IL GENOGRAMMA: uno fra gli strumenti del terapeuta

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Transcript della presentazione:

IL GENOGRAMMA: uno fra gli strumenti del terapeuta S.C.INT SCUOLA DISPECIALIZZAZIONE IN PSICOTERAPIA COGNITIVO-INTERPERSONALE Autorizzazione MIUR del 15-07-08 –G.U. n180 del 02-08-08 Direttore Scientifico: Prof. TONINO CANTELMI Direttore Didattico: Dr.ssa MARIA BEATRICE TORO IL GENOGRAMMA: uno fra gli strumenti del terapeuta “Accostarsi al Genogramma è affermare che è tempo di acqua della memoria...Immergersi nel proprio racconto... Per poi emergervi provando incertezza e stupore, guardando dall’alto e perchè no?, trovando la forza di sorridere.” S.Mantàgano, A.Pazzagli Dr.ssa Noemi Grappone Psicologa psicoterapeuta sessuologa consulente familiare Ricercatore clinico ITCI, Roma

COSTRUIRE UN GENOGRAMMA Le regole principali Il genogramma, conosciuto anche come studio di McGoldrick-Gerson, è un disegno che rappresenta, in maniera grafica, un insieme di persone, in relazione tra loro, che appartengono alla medesima storia familiare. Nel genogramma, quindi, sono rappresentate le persone (con i dati identificativi essenziali: genere, nome ed età), i legami relazionali che le uniscono e la generazione di appartenenza. Nel genogramma sono indicati anche i momenti significativi della storia familiare (nascite, morti, matrimoni, separazioni, ecc.).  M. Andolfi e V. Cigoli (a cura di), LA FAMIGLIA D'ORIGINE - L'incontro in psicoterapia e nella formazione, F. Angeli, 2003

Un buon genogramma rappresenta almeno tre generazioni: nonni, genitori e figli; spesso le generazioni rappresentate diventano quattro o anche più, man mano che il lavoro con la famiglia procede e i diversi personaggi cominciano ad apparire nella loro significatività. La vita è come una bicicletta: per mantenersi in equilibrio bisogna muoversi sempre. A.Einstein

La vita la si comprende guardando all’indietro La si vive guardando in avanti S.Kierkegaard La forza dell’impatto visivo, sia per favorire l’attenzione che per facilitare la comunicazione tra i presenti, non ha bisogno di essere sottolineata, tanto è esperienza condivisa.

Il genogramma focalizzando l'attenzione sulle relazioni e sulla funzionalità del sistema familiare ne presenta un'immagine che è allo stesso tempo attuale, storica ed evolutiva. L'attualità di questo strumento deriva dal fatto che esso permette di guardare, secondo una prospettiva che fa riferimento al presente, al significato che possono avere nel qui ed ora le vicende che hanno riguardato più generazioni. La sua storicità dal fatto che nel momento in cui la memoria diviene attuale, ci permette di individuare le linee portanti che hanno guidato i comportamenti di un singolo individuo e/o del suo sistema familiare.

Mentre, l'aspetto evolutivo del genogramma consiste nel fatto che la rilettura della propria storia familiare, che questo strumento consente al soggetto, porta ad una riappropriazione di elementi significativi e al recupero di una più attenta memoria storica, che può permettergli, una volta divenuto cosciente, di elaborare per sé, sulla base di tutti gli elementi acquisiti, un migliore progetto di vita.

Il genogramma è uno strumento che finora è stato utilizzato principalmente dalla terapia familiare o di coppia. Questa tecnica tende a visualizzare le rappresentazioni interne che della famiglia hanno i singoli individui; inoltre è usata come momento di chiarificazione delle tematiche relazionali; come mezzo per sbloccare la comunicazione all'interno del gruppo familiare o per coinvolgere l'intero sistema nel processo terapeutico. M. Bowen, 1979: Dalla famiglia all'individuo: la differenziazione del sé nel sistema familiare, Astrolabio, Roma.

Murray Bowen, nella sua pratica clinica, si serve del genogramma per individuare le strutture triangolari presenti in una famiglia, il loro modo di evolversi o di ripresentarsi da una generazione all'altra. La possibilità di rilevare le alleanze o distanze relazionali gli permette di valutare il grado di "fusione emozionale" o di "disintegrazione" esistente tra i membri di una famiglia e di programmare un appropriato intervento terapeutico.

