Argomentazioni quotidiane

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Transcript della presentazione:

Argomentazioni quotidiane

Cos’è l’argomentazione? Secondo Van Eemeren e Grootendorst, Una teoria sistematica dell’argomentazione, Mimesis 2008:13 «l’argomentazione è un’attività verbale, sociale e razionale mirante a convincere un critico ragionevole dell’accettabilità di una tesi tramite un insieme di proposizioni che vengono avanzate per provare o confutare la proposizione espressa nella tesi».

Argomentazione e rinascita della retorica L’interesse per l’argomentazione è al centro della rinascita della retorica a metà del Novecento Traité de l’argumentation (1958) di Perelman e Olbrechts-Tyteca The Uses of Argument (1958) di Toulmin. La nuova retorica è un ritorno ad Aristotele e alle «tecniche discorsive atte a provocare o accrescere l’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro assenso» (TA, p. 6). Questa teoria è una dialettica (Mortara Garavelli, Manuale di retorica,Bompiani)

Argomentazione e razionalità La ripresa della teoria dell’argomentazione è stata associata alla esigenza di affiancare nuove forme di razionalità alla forma deduttiva scientifica. È orientata allo studio del meccanismo argomentativo presente nel discorso ordinario, per mostrare che non solo nella pratica scientifica ma anche nelle interazioni quotidiane si applica un procedimento basato sul dare e chiedere ragioni. La validità argomentativa si basa sull’idea che vi sia un comportamento razionale, un’idea di razionalità o di ragionevolezza che si esprime attraverso la scelta delle ragioni migliori.

Argomentazione e cooperazione La teoria dell’argomentazione si salda con il modello di Grice, da cui riprende l’idea che ogni scambio linguistico è retto da una serie di attese reciproche dei parlanti sul buon svolgimento dello scambio. Questo modello guida la più recente interpretazione della argomentazione come attività pragmatica, che individua un campo interdisciplinare, al confine tra logica, filosofia, teoria della comunicazione, linguistica, psicologia, scienze cognitive, filosofia del diritto, informatica, sociologia. Cosa vuol dire addurre ragioni a sostegno delle proprie tesi e perché le ragioni dovrebbero convincere e persuadere il destinatario? La forza delle ragioni è un fatto oggettivo, soggettivo o pragmatico?

Retorica e Dialettica Filosofia antropo-relativista Teoria epistemico-retorica Ricostruzione orientata all’uditorio Descrizione a fini persuasivi Pratiche orientate alla azione Filosofia razionalistico-critica Teoria pragma-dialettica Ricostruzione orientata alla soluzione del conflitto Descrizione in funzione della pertinenza Pratiche orientate alla riflessione

Argomenti Argomenti = forme di ragionamento che forniscono ragioni per la conclusione; insieme di asserzioni, alcune delle quali servono come ragioni per altre. Nella logica formale l’argomento è considerato indipendentemente dal contesto, come insieme formato da due premesse, da cui deriva una conclusione: concetto di validità del legame tra premesse e conclusione. La teoria dell’argomentazione è sempre più centrata sulla pratica sociale dialettica e intersoggettiva di produzione di ragioni a sostegno di una tesi all’interno di una complessa pratica linguistica. Perciò ridefinisce l’argomento un evento storico, espresso nel linguaggio naturale e avente natura sociale, dialettica e pragmatica: gli argomenti sono parte di una pratica sociale e presuppongono uno sfondo di significati, valori, problemi socialmente condivisi. Questo è il campo di indagine della logica informale.

Logica Informale La logica informale abbandona dunque l’orientamento cartesiano, per muoversi su un fondo pragmatico di tipo peirceano, in cui la conoscenza è intesa come impresa comunitaria, basata sull’incontro dialettico tra parlanti. In quest’ottica le teorie dell’argomentazione hanno spesso assunto un ruolo critico sociale, tematizzando una forma di razionalità argomentativa incarnata nei contesti e trasversale ai diversi campi di esercizio della razionalità (politico, giuridico, economico, scientifico ecc.) Legame con il Critical Thinking (Dewey, 1909), movimento di riforma della istruzione sorto negli anni ‘70 negli Stati Uniti e finalizzato allo sviluppo di un’attitudine mentale critica e riflessiva.

L’interesse per il pensiero critico si concentra sulla ricerca di metodi di analisi e valutazione degli argomenti presenti nel discorso ordinario e sulla descrizione delle pratiche argomentative piuttosto che sulla individuazione di forme di ragionamento valide a priori. Tuttavia la logica informale ha anche un orientamento normativo, ereditato dalla logica formale simbolica, volto alla individuazione di criteri e procedure sia per l’interpretazione che per la valutazione degli argomenti. Di un argomento non si cerca la validità formale ma l’accettabilità all’interno di un determinato campo o la funzione persuasiva nei confronti di un determinato uditorio. Ma l’accettabilità viene indicata preferibilmente ex negativo, attraverso cioè l’individuazione degli argomenti che non possono essere ritenuti accettabili (fallacie).

