Letteratura italiana: le origini
Lingue neolatine o romanze Portoghese Spagnolo Catalano Francese Provenzale Italiano Sardo Ladino Rumeno Presente non ufficiale Presente con altre lingue
Dal Latino all’Italiano Scritto Rimase per molto tempo la lingua scritta Filosofia Teologia Scienze Letteratura Parlato Volgare Dialetti Fiorentino: perché? 1, Il più vicino al latino 2, Firenze famosa per il suo sviluppo (economico e culturale) 3. Letteratura: Stil novo, Dante, Petrarca, Boccaccio
Primi documenti in volgare Per l'amore di Dio e per il popolo cristiano e per la nostra comune salvezza, da qui in avanti, in quanto Dio mi concede sapere e potere, così aiuterò io questo mio fratello Carlo e in aiuto e in qualunque cosa, così come è giusto, per diritto, che si aiuti il proprio fratello, a patto ch'egli faccia altrettanto nei miei confronti, e con Lotario non prenderò mai alcun accordo che, per mia volontà, rechi danno a questo mio fratello Carlo. I Placiti Cassinesi sono i primi documenti in lingua vogare redatti in stile colto a noi pervenuti. Sono testimonianze giurate a proposito della proprietà di alcuni fondi contesi tra il monastero di Montecassino e il nobile Rodelgrimo d’Aquino. Celeberrimo il primo, la cosiddetta “Carta di Capua”, citato in tutti i manuali scolastici. L’Indovinello Veronese è un testo databile tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo. Si tratta di un appunto vergato sul margine di una pergamena spagnola giunta poi a Verona. Ci troviamo di fronte a quello che viene considerato il più antico documento scritto in una lingua romanza, il volgare italiano.
Dialetti e lingue in Italia umbro romano
La poesia religiosa Grande ruolo dei monasateri: Protezione contro le invasioni barbariche Colture agricole Centri di cultura (amanuensi, scuole poplari, prime forme di letteratura) Centri religiosi Dialetto umbro San Francesco Cantico delle creature Storie di san Francesco Iacopone da Todi Laudi
Poesia leggera o comica Scuola siciliana Amore cortese Imprese eroiche Poesia colta * Trobadour * Jacopo da Lentini * Pier delle Vigne Poesia comunale Poesia leggera o comica Racconti e novelle Cecco Angiolieri Novellino Bonvesin de la Riva Dolce stil novo Amore spirituale Donna pura angelicata Guido Cavalcanti Guido Guinizelli Dante La poesia laica
Differenza Scuola siciliana Dolce stil novo Tempo 1200 Fine 1200 – inizio 1300 Luogo Corte di Federico II (Sicilia) Bologna - Firenze Autori Jacopo da Lentini, Pier delle Vigne Cavalcanti, Guinizelli, Dante Argomento Amore: Come rapporto feudale Dominio della donna sull’uomo Spirituale che eleva l’uomo Puro che salva Donna Irraggiungibile, gelida Simbolo di bontà e purezza, salva Lingua Raffinata, colta, dialetto siciliano Dolce (stil novo), dialetto fiorentino
Fine
« Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si’, mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi’ Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate » Clicca sulla figura per ascoltare la musica clicca
Il lupo di Gubbio Un giorno Francesco si recò in vista nella città di Gubbio. Ma come entrò nella città vide che non c’era nessuno ne animali ne persone. Tutti i cittadini di Gubbio erano chiusi nelle loro case per paura di un Lupo veramente pericoloso e grande .Tutti conoscevano Francesco e chiesero a lui se poteva aiutarli. Francesco accettò e andò a parlare con il Lupo. Si reco alla foresta, e vide arrivare da lui lentamente questo grosso cane. Francesco lo chiamò:”Fratello Lupo , in nome di Dio ti ordino di non farmi male a me e a tutti gl’uomini”. Quando furono vicini Francesco fece il segno della Croce in bocca al Lupo. Poi Francesco gli disse: “Fratello Lupo perchè hai fatto del male ai tuoi fratelli uomini?Tutti ti odiano Fratello Lupo,hanno paura tutti di te, devi smetterla. Ma io sono tuo fratello e voglio che ci sia pace fra te e gli uomini, cosi sarete tutti tranquilli in questa città”. Quando il Lupo capì il suo errore scrollò la testa, fu allora che Francesco disse agli abitanti di Gubbio: “Il Lupo vuole vivere in pace con voi, lo desidera veramente .L’importante che mi promettete che voi gli darete da mangiare, al vostro nuovo Fratello”. Da quel giorno grazie a Francesco e alla buona volontà sia del Lupo che dai cittadini di Gubbio,era tornata la pace e il Lupo passava a trovare gli abitanti ,che gli davano da mangiare , come promesso. Il Lupo era diventato il cane di tutti , era diventato anche l’amico di tutti bambini .E quando mori ,alcuni anni dopo tutti gli abitanti piansero perché avevano perso il loro caro amico Fratello Lupo clicca
