morale = passaggio (Pasqua) dell’anima dal peccato alla grazia

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Transcript della presentazione:

morale = passaggio (Pasqua) dell’anima dal peccato alla grazia I 4 sensi delle scritture applicati al Salmo In exitu Israel de Aegypto letterale = la fuga del popolo ebreo dall’Egitto ai tempi di Mosè (fatto storico, rielaborato letterariamente) morale = passaggio (Pasqua) dell’anima dal peccato alla grazia allegorico = redenzione dell’uomo per opera di Cristo (del quale Mosè  è figura, come già Adamo etc. Mosè come salvatore, Adamo come primo uomo) anagogico [dal greco anagogé = ana + ago = conduco su; l’interpretazione anagogica spiega i fatti come simboli della realtà sopra-naturale cui l’uomo si deve innalzare] = l’anima purificata si libera dalla schiavitù della condizione terrena e raggiunge la libertà della vita eterna (Israele = terra promessa = la vita eterna promessa da dio all’uomo).

Ri-uso del repertorio mitologico-ovidiano nella Commedia i miti possono fungere da referente culturale, specialmente nelle similitudini (cfr. l’incipit di Inf. XXX). i miti possono essere impiegati come materiale narrativo (cfr. i custodi infernali) la metamorfosi di molte delle anime/corpo che il personaggio-Dante incontra lungo il suo cammino. Nella fattispecie: le figure infernali sono stravolte, deformate, spesso irriconoscibili (uomo-pianta, uomo-serpente, uomo-fiamma). le figure del Purgatorio sono in pieno possesso della loro umanità, ma ancora oppresse e sofferenti (cfr. le palpebre cucite degli invidiosi, o la magrezza dei golosi) le anime del paradiso sono pura luce e pura musica. nell’Inferno Dante entra più volte in gara con Ovidio (XXIV, 85-90 e XXV, 94-102), proclamandosi vincitore sull’autore pagano autore l’autore Dante racconta, oltre a tante altre, la progressiva metamorfosi del se stesso personaggio, che assume uno spessore mitologico.

Un non-corpo per il viaggio in Paradiso (III 3, 64-75) Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote. Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba che ’l fé consorto in mar de li altri dèi. Trasumanar significar per verba non si porìa; però l'essemplo basti a cui esperïenza grazia serba. S’i’ era sol di me quel che creasti novellamente, amor che ’l ciel governi, tu ’l sai, che col tuo lume mi levasti.

Riti nella Commedia: livello NARRATIVO Dante agens/personaggio si purifica attraverso un cammino che prevede delle fasi cruciali, per superare le quali è necessario compiere alcune azioni che hanno un significato simbolico oltre a quello materiale (sono ri-dirette a scopo dimostrativo). Altri personaggi che agiscono nel racconto affiancano/guidano Dante agens in questi momenti ‘rituali’. Potremmo dire che funzionano come ‘officianti’. Il più attivo è naturalmente Virgilio, ma una parte molto importante ha anche Beatrice (prima ancora che nel Paradiso, nell’Eden). Azioni rituali vengono compiute da altre figure, e Dante auctor le rappresenta: ma hanno un significato ‘secondo’ molto diverso e dipendente a) dalla natura di chi le compie; b) dal contesto e dal momento in cui vengono compiute; c) dalla natura ‘individuale’ o ‘collettiva’ dell’azione.

Riti nella Commedia: livello LINGUISTICO-ESPRESSIVO Spesso – non sempre – le azioni rituali compiute da Dante o da altri personaggi sono accompagnate da un ‘discorso’, che viene organizzato in termini formulari. Ma il locutore/locutori non coincidono necessariamente col protagonista del viaggio. Possiamo distinguere: ‘parole di passo’ (Virgilio) richiesta di informazioni (Virgilio+Dante) exempla di virtù e/o vizio (voci) preghiere (anime del Purgatorio) confessione (Dante) dichiarazione del volere (Dante) prove di ‘maturità dottrinale’ (Dante)

L’ansia prima della catabasi (INF II 10-36) Io cominciai: “Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell'è possente, prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente. Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero ne l'empireo ciel per padre eletto: la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u' siede il successor del maggior Piero. Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto. Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede ch'è principio a la via di salvazione. Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enëa, io non Paulo sono; me degno a ciò né io né altri 'l crede. Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono”.

I due ‘predecessori’ di Dante nell’esperienza del viaggio nell’Aldilà Enea: secondo il racconto dell’Eneide (VI libro, vv. 295 ss.), scende nell’Ade con l’aiuto della Sibilla Cumana. Trova negli Elisi l’anima di Anchise, che gli profetizza la grandezza di Roma e dell’impero. San Paolo: nella II Lettera ai Corinti (12, 2-4) racconta di essere stato rapito fino al terzo cielo: che nel sistema tolemaico e dantesco è quello di Venere (spiriti amanti), ma nell’antica tradizione rabbinica era (dopo il cielo aereo e quello stellato) l’empireo, cioè la sede divina.

