano in termini relativi gli anziani ed i bambini. Tali dinamiche sono previste in ulteriore intensificazione almeno fino al 2020. Previsioni demografiche La crescita demografica sarà alimentata sempre meno dai flussi di stranieri in ingresso dall’estero, ma da un aumento degli stranieri nati in Emilia-Romagna o comunque in Italia. Elaborazione ERVET su dati Regione Emilia-Romagna, MMWD e ISTAT

IL PROBLEMA DELLA CRESCITA ECONOMICA (1/2) Una crescita modesta e poi la crisi Variazione annua PIL 2000 - 2008: +1,1% medio (valore superiore a quello nazionale ma inferiore al valor medio relativo alla UE27). Variazione annua PIL 2008-2012: -1,3% medio Variazione annua PIL 2000-2012: + 0,3% medio PIL pro capite in sofferenza Nel periodo pre-crisi alla crescita del PIL contribuivano positivamente gli andamenti della popolazione, della produttività e del tasso di occupazione; nel periodo successivo solo la dinamica demografica rimane a dare un apporto positivo, mentre tutte le altre componenti diventano negative. In materia di consumi: Considerando i due intervalli 2000-2008 e 2008-2012, in termini medi annui, a prezzi costanti, i consumi finali delle famiglie sono passati dallo 0,5% al -0,7%, i consumi finali delle AAPP dal 2,5% allo 0,5%. Negli ultimi tre anni il reddito disponibile delle famiglie regionali è diminuito maggiormente dei consumi, segno che le famiglie stanno intaccando il risparmio accumulato per conservare per quanto possibile il loro stile di vita.

IL PROBLEMA DELLA CRESCITA ECONOMICA (2/2) Lo scenario a più lungo termine (2018) prevede per l’Emilia-Romagna tassi di crescita medi annui del PIL a prezzi costanti comunque modesti (sotto al 2%). In questo contesto agisce una crisi che non ha più carattere congiunturale ma che, per l’intensità e la durata, produce e produrrà effetti sistemici con una perdita di base produttiva e di occupazione difficilmente riassorbibile. Ma ciò che importa rilevare è che anche prima della crisi, le dinamiche del valore aggiunto per addetto, degli investimenti, dei consumi risultavano essere modeste. La crisi ha ragioni lontane, molto prima della sua fase conclamata. La progressiva crescita nella disuguaglianza della distribuzione del reddito (processo che caratterizza tutte le economie occidentali ed anche la nostra regione, che pure mantiene ancora una qualche positiva peculiarità per quanto riguarda questo aspetto) è un ulteriore elemento di preoccupazione. L’aumento della disuguaglianza non sembra affatto produrre economie più stabili e sostenibili nel lungo periodo: al contrario, anche la recente crisi dimostra come la crescita della disuguaglianza riduca la domanda aggregata e i consumi e tenda a favorire la rendita piuttosto che la crescita. Ciò che appare utile sottolineare è che uno degli effetti principali di una iniqua distribuzione del reddito è quello di ridurre seriamente le possibilità di accesso alle competenze specialistiche di una fetta crescente della popolazione, interrompendo quel flusso di investimenti delle imprese e delle famiglie che ha caratterizzato la fase di maggior crescita delle economie occidentali. Se questo è vero, strategie per contrastare elementi di rendita di posizione, di conservazione e di disuguaglianza possono trovare un valido alleato nelle politiche di sviluppo locale. Lo scenario a più lungo termine (2018) prevede per l’Emilia-Romagna tassi di crescita medi annui del PIL comunque modesti (sotto al 2%). Problema strutturale al di là della sfavorevole congiuntura economica degli ultimi anni Disuguaglianza crescente nella distribuzione del reddito: in assenza di politiche di redistribuzione a livello globale il divario tra i redditi (e tra i patrimoni) tenderà naturalmente a crescere favorendo assetti socio-economici meno stabili e sostenibili nel lungo periodo.

