Prospettiva post-razionalista degli scompensi psicotici

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Transcript della presentazione:

Prospettiva post-razionalista degli scompensi psicotici (Seminario Università di Bari) Pasquale Parise, IPRA, 2008

SISTEMI NOSOGRAFICI ATTUALI Modestia epistemologica (caratterizzata da pretese finalità essenzialmente operative, rifiutando ogni responsabilità di carattere ontologico) Aspirazioni essenzialiste e oggettiviste (sforzi di carattere scientifico, culturale, economico per la ricerca di markers biologici, genetici, neurofisiologici della schizofrenia)

Una tale nosografia descrittiva e statica ha avuto il vantaggio della massima condivisione all’interno del mondo scientifico privando però di significato e di storicità la sofferenza individuale, che viene vista in maniera impersonale, senza mostrare molto interesse per il contenuto di questa sofferenza, dove deliri e allucinazioni sono visti come “rami secchi” da potare farmacologicamente

Le premesse epistemologiche di una tale prospettiva sono che esista una realtà oggettiva data alla quale i tentativi di classificazione debbano tendere

PROSPETTIVA EMPIRISTA Esiste un ordine univoco della realtà in cui è già contenuto il significato delle cose, che può essere desunto se l’osservatore si situa in una posizione metodologica particolare, cioè quella dell’OSSERVATORE PRIVILEGIATO PROSPETTIVA COSTRUTTIVISTA Di fatto, l’ORDINE ESPERENZIALE non è qualcosa che ci viene dato dall’esterno, ma è un prodotto delle costruzioni del nostro interagire con l’ambiente. Le nostre esperienze e le nostre conoscenze sono sempre COESISTENTI alla nostra costruzione di Mondo

Da una tale prospettiva empirista deriva anche il concetto d’incomprensibilità e inderivabilità del delirio primario, al centro del tentativo di sistematizzazione della psicopatologia di Jaspers, e che rimanda all’esperienza dell’osservatore il giudizio sulla congruità e comprensibilità di un significato (che in altri termini vuol dire cercare una corrispondenza di significati tra osservatore e osservato).

I sintomi, dal nostro punto di vista, vanno pertanto ricondotti in un contesto storico di significato dell’individuo e la psicopatologia dovrebbe essere organizzata su costrutti generatori di senso piuttosto che di diagnosi.

“…è difficile evitare la conclusione che una delle principali funzioni dei sistemi di classificazione fosse convincere i medici e il pubblico della complessità della follia e della conoscenza precisa e specialistica necessaria per il suo trattamento.” Mary Boyle 2

Attualmente è ancora difficile dire in maniera definitiva cosa sia la Schizofrenia e se esista un’unica patologia caratterizzata da un'unità di sintomi, decorso, esito e fisiopatologia che rappresenti l’espressione prototipica della follia umana

La Schizofrenia Realtà sindromica cui poter arrivare da più direzioni caratterizzata da una mutazione profonda dell’esperienza, in cui viene definitivamente persa la certezza preriflessiva nelle caratteristiche del mondo e della realtà, che determina quindi l’impossibilità a partecipare ad una prassi condivisa di senso con la perdita di quello sfondo di “evidenza naturale”, di “common sense” che ci permette di “sostare indisturbati vicino le cose”

Il ‘Senso Comune’ “..la sempre presente e sempre dimenticata cornice dell’esperienza…che dà continuità storica al Sé e costituisce il flusso dell’intersoggettività” A. Tatossian

Psicosi Non Schizofreniche Nelle forme di scompenso psicotico (non schizofreniche) è più evidente una amplificazione di temi basici di significato senza che però venga messa in discussione la struttura stessa della realtà, e in cui non si assiste alla completa rottura della cooperazione e del consenso nella comunicabilità dell’esperienza. (G. Arciero) In questi casi “il congedo dalla funzione del reale” è solo temporaneo.

Esperienza e Narrazione Esistono costantemente, per ognuno di noi, due livelli dell’esperienza, irriducibili, rappresentati dal continuo accadere della propria vita (sotto forma di un’esperienza antepredicativa e preintenzionale) e della sua riconfigurazione narrativa attraverso il linguaggio (quindi attraverso significati condivisi che ne permettano un suo riordinamento stabile).

Esperienza e Narrazione La nostra ‘esperienza del vivere’ prende continuamente forma attraverso uno “sforzo di appropriazione” del senso, mediato dalla ricomposizione simbolica del linguaggio.

