La variabilità del Sole
Argomenti trattati: Il ciclo delle macchie solari Origine delle macchie solari I brillamenti Aurore polari
Il ciclo delle macchie solari Se consideriamo il Sole nel suo insieme, lo splendore della nostra stella sembra fisso e immutabile, ma in realtà il Sole è una stella variabile. Il ben noto “ciclo delle macchie solari” della durata di 11 anni, non è che uno dei molti aspetti di una oscillazione magnetica complessa su un periodo di 22 anni, nel corso della quale varia anche l’emissione di radiazione visibile e ultravioletta, di raggi X e di particelle cariche. Queste oscillazioni possono riscaldare E fare espandere gli strati superiori dell’atmosfera terrestre, causare le aurore polari, mettere fuori uso linee elettriche, alterare la fascia di ozono e forse anche influenzare il clima.
Il fenomeno più noto e vistoso che caratterizza la struttura della fotosfera solare è rappresentato dalle macchie solari. Una macchia è composta da una regione centrale molto scura, chiamata nucleo od ombra, circondata da una zona grigia, detta penombra. La penombra non appare uniforme bensì striata, cioè formata da filamenti chiari e scuri che sembrano convergere verso il nucleo. La forma e le dimensioni delle e possono anche cambiare in tempi brevi (dell’ordine di poche ore); ciò può essere facilmente compreso se si pensa che la fotosfera, sulla quale esse si formano, si trova allo stato gassoso con una temperatura che si aggira intorno ai 6.000 gradi centigradi. Per contro la temperatura nel nucleo di una macchia può variare da 4.000 a 5.200 gradi centigradi mentre nella penombra raggiungiamo valori pari a 5.500 gradi centigradi; di conseguenza le macchie appaiono scure solo per contrasto con le regioni fotosferiche adiacenti soggette a temperature più elevate.
Le macchie compaiono isolate o a gruppi e hanno inizio dalla formazione di un poro, punto scuro delle dimensioni di qualche migliaio di chilometri, che si origina negli interstizi della granulazione. Questi pori possono scomparire in qualche ora o qualche giorno oppure allargarsi fino a dare origine ad una macchia. Le macchie hanno una vita variabile da qualche giorno a qualche mese; nel secondo caso si tratta non di macchie singole, ma di grandi gruppi di macchie che subiscono una lenta evoluzione durante il ciclo della loro esistenza. E’ variabile nel tempo anche la posizione delle macchie sul disco solare.
Riguardo alle loro dimensioni, le macchie possono raggiungere valori giganteschi, come ad esempio nel caso del famoso gruppo di macchie apparso nel 1947, che ricopriva circa l’1% dell’area del disco solare ed era quindi facilmente osservabile anche ad occhio nudo. La presenza di macchie sul disco solare rappresenta un fenomeno variabile nel tempo. Fu un astrofilo del XIX secolo, il tedesco Heinrich S. Schwabe (1789-1875), a scoprire che il numero medio di macchie osservabili variava periodicamente. Da tutte le osservazioni raccolte da più di due secoli (a partire dal 1755), si è riscontrato che il numero massimo di macchie osservabili si ripete con un periodo medio di11,1 anni, ma con notevoli oscillazioni rispetto a tale valore (da un minimo di otto a un massimo di sedici anni). A questo periodo viene dato il nome di ciclo undecennale dell’attività solare, poiché ad esso sono associati anche gli altri fenomeni meno noti di attività non solo fotosferici, ma di tutta l’atmosfera solare. Si assume come epoca di inizio di un ciclo la fase corrispondente al minimo di
attività solare, quando cioè il numero di macchie è quasi nullo attività solare, quando cioè il numero di macchie è quasi nullo. Le prime macchie o gruppi di macchie che compaiono subito dopo tale fase sono situate intorno ai 30 gradi di latitudine sia sull’emisfero settentrionale che meridionale. Con il progredire del ciclo aumenta il numero di macchie e contemporaneamente diminuisce la loro latitudine fino a che, alla fine del ciclo stesso, esse si ritrovano in media intorno alle latitudini di +5° e -5°; non è raro osservare in questa fase assieme alle ultime macchie di un ciclo, le prime macchie del ciclo successivo, facilmente distinguibili da queste perché nuovamente situate a maggiori latitudini.
Origine delle macchie solari Il Sole ruota su se stesso in senso antiorario come la Terra, con un periodo variabile da 25 giorni in prossimità dell’equatore a 27 giorni nelle zone con latitudine di 35 gradi. Nelle regioni con latitudini superiori la rotazione diventa ancora più lenta. Il Sole, in altre parole, non si comporta come un corpo rigido, ma è dotato di una velocità di rotazione decrescente via via che si passa dalle regioni equatoriali a quelle polari. Si ritiene che la rotazione differenziale del Sole determini il ciclo delle macchie solari. La superficie solare trascina infatti con sé nella rotazione le linee di forza del campo magnetico; nell’arco di numerose rotazioni, una linea di forza che inizialmente segua un percorso rettilineo da nord a sud (vedi immagine) si arrotola stirandosi in senso orizzontale e intensificandosi.
