L’Egitto di Muhammad ‘Ali ( )

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Transcript della presentazione:

L’Egitto di Muhammad ‘Ali (1805-1849) Sarà dall’Egitto della prima metà del XIX secolo (ma anche dalla Siria e dal Libano), che partirà la corrente di modernizzazione dell’Islam, all’interno della quale cominciano a delinearsi i concetti di nazione, nazionalità, patria, ma anche panarabismo (in senso ovviamente anti-ottomano). Fondamentali per il rinnovamento del pensiero musulmano furono le missioni di studenti mandati in Europa dopo la spedizione napoleonica nell’epoca di Muhammad ‘Ali. È in questo contesto che nasce la Nahda (Rinascimento), termine con il quale non si indica una vera e propria corrente di pensiero, quanto l’insieme di quei pensatori che per primi si pongono il problema della modernità.

La Nahda Precursori della Nahda furono due grandi intellettuali: ‘Abd al-Rahman Al-Jabarti (1753-1825), storico egiziano testimone della spedizione napoleonica in Egitto, che ci ha lasciato una descrizione ammirata della cultura, delle scienze e della tecnica di cui erano portatori i Francesi. Rifa‘ah al-Tahtawi (1801-1873), uno dei primi partecipanti alle missioni di studio volute da Muhammad ‘Ali in Francia, traduttore, educatore e giornalista. Entrambi già si richiamavano ai temi della modernità, della riforma politica, dell’istruzione e dell’emancipazione della donna.

La “triade” della Nahda Jamal ad-din al-Afghani Muhammad ‘Abduh Rashid Rida L’idea centrale di questo movimento è islamizzare la modernità, ovverosia far rientrare la contemporaneità nel quadro della religione, dimostrando la perfetta compatibilità dell’Islam con le istituzioni e le ideologie moderne.

La Nahda, movimento che si sviluppa in Egitto, è il movimento che dà inizio alla islāh, la riforma del pensiero islamico, e al panislamismo, la corrente di pensiero che preconizza l’unione di tutti i musulmani come strumento di riscatto contro le ingerenze e le contaminazioni della politica e della cultura imperialista coloniale. I protagonisti della Nahda viaggiano in Europa, studiano le lingue, dibattono con i pensatori europei, si confrontano con la modernità. Una visione nazionale panislamica comincia a delinearsi a partire proprio dall’Egitto e dal Vicino Oriente.

Jamal ad-din al-Afghani (1839-1897): il padre del panislamismo

Persiano, dissimulò la sua origine prendendo l’appellativo di “afghano” per evitare diffidenze e discriminazioni in quanto sciita. Intellettuale militante e rivoluzionario, viaggiò instancabilmente nel mondo musulmano (e non), per diffondere la sua ideologia politica basata sulla necessità di risvegliare i valori nazionali dell’Islam e del panislamismo. Fu in Egitto ad al-Azhar a tenere conferenze sul suo progetto di elevazione delle nazioni musulmane; fu a Parigi negli anni ‘80 del XIX secolo e qui si contrappose in un acceso dibattito al noto filosofo e storico Ernest Renan, uno dei più prestigiosi studiosi di orientalismo, che accusava l’Islam di essere incompatibile con la modernità. Lottò contro il dispotismo nei paesi islamici e contro il colonialismo, quello britannico in modo particolare.

Sosteneva l’uso della libera interpretazione delle Scritture, affermando che la porta dell’ijtihād (interpretazione personale) in realtà non si era mai chiusa definitivamente e che il ruolo del taqlīd, l’imitazione pedissequa degli antichi, fino ad allora prevalente, andasse ridimensionato. La religione/cultura islamica avrebbe dovuto affrontare un coraggioso processo di “riforma” interna, sul modello di quella protestante avvenuta nel Cristianesimo. Continuò a viaggiare in Inghilterra, in Persia, in Turchia, in Afghanistan, tra conferenze e salotti, bella vita e circoli politici. Il suo ideale panislamico lo portò ad avvicinarsi molto al califfato ottomano e al califfo ‘Abdul Hamid II (1876-1909). Morì proprio ad Istanbul nel 1897 a 59 anni (secondo alcuni avvelenato per volere del sultano che non si fidava più di lui).

L’ideologo dell’islāh. Muhammad ‘Abduh (1849-1905)

Fu costretto a fuggire dall’Egitto e rimase in esilio per alcuni anni perché coinvolto nella rivoluzione fallita di Urabi Pasha (1882), contro l’instaurarsi del controllo britannico sull’Egitto. Visse a Parigi dove conobbe Afghani e con lui collaborò, e poi in Libano, prima di rientrare in Egitto. Teologo, professore (fu chiamato dai suoi allievi con l’appellativo di “maestro guida”), giornalista, magistrato, amministratore e infine muftì d’Egitto (dal 1899). In questa veste emanò molte sentenze “rivoluzionarie” e fu promotore di una vasta riforma dei costumi e dell’istruzione, prima di dimettersi dalla sua carica per la durissima opposizione delle autorità religiose. Basò la sua lettura delle fonti sacre sul concetto di maslaha (“bene comune, convenienza”) per il quale la legge, la giustizia, la moralità sono concetti che si devono adattare alle condizioni di vita del contesto in cui operano.