Implicazioni etiche La teoria dell’argomentazione si salda con il tentativo di cogliere i principi dell’etica come specificazioni della teoria dell’argomentazione (etica della discussione critica, etica procedurale del riconoscimento reciproco). L’interesse per l’argomentazione cresce in una modernità divenuta riflessiva, che mette sempre più a tema la sua base di validità e nell’ambito della società del rischio (Beck), che incrementa per gli individui possibilità di scelta per cui si richiede insieme una giustificazione argomentativa. La teoria dell’argomentazione risponde anche alla esigenza sociale di accertare, giustificare, assicurare e estendere la base razionale della forma politica democratica, come governo di cittadini liberi che si riconoscono reciprocamente uguali.

Argomenti e paralogismi (fallacie) La definizione classica della fallacia è: argomento che sembra valido ma non lo è. Cioè argomenti irrilevanti in quanto non corroborano razionalmente la tesi da difendere o non criticano razionalmente la tesi da confutare razionalmente irrilevanti, quando fanno appello alla sfera irrazionale ed emotiva (comprendono la fallacia patetica) logicamente irrilevanti, quando sono logicamente vuoti (comprendono la fallacia etica) Centralità dello studio delle fallacie per comprendere meglio la validità generale delle inferenze. La tradizione logica occidentale ha elaborato una lunga lista di paralogismi.

Uno dei principali riferimenti di questa ricerca è Ch. L Uno dei principali riferimenti di questa ricerca è Ch. L. Hamblin, Fallacies, London, 1970, che può essere considerato una attualizzazione delle Confutazioni sofistiche di Aristotele. Hamblin sottrae lo studio delle fallacie alla logica formale per collocarlo nella logica informale. Una seconda direzione di studio delle fallacie è rappresentata dalla scuola olandese: F. Van Eemeren e R. Grootendorst, A systematic Theory of Argumentation. The pragmadialectical approach, Cambridge, 2004 (trad. it. Una teoria sistematica dell’argomentazione. L’approccio pragmadialettico, Mimesis, 2008), che si richiama alla dialettica di Platone. La studio delle fallacie nella sua versione moderna punta a fornire criteri utili per individuare ciò che impedisce alla discussione di avanzare correttamente. Il problema da affrontare non concerne soltanto la validità, né solo la fondatezza di un argomento: la valutazione della accettabilità di un argomento può coinvolgere la forma razionale, l’eleganza formale, la conformità a certi standard normativi o a certi punti di vista, la forza persuasiva, la rilevanza di un argomento (cioè fattori logici e fattori pragmatici).

Secondo Van Eemeren e Grootendorst (Una teoria sistematica dell’argomentazione, Mimesis, 2008:133) le fallacie non sono errori “in assoluto” che chi analizza la discussione, quasi fosse il rappresentante della “ragionevolezza”, può attribuire agli interlocutori senza alcuna difficoltà, bensì mosse in un testo o in un discorso argomentativo che è possibile caratterizzare come non del tutto costruttive o persino distruttive perché rappresentano violazioni di un ben definito sistema di regole per la risoluzione di divergenze di opinione accettate intersoggettivamente da chi prende parte alla discussione (p. 146). Aristotele nelle Confutazioni sofistiche distingueva fallacie che dipendono dal linguaggio (in dictione) e fallacie indipendenti dal linguaggio (extra-dictione). Oggi si preferisce distinguere tra fallacie di ambiguità (vedi oltre, 10° regola di Van Eemeren e Grootendorst) e fallacie di rilevanza (cfr. Grice: violazioni delle massime della relazione e del modo).

Le dieci regole della pragma-dialettica Regola della libertà: non è consentito impedire alla controparte di avanzare o mettere in dubbio una tesi. Avanzare una tesi e mettere in dubbio una tesi sono entrambi diritti basilari che tutti gli interlocutori devono condividere. >Fallacia dell’argomento ad hominem Regola dell’obbligo di difesa. Chi avanza una tesi non può rifiutarsi di difenderla qualora gli venga chiesto di farlo. Una divergenza di opinioni rimane bloccata alla fase di apertura di una discussione critica e non può essere risolta se la parte che ha avanzato una tesi non è disposta a svolgere il ruolo di protagonista. > Fallacia dell’onere della prova; argomento ad ignorantiam Regola della tesi. Non è consentito criticare una tesi che non sia stata realmente avanzata dalla controparte. Una divergenza di opinioni non può essere risolta se l’antagonista critica una tesi diversa e se, di conseguenza, il protagonista difende una tesi diversa. Fallacia dell’uomo di paglia; ignoratio elenchi