CRESCERE NELL’ECONOMIA GLOBALE (1/3) Il traino della domanda estera Nel 2013 l’Emilia-Romagna ha esportato beni per un valore totale di circa 50,8 miliardi di euro, pari al 41,7% dell’export del Nord-Est e al 13,0% di quello italiano. Le esportazioni sono cresciute nel periodo 2000-2008 del 4,1% medio annuo in termini reali; addirittura del 5,9% a prezzi correnti. Dopo lo shock del 2009, quando si registra una contrazione pari al 21,4% in termini reali (-23,2% a prezzi correnti), le esportazioni hanno recuperato il gap, riportandosi ai livelli pre-crisi (oltrepassandoli in termini nominali)

CRESCERE NELL’ECONOMIA GLOBALE (2/3) Mercato interno Vs Mercati esteri: fotografie di un Sistema Paese a 2 velocità La dinamica del fatturato dell’industria: Italia – Germania – EU17, [intermediate and capital goods, medie mobili su dati trimestrali, periodo 2007Q1 – 2014Q2, numero indice base 2010=100, fonte: Eurostat] - Dinamica dei fatturati relativi ai beni intermedi e d’investimento: se le vendite all’estero hanno recuperato a fine 2013 i livelli pre-crisi (in linea con le performance della Germania), quelle assorbite dal mercato domestico segnano un -30% circa (mentre la Germania è quasi in pareggio).

CRESCERE NELL’ECONOMIA GLOBALE (3/4) Dipendenza crescente della crescita economica dalla domanda estera: il grado di internazionalizzazione commerciale dell’Emilia-Romagna è passato dal 44,7% del 2002 al 55,7% del 2012 (al 58% nel 2015, valore stimato). Crescente polarizzazione nell’ambito del sistema produttivo fra imprese e comparti export-oriented e quelli ancorati al mercato interno. Ripercussioni sull’organizzazione dei sistemi produttivi locali: quale equilibrio possibile tra il territorio e le nuove catene globali del valore Il rapporto tra commercio estero e PIL è cresciuto negli ultimi dieci anni e continuerà a crescere. Il grado di internazionalizzazione commerciale dell’Emilia-Romagna è passato infatti dal 44,7% del 2002 al 55,7% del 2012 (58% nel 2015, valore stimato). Sono prevedibili crescenti polarizzazioni nel tessuto produttivo regionale fra imprese e comparti export-oriented, che potrebbero ulteriormente compromettere quel particolare carattere «olistico» della crescita regionale - la forte interazione fra imprese con tratti di collaborazione e competizione - che ha contraddistinto l’Emilia-Romagna negli anni ‘70-‘90. Il processo di globalizzazione (che caratterizza sia le merci che il capitale umano che i talenti) chiede di ridefinire la relazione fra lavoro, impresa e territorio, che nella fase precedente di sviluppo era in un qualche modo data per scontata. Il rapporto fra imprese e lavoro e territorio si è fatto, per usare una metafora fortunata, più liquido, meno scontato. In alcuni casi, l’obiettivo principale di grandissime imprese pare quello di vivere il territorio in un ottica predatoria, mettendo in competizione regioni e paesi per la localizzazione e perseguendo l’obiettivo di non lasciare alla comunità che contribuisce alle attività nemmeno un euro in imposte. Allo stesso modo, è evidente che il forte investimento che la società fa sulle competenze, tramite il finanziamento del circuito dell’istruzione e formazione, può essere messo a frutto non solo sul territorio che ha investito, ma anche in altri paesi o regioni   2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 PIL -2,4% -1,4% 0,1% 1,0% 1,4% 1,6% 1,7% Domanda interna -4,1% -2,5% 1,1% 1,2% 1,5% Export 1,3% 2,8% 4,9% 3,3% 3,5% 3,8% Investimenti fissi lordi -7,9% -4,6% -1,2% 2,3% 2,6% 2,5%

