IL METODO DELLA RICERCA

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IL METODO DELLA RICERCA Istituto Comprensivo “Leonessa” Docente: Classe IA Colangeli Elisa a.s.2013-2014

ABILITA’ LINGUISTICHE Leggere Scrivere Parlare Ascoltare

LEGGERE Ricavare informazioni dalle fonti Conoscere il luogo, il periodo in cui il documento o il testo preso in considerazione è stato elaborato, i destinatari e l’autore Comprendere l’argomento (linguaggio, parole chiave…) e controllare che le informazioni ricavate non siano in contraddizione tra loro Confrontare le nuove informazioni con quelle già acquisite, collazionando i le fonti e ricavare delle conclusioni Utilizzo della Biblioteca scolastica

SCRIVERE Riportare le informazioni più utili selezionate su schede, facendo attenzione a citare con precisione la fonte. Fare una scaletta che ci guiderà alla stesura di un testo contenente la sintesi di quanto abbiamo compreso. Scrivere il testo della ricerca, dividendolo in capitoli e paragrafi, per quanto possibile della stessa dimensione. Dare un titolo e un numero ad ogni capitolo e ad ogni paragrafo. Il testo può contenere “citazioni” da inserire tra virgolette. Al fondo del testo occorre inserire la bibliografia (ordinata per autore in ordine alfabetico) e sitografia. Se necessario, inserire l’indice all’inizio o al fondo della ricerca. Dare un titolo generale alla ricerca che riassuma il nostro lavoro

PARLARE PRIMA DURANTE DOPO Valutare il tempo a disposizione Scegliere, tra tutto il materiale raccolto, quello necessario per l’intervento Ordinare il materiale da usare a supporto dell’esposizione (fotografie, disegni, schemi, plastici, diapositive, cartelloni…) Organizzare l’esposizione in tre parti: introduzione (argomento, metodo, fonti e strumenti, difficoltà…); esposizione; conclusione (sintesi, valutazione e osservazioni) DURANTE Catturare subito l’interesse degli ascoltatori (gruppo classe) con frasi ad effetto, incisive ed efficaci. Esporre in modo chiaro ed ordinato Esporre a voce alta, chiara, con il giusto ritmo e cambiando il tono di voce per evidenziare certi passaggi logici. Utilizzare in modo appropriato i materiali di supporto. Fare attenzione agli elementi non verbali della comunicazione. Mantenersi nei tempi stabiliti. Concludere con una frase ad effetto, che rimanga impressa. DOPO Dare la parola agli ascoltatori per eventuali domande di chiarimento o approfondimento. Di fronte ad una domanda volta a sottolineare un errore o una mancanza, non ostinarsi a difendere la propria posizione (chiaramente debole) ma spostare il focus dell’attenzione su altri aspetti.

GLI ELEMENTI NON VERBALI DELLA COMUNICAZIONE Posizione È opportuno parlare in piedi , in una posizione ben visibile a tutti, ovvero mettendosi di fronte agli uditori (gruppo classe e docente, che si siederà tra gli altri ascoltatori), con un notevole cambio di prospettiva. Gesti Devono aiutare la comunicazione e rafforzare le parole. Prestare attenzione a mostrare dovutamente il materiale di supporto. Sguardo Ricordarsi di fissare lo sguardo sugli ascoltatori e non sul docente.

ASCOLTARE Il gruppo classe: Ascolta con la massima attenzione l’esposizione Valuta l’attendibilità del messaggio secondo le proprie conoscenze e il proprio punto di vista Prende appunti, identificando passaggi non chiari o curiosità da chiedere alla fine dell’esposizione

LE FINALITA’ Acquisizione delle tematiche fondamentali delle discipline (Italiano, Storia, Geografia) Perfezionamento della padronanza della lingua italiana (nell’esposizione sia orale che scritta) Miglioramento del metodo di studio e della capacità di documentarsi autonomamente Potenziamento delle capacità critiche, di comprensione, riflessione, analisi, sintesi e rielaborazione personale

L’ATTIVITA’ DIDATTICA Tale attività prevede l’acquisizione del metodo della ricerca, tramite la realizzazione di un testo originale nato dalla lettura, dall’analisi e infine dalla collazione di diverse fonti (inizialmente tre, due cartacee e una telematica, fino ad un numero di quattro o cinque) da allegare in fotocopia al proprio elaborato e da indicare all’interno dell’apposita bibliografia e sitografia. Importante sarà l’acquisizione della capacità di ricerca delle fonti cartacee (utilizzando anche la ricca biblioteca scolastica) e telematiche, imparando a districarsi nel labirinto di informazioni riportate da Internet e a conoscere i siti.

