Le lettere di Victoria.

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Transcript della presentazione:

Le lettere di Victoria

Nella scuola di un paesino dell’Andalusia si persero otto lettere dell’alfabeto. Tutti si misero a cercarle per le strade, tra gli ulivi, nelle fattorie, sui pendii delle montagne… ma non poterono rintracciarle

i o i c V r t a

La prima a scomparire fu la V e nella scuola mancava la vita La prima a scomparire fu la V e nella scuola mancava la vita. La V era una lettera da pronunciare con voce vibrante… siccome la V se ne era andata, mancava anche il vigore che permette di vedere la verità. Da quando non si affacciava più alla vetrata i bambini non potevano vedere le montagne. Una vetrata senza nome è come un buco vuoto, nessuno potrebbe guardare l’orizzonte. Ma la V aveva voglia di viaggiare e volò via dalla scuola come un uccello. Che poteva fare una scuola senza vetrate? e senza voce?, come avrebbe potuto cantare?

V v V v v V v v

V

Dopo fu la volta della I. La lettera I era una lettera inquieta e un po’ infantile. Piaceva molto ai giovani perché era ricca di immaginazione… le domeniche nel paese si rendeva interessante perché tutti la nominavano quando andavano all’incontro con il Signore. Una mattina la I prese il volo dal campanile. E non avendo la I, che cosa avrebbe potuto fare una scuola senza inventiva?

i i i i i i

E si accorsero anche che mancava la C; la cosa non era insolita poiché tutti sapevano che le piaceva camminare. Era nata per camminare e per questo era curva. Alla scuola mancava il cuore, e il cruccio vi prendeva corpo. I bambini non potevano né giocare al cerchio, né cantare, né correre a loro piacimento… ma la C se ne era andata, alcuni la videro sulla strada che saliva al paese

c C c

Tutti si ritrovarono in minoranza quando persero la T Tutti si ritrovarono in minoranza quando persero la T. Era scomparso il timore ma scomparvero anche i temperamatite. Come scrivere sui fogli? Non c’era nessun tema da trattare, né era possibile scoprire i talenti dei bambini.… E il tetto?… ma la cosa peggiore era che alla scuola mancava la tenerezza…

t t t t

La O era il cerchio per giocare nel cortile e se ne era andata anche lei. Era ossigeno e aria pura. I piccoli obbedivano e gli adulti osservavano. Era importante per l’operaio quando andava al lavoro, e grazie ad essa i bambini imparavano l’ortografia. Se ne andò la O e scomparve l’odio ma anche gli oliveti nelle strade e gli olmi e la luce dell’ottobre

o o o o o

Scomparve anche la R. Era una lettera ridente che raramente era seria Scomparve anche la R. Era una lettera ridente che raramente era seria. Se ne andò vestita da minuscola con due grandi zampe che le permettevano di camminare con rapidità e finì la ricreazione…. Non ci si doveva confrontare con la regola, ma erano finiti anche i regali. Siccome non c’era la R come sarebbero arrivati quest’anno i Re Magi?

r r r r r

Una mattina la I improvvisamente ritornò Era un poco ingrassata e sembrava pentita ma, vedendo che le compagne non c’erano, inventò una scusa e se ne andò di nuovo

L’ultima a scomparire fu la A. Un giorno non la si vide a scuola L’ultima a scomparire fu la A. Un giorno non la si vide a scuola. Era impossibile vivere senza la A perché tutti gli amici se ne erano andati e anche gli alberi, e la classe era rimasta senza alunni e senza la candida allegria del mandorlo

a a a a a a

Il Consiglio comunale di quel paese si radunò in seduta straordinaria per risolvere il problema. Lo vennero a sapere i bambini e siccome si resero conto che i grandi non avrebbero potuto trovarle, si misero alla ricerca di queste otto lettere che mancavano e andarono in giro per tutto il circondario

Mentre camminavano, videro venire in direzione del paese una giovane che, non appena li scorse, si fermò a parlare con loro. Anche lei era Andalusa e inoltre di Siviglia I suoi capelli profumavano di gelsomini appena tagliati e il viso era luminoso come quello di un cortile del quartiere di “Santa Cruz”. Non era alta ma sembrava ugualmente imponente e la sua presenza riempiva tutto. E anche se era nata a novembre veniva traboccante di aprile come la prima sabbia della Maestranza, e guardandola, anche senza volerlo, sfuggiva a tutti un grido di olé!

