POLITICHE DEI REDDITI controllo delle dinamiche relative a: salari (w), profitti (π), rendite (r) per evitare dinamiche inflazionistiche DIRIGISTICHE DI.

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POLITICHE DEI REDDITI controllo delle dinamiche relative a: salari (w), profitti (π), rendite (r) per evitare dinamiche inflazionistiche DIRIGISTICHE DI MERCATO ISTITUZIONALI

Politiche dei redditi “regola aurea” Y.p = w.N + q.w.N quindi p = w.N/Y + q.w.N/Y Poichè N/Y è l’inverso della produttività del lavoro (= y) Si ha PIL TOTALE SALARI TOTALE PROFITTI Accettando una determinata distribuzione iniziale del reddito -e quindi a parità di margini di profitto- se i salari crescono in linea con la produttività, l’inflazione rimane costante

La stabilità dei prezzi come bene pubblico (Tarantelli) MODALITA’: possono essere realizzate sotto forma di politiche: a)Dirigistiche: es. “blocco” degli incrementi deciso dal governo b)Di mercato: es. contenimento delle dinamiche “premiato” dal governo attraverso incentivi fiscali c)Istituzionali: “patti sociali” stipulati dalle parti sociali in modo cooperativo

L’efficacia della POLITICA DEI REDDITI dipende anche dal grado di centralizzazione del sistema di relazioni industriali: I sistemi con grado di centralizzazione “estrema” (molto elevata o molto bassa) potrebbero avere risultati migliori sul fronte dell’inflazione e della disoccupazione; i sistemi con grado di centralizzazione intermedia incoraggiano invece le rincorse salariali e le spinte inflazionistiche; fondamentale è comunque il coordinamento tra i diversi livelli di contrattazione u+ p. grado di centralizzazione Calmfors e Driffill (1988)

Calmfors e Driffill (1988) – analizzando un campione di paesi OCSE nel periodo – hanno sostenuto che contrattazioni salariali molto decentralizzate o molto centralizzate inducono le parti sociali a una maggiore moderazione salariale e dunque comportano un più basso livello di disoccupazione rispetto ai gradi intermedi di centralizzazione (hump shape hypothesis). La spiegazione proposta dagli autori circa questa relazione si basa su due elementi: i) da un lato, al crescere della dimensione dei sindacati (generalmente più elevata nei casi in cui le contrattazioni salariali sono più centralizzate), questi acquisterebbero potere contrattuale e dunque otterrebbero incrementi salariali più elevati; ii) dall’altro, al crescere del livello di centralizzazione delle contrattazioni (e dunque della dimensione dei sindacati), le parti sociali internalizzerebbero in misura maggiore gli effetti degli aumenti salariali sul livello aggregato dei prezzi e sui salari reali. Sotto certe ipotesi, l’effetto netto di questi due elementi può portare ad avere una crescita dei salari reali maggiore nei paesi con gradi intermedi di centralizzazione. Banca d’Italia, Temi di discussione n. 492 (- Lorenzo Forni, giugno 2004 ) Centralizzazione delle contrattazioni salariali e disoccupazione: una riconsiderazione dell’ipotesi hump-shape Il lavoro, utilizzando dati OCSE relativi al periodo , mostra che non sembra esserci nessuna correlazione significativa tra grado di centralizzazione delle contrattazioni salariali e andamento del tasso di disoccupazione.

L’esito della PdR dipende anche dalle caratteristiche del SRI che caratterizza un determinato assetto istituzionale e che ne definiscono il grado di corporativismo (Tarantelli, 1986) Politiche dei redditi (PdR) e sistemi di relazioni industriali (SRI) DIMENSIONI Neocooptazione Centralizzazione della contrattazione collettiva Neoregolazione del conflitto industriale

Il grado di NEOCORPORATIVISMO del sistema di R.I. si misura attraverso tre parametri (Tarantelli)

L’ipotesi di politica dei redditi di Tarantelli La stabilità dei prezzi come bene pubblico, La stabilità delle quote distributive (legge di Bowley), Il recupero del potere d’acquisto, dal passato al futuro: la “politica salariale d’anticipo”, Il rientro dell’inflazione attraverso la programmazione concertata degli scatti di ‘scala mobile’ e la disciplina di prezzi, tariffe e prezzi amministrati (inflazione programmata). Fonte: Tronti