Questa prima fase di studio e rielaborazione, nonché di scrittura deve essere condotta in gruppi (sempre diversi), con un alunno tutor che, presentando maggiori competenze rispetto agli altri, possa indirizzarne il lavoro e favorire il processo di acquisizione di nuove strutture per imitazione. La presentazione del lavoro finale è fissata di solito a distanza di un mese di tempo dalla consegna, per cercare di dare agli alunni la capacità di gestire il loro tempo e responsabilizzarsi. Dopo questa fase di “apprendimento tra pari”, ognuno deve esporre oralmente una parte della ricerca concordata dal gruppo di fronte all’intera classe e all’insegnante che fungeranno da pubblico, nella simulazione di una breve conferenza. A priori si assegna un tempo limite per l’esposizione.

LA METODOLOGIA In particolare sono state valorizzate l’esperienza e le conoscenze dell’alunno con l’attuazione di interventi adeguati nei riguardi della diversità e l’incoraggiamento alla scoperta, tramite un apprendimento collaborativo. Inoltre si è cercato di promuovere negli alunni la consapevolezza del proprio modo di apprendere, prestando molta attenzione a costruire, in maniera attiva, un metodo di studio valido e proficuo.

Si è promossa l’attuazione di simulazioni, giocate su un role-play che ha permesso agli alunni di percepire i diversi punti di vista, quello dell’insegnante e il proprio, in situazioni che hanno coinvolto tutta la classe. Il docente si è posto come osservatore del gruppo-classe al fine di comprendere le dinamiche interne ed indirizzare al meglio la propria azione educativa nel modo più efficace e valido possibile.

LA VALUTAZIONE La valutazione finale dipende dalla media del voto numerico assegnato alla ricerca scritta (voto unico per il lavoro di gruppo) e quello attribuito all’esposizione orale (voto singolo assegnato ad ogni alunno). Un aspetto importante da tenere in considerazione è la presentazione di materiale di supporto all’esposizione e la capacità comunicativa dei singoli alunni.

GLI ESITI Le dinamiche di gruppo che si sono sviluppate hanno dato vita ad una didattica “in movimento”, flessibile, proprio perché “in movimento” sono gli elementi che costituiscono il gruppo-classe e la realizzazione del lavoro finale è avvenuta proprio grazie a quel particolare tipo di apprendimento cooperativo alla base di ogni lavoro di gruppo tra pari. Uno degli elementi fondamentali dell’azione didattica, infatti, è stato quello di creare un contesto attivo di partecipazione degli allievi volto a sviluppare l’autonomia organizzativa degli stessi, le loro competenze sociali, nonché un clima positivo e collaborativo nel contesto classe (molto utile in particolare nella classe IA, dove inizialmente alcuni alunni non si erano inseriti).

Le abilità cognitive che entrano in gioco e che lo stesso lavoro di gruppo vuole promuovere come uno dei suoi scopi principali, sono di ordine superiore e attengono al problem solving e al problem posing, al prendere decisioni e al gestire i conflitti che si creano verso una loro possibile risoluzione. Le relazioni tra pari che si sono venute a creare durante tali lavori di gruppo hanno permesso di sviluppare non solo importanti abilità sociali, di interdipendenza e interazione costruttiva, ma hanno portato anche gli alunni alla consapevolezza dei propri compiti e del proprio ruolo all’interno del gruppo, ovvero all’assunzione di responsabilità. Inoltre, proprio sulla base della costruzione di rapporti positivi e collaborativi, si è ottenuto un miglioramento delle competenze di tutti e lo sviluppo di una intelligenza interpersonale.

Gli aspetti che sono entrati in gioco in tale attività didattico-formativa sono stati: l’uso della tecnica di negoziazione e di problem solving; differenti dinamiche comunicativo-relazionali che si sviluppano durante il processo di elaborazione del lavoro; gli effetti che tale esperienza comunicativa produce relativamente alle spinte motivazionali e ai processi cognitivi; lo sviluppo di abilità relazionali e strategie efficaci al team working.

PRESENTAZIONE DI UNA RICERCA LE ABITAZIONI ROMANE Lavoro di gruppo: Barberini Michele Chiaretti Letizia Classe: IA

LE ABITAZIONI ROMANE “...VOGLIO VIVERE DOVE NON CI SIANO INCENDI, NON CI SIANO PAURE DURANTE LA NOTTE...MOLTI MALATI,QUI A ROMA, MUOIONO D'INSONNIA...QUALI APPARTAMENTI D'AFFITTO CONSENTONO IL SONNO? CI VUOLE MOLTO DENARO PER DORMIRE QUI A ROMA! DI QUI HANNO ORIGINE I NOSTRI MALI. IL PASSAGGIO DEI CARRI NEI VICOLI STRETTI E TORTUOSI E LE PROTESTE DI TUTTA LA FILA CHE NON PUO' AVNZARE, TOGLIERANNO IL SONNO...PENSA ORA AGLI ALTRI E DIVERSI PERICOLI DELLA NOTTE: QUANT'E' LA DISTANZA TRA LA TERRA E I TETTI ALTISSIMI, DONDE UNA TEGOLA VIENE A COLPIRE IL CRANIO, QUANTE VOLTE VASI SCREPOLATI E SBRECCIATI CADONO DALLE FINESTRE E CON QUALE PESO INCIDONO E SCHEGGIANO IL LASTRICO...” Queste erano le parole dello scrittore latino Giovenale, che racconta del disagio nel vivere in una zona molto abitata.

