Petrolio, fonti rinnovabili ed energia nucleare

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Transcript della presentazione:

Petrolio, fonti rinnovabili ed energia nucleare DISPONIBILITÀ, ECONOMIA, PROSPETTIVE Ing. Ugo Spezia Segretario Generale AIN

Sommario Classificazione e impiego delle fonti energetiche La crisi annunciata del sistema petrolifero mondiale Le politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili Gli effetti delle politiche di incentivazione Le prospettive delle nuove fonti rinnovabili Il confronto competitivo Le conseguenze degli errori del passato L’energia nucleare

Le fonti energetiche primarie Fonti fossili Fonte nucleare Fonti rinnovabili fissione: fusione: classiche: nuove: petrolio carbone gas naturale uranio (plutonio), torio deuterio, trizio energia idraulica, energia geotermica energia eolica (vento) energia solare (termica, fotovoltaica) combustibile derivato dai rifiuti (CDR) biomassa (legna da ardere) biocombustibili (bioetanolo, biogas)

L’impiego delle fonti energetiche Le fonti energetiche primarie non sono sostituibili tra loro, in quanto hanno caratteristiche intrinseche diverse che riguardano: il tipo di energia producibile (termica, meccanica, elettrica) la potenza specifica (energia per unità di massa / volume, superficie occupata dagli impianti) la scala degli impianti (potenza massima, economia di scala) la disponibilità (costante, periodica, casuale) i costi di approvvigionamento i costi di trasformazione (impianto e manutenzione) l’impatto ambientale e i rischi associati

Gli usi prevalenti dell’energia Il fabbisogno prevalente di fonti energetiche riguarda: la produzione diretta di mobilità (trasporti) la produzione diretta di calore la produzione diretta di elettricità Nei paesi industriali avanzati 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre mobilità 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre calore 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre elettricità

Fonti “alternative” e “integrative” Le fonti energetiche primarie sono dunque considerate “alternative” o “integrative” sulla base della loro attitudine a produrre mobilità calore elettricità a condizioni confrontabili di versatilità disponibilità costo

Il “caso idrogeno” L’idrogeno esiste in natura allo stato gassoso in piccola percentuale nella composizione dell’aria, e quindi deve essere prodotto per via termica dal metano (H2O + CH4 + Et  2H2 + CO2) per via elettrolitica dall’acqua (2H2O + Et  2H2 + O2) per via radiolitica dall’acqua (2H2O + Eγ  2H2 + O2) In tutti i casi è necessario un apporto di energia esterno, e nei primi due casi il bilancio economico-energetico complessivo è negativo. L’idrogeno, quindi, non è una fonte di energia, ma un vettore energetico, conveniente per altri motivi (impatto ambientale locale nullo) solo se si riesce a produrlo a basso costo.

La crisi annunciata del sistema petrolifero mondiale DIETRO L’ANGOLO, LA FINE DELLA FESTA

Le risorse petrolifere teoriche Sima delle risorse petrolifere mondiali accessibili con tecnologie disponibili e quindi a costi di estrazione confrontabili con quelli correnti (“risorse convenzionali”): 1.020 miliardi di barili (Gbp). Al tasso di produzione attuale (24 Gbp/anno) queste risorse sono tali da garantire una produzione abbondante e a prezzi non dissimili da quelli correnti ancora per oltre 40 anni. Ma le analisi tecniche dicono che le cose potrebbero andare diversamente...

I fattori di indeterminazione Le stime delle risorse petrolifere mondiali sono affette da tre cause principali di errore in eccesso: si fondano sulle valutazioni dei paesi produttori e delle compagnie petrolifere (che hanno interesse a sovrastimare la loro capacità produttiva residua); si basano sull’assunzione che la produzione di greggio dai giacimenti possa rimanere costante - o crescere - nei prossimi anni senza particolari problemi tecnici (e non è così); assumono che l’ultimo barile di petrolio possa essere pompato da un giacimento con la stessa facilità (e quindi allo stesso costo) del primo (e non è così).

