Dinamiche demografiche, familiari, sociali e ricadute educative Alessandro Rosina Docente Demografia e statistica sociale - Direttore L.S.A. Buongiorno. Il mio ruolo qui è quello di delineare le dinamiche demografiche e sociali. Alcune più accentuate nel nostro paese o con impatto più problematico perché interagiscono con nostre fragilità specifiche. Parto da questa mappa…
Trent’anni di «degiovanimento» italiano DAL PUNTO DI VISTA DEL PESO DELLE NUOVE GENERAZIONI (DISINVESTIMENTO QUANTITATIVO) INTERESSANTE CONFRONO CON FRANCIA
Fonte: Del Boca, Rosina, 2009, «Famiglie sole», il Mulino. Evoluzione Debito pubblico e Fecondità Modello di sviluppo che non ha preso la strada più virtuosa. Idea di un sistema più bravi a produrre debito che figli. Disinvestendo sul proprio futuro. Fonte: Del Boca, Rosina, 2009, «Famiglie sole», il Mulino.
Rischio di povertà per varie tipologie familiari Ma oltre a fare meno figli, siamo anche paese più rischio di povertà per chi li fa Fonte: Eurostat
Alla voce “famiglia e figli” l’Italia destina l’1,3% del Pil, Ripartizione della spesa sociale nelle varie voci Questo è coerente con un sistema paese che parla molto di famiglia ma molto carente in termini di investimento su tale bene. Famiglie poco aiutate, abbandonate a se stesse, indotte quindi a fare un passo indietro anziché uno avanti… Fare figli e migliorare proprio benessere. Alla voce “famiglia e figli” l’Italia destina l’1,3% del Pil, contro il 2,1% dell’Ue-27.
Più occupazione femminile e più figli è possibile 7
Anche in Italia? Occupazione femminile e variaz. di fecondità (1995-2007). Regioni italiane Regioni con alta occupaz donne e fecondità in aumento Regioni con bassa occupaz donne e fecondità in calo Fonte: elaborazione da dati Istat.
L’esempio di due regioni Fecondità in Campania tradizionalmente più elevata di Emilia-Romagna ora situazione rovesciata (e relazione con occupazione invertita). Nel 1995: Campania 1,51 ed Emilia-Romagna 0,97 (Italia 1,19) Nel 2011: Campania 1,42 ed Emilia-Romagna 1,48 (Italia 1,42) Occup. femminile: Campania 27,3% ed Emilia-Rom. 62,1% Diverso investimento in politiche di conciliazione. Carenze accentuate dall’impatto della crisi.
Il desiderio di famiglia rimane elevato Quello che desiderano e auspicano Numero di figli realisticamente Numero di figli in assenza di vincoli La realtà con la quale si confrontano Ostacoli e difficoltà nel corso di vita portano a revisione verso il basso: Oltre il 85% delle giovani donne tra i 25-29 anni ancora senza figli. Solo 36% di donne in tale età prevede di averlo nei prossimi 3 anni. Da oltre 2 figli desiderati, a meno di 1,5 realizzati! VENIAMO AD ALCUNI DATI E RISULTATI OTTENUTI DALL’INDAGINE CHE PRESENTO CON GRANDE SINTESI Evidenziando Luci ed ombre, con le luci rappresentante da quanto i giovani vorrebbero fare E le ombre rappresentate dai limiti della realtà con cui si confrontano. *** IL RITRATTO CHE NE ESCE SI STACCA SENSIBILMENTE DAL RITRATTO STEREOTIPATO CHE SI TROVA NEL DIBATTITO PUBBLICO Cominciamo con il dire che (NELLA > DEI CASI) non appaiano per nulla apatici o remissivi rispetto alle scelte di vita. E’ VERO CHE… MA… Fonte: www.rapportogiovani.it
Ma giovani sempre più in difficoltà… Tasso di fecondità totale. 2011 (Italia = 100)
Figli sempre più tardi La posticipazione della fecondità continua (uno dei cambiamenti più imp. degli ultimi decenni) Dinamiche Prima fase: riduzione prima dei 30 anni (guidata da donne con titolo alto, poi anche basso) Fase attuale: recupero dopo i 30 (guidato da donne titolo alto). Dal 1995 al 2012: età media nascita dei figli da 29,8 a 31,4 (32 it) Tra donne it. nascite over 40 (8,2%) sta superando under 25 (8,5%). Implicazioni Iniziare tardi (dopo i 30 anni) a formare una famiglia non ha tanto effetti sul primo, ma incide sui successivi figli. (soprattutto in Italia, il che accentua modello figlio unico).