Che state cercando qui? domandò con un sorriso spontaneo che ispirava fiducia. Alcune lettere che abbiamo perso e senza di loro non possiamo andare a scuola. Per caso le hai incontrate per strada? No, disse la giovane, ma posso aiutarvi a cercarle. Avvicinandomi a questo paese, aggiunse, ho avuto un tuffo al cuore e ho pensato: questo è il mio paese. E raccontò loro che veniva a lavorare lì e che sarebbe rimasta con loro per molto tempo

Questo è il mio paese!

Io posso prestarvi le mie lettere se vi servono Io posso prestarvi le mie lettere se vi servono. Le lettere che si regalano diventano parole che raggiungono il cuore dell’uomo Ciao!

i r i La giovane aprì un ventaglio e le lettere cominciarono a ballare e a saltare mentre i bambini le raccoglievano

E raccontò che quando era piccola qualcuno le regalò la V di volo e questa lettera le risuonava sempre nelle orecchie piena di vitalità. Era venuta con lei in questo paese pensando che la vita può dare più di ogni altra cosa. Io vi posso regalare la V, aggiunse, e con lei potrete vivere e volare v

Tra le cose della mia infanzia, raccontò in seguito, ricordo che ho avuto sempre una I come segno d’identità. Una chiamata di identificazione con qualcuno che ancora non conoscevo. Più tardi ho saputo chi era e ho conservato questa I nel posto migliore del mio cuore. Non l’avrei mai persa. Era la mia identità. “Se è necessario dare la vita per identificarmi con Lui, da oggi non esisto più“ le avrebbero sentito dire più tardi. Un giorno che camminava guardando le nubi, disse anche: “Vedo il cielo aperto” Nelle sue mani ricevette la fede, le chiuse con forza e la lettera l’accompagna sempre nel suo cammino

i

Vedo il cielo aperto!

La giovane desiderava Tutto e non avrebbe potuto trovarlo senza la T La giovane desiderava Tutto e non avrebbe potuto trovarlo senza la T. Ciò che più desiderava nella vita era dare tutto, poter dire: disponete di me, vi appartengo totalmente. E per ciò aveva bisogno della T della donazione totale. La cercò ovunque, tra i giocattoli della sua casa di via Trajano, tra i suoi disegni, nella scuola delle suore Carmelitane, il giorno della sua Prima Comunione e finanche nella Scuola Magistrale quando studiava per diventare maestra

La cercò anche quando indossava la “mantilla” e la “peineta” per andare alla “feria” con i suoi orecchini, durante le passeggiate con gli amici e perfino nella fabbrica di suo padre. Un giorno però, senza sapere come, qualcuno gliela regalò. Era la T delle questioni totali e l’aveva conservata intatta, sapeva che non era solo sua ma che doveva condividerla con la gente del paese

Più tardi dovette fare i concorsi per diventare maestra e per questo le occorreva la O ma aveva già scoperto qualcosa di importante ed era disposta a dare la O dell’oro per averla. Cosicché vendette tutto ciò che aveva per rimanere solamente con quel tesoro. E disse ai bambini in tono fiducioso: “In seguito ho saputo che il padrone del tesoro era Dio e che Dio ha anche una O. Ho messo la mia al centro del mio cuore, vicino vicino a Lui”

E alcuni anni dopo quella giovane disse al padrone chiedimi il prezzo

Per un certo tempo non disse a nessuno che aveva quella O così preziosa, né alle sue amiche, né alle suore della sua scuola, né alle persone in cui aveva tanta fiducia, a nessuno. Finché un pomeriggio di aprile sentì parlare di una santa scrittrice di parole ardenti e chi gliene parlava la convinse e finirono per essere amiche. Più tardi prendevano la O e recitavano insieme a lungo le orazioni. Lei non si spiega che cosa successe quel pomeriggio ma da quel momento tutto sarebbe diventato diverso

o

R Una mattina ho visto la R in riva al Guadalquivir, disse dopo, era tonda ma correva come un pesce. La mise nella sua mano e luccicava come una stella adolescente e lo raccontò alla sua amica Josefa Grosso - si chiamava così - perché sapeva che la R le sarebbe piaciuta. Lei diceva che era necessario essere rigorosi ma preferiva usare la R per ridere, disse loro scherzando