> Argomento ad baculum 4. Regola della pertinenza. Non è consentito difendere una tesi attraverso qualcosa che non sia un argomento o attraverso un argomento che non sia pertinente per la tesi in questione. La divergenza di opinioni che è al centro del discorso o testo argomentativo non può essere risolta se il protagonista non avanza alcuna argomentazione, limitandosi a usare dei surrogati come pathos o ethos invece del logos, o avanza argomenti che sono irrilevanti per la difesa della tesi che è stata avanzata ma si riferiscono a qualche altra tesi che non è quella in questione. > Argomento ad baculum 5. Regola delle premesse inespresse. Non è consentito attribuire alla controparte in modo surrettizio premesse implicite, né rifiutarsi di assumere l’onere della prova per le premesse che si sono lasciate inespresse. Se si deve risolvere la divergenza di opinioni, il protagonista deve accettare di assumersi la responsabilità per gli elementi che ha lasciato impliciti nel discorso e l’antagonista, nel ricostruire come parte di una discussione critica ciò che il protagonista ha lasciato inespresso, deve tentare di determinare quanto più accuratamente possibile ciò che si può ritenere vincolante per il protagonista.

6. Regola del punto di partenza 6. Regola del punto di partenza. Non è consentito presentare qualcosa come punto di partenza condiviso, se non lo è, o negare che qualcosa sia un punto di partenza condiviso, se invece lo è. Al fine di essere in grado di risolvere una divergenza di opinioni, il protagonista e l’antagonista devono sapere qual è il loro punto di partenza condiviso. > Fallacia della petitio principii 7. Regola della validità. Sia l’antagonista che il protagonista possono determinare se la tesi che viene difesa in un discorso o testo segue davvero logicamente dall’argomentazione avanzata solo a patto che il ragionamento avanzato sia espresso in modo compiuto. In caso contrario, è richiesta una ricostruzione degli argomenti impliciti. 8. Regola dello schema argomentativo. Non è consentito considerare difese in modo conclusivo tramite argomentazioni tesi che non siano presentate come basate su un ragionamento formalmente conclusivo, qualora la loro difesa non abbia luogo attraverso schemi argomentativi appropriati applicati in modo corretto. Una divergenza di opinioni può essere risolta solo qualora l’antagonista e il protagonista siano d’accordo su come determinare se il protagonista ha adottato schemi argomentativi appropriati e se li ha applicati in modo corretto. > Fallacia del post hoc ergo propter hoc, generalizzazione indebita, argomento della china pericolosa.

9. Regola della conclusione 9. Regola della conclusione. Non è consentito continuare a difendere una tesi che non sia stata difesa in modo conclusivo o continuare a dubitare di una tesi che sia stata difesa in modo conclusivo. Una discussione è risolta solo se le parti sono d’accordo sul fatto che la difesa della tesi in questione ha o non ha avuto successo. 10. Regola generale dell’uso del linguaggio. Non è consentito usare formulazioni non sufficientemente chiare o talmente ambigue da creare confusione, né interpretare in modo deliberatamente tendenzioso le formulazioni della controparte. Una divergenza di opinioni può essere risolta solo se entrambe le parti si sforzano realmente di esprimere le loro intenzioni nel modo più accurato possibile, riducendo al minimo le possibilità di malinteso. > Fallacie di ambiguità

Implicito e fallacie Nella Teoria sistematica dell’argomentazione si mette in evidenza la stretta connessione tra uso implicito del linguaggio e fallacie (pp. 149-153): minacce e attacchi personali (argomento ad hominem, argomento ad baculum) sono spesso più insidiosi se formulati in modo velato o indiretto. Ciò non comporta la necessità di evitare l’implicito. Riuscire a capirsi non significa che sia sufficiente essere chiari e il requisito della chiarezza non significa né che chi parla o scrive debba necessariamente formulare le sue intenzioni in modo esplicito e diretto né che per chi ascolta o legge sia sufficiente attribuire un significato letterale alle parole di chi parla o scrive. Nel linguaggio ordinario non c’è niente di più normale del fatto che cose di ogni genere restino implicite o che delle intenzioni siano comunicate solo indirettamente.

L’identificazione delle fallacie Una delle conseguenze della frequenza dell’uso implicito del linguaggio nel discorso e nei testi argomentativi è che l’identificazione di una possibile fallacia ha di solito un carattere condizionale. Di solito è una questione di interpretazione se ci sia o no fallacia. L’approccio pragma-dialettico non considera le fallacie in modo automatico come argomenti invalidi e perciò permette di trattare le fallacie in modo più esaustivo rispetto al trattamento logico standard. Per determinare esattamente quali violazioni delle regole per una discussione critica abbiano luogo in un discorso o testo argomentativo è necessario esaminare innanzitutto fino a che punto un tale discorso o testo possa essere ricostruito come discussione critica. In questo modo si chiarisce quale tesi sia in discussione e se questa sia davvero pertinente rispetto alla questione che interessa agli interlocutori, in modo che si possa determinare se abbiamo a che fare con una fallacia. Inoltre si chiarisce anche quali premesse inespresse svolgano un ruolo nell’argomentazione e se tali premesse sono stravolte o negate ecc.