GLI INVESTIMENTI (1/3) La crisi degli investimenti fissi lordi La componente della domanda interna che più ha risentito della crisi economica Considerando i due intervalli 2000-2008 e 2008-2012, in termini medi annui, a prezzi costanti, gli investimenti fissi lordi sono passati addirittura da una crescita pari all’1,5% ad una riduzione del -5,1%. Relativamente agli anni 2013 e 2014 si registra a livello aggregato un’ulteriore contrazione dei valori (stime Prometeia) Nel 2018 il valore totale degli investimenti fissi lordi risulterà, in termini reali, ancora nettamente al di sotto dei livelli pre-crisi: 21,2 miliardi di euro contro i 27,2 del 2006 (stime Prometeia) In una prospettiva di lungo periodo, si rileva come gli investimenti fissi lordi in Emilia Romagna abbiano avuto dal 1995 al 2010 andamenti alquanto differenziati a livello di settore di attività economica. Gli andamenti di crescita più vivaci hanno riguardato le costruzioni, il settore dell’energia, acqua e rifiuti e quello dei servizi, che hanno mostrato tassi superiori alla media. In particolare le costruzioni hanno registrato fasi molto espansive, interrotte da isolati episodi di calo (1999, 2003), fino alla grande inversione di tendenza a partire dal 2008. Da segnalare l’andamento poco vivace degli investimenti nell’industria manifatturiera, caratterizzato da fasi alterne di crescita e diminuzione, che nel 2011 portano a valori sostanzialmente in linea a quelli del 1995 (sempre a valori reali). In termini assoluti: 2000= 23,2 miliardi di euro (anno base 2005) 2006= 27,2 miliardi di euro (anno base 2005) 2012= 20,4 miliardi di euro (anno base 2005) 2018= 21,2 miliardi di euro (anno base 2005)

GLI INVESTIMENTI (2/3) Vistosa contrazione delle uscite in c/capitale della PA, ai vari livelli territoriali, in particolare a livello locale Var.% 2008-2013: Amministrazione centrale: -4,8% Amministrazione regionale: -29,9% Amministrazione locale: -45,5%

GLI INVESTIMENTI (3/3) Distribuzione % regionale degli IDE nel 2011 Nel 2011, le 6 regioni del Centro-Nord rappresentano più dell’80% degli IDE dell’Italia in uscita e più del 90% di quelli in entrata. Nel 2011 per la prima volta il valore dello stock di IDE inward (= 19,5 miliardi corrispondenti al 13,8% del PIL regionale e al 7,4% degli IDE inward effettuati in Italia) supera quello degli IDE outward (>17 miliardi di euro pari al 12,2% del PIL regionale e al 4,3% degli IDE outward totali del Paese). Crescente «effetto sostituzione»: la crisi dello sviluppo endogeno, rende l’investimento dall’estero una risorsa potenziale preziosa per il territorio (bene legge di attrattività RER) IDE Emilia-Romagna (consistenze in euro) Gli investimenti diretti esteri sono effettuati dalle imprese al fine di ricercare fattori produttivi a minor costo o di maggiore qualità e come strategia di accesso a nuovi mercati all’estero o a tecnologie innovative e know-how. Dal 2004 le consistenze degli IDE outward (verso paesi stranieri) delle imprese italiane hanno registrato una tendenza crescente che non si è arrestata neanche durante la crisi; nel 2011 essi rappresentavano il 25,4 per cento del PIL italiano. In Italia, gli IDE sono concentrati in sei regioni del Centro-Nord: Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana rappresentavano alla fine del 2011 più dell’80 per cento degli investimenti dell’Italia in paesi stranieri e più del 90 per cento di quelli provenienti dall’estero. Alla fine del 2010, in Italia, le imprese con legami di partecipazione in aziende estere erano circa 14 mila e le partecipate dall’estero circa 26 mila; le sei regioni, in totale, ne rappresentavano rispettivamente l’82,6 e l’85,5 per cento. In Emilia-Romagna, nel 2010, vi erano 1.899 imprese con partecipazioni in aziende estere (poco più del 13 per cento del totale nazionale) e 1.871 partecipate dall’estero (il 7 per cento circa). Alla fine del 2011 il valore dello stock di investimenti diretti outward era di poco superiore a 17 miliardi di euro, il 12,2 per cento del PIL regionale e il 4,3 per cento di quello degli IDE outward totali del paese; il valore dello stock degli investimenti inward in regione sfiorava i 19,5 miliardi (corrispondenti al 13,8 per cento del PIL e al 7,4 degli IDE inward effettuati in Italia). Fra il 2007 e il 2011 le consistenze degli IDE outward sono aumentate del 5,8 per cento in media all’anno, a fronte del 9,1 a livello nazionale; diversamente dalla dinamica italiana, sulla modesta crescita regionale hanno pesato le contrazioni osservat nel 2008, in corrispondenza con l’inizio della crisi economico-finanziaria, e nel 2011. Nello stesso periodo sembra essere aumentata l’attrattività della regione per gli investitori stranieri: a fronte di un lieve aumento medio nazionale dello 0,6 per cento, lo stock degli IDE inward in regione è cresciuto del 13,4 in media all’anno, grazie a un sensibile incremento nel 2011.