LE QUOTE DISTRIBUTIVE Y= w.N + r.K 1= w.N + r.K Y Y Quota Reddito da Lavoro = 0.70 = 70% Redd. Da K Fonte: Tronti

Diminuisce la quota di reddito da lavoro in Italia e nel complesso dei paesi sviluppati Dal 1975 ad oggi, nei paesi sviluppati, la quota del reddito nazionale che va al fattore lavoro è diminuita di circa 10 punti percentuali: dal 75% al 65%. La crescita corrispondente della quota che va a remunerare il capitale ha favorito soprattutto i settori finanziari dell’economia e la distribuzione dei dividendi ai possessori di azioni (rapporto ILO, 2013)

11 Tasso di iscrizione al sindacato in Italia, 1960–2005 (percentuale di lavoratori iscritti al sindacato)

12 Tassi di iscrizione al sindacato negli Stati Uniti, 1900 – 2005 (percentuale di forza lavoro sindacalizzata) Fonte: BORJAS 12/8%

La caduta della quota del lavoro in Italia e nei principali paesi avanzati ( ) Fonte: Oecd

L’INFLAZIONE CRESCE in Italia più di quanto registrato nell’Area Euro Tronti 2008

Conseguenza: le RETRIBUZIONI REALI in Italia crescono meno della media comunitaria Tronti 2008

IPCA =Indice calcolato in relazione ad un paniere di beni e servizi costruito tenendo conto sia delle particolarità di ogni paese, sia di regole comuni per la ponderazione dei beni che compongono tale paniere

Nel decennio prima della crisi….. (dal 1995 al 2006) si riduce la produttività del lavoro Tronti 2008

L’incidenza delle rendite da oligopolio sul valore aggiunto cresce al ritmo medio di 0,4 punti percentuali l’anno TT Tronti 2008

Nel mondo: aumento della quota dei profitti e crescita economica Fonte: Oecd, Eurostat.

POLITICHE DEI REDDITI (1) IN ITALIA La necessità di introdurre una politica di controllo dei redditi era stata per la prima volta ufficialmente dichiarata in Italia nel 1963, nella relazione annuale della Banca d’Italia predisposta dall’allora governatore G. Carli. In realtà, per ben tutto il ventennio successivo, i tentativi di una concreta politica dei redditi risultarono piuttosto fallimentari. Solo nel 1983 e poi nel 1984 – con l’accordo siglato dalle parti sociali il 14 febbraio (denominato appunto “accordo di S. Valentino”)- si è esplicitamente cercato di realizzare un patto sociale di natura neocorporativa (nel senso indicato dall’economista Tarantelli), finalizzato a contenere i conflitti di lavoro e il processo inflazionistico, il cui differenziale rispetto ai principali paesi europei risultava piuttosto elevato. Altri due accordi triangolari sono stati rispettivamente siglati il 31 luglio del 1992 e il 23 luglio del 1993, dopo che il governo aveva esplicitamente manifestato, attraverso il Documento di programmazione economico-finanziaria del ’91 (per il biennio successivo), la volontà di partecipare al processo di integrazione e all’ unione monetaria europea: il rientro dell’inflazione e il processo di risanamento dei conti pubblici dovevano necessariamente accompagnarsi con il modello concertativo di politica dei redditi, così da puntare concordemente al rispetto dei parametri fissati nel Trattato di Maastricht.

ACCORDO SCOTTI DEL 23 GENNAIO 1983 – E' il primo caso di concertazione a tre, governo-sindacati- imprenditori, sulla politica dei redditi. L' accordo, che viene firmato nella notte fra il 22 e il 23 gennaio dopo una trattativa aperta da oltre un anno e mezzo, si compone di 14 punti e di una serie di allegati che riguardano una quantità di argomenti mai affrontati prima in una singola intesa: fisco, assegni familiari, assistenza sanitaria, tariffe e prezzi amministrati, scala mobile, orari di lavoro, rinnovi contrattuali, mercato del lavoro, CIG, fiscalizzazione degli oneri sociali. La prima novità sta nella premessa, ove le parti si impegnano a vincolare i loro comportamenti a tassi di incremento dei prezzi al consumo nella misura media annua del 13 % per l' 83 e del 10%nell' 84