Dalla continua dinamica circolare tra questi due livelli, cioè l’esperienza vissuta e la continua ricomposizione della propria storia, prende forma l’IDENTITA’ NARRATIVA, la cui principale funzione è quella di articolare i temi emotivi, ai quali è ancorata, e di integrare le emozioni discordanti e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e di unitarietà.

Identità Narrativa Prende forma dalla continua dinamica circolare tra il livello dell’esperienza e della sua riconfigurazione narrativa attraverso il linguaggio - articola i temi emotivi, a cui è ancorata - integra le emozioni discordanti e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e unitarietà

Identità Narrativa Questo implica che più efficacemente si riesce ad articolare l’esperienza, riuscendo a darle un significato personalmente riconoscibile, più si riesce a modulare oscillazioni emotive perturbanti e integrarle in un proprio senso di continuità personale. Sulla modulazione di oscillazioni emotive perturbanti si può portare l’esempio di Gabriele (inizio dello scompenso con l’attivazione emotiva per una collega di Università)

Le due dimensioni dell’esperienza soggettiva Da un lato abbiamo il percepire una continuità e una persistenza nella propria esperienza del vivere, il sentirsi sempre sé stesso, e questa dimensione è rappresentata dalla medesimezza, che si struttura su tratti emotivi ricorrenti e a sua volta dà forma alla propria dimensione emotiva

Le due dimensioni dell’esperienza soggettiva Dall’altro lato abbiamo il senso dell’accadere, della discontinuità dell’accadere rappresentato dalla Ipseità, legato agli avvenimenti e agli eventi emotivi, espressione dell’immediatezza situazionale e che dà forma ai momenti di attivazione emotiva improvvisa

Medesimezza Ipseità Senso di continuità Permanenza nel tempo Tratti emotivi Modo di essere distaccato da ciò che accade Discontinuità dell’accadere Costanza nel tempo Stati emotivi Espressione dell’immediatezza situazionale

L’Identità Narrativa unifica in maniera dinamica, per mezzo di una trama, gli aspetti ricorrenti del Self con il Self situazionale. Crea una continua dialettica tra i fattori che permettono all’individuo di essere certo di essere sempre sé stesso, di essere sempre la stessa persona nel tempo (medesimezza) e la variabilità, instabilità e discontinuità dell’esperienza del vivere (ipseità).

Dimensione Inward Pazienti prevalentemente inward, più orientati sulla medesimezza, tenderanno a dar forma all’Identità Narrativa attraverso la sedimentazione di stati emotivi basici ricorrenti. Questo fa sì che nella costituzione della propria identità personale sia primario il mantenimento della trama narrativa, dove le principali possibilità di regolazione emozionale sono date dalla modulazione dell’attivazione dell’intensità emotiva. Da ciò deriva un carattere molto più stabile nel tempo, con un senso molto più netto di demarcazione dagli altri. Questo implica un primato ontologico assegnato al Sé a spese del mondo Qui si possono fare esempi dei deliri paranoidei, classici, dove l’altro diventa minaccioso e persecutorio, ma anche dei deliri erotomanici o dei deliri genealogici (esempi di deliri genealogici: Marco De Rossi, Matteo Santopadre)

Dimensione Outward Pazienti prevalentemente outward, più orientati sulla ipseità, saranno caratterizzati da un maggior ancoramento al Mondo/Altro nella costituzione della propria Identità Narrativa. Questa si costituirà soprattutto attraverso l’adesione ad un contesto esterno di riferimento: questo farà sì che stati emotivi interni possono passare inosservati o selettivamente esclusi, senza riuscire a dar forma a delle esperienze emotive corrispondenti. Il mantenimento di un senso di stabilità personale può essere dato dal cambiamento della prospettiva, del punto di vista con il quale interpretare l’evento: questo porta ad un continuo prendere il punto di vista dell’altro come modalità definitoria di sé. In questi casi la trama narrativa viene asservita al mantenimento del personaggio. Questo implica un primato ontologico assegnato al Mondo/Altro a scapito del Sé. Anche qui si può fare l’esempio di Gabriele (Internet come estensione della propria interiorità; Consapevolezza del tema dell’invadenza dei genitori attraverso lo sguardo e il pensiero del terapeuta)

Caso di Gabriele Quando si discuteva sul tema della intrusività ‘percepita’ degli altri (sensazione di essere spiato su Internet) lui mi dice: “…mi viene in mente che lei possa pensare che questo tema ci porti all’invadenza dei miei genitori…se non avessi pensato che lei ci pensava non ci avrei pensato..”

