Comprensione oggettiva Essa consiste nell’analizzare la situazione dell’uomo che agisce in maniera tale che sia possibile spiegare l’azione sulla base della situazione, senza bisogno di sussidi psicologici. La “comprensione” consiste nel fatto che noi vediamo che l’azione corrispondeva oggettivamente alla situazione. Per dirla diversamente, la situazione è analizzata fino al punto in cui quei momenti che in un primo tempo sembrano psicologici,come ad esempio, i desideri, le motivazioni, i ricordi, le associazioni, sono trasformate in momenti della situazione. … Ho altri scopi e altre teorie (ad esempio di Carlo Magno);ma se fossi stato nella sua situazione (dove la situazione include gli scopi e la conoscenza) avrei agito come lui, e lo stesso avresti fatto tu. Popper, la logica delle scienze sociali, p.35.
Principio di razionalità L’idea che le leggi naturali debbano essere sostituite da leggi della psicologia individuale è un errore. “In primo luogo le concrete esperienze degli individui sono state sostituite con elementi delle situazione tipici e astratti, per esempio con quelli che abbiamo chiamato rispettivamente “obiettivi” e “conoscenza”. In secondo luogo, la tesi centrale dell’analisi situazionale è che, per poterla animare, non abbiamo bisogno d’altro che di assumere che i vari individui o agenti agiscano in modo adeguato o appropriato, vale a dire, in accordo con la situazione. Se adottiamo questo postulato metodologico allora la legge animatrice diventerà di conseguenza una sorta di principio zero. Lo si può formulare nel modo seguente: una volta costruito il modello della situazione, non assumiamo altro che gli attori agiscano all’interno dei suoi termini e decifrino ciò che nella situazione era implicito. E’ questo cui tende alludere la definizione “logica situazionale”.
Principio di razionalità “Gli individui agiscono sempre in maniera appropriata alla situazione in cui si trovano” Per quanto questo principio sia pressochè vuoto, empiricamente falso e non valido a priori. Esso vale come punto ideale, o grado zero, rispetto al quale l’azione concreta degli individui manifesta sempre degli scostamenti. Tuttavia risulta imprescindibile dal momento che ogni tentativo di sostituirlo con un altro principio sembra condurre a un totale arbitrio nella costruzione dei nostri modelli. Se i modelli situazionali assumono la funzione delle condizioni iniziali, il principio di razionalità svolge il compito che svolgevano le leggi naturali nel modello nomologico deduttivo. Popper, Il mito della cornice, p. 209
La psicoanalisi come esempio La teoria di Freud sull’origine tipica della nevrosi cade interamente entro il nostro schema si spiegazione, la spiegazione costituita sia sul modello situazionale sia sul principio di razionalità. Egli spiega infatti la nevrosi riconducendola all’atteggiamento che il bambino adotta nella sua prima infanzia come modo migliore per uscire da una situazione che non riesce a comprendere nè ad affrontare. L’adozione di una nevrosi è perciò per il bambino un’azione razionale, tanto razionale, diciamo, quanto l’atto di un uomo che, balzando all’indietro di fronte al rischio di essere investito da un’automobile,si scontra con un ciclista. E’ razionale nel senso che il bambino sceglie ciò che gli appare la possibilità più ovvia o a portata di mano, o forse il male minore, la meno intollerabile delle alternative. Popper, Il mito della cornice, 240
spiegazione nelle scienze sociali Principio di razionalità Analisi situazionale (scopi e conoscenza) Explanandum
La realtà sociale Vorrei aggiungere che parlare di società è fuorviante. Si può usare un concetto come la società o l’ordine sociale, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta solo di concetti ausiliari. Ciò che esiste veramente sono gli uomini, quelli buoni e quelli cattivi –speriamo non siano troppi questi ultimi, comunque gli esseri umani, in parte dogmatici, critici, pigri, diligenti ed altro. Questo è ciò che esiste davvero. La società quindi non esiste e dunque non esiste polizia e nemmeno l’esercito (“uomini uccisi,uomini in divisa ecc. ecco ciò che è concreto)