La «persistente» bassa fecondità
Crescente quota di nascite da genitori stranieri Nati per tipologia di coppia
Incidenza nascite straniere (2012) Almeno un genitore straniero 20,1% Italia; 28,7% Lombardia; 31,2% Emilia Romagna (2012) Entrambi i genitori stranieri 15,0% Italia; 22,5% Lombardia; 24,4% Emilia Romagna «sempre più radicata sul territorio lombardo». Tanto che, rispetto al passato, è in atto un'inversione di tendenza: in un anno a fronte della diminuzione dei contratti di affitto, è aumentata — seppur di poco, l'1,3 per cento — la percentuale degli stranieri che decidono di comprare un'abitazione superando ormai stabilmente il milione di presenze (1.028.663) pari al 23,4% Caritas. Secondo i dati del Comune di Milano al 31 dicembre 2013, gli stranieri residenti sono circa 200 mila. Inoltre in Lombardia, nel corso del 2012, 14.386 persone hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Rispetto al lavoro, i dati sottolineano il netto peggioramento del quadro occupazionale degli immigrati nel 2012. Ne deriva che se gli effetti della crisi non si manifestano chiaramente sul numero di presenze dei cittadini stranieri in Italia e in Lombardia, è invece evidente come la recessione economica stia colpendo la componente immigrata. Questo ha avuto come conseguenza che le famiglie dei migranti si sono ritrovate a fronteggiare la crisi in posizioni di svantaggio: il rischio di povertà interessa circa la metà degli stranieri (quindi con un’incidenza più che doppia rispetto alle famiglie italiane), e riguarda in particolare alcune comunità più di altre: quella ucraina sembra la più colpita. Una famiglia straniera ha in media un reddito pari al 56% di quello che percepisce una famiglia italiana. Un quarto degli stranieri non riesce a pagare con puntualità canoni di affitto e bollette. 15 Fonte: Istat
Sempre più figli da genitori non sposati Nati da genitori non coniugati e matrimoni civili. 2012 Sotto media europea ma accelerazione…
Una crescente instabilità familiare Principali indicatori. Anni 1995-2012
Povertà legata a presenza di figli e a condizione familiare Rischio di persistente povertà. 2009-2012 nel 2011, quasi la metà delle famiglie ha un solo percettore di reddito: a prevalere sono quelle con un titolare di trasferimenti pubblici (21,2 per cento; si tratta essenzialmente di pensioni), a seguire, quelle con un solo percettore di reddito da lavoro dipendente (17,2 per cento) (Tavola 4.12). L’aumento delle difficoltà economiche delle famiglie nell’ultimo quinquennio deriva soprattutto dalla diminuzione dell’occupazione e, quindi, del numero di percettori di reddito, in particolare da attività lavorativa. Negli anni di crisi è raddoppiata la quota, seppur marginale, di famiglie al cui interno non ci sono individui che percepiscono reddito (passata dallo 0,5 allo 0,9 per cento e arrivata quasi al 2 per cento nel Mezzogiorno). È inoltre aumentata la quota di famiglie che al loro interno hanno un solo percettore di reddito (dal 42,4 per cento del 2007 si sale al 45,1 per cento) Fonte: Istat
Le trasformazioni demo-sociali e familiari In sintesi: Quanti figli e quando (livello) Sempre di meno (persistenza) Sempre più tardi Gap tra desideri e realizzazioni Qualità condizione infanzia (diseguaglianze) Povertà famiglie con almeno due figli Livelli competenze (Pisa-Ocse) Caratteristiche in mutamento (ritmo di crescita) Nati da genitori stranieri Nati da genitori non sposati Bambini con genitori separati
Le trasformazioni demografiche e familiari In sintesi: Quali indicazioni per policy? Ridurre i rischi Ridurre le diseguaglianze di partenza Rispondere a trasformazioni familiari (con politiche child-centered) Promuovere formazione Promuovere opportunità Rispondere a riduzione quantitativa (con potenziamento qualitativo) Rispondere a desideri e aspettative (aiutando a realizzare scelte familiari virtuose) In quest’ottica le politiche per la famiglia mirano prima di tutto a ciò che va a vantaggio dei bambini; intendono le nuove generazioni come un bene comune, dalla cui crescita solida e rigogliosa tutta la collettività ha da guadagnare. Questa impostazione è coerente anche con la crescente importanza riconosciuta all’investimento sul capitale umano. Un welfare “attivante” che va in questa direzione coniuga gli obiettivi di riduzione delle disuguaglianze con quelli dell’incentivo allo sviluppo. Cruciali diventano quindi le politiche attente alla prima infanzia, che si preoccupano della rimozione degli svantaggi di partenza e di promozione della crescita. Avere figli desiderati Conciliare al rialzo famiglia e lavoro Rafforzare benessere relaz.
Per approfondimenti: