Lavoro ed Energia.

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Prof.ssa Veronica Matteo
Transcript della presentazione:

Lavoro ed Energia

Come abbiamo già visto, il problema della dinamica di un punto materiale è: determinare come si muove la particella, note le forze che agiscono su di essa. Con il termine come si muove si intende come varia nel tempo la sua posizione. Se per esempio il moto è unidimensionale, il problema è quindi determinare x come funzione del tempo x(t). Nel nostro primo approccio alla dinamica, nelle lezioni precedenti, abbiamo affrontato e risolto il problema semplice che si presenta quando le forze in gioco sono costanti, utilizzando essenzialmente la II Legge di Newton: F = ma

F = costante. a = F / m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Rivediamo questo caso semplice che abbiamo già trattato e cioè quello di una forza F = costante. Se la forza F applicata sulla particella (o la risultante delle forze Fi) risulta costante, allora in base alla II Legge di Newton possiamo scrivere che: a = F / m Adottando come sistema di riferimento un asse x lungo la direzione della forza (direzione che NON cambia, in quanto la forza è costante), sappiamo già che possiamo ridurre la trattazione al caso scalare e che potremo scrivere le semplici equazioni del moto: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Dove appunto: a = F/m

x x(t) x(t) = v0t + ½ at2 t x x(t) t Il problema è un po’ più complicato quando la forza agente sulla particella non è costante, e si configura per esempio un moto del genere: x x(t) t

Ma perché sarebbe così complicato determinare x(t) nel caso in cui F non è costante ? Cioè nel caso in cui F = F(t) ? Forse in questo caso NON vale la II Legge di Newton ? NO, la II Legge di Newton vale sempre e quindi se F = F(t) risulterà a = a(t): a(t) = F(t) / m E allora? visto che possiamo comunque ricavare a(t) da F(t), una volta nota a(t), nell’equazione del moto v(t) = v0 + at possiamo scrivere v(t) = v0 + a(t)t ??? NO!

Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!! Non dimentichiamo che l’accelerazione è una quantità ricavata dal calcolo differenziale: a(t) = dv(t)/dt Se conosciamo a e vogliamo ricavare v, possiamo certamente scrivere dv(t) = a(t) dt Il che, se a(t) = costante implica che ad ogni intervallo di tempo infinitesimo dt si osserva lo stesso incremento infinitesimo di velocità dv = a dt e quindi in un generico intervallo finito di tempo Δt si osserverà Δv = a Δt che altro non è che la precedente equazione del moto: v(t) = v0 + at Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!!

a(t) = F(t) /m a(t) = F(t)/m a(t) t Se invece a non è costante, per esempio nel caso generale che abbiamo immaginato in cui è nota la dipendenza di F dal tempo, e quindi di conseguenza la dipendenza di a dal tempo a(t) = F(t) /m come si fa a ricavare v(t) ? Per esempio: a(t) = F(t)/m a(t) t

dv(t) = a(t) dt Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1 Riconsideriamo la formula: dv(t) = a(t) dt Questa è una formula differenziale, ma certamente è applicabile con buona approssimazione nel caso di intervalli di tempo Δt abbastanza piccoli, e in cui si adotta per a(t) un valore costante pari al suo valore medio al tempo t1 nell’intorno dell’intervallo di tempo in questione. Potremo certamente scrivere che: Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1

Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt E in generale, per ogni intervallo relativamente piccolo Δt nell’intorno di un istante ti in cui l’accelerazione media vale a(ti), potremo scrivere Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt Δv(tN) = a(tN) Δt a(t) t

∫ v = v0 + ∑ a(ti) Δt N i = 0 N i = 0 t t = 0 Quindi, dato un valore iniziale della velocità v0 all’istante t=0, il valore di velocità ad un istante successivo di tempo tN tale che: tN – t0 = ∑ Δti Sarà dato dalla relazione: v = v0 + ∑ a(ti) Δt Questa formula, nel caso di intervalli di tempo infinitesimi, e cioè per Δt  0 si chiama integrale di a (t) rispetto al tempo t ed è definito come segue: v = v0 + a(t) dt N i = 0 N i = 0 t ∫ t = 0

Nel seguito, limiteremo la nostra attenzione alle forze che dipendono dalla posizione della particella. Ve ne sono una varietà in Fisica: per esempio la forza gravitazionale, la cui intensità dipende dal quadrato della distanza, la forza esercitata da una molla deformata, su un corpo a cui è attaccata, etc… Lo studio di questi casi ci condurrà alla definizione di importanti grandezze fisiche come il Lavoro e l’Energia Cinetica, e di seguito al definizione più generale di Energia e alla sua Legge di Conservazione.