Fu la figura più influente del movimento riformista della Nahda e la sua opera incarnò al meglio l’espressione “islamizzare la modernità”. Propugnava l’assoluta sintonia non solo tra l’Islam e la ragione e la scienza (“L’islam è la religione della ragione e della scienza”), ma anche fra l’Islam e la forma democratico-liberale di governo (ripresa dei concetti classici di ijmā’, shura etc.). Il suo è già un pensiero nazionalista, incentrato sull’idea dell’amore per la patria (bilādī). Si adoperò soprattutto contro il conformismo (taqlīd), il letteralismo, la superstizione e la violenza. Fu fautore della tolleranza verso le altre religioni e dell’affermazione dei diritti della donna.

L’inventore della Salafiyya Rashid Rida (1865-1935)

Allievo di ‘Abduh, propugnatore dell’idea del rinnovamento dell’Islam attraverso il ritorno al Corano, alla Sunna e all’età dell’oro dell’Islam. Ritorno ai pii antenati (as-salāf as-salih), espressione dalla quale deriva il termine salafiyya. Il suo pensiero diventa più conservatore e critico verso gli eccessi del modernismo. Egli si scaglia da un lato contro le contaminazioni della religiosità popolare (confraternite sufi) dall’altro contro l’occidentalizzazione della società musulmana. Sostenitore del panislamismo e del califfato (che proprio in quegli anni, nel 1924, fu abolito da Kemal Ataturk). Fonda la famosa rivista al-Manar (1898), nel quale Muhammad ‘Abduh pubblica il suo rivoluzionario commentario al Corano. Il suo discepolo più famoso è Hasan al-Banna (1906-1949), fondatore dei Fratelli Musulmani.

Il dibattito interno Alla corrente di pensiero conservatrice o più specificamente fondamentalista (Rida e poi al-Banna) che si svilupperà nei decenni successivi si contrappone, nell’Egitto di quegli anni, un movimento di pensiero aperto, occidentalizzante, secolare. Sul piano sociale: Qasim Amin (1865-1908), autore di La nuova donna e di L’emancipazione della donna. Sul piano religioso: Ali ‘Abd al-Raziq (1888-1966), sostenitore della separazione tra religione e Stato e autore de L’Islam e i fondamenti del potere. Sul piano culturale: Taha Husayn (1889-1973), docente universitario, rettore di Università del Cairo, scrittore, ministro dell’Educazione, accende un dibattito forte in cui auspica un rinnovamento politico basato sul rispetto delle libertà democratiche, sulla separazione fra spirituale e temporale, sull’uguaglianza uomo-donna.

Qasim Amin, Ali ‘abd al-Raziq, Taha Husayin

Il “disincanto” del mondo musulmano Il mondo musulmano vive, fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, una serie di eventi amari, che sanciscono il fallimento del tentativo dei pensatori riformisti di trovare una sintesi fra i due sistemi culturali, quello subalterno e quello dominante. Tradimento della Gran Bretagna nei confronti dello sharif Husayn della Mecca a seguito della rivolta araba contro gli Ottomani (promessa inglese di creazione di un “califfato” cui seguono invece gli accordi Sykes-Picot (1916) che preludono al sistema dei mandati, con il quale Francia e Gran Bretagna si spartiscono (pace di Parigi, 1919) tutto il Vicino Oriente (come ricompensa vengono posti sul trono dei nuovi Stati di Iraq e di Transgiordania i due figli di Husayn, Faysal e Abdallah). Dichiarazione Balfour del 1917 e avvio della migrazione ebraica in terra di Palestina: rivolte del 1936, creazione Stato di Israele (1948) e di nuovi Stati arabi prima inesistenti: Siria, Libano, Giordania, Iraq.

In conclusione il mondo musulmano reagisce all’incontro con la modernità occidentale: - subendone il fascino e tentando una sintesi fra patrimonio culturale islamico e innovazioni occidentali, ma anche… rifugiandosi nel mito del proprio passato (l’età dell’oro) e della propria tradizione. Si assiste nel corso degli ultimi decenni del secolo XIX al progressivo rifiuto delle forme di occidentalizzazione (l’Occidente colonizzatore) e alla nascita di un pensiero riformista islamico tendente a recuperare la cultura e l’identità islamica (panislamismo) da contrapporre alle idee europee di superiorità culturale e di assimilazione.

L’irrompere del pensiero radicale islamico La nascita dell’islam militante (il cosiddetto fondamentalismo islamico) risale ai primi decenni del XX secolo. Accanto al recupero del proprio patrimonio culturale (turah) si sviluppa l’idea della necessità della rivoluzione (thawra) sia in senso nazionalistico che in senso culturale, contro l’ingerenza occidentale e la perdita della propria identità culturale e religiosa.