Argumentum ad baculum Si basa sull’uso della forza e mira a persuadere facendo appello alla paura. È la negazione stessa della razionalità discorsiva. Esempio: “Ti conviene sostenere la teoria tolemaica altrimenti corri il rischio di passare per eretico e fare la fine di Galilei”. La minaccia è del tutto irrilevante rispetto alla verità o falsità dell’enunciato che si vuole sostenere, ma può essere estremamente “persuasiva”. Può essere esercitata anche all’interno di un medesimo schieramento politico per soffocare forme di dissenso.

Altri esempi: Un direttore del personale che si rivolge al rappresentante sindacale evocando conseguenze spiacevoli per chi non accetti la sua soluzione: “Se vuoi che nessuno perda il posto, farai bene a riconoscere che non c’è spazio per un aumento salariale”. Nel discorso politico: Stia bene attento il presidente Scalfaro, per adesso lo chiamiamo presidente, se non scioglie il Parlamento, se non si indicono nuove elezioni dopo l’approvazione della legge finanziaria, noi facciamo lo sciopero del fisco…. Noi non vogliamo la secessione, ma se il Sud assistito continuerà a votare per lo statalismo, ci metterà con le spalle al muro: uomo avvisato, mezzo salvato. (Bossi, 11 luglio, 1993, cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, p. 186)

Argomento ad metum Appello alla paura, argomento basato su dati extrarazionali. Un argomento che fa appello alla paura è basato sulla introduzione di dati non pertinenti, vedi analisi di Cantù su Fallaci, in Così casca l’asino, p. 10: «Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere più intelligente, cioè meno bigotto o addirittura non bigotto. E con quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra scienza, la nostra morale, i nostri valori, i nostri piaceri».

Fallacia della china pericolosa La tesi dell’antagonista viene contrastata delineando scenari futuri negativi che deriverebbero dalla sua accettazione. L’argomento è fallace quando il legame causale tra gli eventi non appare fondato e quando si fa leva sulla paura (cfr. Una teoria sistematica dell’argomentazione, p. 144): vedi esempio della fallacia ad metum.

Vedi anche Habermas, pp. 46-7, sulla diagnosi preimpianto: «La prospettiva inquietante è quella di una prassi di intervento che, modificando le caratteristiche genetiche, oltrepassi i limiti del rapporto (in linea di principio comunicativo) tra medico e paziente, genitori e figli, e scalzi la struttura normativa delle nostre forme di vita a partire da un’autotrasformazione genetica […] Se si comincia a strumentalizzare la vita umana, se si comincia a distinguere tra ciò che è degno di vivere e ciò che non lo è, allora ci si caccia su un terreno estremamente scivoloso» perché «il confine tra il prevenire la nascita di un bambino gravemente malato e la decisione eugenetica di migliorare il patrimonio ereditario non è più tracciabile con certezza». L’argomento trae la sua forza da un appello emotivo e assume come necessario il passaggio dalla prima tappa alle successive, che invece andrebbe dimostrato.

Argumentum ad populum Comprende gli appelli più o meno populisti all’uditorio, si argomenta cioè intorno alla verità o falsità di un enunciato facendo appello al sentimento popolare, ad emozioni, opinioni e convinzioni fondate su pregiudizi e appartenenti a uno specifico gruppo sociale o alla vox populi. Es.: Siamo tutti italiani, quindi dobbiamo tifare per la nazionale. Vedi esempio a p. 66 sgg. Sulle vicende giudiziarie di calciopoli (2006), in cui è stata coinvolta la Juventus: «Poiché la Juventus ha sempre contribuito con i suoi giocatori alle vittorie della squadra nazionale di calcio, la pena non può essere troppo aspra, altrimenti ciò impedirà alla squadra di contribuire ancora in futuro alle vittorie della nazionale, e il danno ricadrà su tutti i cittadini» (p. 67). Anche difesa di una posizione solo perché sembra piacere ai più.

Argomento di autorità Appello agli atti o ai giudizi di una persona o di un gruppo di persone come prova a sostegno di una tesi. Es.: Citazioni, su giornali o nel discorso politico Fare ricorso a un parere autorevole a sostegno di una tesi può anche essere corretto. Tale ricorso non è accettabile se l’autorità invocata non è riconosciuta da entrambe le parti che sostengono la disputa, o se l’autorevolezza riguarda un ambito diverso da quello toccato dalla discussione; o ancora se chi è autorevole non era nel pieno possesso delle sue facoltà mentali quando ha espresso un certo parere, o se l’autorità non è pienamente identificata (diceria). Es.: Così stanno le cose: lo dice Aristotele La nuova legge sugli stranieri sarà presto ritirata: lo afferma una fonte governativa (diceria) L’altro giorno un mio amico ha sentito dire che il politico X è un ladro (diceria) Biancodent, il dentifricio consigliato dai dentisti