Le macchie solari compaiono dove i “tubi” di flusso magnetico più intenso emergono dalla superficie: i punti di uscita e di entrata del flusso rispetto alla superficie hanno polarità opposte. Le macchie solari di solito si formano in coppie quasi alla stessa latitudine perché seguono lo stiramento orizzontale del campo magnetico nei pressi della superficie. Le coppie di macchie costituiscono grandi dipoli magnetici con orientazione opposta nei due emisferi del Sole.
Nonostante l’aspetto molto scuro di una macchia, la temperatura del gas all’interno di essa è ancora elevata, cira 4.600 K; la differenza di circa 1.200 K tra la macchia e il resto della fotosfera la fa apparire come una regione “nera” per semplice effetto di contrasto. La temperatura più bassa nelle macchie è legata alla presenza del forte campo magnetico ad esse associato, il quale frena le correnti convettive che altrove consentono un continuo rimescolamento del materiale alla superficie della fotosfera: l’assenza di correnti all’interno delle macchie produce un abbassamento della temperatura locale che si traduce nell’aspetto scuro della macchia stessa. Attorno alla regione occupata da una macchia o da un gruppo di macchie si osserva molto spesso una zona dalla luminosità più elevata di quella media del disco solare e dai bordi irregolari che prende il nome di facola. Le facole appaiono brillanti e quindi più facilmente osservabili quando si trovano vicino al bordo del Sole e impallidiscono man mano che si spostano verso le regioni centrali del disco.
I brillamenti I brillamenti sono immani eruzioni che si verificano nelle regioni solari attive e ne fanno aumentare assai fortemente la luminosità nei raggi X e nell’ultravioletto estremo. Si ritiene che i brillamenti traggono la propria energia dall’annichilazione rapida di campi magnetici intensi, che riscalda il plasma e produce un potente campo elettrico il quale a sua volta accelera le particelle cariche. Un brillamento di notevole entità è spesso accompagnato da una specie di “fiammata” dovuta all’espulsione di materiali cromosferici; quando questa viene osservata proiettata sul disco solare prende il nome di filamento o flocculo oscuro, mentre quando, per effetto della rotazione solare, si sposta al bordo, cambia di forma per
effetto di prospettiva e, uscendo dal disco, si proietta sullo sfondo del cielo, è detta protuberanza. Protuberanze e filamenti sono perciò aspetti diversi dello stesso fenomeno, che può essere quindi studiato e seguito nelle varie fasi della sua evoluzione. La vita delle protuberanze e dei filamenti è pari a una o più rotazioni solari; la loro posizione sul disco e la loro frequenza sono collegate al ciclo undecennale.
Aurore polari L’aurora polare è un fenomeno luminoso che si manifesta ad alta quota, solitamente al di sopra dei 60° gradi di latitudine nord o sud. Si distingue in aurora boreale o aurora australe a seconda che si verifichi nell’emisfero settentrionale o in quello meridionale. L’aurora polare si manifesta con macchie luminose in rapida evoluzione o con colonne di luce danzanti, di varie Tonalità. Quando si manifesta in forma intensa, questo fenomeno è accompagnato da attività di natura magnetica e può provocare interferenza con le trasmissioni radio e con le reti telefoniche. I periodi di massima e minima intensità di un’aurora coincidono quasi esattamente con quelli del ciclo dell’attività magnetica del Sole, che ha periodicità di 11 anni.
Fasce di Van Allen Vari studi effettuati durante e dopo il 1957-1958 indicano che il bagliore aurorale si manifesta quando il vento solare, costituito da sciami di particelle cariche che permeano tutto il sistema solare, è incrementato da un flusso di particelle atomiche di alta energia provenienti dalle macchie solari. Gli elettroni e i protoni del vento solare penetrano nella magnetosfera terrestre e si localizzano nella fascia di Van Allen; gli elettroni e i protoni in eccesso che si vengono a formare entrano nell’atmosfera, in corrispondenza delle due aree centrate nei poli nord e sud magnetici, uniche zone non completamente schermate dal campo magnetico terrestre. Queste particelle collidono con le molecole dei gas che costituiscono l’atmosfera, eccitandole e dando luogo al fenomeno della
luminescenza,cioè all’emissione di luce visibile. Esiste una varietà infinita di forme osservabili in cielo durante il fenomeno dell’aurora polare, tra cui: l’arco aurorale, un arco luminoso che si forma a cavallo di un meridiano magnetico; la banda aurorale, che in genere risulta più larga e irregolare dell’arco; filamenti e strisce posti ad angolo retto rispetto all’arco o alla banda; la corona, un cerchio luminoso in corrispondenza dello Zenith; la nubi aurorali, masse nebulose indistinte che si possono formare in qualunque parte del cielo; il bagliore boreale, una luminosità diffusa alta nel cielo, verso cui convergono i filamenti e le altre formazioni; e poi drappeggi, ventagli, fiamme, pennacchi e strisce di varie forme.