I fattori di indeterminazione La dimensione di un giacimento petrolifero è sempre stimata con ampi margini di errore, e quasi sempre in eccesso. La parte del petrolio presente in un giacimento che è possibile e conveniente estrarre è anch’essa stimata in eccesso. I paesi produttori hanno convenienza a sovrastimare le proprie riserve per avere più rilievo in sede internazionale, per attrarre gli investimenti, per non perdere la capacità di ottenere prestiti. Sovrastimando le riserve a disposizione di una compagnia petrolifera si innalza il valore delle sue quotazioni borsistiche. I paesi dell’OPEC hanno un interesse particolare a gonfiare le stime delle loro riserve, dal momento che ciascun paese può esportare in proporzione alle riserve stimate.

La sovrastima delle riserve Secondo la Petroconsultants di Ginevra è per i fattori citati che, anno dopo anno, e nonostante gli elevatissimi tassi di estrazione, le riserve mondiali di petrolio si mantengono costanti o addirittura aumentano. Alla fine degli anni Ottanta gli 11 paesi dell’OPEC hanno incrementato le stime delle loro riserve di circa 290 Gbp, senza alcuna giustificazione tecnicamente valida. Questo aumento corrisponde a 1,5 volte il quantitativo di petrolio complessivamente scoperto negli USA dalle origini del business petrolifero ad oggi!

La sovrastima delle riserve Le riserve mondiali di petrolio (stimate) sono dunque costantemente aumentate negli ultimi 20 anni. Estrapolando al futuro questa tendenza (apparente) la US Energy Information Administration ha concluso che la produzione di petrolio può continuare a crescere senza ostacoli per decenni. Si tratta di un’illusione: negli anni Novanta le compagnie petrolifere hanno scoperto in media 7 Gbp all’anno; la produzione media degli anni Novanta è stata di 20 Gbp all’anno; ma anziché registrare una riduzione, le “riserve accertate” sono aumentate.

La verità scomoda Circa l’80% del petrolio oggi prodotto nel mondo proviene da giacimenti scoperti prima del ’73 La capacità produttiva della grande maggioranza dei giacimenti sta già declinando Le nuove scoperte hanno toccato un massimo all’inizio degli anni Sessanta e da allora hanno cominciato a diminuire. Alla fine degli anni Novanta il mondo disponeva di riserve per circa 1.000 Gbp la produzione cumulativa era stimabile in oltre 800 Gbp Le riserve convenzionali oggi disponibili sono quindi dello stesso ordine di grandezza dei quantitativi di petrolio già estratti.

FASE DI CRESCITA DELL’OFFERTA FASE DI CALO DELL’OFFERTA La curva di Hubbert Il ciclo di produzione del petrolio è descritto dalla curva di Hubbert. Il massimo della curva potrebbe essere raggiunto entro il 2010. Da allora in poi il mercato registrerà una progressiva contrazione dell’offerta. FASE DI CRESCITA DELL’OFFERTA FASE DI CALO DELL’OFFERTA ENTRO IL 2010

L’andamento dei prezzi Cosa accadrebbe ai prezzi se il mercato prendesse atto che le risorse petrolifere sono in via di esaurimento? Si avrebbero forti oscillazioni del prezzo del barile intorno a un prezzo medio progressivamente crescente… …ovvero ciò che sta accadendo oggi. PREZZO CORRENTE DI MERCATO PREZZO MEDIO

Le prospettive future La domanda mondiale di greggio cresce attualmente del 2% all’anno. L’US Energy Information Administration prevede una crescita del 60% entro il 2020, quando la domanda raggiungerà 40 Gbp/anno. L’aumento della domanda ha riportato la quota OPEC a superare il 30% del mercato mondiale nei primi anni Duemila (come nel ’73). Sono quindi divenuti molto probabili (e lo stiamo verificando) drastici aumenti ricorsivi del prezzo del greggio. Un processo di autocontenimento della domanda come negli anni Settanta e Ottanta potrebbe determinare un prolungamento della vita economica delle risorse. Ma intorno al 2010 anche l’area mediorientale supererà il massimo della curva di Hubbert, e da quel momento la produzione mondiale dovrà inevitabilmente diminuire.