Agricoltura e comparto agro-alimentare Produttività del lavoro in crescita nel settore primario: l’intenso calo occupazionale vissuto dal settore agricolo nell’ultimo decennio non si è tradotto in termini di valore aggiunto prodotto. Con una pausa nel biennio 2002-2003 la produttività risulta in netto incremento, anche nei recenti anni di crisi economica. Urgenza ricambio generazionale: sia per quanto riguarda la quota di aziende condotte da giovani sul totale delle aziende agricole, sia considerando come indicatore la quota di agricoltori giovani ogni 100 conduttori oltre i 65 anni, l’ER presenta nel 2010 valori molto bassi rispetto alla media europea e nazionale Deficit della bilancia commerciale del comparto agro-alimentare: I prodotti agro-alimentari evidenziano per il 2012 un saldo commerciale con l’estero in deterioramento: a prezzi correnti le importazioni agro-alimentari regionali aumentano del 4,9%, contro il 3,9% delle esportazioni, raggiungendo rispettivamente i 6.359 ed i 5.088 milioni di euro. Il volume degli scambi – dato da importazioni più esportazioni –, a prezzi correnti, passa negli ultimi 14 anni da 5.600 a 11.447 milioni di euro (+104,4%); l’aumento delle importazioni (+108,8%) supera quello delle esportazioni (+98,1%).

LE COSTRUZIONI “La bolla” dell’industria delle costruzioni La forte espansione delle costruzioni culminata nel 2007 è stata seguita da una contrazione tale da riportare i livelli di attività produttiva del 2012 a quelli del 2000. Stessi ordini di grandezza per le unità di lavoro: nel 2012 il settore impiega un volume di lavoro simile a quello del 2000, perdendo negli ultimi quattro anni circa 30 mila unità (quasi il 25% del totale in termini assoluti). Gli ultimi dati congiunturali mostrano il perdurare della crisi, con effetti che stanno producendo una consistente ristrutturazione del settore stesso. Urge un riposizionamento strategico delle imprese edili della regione che richiede anche uno sforzo congiunto da parte di tutti gli attori in campo (Stato, EE.LL., sistema bancario..)

TERZIARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA E NUOVA MANIFATTURA (1/2) La «terziarizzazione dell’economia»: I settori terziari sono stati nel periodo 1981-2001 i grandi protagonisti dell’incremento netto di occupazione in Emilia-Romagna (+31,6%, pari a oltre 250 mila occupati). Il percorso di crescita del terziario perdura nell’ultimo decennio. Unità di lavoro 2000-2012: Servizi +1,0% medio annuo (Tot.economia +0,4%) Valore aggiunto (p. correnti) 2000-2012: Servizi +0,8% medio annuo (Tot. Economia +0,3%) Unità locali e addetti del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna: composizione percentuale per macrosettori di attività, anni 2001-2008-2011 Macrosettori 2001 2008 2011 UL Addetti UL Industria 27,8 26,9 24,7 46,4 40,9 39,9 di cui “Attività manifatturiere” 14,5 11,4 10,9 36 29,9 29,7 di cui “Costruzioni” 13 15,2 13,4 9,1 9,8 8,9 Servizi 72,2 73,1 75,3 53,6 59,1 60,1 Totale Industria e Servizi 100 Fonte: elaborazione Ervet su dati Censimento Industria e Servizi 2001 e 2011, Istat I macrosettori trainanti sono gli stessi che avevano evidenziato la crescita più intensa negli ultimi 20 anni dello scorso secolo, in particolare nel decennio 2010-2000: Sanità ed assistenza sociale: +33,5% Attività professionali, scientifiche, imprenditoriali, amministrazione e servizi di supporto: +19,0% La dinamica strutturale evidenziata relativa agli ultimi 30 anni deve essere intesa come una dinamica pre-crisi. Si tratterà di capire se i recenti avvenimenti di portata mondiale possano ripercuotersi con forza sulle dinamiche di sviluppo del terziario regionale. La crisi economica in corso e il graduale intensificarsi della concorrenza sui mercati internazionali: minacciano di aprire spazi di concorrenza internazionale anche nei confronti dei settori fino ad oggi più al riparo, in particolare nell’ambito del terziario; Mettono sotto pressione estesi e decisivi settori dei servizi che sono il fondamento della qualità della vita e del welfare (istruzione, sanità e assistenza sociale)

TERZIARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA E NUOVA MANIFATTURA (2/2) Centralità del settore manifatturiero Il settore manifatturiero è strategico. Diversi Paesi, che hanno anche in parte subito gli effetti di una pesante de-industrializzazione, stanno mettendo in campo politiche a sostegno di un ritorno alla manifattura (gli USA nel 2012 hanno recuperato il 2% di valore aggiunto manifatturiero). La manifattura produce la stragrande maggioranza della ricerca e sviluppo e delle esportazioni, attiva servizi innovativi e, in tal senso, risulta cruciale per lo sviluppo. La dematerializzazione dei processi produttivi ha contestualmente agevolato l’internazionalizzazione delle catene di produzione del valore, creando tensioni crescenti tra sistemi di impresa fortemente connotati territorialmente e le medie imprese proiettate su scala globale. Il manifatturiero è il motore principale che alimenta il commercio con l’estero; Fornisce un formidabile impulso alla produzione di energie intellettuali che si traduce in conoscenza Evidenzia un ritmo di crescita della produttività più elevato rispetto ai settori terziari. In questo senso la funzione di traino che la manifattura continua ad avere sulla crescita regionale va oltre il valore assoluto degli addetti in essa impiegati. Infine la riduzione del peso relativo dell’occupazione manifatturiera rispetto a quella terziaria deve essere più correttamente interpretata anche come un aumento della capacità di assorbimento dei settori terziari regionali (proprio nei servizi alla persona per esempio), a fronte di una crescita molto significativa della popolazione, aspetto quest’ultimo che ha nettamente contraddistinto la regione Emilia-Romagna da altre regioni italiane. Enigma dei servizi I servizi rappresentano un universo produttivo tanto ampio quanto eterogeneo in termini di contenuti di innovazione e know-how e dunque di livelli di produttività. La complessità dei comparti e delle imprese non consente ragionamenti generali ma piuttosto richiede analisi mirate e puntuali. Ulteriori sforzi dovranno essere fatti per distinguere fra crescita di attività innovative e competitive e semplice crescita di occupazione e/o forme di autoimpiego.

CREDITO E INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA Prestiti bancari (dati mensili; var.% sui 12 mesi, Banca d’Italia) La crisi economica ha profondamente influito sulle dinamiche finanziarie prevalenti: Continua la contrazione dei prestiti bancari: -2,7% a dicembre 2013 su base annua (circa 6 miliardi di euro). La flessione ha interessato soprattutto i finanziamenti alle imprese: -3,8% sempre su base annua. Nel 2013 i depositi bancari di famiglie e imprese sono aumentati del 4,6%, in rallentamento dopo la robusta ripresa del 2012 (+9,9%). I primi dati relativi al 2014 indicano un ulteriore rallentamento. Perdura il deterioramento della qualità del credito: il flusso delle nuove sofferenze in rapporto ai prestiti è pari al 3,2% nella media dei quattro trimestri del 2013 (1,3% per le famiglie consumatrici, 4,3% per le imprese, 8,4% per le imprese edili), in linea con il dato medio nazionale e circa il triplo rispetto ai livelli precedenti la crisi. Nuove sofferenze sui prestiti (var.% delle medie degli ultimi quattro trimestri, Banca d’Italia) Depositi bancari di famiglie e imprese (dati mensili; var.% sui 12 mesi, Banca d’Italia)

LA RISPOSTA AL TERREMOTO DEL 2012 Si stima che i danni diretti del terremoto ammontino 12,5 miliardi di euro (9% circa del PIL regionale) e che la perdita di valore aggiunto sia pari a 3.064 milioni di euro circa (2,2% del PIL regionale). Nel complesso si stima che, sul 2012, un terzo della diminuzione del PIL regionale sia attribuibile agli effetti del terremoto Fonte: Italian application to mobilise the European Union Solidarity Fund: Earthquakes May 2012 in the area of the regions: Emilia-Romagna, Lombardia and Veneto, Luglio 2012 La risposta del Commissario Delegato e del sistema regionale ha consentito di gestire la fase dell’emergenza, garantendo la regolare apertura dell’anno scolastico 2012/2013; la continuità dei servizi delle Amministrazioni locali; fornendo assistenza ad oltre 19mila famiglie, ecc; Per quanto riguarda la fase della ricostruzione, sono state avviate misure in favore delle imprese e per la ricostruzione delle opere pubbliche; Ad oggi il totale delle risorse messe in campo per l’emergenza, per l’avvio della ricostruzione e il rilancio dell’economia dei territori ammonta a 4,03 miliardi di euro (di cui 563 milioni di euro del Fondo di Solidarietà dell’UE); A queste risorse si aggiungono 726 milioni di prestiti senza interessi accesi dalle imprese per il pagamento dei tributi, contributi e premi,

