Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Luigi Gaudio
Il caso editoriale Nella prospettiva grossolana di chi fa libri di storia da secoli, il risorgimento è una pagina gloriosa della nostra storia, punto. L’impresa dei mille è una conquista della civiltà, punto.
Il caso editoriale Presentare il risorgimento da un’altra prospettiva, o tratteggiare melanconicamente la Sicilia dominata dai Savoia poteva quindi essere tacciato di quello che è il peccato mortale secondo gli storici moderni, abituati al conformismo culturale, cioè questo romanzo era accusato di revisionismo.
Il caso editoriale Oltretutto il clima culturale risentiva ancora del neorealismo imperante, e la storia doveva essere considerata dal punto di vista del popolo e delle classi più umili. Che fosse invece un nobile, come Tomasi, a prendere la parola, in un romanzo in cui sono i nobili protagonisti era uno scandalo per l’epoca.
Il caso editoriale La stessa cultura dominante nelle università dovrà poi riconoscere i suoi errori, e in decenni più prossimi ai nostri attribuire proprio a questo romanzo un valore storico-documentario assolutamente innegabile.
Il caso editoriale Le immagini contenute nelle prossime slide provengono dal film Il Gattopardo del 1963, regia di Luchino Visconti, Palma d'oro come miglior film al 16º Festival di Cannes.
L’inizio del romanzo "Nunc et in hora mortis nostrae. Amen. La recita quotidiana del Rosario era finita. Durante mezz'ora la voce pacata del Principe aveva ricordato i Misteri Gloriosi e Dolorosi” (pag. 13) Burt Lancaster interpreta il Principe
L’inizio del romanzo L’incipit ci conduce subito a incontrare l’ipocrisia del Principe, che ripete stanchi rituali, cui sono più affezionate le donne di famiglia, rispetto a lui. Burt Lancaster interpreta il Principe
Padre Pirrone È il religioso di famiglia, che accompagna il Principe a Palermo, quando dà sfogo con Mariannina ai propri stimoli sessuali, mortificati dalla consorte la principessa Mariastella troppo casta che concepisce il sesso solo religiosamente come procreazione di figli (ben sette). Romolo Valli interpreta Padre Pirrone
Cane Bendicò Forse l’unico essere vivente di casa Salina che dà soddisfazione al Principe è il cane alano Bendicò, che si può davvero definire suo inseparabile amico.
I figli Dei tanti figli che ha avuto con la moglie nessuno corrisponde al modo di essere e pensare del Principe. Francesco Paolo, il primogenito, è l’erede, è chiamato il Duca, ma il Principe non ha grande stima di lui.
I figli Giovanni il secondogenito è scappato per andare a fare il commesso a Londra. Insomma il più in sintonia con il capofamiglia Fabrizio è Tancredi, che in realtà è suo nipote, non suo figlio.
Tancredi Il nipote, posto sotto la tutela del principe Fabrizio, non combatte per grandi ideali risorgimentali, ma per mantenere le cose come stanno e lo dice chiaramente allo zio: Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi “Il ragazzo divenne serio: il suo volto triangolare assunse una inaspettata espressione virile. "Parto, zione, parto fra mezz'ora. Sono venuto a salutarti." Il povero Salina si sentì stringere il cuore. "Un duello?" "Un grande duello, zio. Contro Franceschiello Dio Guardi. Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi Vado nelle montagne, a Corleone; non lo dire a nessuno, sopratutto non a Paolo. Si preparano grandi cose, zione, ed io non voglio restarmene a casa, dove, del resto, mi acchiapperebbero subito, se vi restassi." Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi Il Principe ebbe una delle sue visioni improvvise: una crudele scena di guerriglia, schioppettate nei boschi, ed il suo Tancredi per terra, sbudellato come quel disgraziato soldato. Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi "Sei pazzo, figlio mio! Andare a mettersi con quella gente! Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev'essere con noi, per il Re. Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi " Gli occhi ripresero a sorridere. "Per il Re, certo, ma per quale Re?" Il ragazzo ebbe una delle sue crisi di serietà che lo rendevano impenetrabile e caro. Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi "Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?" Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi Abbracciò lo zio un po' commosso. "Arrivederci a presto, Ritornerò col tricolore." La retorica degli amici aveva stinto un po' anche su suo nipote; eppure no. Alain Delon interpreta Tancredi
Tancredi Nella voce nasale vi era un accento che smentiva l'enfasi. Che ragazzo! Le sciocchezze e nello stesso tempo il diniego delle sciocchezze. (pp. 33) Alain Delon interpreta Tancredi
Il risorgimento Nel romanzo, subito dopo, emerge chiaramente un quadro delle guerre per l’unificazione dell’Italia molto diverso dalla vulgata storiografica risorgimentale, ma probabilmente molto più vicina alla realtà rispetto ai quadri epici tradizionali:
Il risorgimento “Molte cose sarebbero avvenute, ma tutto sarebbe stato una commedia, una rumorosa, romantica commedia con qualche macchia di sangue sulla veste buffonesca” (pag. 39)
Il colonnello Pallavicino È il conservatore piemontese, rappresenta l’esercito dei Savoia e in genere i borghesi che si sono avvalsi dell’impresa di Garibaldi, e poi lo avevano fermato e ferito, quando nel 1862 Garibaldi aveva cercato di occupare la città di Roma.
