Le teorie economiche del xviii secolo
IL MERCANTILISMO IL Mercantilismo fu una politica economica che prevalse in Europa dal XVI al XVIII secolo, basata sul concetto che la potenza di una nazione sia accresciuta dalla prevalenza delle esportazioni sulle importazioni. La dottrina mercantilistica metteva al primo posto il commercio estero e l’elevata protezione contro la concorrenza straniera assicurata dal sistema doganale alle industrie nazionali. Esso può anche essere considerato come una mentalità diffusa in larghissimi strati della popolazione, persuasi del diritto e dovere dello Stato di intervenire per difendere, distribuire equamente e promuovere la ricchezza nazionale.
FISIOCRAZIA François Quesnay Contraria al mercantilismo fu la fisiocrazia, diffusa nel XVIII secolo da François Quesnay. Tesi centrale della dottrina è che l’agricoltura è l’unica base di ogni altra attività economica.Solo l’agricoltura è in grado di produrre beni. Per favorire l’espansione dell’economia bisognava cominciare ad incrementare la produzione agricola. Per farlo occorreva eliminare le tariffe doganali, tutti gli altri impedimenti che fino ad allora si erano frapposti alla libertà di commercio dei prodotti agricoli: abolire i privilegi feudali, gli usi comuni delle terre, l’indivisibilità e l’inalienabilità dei patrimoni nobiliari ed ecclesiastici. François Quesnay
ADAM SMITH Adam Smith è da molti considerato “il padre dell’economia politica ed il fondatore della prima vera scuola economica”: quella classica. Adam Smith nacque nel 1723 in Scozia, studiò a Glasgow (dove ebbe come maestro il filosofo Hutcheson) e poi ad Oxford. Fu insegnante di logica e filosofia morale (mai di economia, poichè non esisteva ancora come scienza autonoma),poi precettore privato ed infine funzionario doganale,fino alla morte giunta nel 1790.
Il liberismo ADAM SMITH Il fondatore del liberismo è Adam Smith Questa nuova teoria economica si oppone al mercantilismo . Secondo Smith lo stato non si arricchisce attraverso interventi per avere la bilancia in attivo, come diceva il mercantilismo, o non si arricchisce potenziando l’agricoltura. Smith sosteneva che la vera fonte di ricchezza è il lavoro. Per lui l’uomo è egoista. In economia vuole comprare a prezzo più basso e vendere al prezzo più alto. Ma siccome tutti si comportano così nel sistema economico, si forma da sé un equilibrio, un’armonia. Smith era consapevole che la libera iniziativa privata avrebbe avvantaggiato quelli che possiedono grandi capitali. Però pensava che i grandi produttori si interessassero affinché la maggioranza della popolazione vivesse nel benessere. Tuttavia, questo sistema economico non ebbe successo dove vi era l’assolutismo. ADAM SMITH
L’egoismo. Nella sfera economica l’agire umano è mosso da impulsi di natura sostanzialmente egoistica e individuale, ma tale competizione non porta alla sopraffazione e alla violenza, bensì porta a un incremento del benessere collettivo. In uno dei passi più famosi e citati, Smith scrive: “Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo e con loro non parliamo mai delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi” L’egoismo del singolo porta quindi ad una situazione di efficienza collettiva, cioè gli individui sono in grado di servire l’interesse collettivo perseguendo il proprio interesse personale.
La centralità del mercato La centralità del mercato. L’egoismo del singolo può tradursi nel benessere collettivo solo se l’attività economica si svolge nel mercato concorrenziale, purchè opportunamente regolato. Questa centralità del mercato di libera concorrenza ed il fatto che l’egoismo dei singoli porti al benessere collettivo sono il fondamento della nota teoria della “mano invisibile“. Molti considerano Smith il paladino del libero mercato e del liberismo più sfrenato. In realtà, Smith dichiara apertamente ed in modo inequivocabile che la centralità del mercato non implica assolutamente l’assenza di regole nè l’assenza di alcun intervento dello Stato nell’economia. Anzi, Smith afferma chiaramente che il mercato per poter funzionare deve essere corredato da una cornice giuridica e istituzionale adeguata e che lo Stato deve assolutamente intervenire in numerosi settori quali: la difesa, l’ordine pubblico, la giustizia, l’offerta di moneta e, in parte, nell’istruzione.
La teoria del valore. Smith si sofferma a lungo sull’elemento che attribuisce un valore alle cose. Il suo obiettivo è quello di spiegare il valore di scambio (ovviamente non il valore d’uso,cioè l’utilità che un bene ha per il singolo soggetto). Egli anche qui propone un paradosso divenuto notissimo e molto citato: “Le cose che hanno maggior valore d’uso hanno spesso poco o nessun valore di scambio. Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente con essa si comprerà qualcosa, difficilmente se ne può avere qualcosa in cambio. Un diamante, al contrario, ha difficilmente un valore d’uso, ma in cambio di esso si può ottenere una grandissima quantità di altri beni”. Alla fine, per Smith, il valore di scambio dipende dal lavoro ed afferma che: “il valore di una merce per chi la possiede e intende scambiarla è uguale alla quantità di lavoro che essa consente di acquistare”
-FINE- CAVALLARO MARIANNA IMBESI MARIO RAIMONDO PIETRO SCARPACI LUCIANO LA SPADA RICCARDO