Argumentum ad verecundiam Verecundiam significa oltre che vergogna, timore reverenziale: Appello al rispetto e alla reverenza nei confronti dell’autorità e cioè abuso dell’appello al principio di autorità (forza della convenzione sociale). Locke, Essay Concerning Human Understanding (1690), 1. IV, cap. XVII, ¶ 19: «Chiunque appoggi le proprie opinioni a simili autorità ritiene con ciò di aver causa vinta, ed è pronto a censurare come imprudente chiunque le contrasti. Mi sembra che questo potrebbe essere chiamato argumentum ad verecundiam.» Si cerca di persuadere l’interlocutore della validità della propria tesi, appellandosi al fatto che chi rifiuta di aderirvi si espone al ridicolo e al disprezzo sociale: vedi ancora argomento di Fallaci (p. 16) contro il rispetto della tradizione da parte delle donne islamiche, basato sulla ridicolizzazione della tradizione islamica e sulla valorizzazione di quella occidentale.

Argumentum ad hominem Argomento d’autorità rovesciato. Confutazione di una affermazione in quanto associata ad un personaggio eticamente o professionalmente non attendibile. attacco verbale alla personalità dell’avversario che sostituisce la contestazione argomentata delle ragioni della parte avversa. Non riguarda i fatti relativi all’argomento in questione, ma le motivazioni nascoste di coloro che sostengono una tesi. L’avversario viene attaccato nella sua integrità morale, nella sua competenza professionale, oppure per supposti interessi personali nel difendere una determinata posizione, o per una incoerenza tra idee e comportamenti dell’interlocutore con la tesi che egli sostiene (quest’ultima versione è definita argomento del tu quoque),

Versione abusiva (argomento diretto): invece di ribattere un’asserzione, l’argomento attacca la persona che l’ha formulata Puoi anche dimostrarmi che Dio non esiste, ma io so bene che questo è il tuo chiodo fisso. Forma estrema: attacco all’aspetto fisico della persona Prodi ha la faccia larga e pastosa di un dottor Balanzone…ero indeciso tra Balanzone e fra’ Giocondo (Berlusconi su “La repubblica”, 28 marzo 1995, cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, p. 185) “Prodi, che è il nostro Valium, quello che fa così con le manine” “lo psiconano che è Berlusconi, truffolo, un venditore di bava” (Grillo, in Cantù, p. 84) Circostanziale (indiretto): invece di attaccare un’affermazione ci si sofferma sul rapporto tra chi la enuncia e le circostanze in cui egli si trova gli argomenti di Mario Rossi non hanno valore perché si basano su dati elaborati dalla sua stessa azienda. Tu quoque: questa forma di attacco all’antagonista sottolinea come egli stesso non metta in pratica ciò che sostiene così io non dovrei bere: lo dici tu che non sei stato mai sobrio per più di un giorno.

Vedi argomenti di Oriana Fallaci e attacco a Arafat, p. 13: «Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all’altra cultura che c’è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto con il suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso (i commentari su Aristotele eccetera). Arafat ci trova anche i numeri e la matematica. Di nuovo berciandomi adosso, di nuovo coprendomi di saliva, nel 1972 mi disse che la sua cultura era superiore alla mia, molto superiore alla mia, perché i suoi nonni avevano inventato i numeri e la matematica. Ma Arafat ha la memoria corta. Per questo cambia idea e si smentisce ogni cinque minuti». Cfr. anche: Due paginate di fango su «la Repubblica» a firma D’Avanzo, quello che nel torbido pesca da anni per costruire teoremi che mai reggono la prova dei fatti […] Anche se poi si rivela per quello che è: un giornalismo di scorie velenose, un giornalismo D’Avanzo» (Bracalini su «il Giornale», 12.10.2010, cfr. Cantù, p.154).

Avvelenamento del pozzo Considerato spesso una variante dell’attacco ad hominem, non è propriamente un argomento ma una strategia retorica più ampia di svalutazione e delegittimazione di un avversario, di una parte politica, di una professione (macchina del fango). Deriva dall’accusa di untori mossa nel Medioevo agli ebrei, accusati di aver avvelenato i pozzi e aver diffuso così la peste. Relativamente al dibattito pubblico, cfr. Franca D’Agostini, Verità avvelenata, Boringhieri, 2010, p. 13: forma di nichilismo, «tutti hanno torto, non c’è verità».

Espressione usata da Saviano per descrivere il meccanismo di delegittimazione messo in atto dalle fonti di informazione conniventi con la mafia: «sostenere che niente è pulito, tutto è sporco, tutti si è uguali nei vizi e negli interessi. Dunque nessuno può fare la morale. La macchina del fango vive di questo desiderio di mettere tutti sullo stesso piano: tutti corrotti, tutti viziosi. Un meccanismo che si riesce a bloccare quando non si contrappongono più santi a demoni, ma piuttosto quando si dimostra che pur nella contraddizione che è degli esseri umani, gli interessi sono diversi, le azioni dono diverse. E anche le debolezze sono diverse» (Cantù, p. 154).