MERCATO DEL LAVORO (1/3) L’ESPLOSIONE DELLA DISOCCUPAZIONE In un’ottica di medio-lungo periodo emergono in tutta evidenza gli elementi di criticità indotti dalla crisi economica. Il numero di persone in cerca di occupazione aumenta esponenzialmente dal 2008: l’Emilia- Romagna passa da 65 mila a 179 mila disoccupati facendo segnare un incremento (+174,5%), superiore sia rispetto al Nord Est che all’Italia. LA TENUTA DEGLI OCCUPATI Il numero degli occupati non sembra risentire troppo dell’impatto della crisi economica. Questo dato accanto a quello dell’incremento dei disoccupati mette in evidenza la dinamica positiva delle forze di lavoro, in virtù anche dell’incremento della popolazione regionale (+3,8% tra 2008 e 2013) Il grafico riportato di seguito mostra una crescita nel lungo periodo del numero di attivi e occupati nella regione. Dal 2004 al 2008 le curve di attivi e occupati si muovono in un trend abbastanza simile, suggerendo che parti della popolazione, prima inattive, sono entrate con successo nel mercato del lavoro. Dall’inizio della crisi al 2012, invece, le due curve prendono direzioni diverse: questo significa che i nuovi attivi entrati nel mercato del lavoro hanno avuto sempre più difficoltà a trovare un’occupazione. Ma allo stesso tempo, significa che vi è una forte pressione ad entrare nel mercato del lavoro, in parte come risposta alla crisi, in parte probabilmente come effetto dell’immigrazione. L’incremento della disoccupazione va del resto interpretato insieme a quello relativo alla popolazione: nei sei anni considerati la regione sperimenta un aumento della popolazione superiore sia al livello nazionale che a quello della macroarea di riferimento, grazie in particolare ad un saldo migratorio ampiamente positivo. L’Emilia-Romagna dunque anche in tempi di crisi economica si è confermata una regione attrattiva sia per la popolazione delle altre regioni italiane sia per la popolazione straniera. Negli anni della crisi osservando il saldo negativo del numero di occupati, accanto a quello positivo e ampiamente maggiore in valore assoluto delle persone in cerca di lavoro, emerge con tutta evidenza la dinamica positiva degli attivi , anche in virtù delle dinamiche demografiche sopra esposte. I valori sopraindicati vanno letti anche alla luce delle conseguenze economiche generate dall’evento sismico che ha colpito l’Emilia nel 2012. L’area interessata, contraddistinta da una spiccata vocazione manifatturiera, comprende 59 comuni per un totale di circa 600 mila residenti (circa il 14% della popolazione regionale). Banca d’Italia ha stimato in oltre 4.800 le perdite di posti di lavoro nell’ambito del solo lavoro dipendente.

MERCATO DEL LAVORO (2/3) 75% TARGET EUROPA 2020 67/69% 70,6% (2013) Attenzione prioritaria verso i giovani ed i NEET (Not in Education, Employment or Training) Permanenza qualificata nel mercato del lavoro, prevenendo l’esclusione dei lavoratori e favorendo processi di riconversione professionale DOVE SIAMO Occupazione 15-24 anni 19,6% 32,4% Disoccupazione 15-24 anni 33,3% 23,3% Occupazione 55-64 anni 48,6% 50,3% NEET (18-24 anni) 22,1% 16,9% Fonte Eurostat, ISTAT Tasso di occupazione 20-64 anni 75% TARGET EUROPA 2020 67/69% 70,6% (2013)