Nello stile INWARD la medesimezza orienta la costruzione del racconto di Sé nello stile OUTWARD l’identità narrativa è orientata dalla corrispondenza ad un contesto esterno di riferimento di referimento.

Caratteristiche della riconfigurazione dell’esperienza negli scompensi psicotici Negli scompensi psicotici il paziente spesso perde la capacità di riconoscere come propria l’esperienza, e la sua riconfigurazione narrativa viene avvertita come un dato del livello esperenziale. È inoltre evidente la difficoltà di integrazione dell’esperienza, cioè la capacità di mantenere una narrazione sequenzialmente unica, stabile, cronologica, in cui sia rigidamente diviso l’interno dall’esterno.

Scompensi psicotici in INWARD ed OUTWARD difficoltà di regolazione dell’attivazione emotiva dell’intensità emotiva con incremento dei processi di mantenimento Amplificazione dei tratti emotivi basici INWARD difficoltà di gestire il contesto esterno di lettura, interruzione del senso di continuità, con incapacità a riordinare la propria esperienza in una trama narrativa consistente Amplificazione della dipendenza dal contesto di referenza OUTWARD

Scompenso inward Problema presentato: depressione, angoscia persistente, impossibilità a restare da sola, vissuti persecutori nei confronti del marito Inizio 4 anni prima: temi persecutori nei confronti del marito, depressione, vissuti di angoscia, crisi di pianto, chiusura relazionale Dopo la nascita del II figlio e l’acuirsi di tensioni nel rapporto col marito, trasferimento a Roma e avvicinamento alla famiglia d’origine

Scompenso inward Tentato suicidio per flebotomia (dopo alcuni mesi dall’esordio):”…l’angoscia era un dolore talmente forte che non riuscivo a sopportare, come un dolore fisico…tanto che preferivo togliermi la vita piuttosto che continuare a sentirlo” Trasferimento del padre a casa sua: inizio di una fase di miglioramento clinico Dopo circa un anno morte del padre e trasferimento della madre (“…da sempre controllante e inaffidabile”): nell’arco di due mesi farà due ricoveri in SPDC (“..sentivo nitida la voce di mio marito che mi diceva di ammazzarmi..”)

Scompenso inward In SPDC viene trattata con Nl e Ac. Valproico e diagnosticata come schizoaffetiva Nelle settimane successive il marito cerca un riavvicinamento, le telefona tutti i giorni, si mostra preoccupato per la sua salute: in questo periodo si ha un netto miglioramento della condizioni cliniche A distanza di qualche mese decide di riprendere la convivenza con il marito

Scompenso inward “Mi sentivo in colpa per aver privato i bambini della possibilità di avere un padre..lui si mostrava disperato senza di me…telefonava tutti i giorni…diceva di essere pentito” Tornata a vivere con lui riprendono le tensioni (“…già dopo tre giorni che stavo giù non mi fidavo di lui neanche se doveva portarmi un bicchiere d’acqua…”) Nell’arco di un paio di mesi ripresenta una sintomatologia psichiatrica con la convinzione che il marito volesse farla interdire e toglierle i figli, vissuti d’angoscia, depressione, vissuti persecutori con dispercezioni uditive

Cercando di riportare i significati dello scompenso in una trama narrativa della propria storia di vita veniva fuori che la pz aveva sempre avuto vicino figure di riferimento protettive importanti Fin dalle prime fasi di questa ricostruzione viene fuori come il senso di protezione e la completa affidabilità dell’altro fossero per lei temi altamente significativi e su come la mancata conferma di questi temi avesse innescato lo scompenso psicopatologico e i vissuti persecutori nei confronti del marito

“..prima di tre anni fa mi fidavo ciecamente di lui, era stato il primo uomo della mia vita, e lo consideravo la persona più importante…adesso ho paura che mi possa far del male, che mi possa far togliere i bambini..”