LA DOMUS La domus era occupata da una sola famiglia. Erano molte le stanze della domus, tra cui il bagno chiamato “balneum”, che era per idea o per funzione, simili alle grandi e lussuose terme. Ai Romani piaceva stare molto all'interno della vasca, che poteva contenere o acqua calda, o acqua fredda, o acqua tiepida. I Romani pensavano che con l'eliminare il sudore si eliminassero anche i cattivi umori. Per scaldare l'acqua si usava il sistema dell'ipocausto (caldo sotto) che consisteva nel far circolare calore, prodotto da un cammino sotto il pavimento, che era forato per mandare calore nei rispettivi serbatoi. Per stare in piedi sul pavimento, era necessario l'uso dei sandali di legno. Un'altra stanza che utilizzavano molto era la sala da pranzo. Sul tavolo si affacciavano tre triclini, uno riservato al padrone e due per gli ospiti. Si mangiava abbondantemente nell'antica Roma. Solo dopo aver finito di mangiare si poteva bere un miscuglio di vino. La cucina, per ragioni di smaltimento, era posizionata accanto al bagno. Il soffitto era alto e la stanza era ampia per contenere le numerose schiave e per evitare gli incendi delle travi. La cucina era riscaldata dai forni. Molto importante era anche la stanza del “tablinium” dove si trovavano tutti gli archivi della famiglia, ma era anche adibita allo studio. Un'altra stanza molto importante era il peristilio, un ampio colonnato esposto alla natura, che si affacciava nel giardino. Il cuore della casa si chiamava “atrium”, una stanza molto arredata, dove si svolgeva la vita della famiglia e dove si affacciavano altre stanze. L'interno della casa veniva decorato con mosaici e affreschi. Sul tetto si trovava un'apertura nella quale si raccoglievano le acque piovane, per poi essere convogliate in una cisterna sotterranea. La domus era divisa in due parti, nella prima viveva la famiglia ricca , nella seconda parte, invece, ci vivevano gli operai che vi lavoravano. Per esigenze pratiche la seconda parte era posizionata al pianoterra. Infatti era abitata da chi si occupava dei campi e del bestiame. All'esterno della casa si trovavano anche delle stalle e depositi di attrezzi. La domus veniva costruita con mattoni o con pietre, fissate poi con calcestruzzo.

LE INSULAE Le insulae erano le case dei poveri. Queste case sono nate nel IV secolo a.C., perché era molto importante offrire alloggi ai più poveri. Le insulae venivano chiamate "palazzi grattacielo" perché erano molto alte, circa 6-7 piani, con un'altezza di 24 m. Avevano una base molto larga, che assicurava stabilità alla casa. L'insula più famosa era quella di Felicles, che si elevava su Roma come un grattacielo. La maggior parte delle insulae crollavano per cause dolose. I muri erano spessi 45 cm, e da qui si può capire che questi muri non aiutavano l'edificio a rimanere stabile. Affacciato sul giardino interno stava spesso il proprietario dell'immobile. L'insula comprendeva più o meno gli stessi appartamenti delle case di oggi. Molto grave era la situazione dei bagni e dell'igiene, perché a quasi tutti gli appartamenti mancava il bagno, benché le reti idriche erano pubbliche ma solo le persone ricche potevano permetterselo, dopo aver pagato un canone molto alto. Chi abitava nelle insulae si arrangiava, gettando dai balconi a dalle finestre i loro rifiuti. Al contrario della domus, l'insula al piano terra non aveva delle stanze dove abitare ma c'erano botteghe e magazzini.

L'ILLUMINAZIONE DELLE CASE Le case romane erano buie, ma per illuminarle utilizzavano delle lampade a olio o candele diverse dalle nostre, formate da una cordicella impregnata nella cera o in sostanze grasse. Le finestre venivano aperte dagli inquilini solo quando il clima era più mite. In inverno le finestre venivano coperte da tende fatte con pelli di animali. Per andare da una stanza all'altra si utilizzavano le lanterne a mano, rette da uno schiavo, se il proprietario della casa era ricco. Le fiaccole di legno venivano utilizzate solo nei riti, come matrimoni o funerali.

LA VILLA DI SETTEFINESTRE La villa, era la casa di campagna dei ricchi. Era molto grande, con cortile, orti, depositi di attrezzi per il lavoro e stalle all'esterno. La Villa Settefinestre si trovava su una collina, di fronte a Monte Argentario, ed aveva, come la domus, un peristilio sul giardino. Le stanze erano molto colorate, con affreschi e pavimenti realizzati in marmo o in mosaico. La villa era divisa in due parti, nella prima parte vivevano i padroni, e nella parte restante, chiamata “rustica”, vivevano gli schiavi.

ICONOGRAFIA e MATERIALE AGGIUNTIVO: cartellone e plastico