Inversione dell’onere della prova Tecnica usata comunemente dal protagonista per pretendere che la propria tesi non abbia bisogno di essere difesa o non sia criticabile. Violazione della Regola 2: obbligo di difesa. Chi avanza una tesi non può rifiutarsi di difenderla qualora gli venga chiesto di farlo. Esempio di Cantù, p. 87: Grillo su Mastella: «Essere ammastellato è uno status symbol. È come la medaglia d’oro al valor civile. Ai tempi di mani pulite un politico senza un paio di avvisi di garanzia non era nessuno. In questi tempi ceppalonici, nei quali anche le tragedie diventano farse, una querela di Mastella è una patente di onestà per il cittadino». Se qualcuno è querelato da un persona disonesta, allora è onesto: fallacia di composizione, inversione dell’onere della prova.

Uomo di paglia (strawman) Consiste nell’attaccare un soggetto diverso o più debole di quello che si dovrebbe attaccare, o nel travisare le parole di qualcuno per poterlo confutare con maggiore facilità. Violazione della Regola 3: “Non è consentito criticare una tesi che non sia stata realmente avanzata dalla controparte”. Qui l’implicito può svolgere un ruolo in riferimento alla importanza comunicativa o al contenuto proposizionale di una tesi. Si ha il primo caso quando al protagonista viene attribuita una tesi esagerandone la pertinenza; il secondo invece quando gli viene attribuita una tesi troppo generale. Siccome il protagonista non indica sempre né il grado di certezza né la portata della tesi, l’antagonista può farlo senza che questo venga riconosciuto immediatamente.

Per esempio, alla tesi di X, secondo cui la pena di morte è ingiusta, l’avversario controbatte : X sostiene che non bisogna punire gli assassini; oppure ‘X sostiene che un assassino va perdonato’, ecc. Altro esempio: Per il relativista non esiste alcuna verità e nessun valore (cfr. argomenti di Marcello Pera’). Ancora: «Il comunismo consiste nel ritenere che tutti gli uomini sono uguali, ma è ovvio che esistono infinite varietà tra gli esseri umani, e ciascuno deve essere libero di esprimersi secondo natura».

Esempio Cantù (costruzione di un fantoccio, o uomo di paglia), p Esempio Cantù (costruzione di un fantoccio, o uomo di paglia), p. 64, a proposito del programma di governo dell’Unione (Per il bene dell’Italia, 2006): «Intendiamo ripartire da zero, sostituendo le parole d’ordine della normativa in vigore – chiudere, emarginare, criminalizzare – con le nostre: governare, accogliere, costruire, convivenza».

Ignoratio elenchi Ignoranza della confutazione (dal gr. èlenchos = confutazione), del controargomento (anche conclusione irrilevante). Si realizza nella discussione o nella dimostrazione di una tesi o di un punto di vista che non è la tesi o il punto di vista in questione, ma uno del tutto diverso o irrilevante che viene ascritto all’avversario e non pertiene al discorso. È un vizio evasivo largamente utilizzato nel discorso politico (cfr. uomo di paglia).

Petitio principii Argomento circolare che consiste nel presupporre come punto di partenza dell’argomentazione ciò che è controverso e costituisce l’oggetto della discussione, e che dunque deve essere dimostrato. Suppone che l’interlocutore abbia già aderito ad una tesi che ci si sforza di fargli ammettere. Violazione della Regola 6: non è consentito presentare qualcosa come punto di partenza condiviso, se non lo è, o negare che qualcosa sia un punto di partenza condiviso, se invece lo è. Linguisticamente la petitio principii si nasconde dietro parafrasi di una stessa affermazione nella premessa e nella conclusione, la conclusione è cioè una riformulazione della premessa. Questi argomenti non affermano dunque qualcosa di più rispetto a quanto è già stato sostenuto nelle premesse. Es. Dio ha creato l’universo, dunque Dio esiste (Woody Allen, Amore e guerra)

Esempio Cantù (p. 22): Roberto Colombo sullo status degli embrioni come persone: «[…]come posso non identificare il mio “io” in ciò con cui esso è in continuità sostanziale e senza l’esistenza del quale (o con la morte del quale) non sarei quello che ora sono? L’embrione umano è uno di noi perché ciascuno di noi è stato uno come lui». Ciò che deve essere provato, cioè che non ci sia cambiamento di essenza nell’individuo umano dalla fecondazione alla formazione dell’individuo adulto, viene così assunto come premessa. La circolarità dell’argomentazione non è immediatamente ovvia perché la corrispondenza tra le premesse e la tesi resta implicita e perciò velata.