Attraverso lo studio di alberi genealogici di diverse famiglie, risalenti a periodi dai cento ai trecento anni, egli ha evidenziato l'analogia di certi processi, individuando una trasmissione di caratteristiche familiari, da lui definite "modelli di base generalizzabili", da una generazione all'altra, che lo hanno portato a considerare la malattia psichica come il risultato di un processo plurigenerazionale che trova la sua origine in una scarsa o manchevole differenziazione del Sé nell'ambito familiare.

McGoldrick e Gerson (in Montagano, Pazzagli, 1989: Il genogramma teatro di alchimie familiari, Franco Angeli, Milano), invece, pur operando nella corrente di ricerca iniziata da Bowen, non si riferiscono al concetto di differenziazione del Sé, ma, nella loro analisi dei genogrammi, si preoccupano soprattutto di identificare le "ridondanze" che si osservano nelle storie familiari, per evidenziare le modalità di risposta agli eventi vissuti da almeno tre generazioni. Essi, mediante l'utilizzo di un questionario molto preciso e dettagliato, si sono posti l'obiettivo di schematizzare il genogramma e di mettere in evidenza gli elementi passibili di quantificazione.

Al contrario Ellen Wachtel (Wachtel E, 1982, Cit Al contrario Ellen Wachtel (Wachtel E, 1982, Cit. in: Andolfi, Addazi, 1988: La famiglia trigenerazionale, Bulzoni Editore, Roma.) si serve del genogramma come uno strumento per fare emergere i sentimenti delle persone e la loro interpretazione soggettiva della realtà; non lo considera solo come un metodo per raccogliere informazioni oggettive, ma anche come una tecnica proiettiva che ci consente di tracciare una specie di mappa dell'inconscio.

Secondo questa accezione terapeutica il genogramma offrirebbe la possibilità di far rivivere il proprio passato, di suscitare emozioni, di far emergere elementi rimossi o rimasti in ombra nel contesto delle relazioni con la famiglia di origine, permettendo la scoperta e la ridefinizione di eventi nodali e dei nessi che li collegano.

Tale strumento consentirebbe al soggetto di rileggere e ridefinire la propria storia, giungendo ad una presa di coscienza che non investe soltanto la sua persona, ma soprattutto le relazioni al centro delle quali egli si è trovato nel corso della vita.

Infine, Hof L., Barman E., affermano che la tecnica del disegno del genogramma permetterebbe di organizzare il materiale, conservandone una visione più distaccata e facilitandone uno sguardo più obiettivo e razionale, ed offrirebbe la possibilità di calibrare le emozioni con il procedere del racconto (Hof L., Barman E., 1986, cit in: Andolfi, Addazi, La famiglia trigenerazionale, op. cit.)

SIMBOLI

Il genogramma è una rappresentazione grafica (un disegno): come per un disegno, quindi, vanno usate la matita e la gomma! Ci saranno sempre nuove informazioni da aggiungere, quindi elementi da spostare, spazi da recuperare, ecc. ;

2.      Il genogramma si legge dall’alto in basso e da sinistra a destra (queste sono le direzioni del leggere e dello scrivere nella nostra cultura di popoli occidentali). Questa osservazione ci permette di cogliere che la linea di lettura (sopra-sotto e sinistra-destra) rappresenta la dimensione tempo rispetto alla storia della famiglia

Non ci si deve preoccupare di costruire subito un genogramma completo: esso va pensato come una mappa che sarà dettagliata man mano che il territorio viene esplorato; Il foglio su cui disegneremo il genogramma va già diviso mentalmente (e concretamente) con spazi differenziati per ciascuna generazione; è utile disegnare subito i confini con la linea tratteggiata (e colorata): questo permette di collocare correttamente le diverse persone all’interno della generazione di appartenenza;

Per indicare le persone disegneremo con un quadratino i maschi e con un tondino le femmine; all’interno di ogni quadratino o tondino poniamo con un numero l’età e sotto, all’esterno, scriviamo il nome. Il numero all’interno indica l’età in anni; se dovessimo indicare l’età di un bambino di pochi mesi, segneremo il numero dei mesi seguito da una “m” (4 m = 4 mesi). 6.      I quadratini e i tondini (= le persone) sono collegati tra loro da segni che indicano i legami di parentela; essi sono: la relazione di coppia, la relazione tra i fratelli e la relazione genitori-figli;

Si inizia a costruire il genogramma partendo dal paziente (dalla persona, cioè, per la quale viene richiesto l’intervento: ricordarsi di indicarla sempre con un *): da qui si parte con i vari collegamenti;