Tenuta di Donnafugata È la residenza di campagna, amministrata da Don Onofrio, dove il Principe trascorre le vacanze con la sua famiglia.
Concetta Concetta, la principessina, è innamorata di Tancredi, che non la ama, mentre il conte Carlo Cavriaghi, che è un giovane ufficiale amico di Tancredi, prima garibaldino e poi piemontese (e anche questo passaggio è significativo), è vanamente innamorato di Concetta. Lucilla Morlacchi interpreta Concetta
Don Ciccio Tumeo È un organista, borbonico, è la raffigurazione di chi non ha capito da che parte andava la storia: il nostalgico destinato alla sconfitta, e allo sconforto. Serge Reggiani interpreta Don Francisco Ciccio Tumeo
Don Calogero Sedara Al contrario, è il simbolo di chi ha capito l’evoluzione politica e ne ha saputo trarre il massimo vantaggio personale, è il rappresentante della classe borghese, come ben sappiamo emergente nell’ottocento. Paolo Stoppa interpreta Don Calogero
Don Calogero Sedara Inoltre è un emblema di chi ha raggiunto certe posizioni, partendo da origini basse e piuttosto volgari: sua moglie è una zotica, e lui stesso, come vedremo, non è proprio un esempio di stile. Don Calogero ha colto l’occasione e il momento giusto, quando sono arrivati i Savoia, è riuscito a diventare sindaco. Paolo Stoppa interpreta Don Calogero
Angelica Sedara Sua figlia Angelica è già diversa da lui, e non ha più nulla della volgarità tipica dei suoi genitori. Claudia Cardinale interpreta Angelica
Il cardinale di Palermo Proviene dal settentrione, e non riesce a capire la mentalità dei siciliani statica e superstiziosa in campo religioso.
Il dialogo con Chevalley A questo proposito risulta ancora più illuminante il dialogo del Principe con l’inviato dei Savoia, il cavaliere piemontese Cheavlley, mandato come funzionario per convincere il Principe a partecipare allo Stato nascente in qualità di senatore. (pag. 158-159) Leslie French interpreta il Cavaliere Chevalley
Il dialogo con Chevalley Per un ulteriore approfondimento rimandiamo alla audiolezione scolastica che abbiamo fatto sull’argomento sul sito gaudio.org. Basti solo ricordare che il Principe giustifica a Chevalley la sua rinuncia, il suo disimpegno, rammentando: Leslie French interpreta il Cavaliere Chevalley
Il dialogo con Chevalley 1) la storia della Sicilia, da tempo avvezza a governanti stranieri (Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, …) che i siciliani osservano cinicamente succedersi tra loro; 2) l’ambiente stesso e il clima torrido e afoso dell’estate siciliana che induce all’indolenza e alla pigrizia. Leslie French interpreta il Cavaliere Chevalley
La morte Nell’ultima parte del romanzo sono molte le parti in cui il Principe riflette sul tempo che fugge e sulla morte che si avvicina. Ad esempio come quando riflette che moriamo tutti con un volto diverso da quello che abbiamo avuto tutta la vita, con una maschera sul volto, come se fossimo un’altra persona.
La morte “Don Fabrizio si guardò allo specchio dell'armadio: riconobbe più il proprio vestito che sé stesso: altissimo, allampanato, con le guance infossate, la barba lunga di tre giorni; un Gattopardo in pessima forma.
La morte Perché mai Dio voleva che nessuno morisse con la propria faccia? Perché a tutti succede così: si muore con una maschera sul volto.”. Successivamente Don Fabrizio (pag. 207) capisce di morire solo e amareggiato con la consapevolezza della decadenza della sua famiglia, che ha cercato invano di contrastare.
La morte «Era solo, un naufrago alla deriva su una zattera, in preda a correnti indomabili» Infine, fa un bilancio della sua vita: in essa, a parte la consolazione del nipote Tancredi, il resto è ottenebrato dalla tristezza e dall’insoddisfazione.