Argomento ad ignorantiam Locke, Essay on human Understanding, 1690 (Libro IV, ca. XVII, 20): «Altro modo che gli uomini usano ordinariamente per indurre altri, e costringerli, a sottostare ai loro giudizi e ad accogliere la loro opinione nel dibattito, consiste nello esigere che l’avversario accolga quella che essi pretendono sia una prova, oppure ne porti una migliore. E questo chiamo argumentum ad ignorantiam». Si chiede di accettare una tesi in mancanza di meglio (morale provvisoria di Cartesio) Le argomentazioni di questo tipo suppongono che qualcosa è vero finché non se ne dimostra la falsità. Una tesi che non sia stata confutata è cioè ritenuta vera. Ma la mancanza di un argomento che confuti un enunciato A non ne dimostra la verità, come la mancanza di un argomento a riprova di A non ne dimostra la falsità. L’intera giurisprudenza si fonda su questo argomento: in dubio pro reo: se la colpa di un accusato non è stata dimostrata, egli deve essere ritenuto innocente.

Generalizzazione indebita Generalizzazione sulla base di un campione non sufficientemente rappresentativo: le proprietà delle parti vengono estese al tutto. Questa fallacia può quindi assumere la forma di una composizione o di una distinzione, dove la prima consiste nella attribuzione di caratteristiche delle parti al tutto, la seconda nella attribuzione delle proprietà del tutto alle parti (rinvio alla sineddoche): Gianni certamente canta bene, è italiano. Nella mia prigionia in Russia ho conosciuto molti italiani che cantavano bene Gli italiani sono molto volubili: guarda ad esempio, in politica, le crisi di governo che si avvicendano ininterrottamente Riferimento a stereotipi. Questa fallacia può essere invalidata solo con un esempio contrario oppure mettendo in ridicolo l’argomento dell’avversario. Esempio Cantù, p. 29: Marcello Pera dal fatto che alcuni valori sono in crisi fa derivare che l’Europa attraversa una crisi generalizzata della propria identità culturale. Vedi anche l’analisi delle invettive di Grillo, pp. 84 sgg.

Analogia Diversamente dall’esempio, si fonda su un accostamento tra realtà eterogenee (propriamente tra due rapporti). Costruisce una struttura della realtà che permette di trovare una verità grazie a una somiglianza di rapporti. La struttura del fatto in discussione (il tema) viene resa uguale alla struttura di un fatto completamente diverso (il foro). L’analogia si basa sempre su una riduzione dell’esperienza ai suoi aspetti essenziali La gerarchia (tema) è come gli scaffali (foro), più è alta, meno serve

Un esempio di questo tipo, messo in ridicolo dall’avversario, è il seguente passo con cui il Partito socialista italiano (1987) ha cercato di mettere alle corde la DC che aveva paragonato a un piccione un proprio candidato al governo. Il PS utilizza la stessa similitudine usata dalla DC, ma per metterla in ridicolo: “Il prossimo candidato DC per la guida del governo è stato dipinto come un piccione, la trovata non è apparsa particolarmente geniale. Quando un essere umano viene paragonato a un piccione si intende dire che si tratta di uno sventato, un ingenuo, un tonto. E tutto certo si può dire meno che i candidati di cui si parla siano ingenui o tonti. Per altro verso, in una situazione in cui tutti hanno un fucile puntato pronti a sparare al primo stormire di foglie, l’immagine usata trascina subito con sé quella del tiro al piccione. In questo caso allora si tratterebbe di una vittima predestinata che non sarebbe un’aquila, un falco, un uccello reale ma semplicemente un piccione. Al piccione, sempre secondo l’on De Mita verrebbe affidato un messaggio da portare a grande distanza. E qui l’immagine si colora di tratti picassiani. È la colomba della pace che vola portando nel becco il ramoscello di ulivo. E volando, dove va a così “grande distanza”?

Esempio di Cantù, p. 20, Sartori sui diritti degli embrioni: «Se uccido un girino non uccido una rana. Se bevo un uovo di gallina non uccido una gallina. Se mangio una tazza di caviale non mangio cento storioni. E dunque l’asserzione (la terza del quesito referendario sul quale andremo a votare) che i diritti dell’embrione sono equivalenti a quelli delle persone già nate è, per logica, una assurdità». La base di questo ragionamento analogico è la continuità uomo-natura. Sulla base di una analogia tra specie e umana e altre specie animali, Sartori conclude che l’embrione umano è differente dall’individuo adulto della specie umana.

Non causa pro causa falsa causa Designa una varietà di errori che si commettono quando si scambia per causa qualcosa che non lo è (o comunque non si hanno ragioni precise per ritenere che lo sia). L’accostamento di due fatti induce spesso a ritenere che l’uno sia causa dell’altro. ‘Giacomo beve molto e ha molti problemi, dunque Giacomo beve molto perché ha molti problemi’ Cfr. Implicature attivate dalla violazione della massima del modo (sotto massima: sii ordinato) Esempi Cantù, p. 29 Marcello Pera, 2005: «Le liberaldemocrazie […] oggi si trovano alle prese con un indebolimento o una perdita della propria identità culturale, soffocata dall’opulenza materiale oltre che minacciata dal fondamentalismo islamico». p. 148: ‘Ho letto sul giornale che X è indagato, dunque X è colpevole’