Le politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili DAL PRIMO PEN AI “TETTI FOTOVOLTAICI”

Le politiche di incentivazione Gli strumenti normativi Pianificazione energetica PNRE 1975 (Piano Nazionale per la Ricerca Energetica) PEN 1981 (Piano Energetico Nazionale) PEN 1985 PEN 1988 Provvedimento CIP 6/92 Provvedimento CIPE 137/98 Decreto Legislativo 79/99 Decreto Ministeriale 11.11.1999 (“Decreto 2%”) Decreto Ministeriale 22.12.2000 Decreto Ministeriale 29.03.2001 (“Decreto tetti fotovoltaici”) Dal 2002 in poi: deliberazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas

Le politiche di incentivazione Le erogazioni nel periodo 1981–2002 (dati MAP) PEN ’81: 6.100 miliardi (più 60 previsti dal PNRE). 1.400 miliardi (più 265 previsti dal PNRE). CIP 6/92 (in 10 anni): 76.000 miliardi di lire a favore dei produttori privati 13.000 miliardi di lire a favore dell’Enel 2.000 miliardi di lire a favore delle municipalizzate DM 22 dicembre 2000: 12 miliardi di lire a favore dei comuni e delle municipalizzate 2,5 miliardi di lire a favore dell’ENEA DM 29 marzo 2002 60 miliardi di lire in favore di Enti locali e soggetti privati 2,5 miliardi a favore dell’ENEA.

Le politiche di incentivazione L’impegno finanziario 1975-2002 Impegno finanziario dello Stato per incentivare le fonti energetiche rinnovabili nel periodo 1981 - 2002: 98.902 miliardi di lire La somma è stata spesata sulla fiscalità generale e sulle tariffe elettriche. Sono esclusi i costi sostenuti attraverso l’ENEA per i programmi di ricerca e sviluppo.

Gli strani effetti delle politiche di incentivazione LA CRISI DEL SISTEMA ENERGETICO

Il fabbisogno energetico nazionale Il decennio1990 - 2000 PREVISIONE DEI VERDI ALLA CNE 1987 145

Il ruolo delle fonti rinnovabili I dati 1990 – 2001 (ENEA)

Il ruolo delle fonti rinnovabili Energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Italia nel 2002: 17,25 Mtep (7,2%). Il contributo più significativo (16,7 Mtep) proviene dalle fonti rinnovabili di tipo classico (idraulico, geotermico, legna da ardere). Il contributo delle nuove FER equivale allo 0,09% del fabbisogno elettrico nazionale. Fonte Mtep Idroelettrica 9.067 Legna e assimilati 6.487 Geotermica 1.140 CDR 267 Biocombustibili 222 Eolica 51 Solare 13 Totale 17.247

Il ruolo delle fonti rinnovabili Copertura del fabbisogno energetico complessivo dell’Italia: contributo delle FER: 7,2% fonti rinnovabili classiche (idroelettrico, geotermico, legna da ardere): 6,97%; contributo delle nuove FER (solare termico, fotovoltaico, eolico, biocombustibili e CDR): 0,23%. Copertura del fabbisogno nazionale di energia elettrica: le FER hanno fornito complessivamente il 17,6% il contributo è ascrivibile quasi interamente alle fonti rinnovabili classiche (15,7% dall'idroelettrico, 1,9% dal geotermoelettrico); le nuove FER (eolico, solare termico, fotovoltaico, biomasse, biocombustibili, CDR) contribuiscono complessivamente per lo 0,09%.

Le prospettive delle nuove fonti rinnovabili UN CONTRIBUTO SOSTANZIALE?