Inizialmente l’angoscia e l’impossibilità a restare da sola venivano riferite come paura di farsi del male a causa della persistenza delle voci del marito che la invitavano ad uccidersi. Questa angoscia viene poi articolata come paura di perdere il controllo

In seguito con una sistematica ricostruzione dell’esperienza viene ricostruita un’immagine di sé, in quelle situazioni, come quella “di una persona debole, inutile, che non riesce ad essere autonoma, quindi malata…”. Vengono progressivamente articolati i temi della debolezza e dell’autonomia mettendo a fuoco l’importanza che per lei aveva sempre avuto la presenza di una figura significativa protettiva vicino, e come la percezione del marito come non protettivo e inaffidabile innescava l’attivazione del tema basico della paura

L’attivazione del tema basico della paura a sua volta innescava riconfigurazioni narrative caratterizzate dalla paura di perdere il controllo, quindi di potersi fare del male; la stessa attivazione emotiva le veniva data dalla vicinanza della madre (che rappresentava per lei una figura affatto affidabile e poco protettiva) e questo non faceva che peggiorare i suoi vissuti di debolezza, aggravando a sua volta la mancanza di autonomia

Comincia ad avere una consapevolezza diversa dei suoi vissuti di debolezza, sinora regolarmente considerati sinonimi di malattia, ed ora invece collegati alla mancanza di una figura protettiva vicino : “ sono sempre stata allevata un po’ nella bambagia…prima con mio padre e la mia famiglia dove ero la più piccola…quella un po’ coccolata da tutti…poi per dieci anni con l’ammiraglio, che è stata una persona che mi ha sempre concesso tutto anche se mi trattava un po’ come una bambina…ho sempre avuto vicina una figura più anziana e protettiva che si prendeva cura di me….”

VISSUTI D’ANGOSCIA E IMPOSSIBILITÀ STARE DA SOLA SCOMPENSO FOBICO VISSUTI D’ANGOSCIA E IMPOSSIBILITÀ STARE DA SOLA PRESENZA DI VOCI DEL MARITO CHE LA INVITAVANO AD UCCIDERSI RICONFIGURAZIONE NARRATIVA PAURA DI FARSI DEL MALE PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO …….

SCOMPENSO FOBICO - 2 ESPERIENZA Immagine di sé di persona DEBOLE, inutile, che non riesce ad essere autonoma, quindi MALATA Articolazione e contestualizzazione dei vissuti di debolezza ESPERIENZA Mancanza di una figura protettiva e affidabile vicino Percezione del marito come non protettivo e inaffidabile  dell’attivazione emotiva e quindi della PAURA

Questa descritta è una classica situazione di scompenso fobico dove l’evento discrepante innesca un’attivazione della paura, con perdita della capacità di modulazione, paura di perdere il controllo e amplificazione dei processi di mantenimento.

Dal punto di vista della riconfigurazione narrativa è evidente la confusione di questa con il livello dell’esperienza; si nota inoltre la perdita di una capacità di sequenzializzazione unitaria, tematica e causale, con perdita dei confini tra esterno e interno (il marito inaffidabile è percepito come persecutore e la sua paura di perdere il controllo è esternalizzata sotto forme di “voci” del marito che le ordinavano di ammazzarsi).

Scompenso outward Sintomatologia presentata: vissuti d’angoscia con impossibilità a stare da solo, depressione e crisi di pianto, vissuti persecutori nei confronti dei colleghi di lavoro con la convinzione che cercassero di avvelenarlo Inizio graduale alcuni mesi prima con la produzione di idee di riferimento sul posto di lavoro Progressivamente strutturazione di temi persecutori con la convinzione che i suoi colleghi avessero ordito un complotto contro di lui e lo stessero lentamente avvelenando mettendogli qualcosa nel caffè e nell’acqua minerale

La cosa caratteristica nella storia presentata era che il paziente aveva sempre lavorato in contesto familiare (con la madre per qualche anno o con un amico di famiglia) o da solo, prevalentemente nel campo dell’edilizia. Da circa un anno invece lavorava in un’impresa di costruzione, cui era arrivato tramite un annuncio su un giornale (quindi non familiare).

Inizialmente le cose sul lavoro andavano bene, era entrato in confidenza con il geometra del cantiere, più o meno della sua età, e figlio del datore di lavoro. Dopo qualche mese viene mandato via uno degli operai: lui quindi inizia a farsi l’idea che i colleghi pensino fosse stato mandato via per colpa sua (per disaccordi con lui). Nello stesso periodo percepisce un raffreddamento nei rapporti con i colleghi di lavoro e anche con il geometra, fino ad allora considerato un suo amico. Nello stesso periodo viene assunta un’altra persona sul lavoro e lui si convince che è qualcuno messo lì per controllarlo.

Nei mesi successivi la situazione man mano peggiorerà fino a strutturare dei temi persecutori, con la convinzione che i suoi colleghi avessero ordito un complotto contro di lui e lo stessero lentamente avvelenando mettendogli qualcosa nel caffè e nell’acqua minerale (che era la spiegazione data del suo progressivo ‘stare male’)

Nell’ambito del lavoro terapeutico viene fuori il problema di una marcata sensibilità al giudizio degli altri: esisteva una continua richiesta di riconoscimento di un suo senso di importanza (che voleva dire essere considerato sul lavoro il migliore, primeggiare tra tutti) con un’estrema sensibilità alle disconferme, per cui se il figlio del datore di lavoro si fermava a parlare con lui e gli chiedeva dei CD o programmi di PC in prestito, lui si sentiva riconosciuto come il migliore operaio del cantiere; se questo ragazzo però, un giorno, non divideva la colazione con lui o in qualche occasione lo salutava con meno entusiasmo, questo era subito interpretato come una disconferma della loro ‘amicizia’ e dell’essere considerato il migliore operaio del cantiere

SCOMPENSO DAP Esperienza di SÉ di inferiorità e inadeguatezza Continue RICHIESTE di RICONOSCIMENTO di un senso di importanza Estrema SENSIBILITÀ alle DISCONFERME Esperienza di SÉ di inferiorità e inadeguatezza Riordinamento narrativo di questa esperienza: “…cercano di mettermi in difficoltà, sono coalizzati contro di me, mi vogliono escludere, mi vogliono fare del male…” 7

Nel periodo in cui inizio a vederlo aveva difficoltà a vivere da solo (viveva da solo dal ’94 in un appartamento in affitto che prima era stato di una sorella) e tornava spesso a stare con i genitori; in particolare il rapporto con la madre era ritenuto, apparentemente, rassicurante e protettivo (“…quando sto con lei non mi sento inferiore…lei accetterebbe da me qualsiasi cosa..” dove era evidente come l’assoluta mancanza di confronti rendeva il rapporto con la madre rassicurante e protettivo).

In questo periodo trascorre molto tempo in casa, spesso a letto, lavora poco e in maniera discontinua, sono sempre più evidenti vissuti di ansia e vissuti depressivi, presenta quella che in termini descrittivi potrebbe essere riferita come depressione post-psicotica.

Ricostruendo le scene della convivenza con la madre si mette a fuoco da una parte il “sentirsi protetto da una che accetterebbe da lui qualsiasi cosa”, dall’altra un’ esperienza di sè di “uno non all’altezza delle altre persone, inferiore rispetto agli altri”, dove erano evidenti i continui temi di confronto e i comportamenti di evitamento dello stesso.

L’ansia era sempre più chiaramente messa in relazione a temi di sensibilità al giudizio: bastava che una vecchina del suo stabile non ricambiasse un suo cenno di saluto o che il portiere del suo stabile lo salutasse in modo particolare (ad es. “ciao antonì..”, dove l’uso del diminuitivo era chiaramente un modo per sminuirlo), per sentirsi “un malato..uno che aveva problemi…che i condomini non avevano mai visto portare una ragazza in casa..”.

Nonostante la somiglianza iniziale dei temi persecutori, è evidente che la ricostruzione dei significati dei due scompensi psicotici evidenzi dinamiche completamente diverse: infatti in questo caso l’evento discrepante (una situazione lavorativa nuova) ha innescato un’amplificazione della dipendenza da un contesto di referenza esterno, con aumento della sensibilità al giudizio e delle richieste di riconoscimento, con interruzione della continuità del personaggio (quello dell’operaio molto bravo nel suo lavoro, capace di lavorare dodici ore al giorno, senza grilli per la testa).

Quella che segue è una citazione di una poetessa americana che, a mio parere, illustra bene la posizione del paziente che, in un particolare momento della sua vita presenti uno ‘spaesamento’ psicotico dei propri significati, nel momento in cui si trovi davanti uno psichiatra/psicologo poco incline a cogliere le peculiarità e specificità dei propri sintomi

“Quando una persona autorevole propone una descrizione del mondo nella quale chi ascolta non è presente, si verifica un momento di scompenso psichico, come se si guardasse dentro uno specchio senza vedere niente.” Adrianne Rich 8