O JUBELO DEL CORE Jacopone da Todi O iubelo del core, Quanno iubelo ha preso lo core ennamorato, la gente l’ha ’n deriso, pensanno el suo parlato, parlanno esmesurato de che sente calore. O iubel, dolce gaudio ched entri ne la mente, lo cor deventa savio celar suo convenente: non pò esser soffrente che non faccia clamore. Chi non ha costumanza te reputa ’mpazzito, vedenno esvalïanza com’om ch’è desvanito; dentr’ha lo cor ferito, non se sente da fore. O iubelo del core, che fai cantar d’amore! Quanno iubel se scalda, sì fa l’omo cantare, e la lengua barbaglia e non sa che parlare: dentro non pò celare, tant’è granne ’l dolzore. Quanno iubel è acceso, sì fa l’omo clamare; lo cor d’amor è appreso, che nol pò comportare: stridenno el fa gridare, e non virgogna allore. Clicca sulla figura per ascoltare clicca
Io m’aggio posto in core a Dio servire Jacopo da Lentini Io m’aggio posto in core a Dio servire, com’io potesse gire in paradiso, al santo loco ch’aggio audito dire, u’ si manten sollazzo, gioco e riso1. Sanza mia donna non vi vorria gire, quella c’ha blonda testa e claro viso, ché sanza lei non poteria gaudere, estando da la mia donna diviso2. Ma non lo dico a tale intendimento, perch’io pec[c]ato ci volesse fare; se non veder lo suo bel portamento e lo bel viso e ’l morbido sguardare3: ché lo mi teria in gran consolamento, veg[g]endo la mia donna in ghiora stare4. Clicca sulla figura per ascolatare PARAFRASI Io mi sono propostodi servire Dio per andare in Paradiso, nel luogo santo dove ho sentito dire che vi è ogni forma di gioia. Ma non vorrei andarvi senza la mia donna, quella che ha biondi capelli e viso luminoso, perché senza di lei non potrei godere essendo separato da lei. Non dico questo allo scopo di commettere peccato con lei, ma solo per poter contemplare il suo buon comportamento, il suo bel viso e il suo sguardo. Questo mi darebbe grande gioia: vedere la mia donna nella gloria del cielo. clicca
S’i’ fosse foco, arderei il mondo Cecco Angiolieri S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo; s’i’ fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti cristïani embrigarei; s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? a tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente faria da mi’ madre, S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui Clicca sulla figura per ascoltare NOTE 1 S’i’ fosse = Se io fossi; Embrigarei = farei affannare (punirei); torrei = prenderei clicca
Io voglio del ver la mia donna laudare Guido Guinizelli Io voglio del ver la mia donna laudare Ed asembrarli la rosa e lo giglio: più che stella diana splende e pare, e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio. Verde river’ a lei rasembro a l’are, tutti color di fior’, giano e vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare: medesmo Amor per lei rafina meglio. Passa per via adorna, e sì gentile ch’abassa orgoglio a cui dona salute, e fa ‘l de nostra fé se non la crede: e no ‘lle po’ apressare om che sia vile; ancor ve dirò c’ha maggior vertute: null’om po’ mal pensar fin che la vede. Clicca sull’immagine per ascoltare PRAFRASI Io desidero veramente lodare la mia donna e paragonarle la rosa e il giglio; essa risplende più della stella del mattino ed è simile a tutto ciò che c’è di bello in cielo. . A lei paragono il prato verde e l’aria, tutti i colori, il giallo, il rosso, l’oro e l’azzurro e ricchi gioielli. Lo stesso amore a causa sua si perfeziona. Quando passa per la via è così gentile che toglie l’orgoglio a quanti saluta e lo converte alla nostra fede. Non la può avvicinare chi ha vili sentimenti. Vidirò di più: essa ha tanta virtù che chi l’avvicina non può peccare. clicca