PRIMI RISULTATI dell’accordo Sull’efficacia di questo primo accordo i pareri sono piuttosto discordi: c’è chi sottolinea la sostanziale incapacità mostrata dalle istituzioni preposte nel controllo delle variabili menzionate– prezzi e spesa pubblica- non governate come era nelle intenzioni (Cristini A. 1994); c’è chi, pur non enfatizzando la portata del provvedimento, fa rilevare risultati non trascurabili sul fronte inflazionistico, anche grazie alla coincidenza di una favorevole congiuntura internazionale: di fatto l’incremento del costo del lavoro scendeva dal 12,3% del 1983 al 5,4% del 1984 (risalendo leggermente nel 1985), mentre quello dei prezzi al consumo decelerava più lentamente, passando dal 15% del 1983 all’11% del 1984, al 9% del 1985 e al 6% del 1986 (Acocella, 1994).

Inflazione e retribuzioni di fatto. Anni (Tassi annui di variazione percentuale) Fonte: Elaborazione TRONTI su dati Istat, Conti nazionali In Italia gli accordi contrattuali degli anni ’80 e ’90 hanno calmierato sia le retribuzioni che l’inflazione

Dopo Tarantelli: la riforma della negoziazione delle retribuzioni 1991: la Confindustria annuncia la disdetta della scala mobile che era stata istituita nel : definitiva abolizione della scala mobile, quando fu sostituita dall’Elemento Distinto della Retribuzione, (E.D.R.), costituito da una somma mensile di Euro10,33 erogata per tredici mensilità Protocollo di Luglio 1993: viene varato un nuovo meccanismo di negoziazione dei salari che prevede anche l’ammodernamento del sistema produttivo e la riqualificazione del lavoro e delle tecnologie Riforma del sistema contrattuale (sottoscritto da CISL e UIL, ma non dalla CGIL)

POLITICHE DEI REDDITI IN ITALIA ’92/’93 (a) Gli accordi avevano i seguenti contenuti in relazione ai rispettivi obiettivi (Brunetta, 1999): in merito alla inflazione e costo del lavoro: dopo l’erogazione, per il 1992 e ’93, di una cifra forfettaria in sostituzione del meccanismo di scala mobile (ormai eliminato nel dicembre 1991), vengono decisi per gli anni a venire aumenti salariali coerenti con il tasso di inflazione programmato (allineato alla media europea) in merito agli obiettivi occupazionali: riforma del sistema di formazione, della CIG e dell’istituto della mobilità; sostegno all’occupazione soprattutto per particolari segmenti (giovani, donne lavoratori in mobilità) in riferimento alle relazioni industriali e alle modalità di contrattazione: esclusione dei livelli contrattuali sovrapposti; i contratti collettivi nazionali (CCNL) vengono rinnovati ogni quattro anni per la parte normativa e ogni due anni per la parte retributiva

POLITICHE DEI REDDITI IN ITALIA ’92/’93 (b) per ciò che concerne prezzi e tariffe pubbliche, viene fissato un tetto di aumento del 3,4% per il 1993 e di un valore coerente con il tasso di inflazione programmato per gli anni successivi; vengono istituite Autorità autonome garanti del controllo e della regolamentazione dei prezzi pubblici per gli aspetti riguardanti il fisco, viene rivisto il sistema contributivo per contrastare il fenomeno dell’elusione e dell’evasione fiscale qualche riferimento alla politica industriale viene fatto, nel proposito di sostenere la vitalità del sistema produttivo italiano e di incentivare gli investimenti nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnologica.

RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE accordo quadro firmato a gennaio (aprile accordo attuativo) 2009 da Confindustria CISL e UIL (non CGIL)

Quali prospettive per il futuro? Previsioni: occorrono circa 15 anni per tornare alla situazione occupazionale pre-crisi Per accelerare il processo di ripresa nella crescita del reddito e dell’occupazione è necessario agire realizzando: -Più INVESTIMENTI, anche e soprattutto in R&S e in formazione -più POLITICHE DEL LAVORO (soprattutto nei confronti dei giovani, delle donne, degli immigrati) -maggior coinvolgimento delle PARTI SOCIALI nei processi decisionali che riguardano la produzione e la distribuzione del reddito