Lavoro fatto da una forza costante Consideriamo ancora il caso di una forza F = costante, e di un moto rettilineo lungo la direzione di una forza. In questo caso, come sappiamo possiamo ridurre nuovamente lo studio al caso unidimensionale (scalare) (moto lungo l’asse x) . E sappiamo già che la particella di muoverà di moto accelerato con accelerazione costante a = F/m F x Definiamo Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto del modulo della forza F per la distanza percorsa dalla particella L = F d

Consideriamo adesso il caso in cui la forza (sempre costante) non agisce però lungo la direzione di moto: F x Fx In questo caso definiremo il Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto della componente Fx della forza lungo la direzione di moto, per la distanza percorsa dalla particella L = Fx d L = F cos (θ) d Se θ = 0, il Lavoro è semplicemente F d, come per il caso precedente , mentre se θ= 90° il lavoro fatto dalla forza F sulla particella è nullo.

Il Lavoro è una quantità scalare ed altro non è che il prodotto scalare dei vettori F e d L = F • d

Unità di misura del Lavoro L’unità di misura del lavoro è il lavoro fatto dall’unità di forza nel muovere un corpo dell’unità di lunghezza nella direzione della forza. Quindi nel sistema SI l’unità di lavoro è 1 Newton-metro, detto joule. Un’altra unità di misura in uso è il kilogrammetro, definita come 1kgm = 9,8 joule

Lavoro fatto da una forza variabile Consideriamo il caso di una forza che varia soltanto in modulo, che agisce lungo la direzione x, e supponiamo di conoscere come varia il modulo F in funzione di x. Ci poniamo il quesito di calcolare il lavoro fatto da questa forza variabile quando il punto materiale si sposta da x1 a x2. Supponiamo per esempio di sapere che la funzione F(x) sia come in figura: F(x) x x1 x2

 ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo Dividiamo lo spostamento totale x1  x2 in tanti piccoli intervalli consecutivi Δx. Il lavoro fatto falla forza F nello spostare il punto materiale da xi a xi + Δx, assumendo che la forza sia costante nell’intervallo in questione , sarà dato da ΔL = F(xi) Δx F(x)  ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo x Δx x1 x2

Il lavoro totale falla forza F nello spostare il punto materiale da x1 a x2, sarà dato approssimativamente dalla somma di un numero di termini come di seguito: L12 ≈ ∑ F(xi) Δx F(x) x Δx x1 x2

Per migliorare la nostra approssimazione, possiamo suddividere in intervalli Δx sempre più piccoli. L12 ≈ ∑ F(xi)Δx F(x) x Δx x1 x2

∫ L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 x1 F(x) x x1 x2 Otterremo un risultato esatto per il lavoro fatto dalla forza F(x) nello spostare il punto da x1 a x2, attraverso un processo al limite: L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 ∫ x1 Questa relazione definisce l’integrale di F rispetto a x da x1 a x2 e numericamente è esattamente uguale all’area indicata in figura F(x) x x1 x2

k= costante elastica della molla Supponiamo di avere una molla attaccata ad una parete, e supponiamo che nel suo stato di equilibrio l’estremità della molla sia posizionata alla coordinata x0 x0 x La forza esercitata dalla molla quando è stata allungata fino ad un certo valore x dalla sua posizione di equilibrio x0, è data dalla cosiddetta Legge di Hooke: F = − k (x−x0) e il suo verso è sempre opposto allo spostamento da x0 F x0 x k= costante elastica della molla

Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x Quando la molla è allungata x > x0; quando la molla è compressa x < x0 La forza F è sempre diretta verso x0, e quindi cambia segno quando il suo estremo passa per la posizione di riposo x0 x0 x x0 x Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x

∫ L12 = F’(x)dx = kxdx = ½ kx2 ? x F’(x) F’(x) = kx kx x Per deformare la molla senza che si generino accelerazioni, è sufficiente applicare alla molla una forza F’ esattamente eguale e contraria alla forza F esercitata dalla molla su di noi. La forza che applicheremo sarà quindi: F’ = kx. Il lavoro fatto da questa forza F’ per allungare la molla da 0 a x è: L12 = F’(x)dx = kxdx = ½ kx2 ? x ∫ Come calcolare un integrale così semplice, in modo grafico: (l’integrale è l’area….) F’(x) F’(x) = kx kx Area = ½ kx2 x

Il caso che abbiamo trattato è molto semplice, infatti abbiamo preso in esame: Lo spostamento avviene lungo un asse x La forza F varia solo in modulo, ma ha sempre direzione lungo lo stesso asse x Conosciamo la dipendenza di F dallo spostamento, cioè conosciamo F(x)