Quella donna sapeva bene che i grandi amori si possono portare nel cuore ridendo o piangendo ma sempre in prima fila

Un giorno, la sua amica Josefa Grosso le regalò una I molto speciale “era un invito che riempiva completamente i miei ideali” commentò. Era un invito all’avventura, ad uscire a navigare in alto mare con altre persone, tutti insieme, e a lanciare le reti. Ma se io sono di Siviglia e non conosco il mare, le disse. Ma quella I la condusse ad una Istituzione che aveva cercato per molto tempo senza trovarla e che ora era lì davanti a lei

“ Non ho potuto fare a meno di amarla immediatamente e solo appartenendole potevo trovare la felicità” “Benedetta lettera che mi ha portato a quest’Opera. Quanto è buono Dio che ci da secondo i nostri desideri” esclamava la giovane piena di entusiasmo. Era il mese di Giugno 1926 e stava per cominciare l’estate, i pomeriggi erano lunghi e pieni di luce. La I divenne intimità. Che cosa farò, Signore, per compiacerti maggiormente? Diceva, e volle essere santamente intrepida

i

Desiderava essere maestra e per avere alunne aveva bisogno di aver una A e si mise a cercarla fino a che la trovò. Con lei seppe anche che le querce hanno un’anima in un piccolo paese dell’Estremadura dove esercitò la sua professione di maestra, Cheles. Le lettere sono quasi le stesse! Infatti ne cambiò il nome in CHILE, perché, diceva tra sé, ciò che le altre faranno in Chile, io lo farò a Cheles, ma la A dell’Amore grande la aspettava qui, in questo paese, il suo paese, l’Amore appassionato

A

Cheles

I bambini rimasero sorpresi da questo racconto I bambini rimasero sorpresi da questo racconto. Avevano raccolto le lettere, le avevano messe negli zaini, e arrivarono di corsa a scuola. Le misero una ad una sulla parete principale fino a formare un nome: VICTORIA, e Victoria rimase in quella scuola. D’ora in poi questa sarà la scuola di Victoria. La luce entrava dalle cinque grandi vetrate, e la classe ritornò ad avere la Vita, e l’Immaginazione, e la Cultura, e la Tenerezza,e l’Ordine, il RIdere, e l’Allegria… Victoria rimase in quel paese e intuiva che vi sarebbe rimasta per sempre, come infatti fu in realtà. Era un presentimento

t V o i c r a i

A scuola faceva lezioni e a casa sua distribuiva panini e qualche vestito. Raccontano che dal suo armadio uscivano giacche, gonne, vestiti… che poi altre giovani indossavano. Dovette poi comperare sandali, scarpe… con i suoi soldi. E sembrava così fragile quando arrivò…! Alcuni si chiedevano dove attingesse tanta forza

Si impegnava a lavorare con gli altri, ad elaborare, a condividere, a tessere la vita, le gioie e i dolori, perché nel cammino quotidiano tutto è presente, giacché un filo molto sottile unisce lacrime e amori. Ed era maestra dentro e fuori la scuola

Quella I tanto cara era diventata in lei intimità, idea… l’idea di un educatore colmo di utopia, di uno che cerca sale e luce, di uno che canta la vita

Che cosa cantano i poeti andalusi di oggi? Che cosa guardano i poeti andalusi di oggi? Che cosa sentono i poeti andalusi di oggi? Cantano con voce di uomini… ma dove sono gli uomini? Guardano con occhi di uomini… ma dove sono gli uomini? Sentono con cuore di uomini… ma dove sono gli uomini? Cantano e quando cantano sembra che siano soli Guardano e quando guardano sembra che siano soli Sentono e quando sentono sembra che siano soli

Qualche volta la giovane aveva sentito dire: “Datemi una vocazione e io vi darò una scuola, un metodo e una pedagogia”. E se questa fosse la mia? si domandava e si mise d’impegno a viverla

V E Victoria diventò sempre più verità. La V della sua vocazione si fece forte e viva. “Dammi lo spirito di verità e di semplicità per attirare le persone…rivestimi di fortezza e di coraggio per la lotta che mi attende nel mondo…”