Individualismo metodologico “Il compito di una teoria sociale è di costruire ed analizzare i nostri modelli sociologici in termini descrittivi e nominalistici, cioè in termini di individui, dei loro atteggiamenti, delle loro speranze, dei loro rapporti ecc. – postulato che possiamo chiamare individualismo metodologico.” E da ciò segue che “le istituzioni (e le tradizioni) debbono essere analizzate in termini individualistici: vale a dire in termini di relazioni tra individui che agiscono in determinate condizioni e delle conseguenze non intenzionali delle loro azioni.” Popper, Miseria dello storicismo Popper, La società aperta e i suoi nemici
Il problema degli universali Nominalismo: gli universali o concetti generali non esistono come realtà anteriori e indipendenti né nelle cose né fuori dalle cose e la forma in cui si presentano alla mente umana è quella del nome. I concetti generali o universali non sono che segni i quali godono della proprietà di poter essere predicati di più individui concreti. Propriamente reali sono solo gli individui o le entità particolari. Realismo: gli universali hanno una realtà sostanziale, una realtà che si trova interamente in tutti gli individui, i quali si distinguono solo in ragione delle qualità accidentali. Cosi “uomo” è una realtà sostanziale identica in tutti gli uomini, e quando a tale realtà si aggiungono precise qualità accidentali abbiamo Pietro, Socrate, Giovanni:
Azioni e conseguenze non intenzionali Le istituzioni sociali sono il risultato non intenzionale delle azioni che gli uomini intraprendono. Sono il frutto dell’azione, ma non del progetto umano. La mano invisibile (Smith) La moneta. Si scambia qualcosa di inutile (per noi) con qualcosa di utile. Tuttavia può capitare che quello che possediamo è difficilmente scambiabile con ciò che ci necessita. Allora lo scambiamo con qualcosa che non ci serve subito, ma che, date le condizioni di mercato, è più facilmente barattabile per ottenere ciò che vogliamo. Alcuni beni, i più facilmente smerciabili, trasportabili, durevoli e divisibili finiranno così per essere accettati da tutti e permutabili con qualsiasi merce.(Menger) L’intervento statale.(von Mises)
critiche Con la moda non si discute. La moda si caratterizza “come una istituzione sociale autonoma che ha un proprio potere nell’economia generale dei comportamenti regolati della società, per cui si spiega la forza a volte violenta con cui sa imporsi nonostante tutti gli ostacoli”. Vi sono diverse mode e tutte hanno questo in comune: che esercitano una pressione più o meno intensa sugli attori sociali e li inducono ad atteggiarsi in un certo modo. Va da sé che l’individuo può sempre dire no alla moda imperante; ma, in tal caso, dovrà subire una sanzione e precisamente ciò evidenzierà che la moda è un potere impersonale con il quale, piaccia o no, tutti devono fare i conti. Koenig, Umanità in passerella, p.30
L’autonomia della cultura Solo l’individuo pensa e crea. Ma questo non significa che non esiste una realtà esterna all’individuo che opera su di esso come una forza intellettuale e morale. Questa realtà esterna è la cultura – o per usare il lessico di Popper il Mondo 3. Il mondo 3 è un sistema di simboli largamente autonomo che trascende i singoli individui e che agisce su di essi, orientando i loro pensieri e le loro azioni. La scoperta di questa realtà è ciò che ha reso possibile la nascita della sociologia come disciplina distinta dalla psicologia e dalla economia.
L’analisi delle istituzioni sociali L’individualismo metodologico possiede una teoria sulla genesi delle istituzione, ma nessuna idea di come operano. Non ci fornisce, infatti, alcuna analisi del modus operandi delle istituzioni. E questo accade perché l’individualismo dissolve le istituzioni negli individui che le compongono, mentre esse, pur essendo il prodotto dell’attività umana costituiscono quella realtà autonoma e oggettiva che Popper ha denominato Mondo 3.
Mutamento e precarietà della cultura Ogni cultura ha un’esistenza precaria dato che dipende dalle azioni e dal comportamento degli individui che la “eseguono”. Giacché ogni realizzazione è di per sé anche una trasformazione. La precarietà della cultura appare nel momento stesso della sua realizzazione. Per essere vitale una cultura deve esporsi al rischio del mutamento. E in effetti muta sempre ogni volta che le si garantisce una realtà, ogni volta che essa si riproduce. Il paradosso della cultura umana consiste nel fatto che l’uomo dipende per la sua vita, per la sua sopravvivenza da qualcosa di precario, da forme che – proprio perché originano e si mantengono negli scambi sociali, in uno spazio extraorganico- fluttuano con notevole precarietà.