Più in generale la forza F può variare sia in direzione che in modulo, e la particella su cui questa forza è applicata può muoversi lungo un cammino curvilineo. Per calcolare il lavoro in questo caso generale, dobbiamo conoscere l’angolo θ fra la forza F in un dato punto della traiettoria e lo spostamento infinitesimo ds in quello stesso punto. ds θ F In questo caso dovremmo integrare la seguente: dL = F • ds = F cos θ ds

P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: Potenza Fin qui non abbiamo considerato il tempo impiegato per compiere un dato lavoro. E in base alla definizione di lavoro, non c’è dubbio che per spostare un corpo ad una data altezza, compiamo lo stesso lavoro L, qualsiasi tempo t ci impieghiamo. Non c’è dubbio, tuttavia, che il tempo impiegato per compiere un dato lavoro, o meglio la rapidità con cui viene compiuto, può essere rilevante in alcune applicazioni. Rifacendoci al concetto di derivata che abbiamo già introdotto in diverse occasioni, definiremo la potenza P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: P = dL / dt (potenza istantanea) <P> = ΔL / Δt (potenza media) Ovviamente, se la potenza è costante nel tempo: P = L t

Avendo adottato nel sistema SI il joule come unità di misura del lavoro, l’unità di misura della potenza sarà 1 joule /s denominato Watt.

Energia cinetica a = F / m m di una quantità x. F a x d=x x Supponiamo il caso in cui la risultante F delle forze applicate ad una massa m sia costante (in termini vettoriali cioè sia in modulo che in direzione e verso). Come sappiamo, una forze costante costante imprime alla massa in questione una accelerazione costante a, data dalla II Legge di Newton: a = F / m Scegliamo come sistema di riferimento l’asse delle x coincidente con la direzione comune della forza F e dell’accelerazione a, e calcoliamo il lavoro fatto dalla forza F nello sposare la massa m di una quantità x. F a x d=x x

Il prodotto scalare fra i due vettori F e d L = F • d in questo caso si riduce ad una semplice moltiplicazione: F x. Stiamo parlando di un moto uniformemente accelerato (a = costante, in senso vettoriale, quindi in modulo, direzione e verso), e quindi rettilineo. La forza, l’accelerazione e lo spostamento hanno quindi la stessa direzione. Di conseguenza, il prodotto scalare F • d si riduce al prodotto dei moduli dei due vettori. L = F x Essendo a = costante, dalle equazioni del moto definite in cinematica sia ha: v = v0 + a t  a = (v –v0) / t x = <v> t  x = ½ (v+v0) t Dove v0 è la velocità della particella a t = 0 e v è a sua velocità all’istante t

variazione di Energia Cinetica Il lavoro L = F x è quindi dato da: L = F x = ma x = m (v –v0) / t x ½ (v+v0) t = = ½ mv2 − ½ mv02 (ricordate i «prodotti notevoli» ?) Definiamo questa quantità l’Energia Cinetica (energia di movimento) della massa m e la indicheremo col simbolo K K= ½ mv2 In base a questa formulazione quindi: Il lavoro fatto da una forza su una particella è uguale alla sua variazione di Energia Cinetica

∫ x x0 a = dv/dt = (dv/dx)(dx/dt) = (dv/dx) v = v dv/dx Per quanto abbiamo ricavato questa formulazione nel semplice caso di una forza costante, si dimostra che la formulazione è del tutto generale e vale anche nel caso di una forza variabile. Supponiamo per esempio il caso di una forza F che varia in modulo, in funzione della posizione, ma non in direzione. Consideriamo lo spostamento s nella direzione dell’asse x. Il lavoro fatto dalla forza F per spostare la particella da x0 a x è dato da: x ∫ L = F • d = F(x) dx x0 In base alla II Legge di Newton F=ma. L’accelerazione a può essere scritta come: a = dv/dt = (dv/dx)(dx/dt) = (dv/dx) v = v dv/dx

(Teorema Lavoro-Energia) Quindi: F = ma diventa F = m v dv/dx e di conseguenza: x x v ∫ ∫ ∫ L = F(x) dx = [mv (dv/dx)]dx = mv dv = = ½ mv2 − ½ mv02 x0 x0 v0 Si dimostra che anche nel caso in cui la forza non solo varia in modulo, ma varia anche in direzione, in ogni caso risulta sempre che il lavoro fatto dalla risultante delle forze su una particella è eguale alla sua variazione di energia cinetica : L (lavoro della forza risultante) = K –K0 = ΔK (Teorema Lavoro-Energia)

Il caso del moto circolare uniforme Non dobbiamo dimenticare che il lavoro è il prodotto scalare della forza per lo spostamento. Ciò che è rilevante pertanto è la componente della forza nella direzione dello spostamento. In tutti i casi in cui la forza applicata risulta ortogonale allo spostamento, risulta evidente che L = 0. Per esempio nel moto circolare uniforme, la forza centripeta, istante per istante, è ortogonale allo spostamento e pertanto tale forza NON compie lavoro sulla massa m in questione. In generale, una forza che determina una variazione della sola direzione della velocità, ma non del suo modulo, NON compie lavoro. Infatti, se una forza avesse una componente nella direzione del moto (così da avere L ≠ 0), allora determinerebbe anche una variazione del modulo della velocità.