Nel rappresentare una coppia (coniugi, conviventi, fidanzati) il maschio (quadratino) va sempre collocato a sinistra e la femmina (tondino) a destra; rispettare questa collocazione permette di cogliere subito, a colpo d’occhio, da parte di chiunque legga il genogramma, la posizione nella propria famiglia d’origine, di lui (sempre dalla stessa parte, la parte sinistra del foglio) e di lei (pure sempre dalla stessa parte, la parte destra del foglio). In questo caso - la rappresentazione di una relazione di coppia - la direzione sinistra-destra rappresenta l’identità di genere; la dimensione tempo è definita dalla direzione sopra-sotto. Attenzione: questa collocazione (sinistra-destra) va sempre rispettata, anche nella rappresentazione delle famiglie ricostituite

Nel rappresentare i figli, l’ordine è quello cronologico con il più grande a sinistra e il più piccolo a destra (noi scriviamo da sinistra a destra), indipendentemente dal genere: questo perché nella relazione con i figli e tra i fratelli è molto significativo l’ordine di nascita; La famiglia nucleare, soggetto/oggetto dell’intervento, va evidenziata in qualche modo rispetto al resto della famiglia estesa.

Nel genogramma indichiamo anche chi vive con chi; va indicato con una linea tratteggiata che comprenda al suo interno tutte le persone che vivono nella stessa abitazione; suggeriamo che la linea sia colorata (di un colore diverso da quello scelto per rappresentare i confini intergenerazionali);

il genogramma va datato: è fondamentale indicare a quale data la situazione è così come viene rappresentata nella grafica; fuori campo va indicato il mese e l’anno di compilazione; Il genogramma va personalizzato. Man mano che si usa questo strumento di lavoro, ci si trova nella necessità di metterci nuove indicazioni.

Bibliografia Addazi A.M., “Il genogramma, ovvero la mappa della famiglia trigenerazionale” in Andolfi M. e coll., La famiglia trigenerazionale, Bulzoni, Roma, 1988 Andolfi M., Angelo C., Tempo e mito nella terapia familiare, Bollati Boringhieri, Torino, 1989 Andolfi M., Il genogramma come mappa dei triangoli intergenerazionali” in Andolfi M. Il colloquio relazionale, I.T.F., Roma, 1994 Bateson G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976 Bowen M., Dalla famiglia all’individuo, Astrolabio, Roma, 1979 Bowen M., “Key to the use of genogram”, in Carter E., McGoldrick M., The family life cicle, Gardner Press, N.Y., 1980 Bowlby J., Una base sicura, Cortina, Milano, 1989 Cardinali F., Guidi G., “La coppia in crisi di gravidanza. Sulla necessità di ripensare l’intervento istituzionale”, Terapia Familiare n. 38/92 Carter E. A., “Generation after generation”, in Papp P., Family Therapy, Gardner Press, N.Y., 1977 Cauletin M., “Quelques réflexions à partir de l’utilisation du génogramme en formation”, Thérapie Familiale, n. 2/1992 Cigoli V., “Prefazione” in Montagano S., Pazzagli A., Il genogramma, Angeli, Milano, 1989 De Bernart R. e Merlini F., “Una bibliografia ragionata sul genogramma familiare”, Terapia Familiare n. 65/2001 De Nichilo M., “Il genogramma vivente”, Terapia Familiare n. 52/1996 Framo J.L., “La famiglia d’origine come risorsa terapeutica”, Terapia Familiare n. 4/1978 Galdo G., De Crescenzo D. (a cura di), Gli Apprendisti stregoni, vol. I e II, Cuen. Napoli, 1996 e 1999 Gurman A.S. e Kniskern D.P., Manuale di terapia della famiglia, Bollati Boringhieri, Torino, 1995 McGoldrick M. e Gerson F.G., Genograms in family assessment, Norton, N.Y., London, 1985 Montagano S., Pazzagli A., Il genogramma, Angeli, Milano, 1989 Nicolò A.M., “La famiglia come matrice del pensiero”, Terapia Familiare n.28/1988 Onnis L., Mari, P. “L’importanza del lavoro sulla persona del terapeuta nel processo formativo”, Terapia Familiare, n. 49/1995 Watzlawick P., Beavin, J.H., Jackson D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971 Whitaker C.A., Keith D., “Terapia simbolico esperienziale”, Terapia Familiare n. 11/1982