Il contributo massimo ottenibile Una stima del contributo massimo ottenibile dalle fonti rinnovabili in Italia era contenuta nel documento TERES II del programma ALTENER della Commissione Europea (1996). Nelle condizioni di scenario più favorevole (best practice policies) il contributo teorico massimo da nuove FER raggiungibile in Italia nel 2020 è di 20,5 Mtep. Fonte Mtep Idroelettrica 15.558 Legna e assimilati 9.598 Geotermica 5.883 CDR 8.304 Biocombustibili 6.198 Eolica 2.878 Solare 3.126 Totale 51.544

La rilevanza sul fabbisogno energetico Il contributo di 20,5 Mtep previsto nelle condizioni di scenario più favorevole (massimo teorico ottenibile) rappresenterebbe meno il 5% del fabbisogno energetico nazionale previsto per il 2020 (previsioni di minima della crescita dei consumi). Il contributo massimo teoricamente ottenibile dalle nuove fonti rinnovabili al 2020 non sarebbe comunque tale da alleviare significativamente i problemi di dipendenza energetica del Paese. Il ruolo delle nuove fonti rinnovabili appare dunque destinato a rimanere marginale anche in una prospettiva di medio-lungo termine.

Il confronto competitivo ANALISI COMPARATIVA

Le ragioni del “flop” La perdurante marginalità delle nuove fonti rinnovabili ha le seguenti cause principali: La non competitività economica derivante dai seguenti fattori: bassa potenza specifica elevati costi degli impianti per unità di potenza complessi problemi di gestione e manutenzione necessità di impianti sostitutivi di tipo classico per i periodi di indisponibilità (carattere discontinuo delle fonti rinnovabili) …L’impatto ambientale (!)

Area occupata (ettari) Impegno del suolo Un impianto elettrico da 1000 MWe occupa le seguenti aree: Tipo di impianto Area occupata (ettari) Nucleare 15 Carbone 30 Olio combustibile 20 Gas (ciclo combinato) 12 Solare (fotovoltaico) 200 Solare (termico, progetto Archimede) 2.000 Eolico 12.500

Le conseguenze degli errori del passato ALCUNE RIFLESSIONI

La situazione dipendenza dall’estero: 82% Sbilanciamento del mix energetico: Sbilanciamento del mix elettrico: dipendenza dall’estero: 82% esborso annuo (2003): 30 miliardi di euro quota idrocarburi: 65% dipendenza dall’estero: 84%. esborso annuo (2003): 10 miliardi di euro dipendenza dagli idrocarburi: 80% Costo medio del kWh: 60% in più rispetto alla media europea Per ridurre i costi di produzione l’Italia importa energia nucleare dall’estero (il 18% del fabbisogno). Rigidità degli approvvigionamenti Impatto ambientale (“tutto carbonio”, transito di prodotti petroliferi, gli obiettivi del Protocollo di Kyoto irraggiungibili: costerebbero 360 euro/abitante) Depressione della ricerca in campo energetico

La depressione della ricerca

Il blackout del 28.09.2003 Le cause: Prelievo costante di 6.400 MW di potenza elettrica dalla rete estera per ridurre il costo medio del kWh. Di notte il prelievo sulla rete estera corrisponde al 25% del fabbisogno elettrico nazionale. “Riserva calda” non disponibile in quanto antieconomica. Interruzione notturna della potenza prelevata dall’estero Sovraccarico della rete nazionale e distacco degli impianti Capacità di trasporto degli elettrodotti satura da molti anni. Realizzazione di nuovi elettrodotti ostacolata dalle amministrazioni locali per il terrore dell’“elettrosmog”.

Il blackout del 28.09.2003 I rimedi: posizione degli ambientalisti: “Non si devono fare nuove megacentrali e non servono nuovi elettrodotti: la soluzione è nella generazione diffusa basata sulle nuove fonti rinnovabili”. posizione del governo: “È necessario costruire nuove centrali per rendere il sistema elettrico nazionale autosufficiente”. posizione di tecnici ed economisti: l’autosufficienza con petrolio e gas eleva ulteriormente il costo medio del kWh e pone fuori mercato il sistema produttivo. nel breve termine: incrementare l’importazione di energia elettrica dai paesi nucleari (costruire nuovi elettrodotti). nel medio-lungo termine: costruire nuovi impianti a carbone e nucleari.