MERCATO DEL LAVORO (3/3) Predominanza dei contratti a termine Significativa contrazione in termini assoluti degli avviamenti con contratto a tempo indeterminato Il 65% dei rapporti di lavoro avviati nel 2012 si sono conclusi nell’arco dell’anno Percorso lavorativo tipicamente più frammentario tra le donne Basso livello di mobilità inter-settoriale dei lavoratori Grado di mobilità tra diverse forme contrattuali poco significativo Forte polarizzazione a livello aziendale: meno dell’1% delle aziende attiva quasi il 30% degli avviamenti

COMPETITIVITÀ DELLE REGIONI UE (1/2) Indice di competitività regionale: 3 macro-dimensioni (di base, efficienza, innovazione)

COMPETITIVITÀ DELLE REGIONI UE (2/2) TOP 10 Utrecht (NL) London area (UK) Berkshire, Buckinghamshire, Oxfordshire (UK) Stoccolma (S) Surrey, East and West Sussex (UK) Amsterdam (NL) Darmstadt (Francoforte) (D) Parigi (F) Copenaghen (DN) Zuid-Holland (NL) Fonte: JRC Scientific and Policy Report: EU Regional Competitiveness Index 2013

TARGET EUROPA 2020 Tasso di occupazione 20-64 anni (%) 75% 67-69%   Obiettivo principale dell’UE Obiettivo del PNR Italia Tasso di occupazione 20-64 anni (%) 75% 67-69% Spesa in R&S del PIL (%) 3% 1,53% Riduzione tasso CO2 -20% (rispetto al 1990) -13% Quota di energia rinnovabile sul totale di energia consumata (%) 20% 17% Efficienza – riduzione consumo di energia (Mtep) 368 Mtep (20% di aumento efficienza energetica) 27,90 Abbandono scolastico prematuro (quota % di popolazione in età 18-24 anni che ha abbandonato gli studi senza aver conseguito un titolo superiore) 10% 15-16% Istruzione terziaria 30-34 anni (quota % di popolazione in età 30-34 anni che ha conseguito un titolo di studio universitario) 40% 26-27% Riduzione persone a rischio povertà o esclusione sociale (quota % di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale) 20.000.000 2.200.000

DOVE SIAMO OGGI E QUANTO MANCA ALL’OBIETTIVO   Emilia-Romagna Italia Europa 27 Differenziale da Target europeo Target nazionale Tasso di occupazione 20-64 anni (% - dato 2013) 70,6% 59,8% 68,4% -4,4% +3,6% Spesa in R&S del PIL (% - dato 2011) 1,44% 1,25% 2,05% -1,56% -0,09% Abbandono scolastico prematuro (% - dato 2013) 15,3% 17,0% 12,0% -5,3% -0,3% Istruzione terziaria 30-34 anni (% - dato 2013) 27,9% 22,4% 37,0% -12,1% 1,9% Riduzione persone a rischio povertà o esclusione sociale (% - dato 2013) 17,7% 28,4% 24,4% nd A livello europeo, prima con la strategia di Lisbona e, successivamente, con Europa 2020, è stato fissato al 3% il target per investimenti in R&S rapportati al PIL (per l’Italia il Piano Nazionale di Riforma ha fissato un obiettivo dell’1,53%). Gli investimenti in Emilia-Romagna rappresentano l’1,44% del PIL regionale, una quota che – seppur superiore al livello italiano (1,25%), che la posiziona al quinto posto tra le regioni (dopo Piemonte, Lazio Friuli Venezia Giulia e Liguria) - risulta essere ancora lontana dall’obiettivo europeo, al di sotto sia della media UE 15 (2,14%) che UE27 (2,05%), UE28 (2,04%). Considerando la fascia d’età 30-34 anni, per la quale Europa 2020 ha fissato l’obiettivo del 40% di persone con titolo universitario o equivalente, in Emilia-Romagna nel 2013 i giovani con educazione terziaria rappresentano il 27,9% del totale, già al di sopra del target nazionale fissato al 26/27% dal Piano Nazionale di Riforma, ma in calo rispetto al 2012 (28,6%). Un valore più alto si rileva tra le donne (34,2%), ampiamente al di sopra dell’obiettivo stabilito dal PNR italiano, ma ancora distante dal target di Europa 2020 per l’intero continente. Rispetto al 2005, mentre tra gli uomini, la percentuale di laureati è meno di 4 punti percentuali, tra le donne la crescita è stata oltre 12 punti percentuali.