Tutti le volevano bene, piccoli e grandi; la “bruttina” che dopo ci sembrava persino bella. E a volte scriveva cose come queste: “Quando penso che queste persone sono state preparate da Dio per me e che forse lui le vuole salvare per mezzo mio, che pure non valgo niente…mi ritrovo piena di una forza che solo la grazia può dare. Non mi importa di andare anche ai confini del mondo, se là dovessi dargli gloria e conquistargli delle anime”

C E tra le sue mani si stava dilatando la C. Bisogna riconoscere che Victoria era una donna che camminava, in movimento, che non veniva mai meno, che non si lasciava trascinare, che si donava senza ritornare sui suoi passi. “È il momento di essere generosa, vai avanti senza voltarti indietro; se il cammino è seminato di spine, non avere paura, alla fine avrai il premio, sii forte, rincuorati e combatti”

Siccome non era una bigotta, dava alle amiche questi consigli con la sua O, come un canto che rotola controcorrente: “Non essere donna di novene ma donna orante. Non abituarti a recitare preghiere in modo convenzionale ; una sola che sgorga dal cuore e creata da te, è come una freccia ardente che arriva al cuore di Dio. Nella preghiera, come in tutto, umiltà, umiltà e sempre umiltà. Se tu vuoi Signore che bevano la mia acqua portala alle fontane della piazza, ma nei tuoi boschi, Signore, la mia sorgente segreta è solo per te” o

E la sua vita trascorreva felicemente tra la gente del suo paese E la sua vita trascorreva felicemente tra la gente del suo paese. Era molto allegra e con la T del suo nome ticchettava con le nacchere e faceva risuonare i tacchi delle sue scarpe per le strade del suo paese. Tutti sapevano che passava Victoria non perché lei lo volesse ma per il tic-tac dei suoi tacchi che portava sempre, dal momento che era un po’ bassina. Aiutava tutte le sue alunne, le catechiste, le madri, le amiche, il sacerdote… amava sempre di più la sua chiesa e non passava quasi mai inosservata T

Ma un pomeriggio di agosto, Victoria sentì una grande sete e andò a cercare l’acqua alla sua sorgente. Dov’è l’acqua nascosta, perché muoio di sete? Presto, dammi da bere che la vita mi sta sfuggendo…

La grata di quella finestra, ahimè la grata l’aveva resa prigioniera e lei voleva essere libera! E uscì a cercare la libertà. Un ultimo sguardo tra le sbarre e qualcuno la vide uscire dal paese lungo un sentiero oscuro come la notte…D’improvviso tutto diventò volo

La T dei suoi Tacchi risuonava frettolosamente: tutto, tutto, desiderò tutto. Aveva un buon maestro. Aveva capito molto bene il farsi tutto per tutti per guadagnare tutti per Cristo. Aveva imparato che se c’è da vegliare si veglia, se c’è da soffrire si soffre, se c’è d’ammalarsi ci si ammala, se c’è da morire si muore…

Seguiva la strada, era parte di quella strada, lo aveva chiesto tante volte: “se qualche volta mi allontano dal sentiero che mi avete tracciato, portatemi via. Dio mio, portatemi via prima che mi allontani da Voi. Poiché desidero ardentemente essere vostra fino alla morte”. Un percorso in continuo saliscendi. Si rompe il tacco e deve camminare scalza. Le proposero di ritornare, ma non può, non ha potuto farlo. “Il Signore non chiede più di quanto possiamo resistere e se ci chiede il martirio ci darà la forza per affrontarlo”

Era una notte molto calda quella del 12 agosto nelle vicinanze di Córdoba. Circa 40 uomini e una sola donna piena di Vittoria. I passi, tutti i suoi passi, erano senza ritorno. Era notte e il suo amore cresceva come una A aperta al mondo. Ah, figlio mio! Dicono che l’amore di Dio è come un falò che non può restare nascosto. “Che il tuo amore, Signore, mi trasformi, che io arda in esso e che in esso mi purifichi” “Coraggio!, affrettatevi!, ci attende il premio! Vedo il cielo aperto!”

Soltanto una frase l’avrebbe salvata, solo una, ma non l’ ha potuta pronunciare. Si sentì dire che la maestrina era molto ostinata. E tirando fuori tutto il coraggio della sua V esclamò: Viva Cristo Re! e Viva mia Madre!

E si fece giorno nella miniera!

E d’allora, alcune lettere girano per il mondo traboccanti di Victoria