L’energia nucleare LUOGHI COMUNI E REALTÀ

Dopo-Chernobyl, la crisi… “Il disastro di Chernobyl ha prodotto un ripensamento generale sull’energia nucleare, che a livello mondiale è ormai in via di abbandono …” Non è vero: Potenza nucleare in funzione nel mondo al 31.12.1985: 249.688 MWe Potenza nucleare in funzione nel mondo al 31.12.2002: 358.661 MWe Crescita della potenza nucleare fra il 1985 e il 2002: 44 %

Il ruolo “marginale” del nucleare “Il nucleare ha un ruolo marginale, poiché da esso proviene solo il 7% dell’energia prodotta nel mondo…” Il nucleare non serve a produrre energia, ma energia elettrica. Il suo contributo va quindi confrontato con la produzione di energia elettrica. L’energia nucleare contribuisce alla produzione elettrica (dati ONU-IAEA 2003): per il 35 % in Europa per il 25 % nei paesi dell’OCSE per il 17 % a livello mondiale Il nucleare è la prima fonte di produzione elettrica in Europa (davanti al carbone).

Il nucleare è in via di abbandono… “Il nucleare è in via di abbandono nei paesi occidentali, dove non si costruiscono più reattori…” I paesi che già impiegano estesamente l’energia nucleare non costruiscono nuove centrali perché non ne hanno bisogno, in quanto: hanno raggiunto un mix produttivo equilibrato; il nucleare è utilizzato per la copertura del carico di base; sono raddoppiati i fattori di disponibilità degli impianti; la vita di una centrale nucleare è estensibile a 60 anni. Diversa è la situazione nei paesi che sono lontani dall’aver raggiunto un mix energetico ottimale, come il Giappone, la Corea, la Russia, la Cina, la Finlandia, la Slovacchia, …

La Svezia e il nucleare “La Svezia ha deciso di uscire dal nucleare…” La Svezia, in seguito a un referendum tenutosi nell’80 (dopo l’incidente di Three Mile Island) avrebbe dovuto uscire dal nucleare a partire dal ’92. La fermata del primo reattore (centrale di Barsebäck) è avvenuta solo all’inizio del 2000. Successivamente il governo ha deciso di rinviare la fermata del secondo reattore “per la mancanza di alternative valide sul piano economico e ambientale”. La Svezia ha tuttora undici reattori nucleari che funzionano a pieno regime coprendo il 49% del fabbisogno elettrico nazionale (la parte restante proviene dall’idroelettrico).

La Germania e il nucleare “La Germania ha deciso di uscire dal nucleare…” In Germania il governo ha deciso nel 2001 di limitare a 35 anni la vita tecnica degli impianti nucleari installati. L’applicazione di questa decisione porterebbe a una graduale chiusura degli impianti nucleari dopo 35 anni di esercizio, e in questa ipotesi l'ultimo reattore oggi in funzione sarebbe fermato nel 2020. Le associazioni industriali, scientifiche e dei consumatori hanno fatto presente al Governo che il Paese (che peraltro dispone di ingenti risorse carbonifere) non può permettersi di rinunciare a una fonte che copre il 33% del fabbisogno elettrico nazionale. Nel frattempo solo uno dei reattori tedeschi in funzione prima della decisione è stato fermato (per altri motivi).

Il mercato ostacola il nucleare L’energia nucleare è economicamente vantaggiosa, ma… un impianto nucleare richiede un investimento iniziale doppio rispetto a quello richiesto da un impianto convenzionale. la realizzazione di una centrale nucleare richiede un tempo almeno doppio rispetto a una centrale convenzionale. le resistenze all’accettazione dell’impianto possono prolungare indefinitamente i tempi. …chi sceglierebbe un investimento doppio e a redditività differita del doppio per immettere sul mercato lo stesso prodotto? i meccanismi di mercato ostacolano l’opzione nucleare la disinformazione ostacola l’opzione nucleare Per questo è necessaria una politica specifica: a quando?