Post hoc ergo propter hoc È una variante della falsa causa. Sovrapposizione tra una relazione di tipo cronologico e una relazione di tipo causale: se l’evento B si manifesta dopo l’evento A, allora si assume che A sia causa di B È arrivato X in paese, e subito dopo è scoppiata l’epidemia, dunque X ha portato l’epidemia (strategia dell’untore) E’ aumentata l’immigrazione dalla Romania ed è aumentata la criminalità Ma anche: Tale padre, tale figlio

Fallacie di definizione Relative ai termini utilizzati. I vizi di ambiguità, anfibolia, oscurità consistono nel cambiare surrettiziamente l’interpretazione di un termine o di un enunciato ambiguo o nel giocare intenzionalmente su significati ambigui e polisemici, allo scopo di indebolire le argomentazioni e la posizione dell’antagonista, rafforzando invece i propri. Questi vizi equivalgono a un’errata interpretazione letterale di parole, espressioni o frasi, originariamente intese nella accezione figurata o viceversa (vedi implicature di Grice). Cfr. G. Boniolo e P. Vidali, Strumenti per ragionare, Mondadori 2002

Ambiguità Rientra nelle fallacie verbali (semantiche). Si parla di fallacie di ambiguità (o equivocità) quando uno dei significati è usato in una premessa e l’altro nell’altra premessa e/o nella conclusione. Combattere sulle parole è insensato, la discriminazione è una parola, dunque è insensato combattere sulla discriminazione. In questo caso nel corso dell’argomentazione si è passati dalla menzione della parola ‘discriminazione’ all’uso della stessa (suppositio materialis e suppositio formalis, Pietro Ispano,Summulae Logicales, XIII sec.).

Esempio di Cantù, p. 20: Sartori usa il termine ‘logica’ in due accezioni differenti: utilizzando l’argomento per analogia ricorre alla logica induttiva, ma poi pretende che l’argomento abbia la forza conclusiva che è propria della logica deduttiva (sovrapposizione di due diversi significati del termine ‘logica’). Altro esempio di ambiguità è il ricorso di Colombo alla nozione di ‘identità’, ora come principio logico formale (dotato di una forza dimostrativa, tematizzato dalla tradizione logica) ora come problema dell’identità personale e della determinazione dei criteri di continuità dell’io (Locke 1690). Altro esempio, uso del termine ‘relativismo’ (ora nel senso di relativismo culturale, ora in quello di relativismo morale) da parte di Marcello Pera, p. 31. Uso del termine ‘sicurezza’ (p. 62), che può significare: 1. Sicurezza pubblica, a garanzia della incolumità personale e del libero svolgimento delle attività 2. Cosa sicura, risultato certo

Transitività Se A = B e B = C, allora A= C Gli amici dei miei amici sono miei amici (Reboul, p. 189) Es.: Volital è la compagnia aerea dell’Italia, paese ricco di storia e di eleganza, oggi un paese tra i più moderni del mondo e che possiede una tecnologia avanzatissima. Volital, la compagnia moderna, sicura, che vi garantisce eleganza ed esperienza. (Lo Cascio, Grammatica dell’argomentare, 1991) Crozza (in Cantù, p. 94-95): Se A = B e B = C, allora che ti frega retrocedere? Transitività + ambiguità: A,B,C si trasformano qui nelle tre serie calcistiche (per le quali però la proprietà transitiva non vale). L’ambiguità dipende dalla differenza tra l’uso delle lettere come segni generici che indicano tre elementi qualsiasi di un insieme su cui si sia definita una relazione transitiva e l’uso delle lettere come oggetti specifici, le serie calcistiche.

Accento Fallacie basate su errori derivanti dalla sintassi. Per esempio, se dico ‘non sono andata a Milano con Maria l’altro ieri’ posso voler intendere che non sono andata con Maria ma da sola o con qualcun altro, o che non ci sono andata ieri. La fallacia si ha quando si sfrutta intenzionalmente l’ambiguità sintattica. Per estensione, si parla di fallacia di accento nei casi in cui si mettono in rilievo alcune parole di una frase per sottolineare una interpretazione positiva o negativa di certi termini (linguaggio pregiudizievole): le scelte lessicali connotate emotivamente servono a screditare l’avversario, alimentando pregiudizi nei suoi confronti Esempio di Cantù, p.53: «Tutto ciò che non avete letto sui giornali» (Una vera storia italiana, 2006) Vedi anche p. 64, linguaggio pregiudizievole vs linguaggio beneaugurante: «La legge Bossi-Fini, restrittiva e repressiva oltre ogni necessità, incentrata sulla sprezzante e miope equivalenza immigrato-forza lavoro, si è dimostrata una demagogica prova di forza, iniqua e inefficace [….] Intendiamo ripartire da zero, sostituendo le parole d’ordine della normativa in vigore – chiudere, emarginare, criminalizzare – con le nostre: governare, accogliere, costruire convivenza» (Per il bene dell’Italia, Programma di governo dell’Unione, 2006-11).