Sul significato di lavoro negativo Supponiamo che l’energia cinetica K di una particella diminuisca. Allora il lavoro L fatto su di essa dalla risultante F delle forze applicate risulta negativo L = K − K0 < 0 se K < K0 Questa equazione può essere interpretata affermando che l’energia cinetica di una particella diminuisce di una quantità eguale al lavoro da essa prodotto per contrastare Una forza (così come aumenta di una quantità uguale al lavoro ricevuto da una forza) In sostanza: una particella in moto possiede una certa quantità di energia, sotto forma di energia cinetica (energia di movimento). Non appena produce lavoro, perde energia cinetica (cioè velocità). Quindi: l’energia cinetica di un corpo in movimento è pari è eguale al lavoro che produce nel fermarsi.

Ecco il significato del teorema lavoro-energia: il lavoro produce energia, l’energia restituisce lavoro in pari misura. In senso figurativo potremmo affermare che entrambe sono due grandezze fisiche in cui in sostanza l’energia appare come «accumulata» Supponiamo per esempio che un blocco di massa m si muova su un tavolo senza attrito ad velocità costante v. Lungo il suo percorso incontra una molla ancorata ad una parete che lo porta a riposo, cioè lo ferma. In base al teorema lavoro-energia, possiamo per esempio determinare di quanto si comprime la molla se la sua costante elastica è nota.

∫ K= ½ mv2 x ½ kx2 = ½ mv2 x = (mv/k)1/2 Il blocco in movimento possiede una energia cinetica K data dalla relazione: K= ½ mv2 Questa energia cinetica eguaglia il lavoro che il blocco esegue sulla molla nell’arrestarsi, e che è dato dalla: L = F(x) dx dove: F(x) = kx  L = ½ kx2 x ∫ Eguagliando lavoro ed energia, si ha pertanto: ½ kx2 = ½ mv2 Da cui possiamo ricavare la compressione della molla x: x = (mv/k)1/2

E interessante verificare che se lasciamo la molla libera di espandersi, la massa m riacquista interamente l’energia cinetica ceduta alla molla sotto forma di lavoro Quello che avevamo appena affermato sul significato del teorema lavoro energia Ecco il significato del teorema lavoro-energia: il lavoro produce energia, l’energia restituisce lavoro in pari misura. In senso figurativo potremmo affermare che entrambe sono due grandezze fisiche in cui in sostanza l’energia appare come «accumulata»

E questo ci ricorda qualcosa che avevamo intuito durate la prima lezione, discutendo in modo del tutto qualitativo i concetti di energia potenziale e energia cinetica Energia Potenziale Energia cinetica E infatti, vedremo che la definizione di questa grandezza fisica, il lavoro, ci conduce verso la definizione dell’energia potenziale.

E vedremo che per avvicinarci alla definizione dell’energia potenziale, e più in generale per enunciare il grande principio della Conservazione dell’Energia, dovremo distinguere alcuni tipi di forze. E quindi in alcuni casi potrà essere utile calcolare separatamente il lavoro fatto su una particella da ogni forza applicata, piuttosto che individuare direttamente il lavoro fatto dalla risultante delle forze. Per capire il fatto che esistono differenti tipi di forze, e che non tutte «rispondono» allo stesso modo al teorema lavoro-energia, consideriamo i seguenti esempi: L’esempio della molla considerato prima, in cui una massa m è arrestata da una molla Il caso in cui la massa m è arrestata da una parete assorbente

L’esempio della molla considerato prima, in cui una massa m è arrestata da una molla b) Il caso in cui la massa m è arrestata da una parete assorbente

Supponiamo di bloccare entrambe le masse non appena si sono fermate:

Adesso lasciamo nuovamente libere le masse e vediamo che succede:

Cosa è successo ? Nel primo caso: la molla ha interamente restituito alla massa m la sua energia cinetica Qualcosa che ci ricorda questo grafico: Energia Potenziale Energia cinetica b) Nel secondo caso: il cuscino non ha restituito per niente alla massa m la sua energia cinetica

Vedremo nel seguito che esistono forze conservative e forze non conservative, e vedremo cosa vuol dire alla luce di questo esperimento