Passaggi infernali ostacolo Diab. Natur. Artific. aiutante / mezzo Acheronte x Caronte [III 82-99] Minosse (II cerchio) [V 16-24] [Virgilio] Cerbero (III cerchio) [VI 22-33] Pluto (IV cerchio) [VII 1-15] palude Stigia Flegias [VIII 12-24] mura di Dite e diavoli [VIII], Furie, Medusa [IX] Messo celeste [IX 34 ss.] Flegetonte dal I al II girone del VII cerchio Nesso [XII: 67-69 e 98-99] salto fra iVII e l’VIII cerchio La corda -> Gerione [XVI 106-fine e XVII 1-27] i Malebranche + i ponti franati sopra la VI bolgia Virgilio prende in braccio Dante [XXIII 31 ss.] salto fra VIII e IX cerchio Anteo [XXXI 112-129] oltre il centro della Terra il corpo di Lucifero [XXXIV 70-99] e la ‘natural burella’

Le ‘formule magiche’ nell’Inferno Tipologia Luogo Rivolta a: Parola ‘ di passo ’ III 95-96: vuolsi così... Caronte V 22-24: vuolsi così... Minosse Formula più distesa VII 8-12: Taci, maledetto lupo … Pluto Discorso che placa VIII 12-24 a Flegias XXXI 112-129 ad Anteo

Forme di ritualità nel Paradiso (molto schematicamente) Passaggi rituali nella ‘cornice viatoria’ lo sguardo di Beatrice e l’intensificarsi della luminosità la formularità dello schema dubbio -> domanda -> spiegazione = cfr. almeno i canti I, IV (all’inizio e alla fine), VII, XI, XVII, XVIII, XIX.   La festa delle anime le corone degli spiriti sapienti (X-XIV: soprattutto XIV) arte totale nel cielo di Giove (XVIII-XX: soprattutto XVIII) il fiume di luce e la rosa dei beati (XXX e XXXI) Momenti liturgici canti: tutti i beati cantano canti («da mia memoria labili e caduci»: XX 12); ma il Gloria al padre etc. apre direttamente il canto XXVII (ed è seguito immediatamente dall’invettiva di S. Pietro contro i papi corrotti!) preghiere: di Gabriele e la beata corte (Ave Maria: XXII); di S. Bernardo ancora alla Vergine (XXXIII) trionfi: di Cristo e di Maria (XXIII); della Vergine (XXXI) l’esame dottrinale: sulla fede (S. Pietro, XXIV), la speranza (S: Giacomo, XXV) e la carità (S. Giovanni, XXVI)

Riti catartici nel Purgatorio I: purificazione del volto; cintura di giunco IX: dialogo con l’angelo portiere -> le 7 P: la progressiva cancellazione renderà sempre più agevole la salita XXVII: attraversamento della siepe di fuoco XXXI: accusa di Beatrice e confessione di Dante. Immersione nel Lete XXXIII: Dante beve dalle acque dell’Eunoè.

LITURGIA (definizione generica: cfr. Enciclopedia Treccani) Complesso dei riti e delle cerimonie propri di un culto religioso. La formazione della liturgia è determinata da due motivi: la necessità di fissare in forme adatte la vita e la professione della religione, che per sé non hanno forma né regola per poter essere tramandate; e il desiderio di rappresentare il contenuto religioso in maniera visibile. Complessivamente si può dire che la liturgia fornisce quelle forme fisse di espressione di cui ha bisogno la religiosità collettiva e quindi essa ha anche una funzione sociale, in quanto unifica la comunità nella pratica religiosa.

Momenti/gesti liturgici cui Dante assiste come spettatore [Antipurgatorio e cornici 1-3: ‘amore diretto al male del prossimo’] preghiere esempi di virtù/vizio beatitudini VIII [Salve Regina] -> Te lucis ante IX 1° sogno + rito penitenziale e ingresso di Dante nel Purgatorio Te Deum X umiltà XI Padre nostro XII superbia punita Beati pauperes spiritu XIII carità XIV invidia punita XV mansuetudine Beati misericordes XVI Marco Lombardo: discorso sul libero arbitrio [parte I] XVII ira punita Beati pacifici

Momenti/gesti liturgici cui Dante assiste come spettatore [cornice 4 = l’accidia come ‘amore poco vigoroso del bene’] preghiere esempi di virtù/vizio beatitudini XVIII discorso su amore e libero arbitrio [parte II] XIX 2° sogno (la ‘femmina balba’) Adhesit pavimento anima mea [canto degli avari]: v. 73 Beati qui lugent [monito per gli accidiosi]: v. 50

Momenti/gesti liturgici cui Dante assiste come spettatore [cornici 5-7 = ‘amore smodato dei beni terreni’] preghiere esempi di virtù/vizio beatitudini XX canto: Gloria 1. invettiva contro la cupidigia 2. povertà e liberalità XXI l’apparizione di Stazio: guida aggiuntiva XXII [Beati qui] sitiunt [iustitiam] XXIII canto: Labia mea Domine XXIV gola punita [Beati qui] esuriunt XXV inno: Summae deus clementiae XXVI prende la parola Arnaut, il miglior fabbro XXVII Beati mundo corde il muro di fuoco, l’ultimo tramonto e il 3° sogno

Canti/porzioni di canti da preparare attraverso una lettura capillare, che porti a poter sostenere con successo anche un esercizio di parafrasi I, II, VII (vv. 1-63), IX, X, XIX, XXVII, XXIX, XXXI, XXXII, XXXIII (vv. 103-fine)

Purgatorio I - sequenze Protasi e invocazione alle Muse (marcatori del genere epico): 1-12) Il primo albore nel cielo dell’emisfero antartico: 13-27 L’apparizione di Catone (iconografia mosaica): 28-111 Rito catartico e richiamo all’umiltà e all’accoglienza del volere divino (112-136)

Purgatorio II - sequenze L’apparizione del ‘vasello’ e dell’angelo nocchiero (il doppio rovesciato del naufragio di Ulisse): 1-51 Le anime penitenti (che al verso 46 hanno intonato In exitu Israel de Aegypto): 52-75 Il musico Casella, che intona Amor che ne la mente mi ragiona (Convivio, III): 76-117 Il rimprovero di Catone e la fuga delle anime: 118-133

Catone come Mosè nel Purgatorio Iconograficamente, la figura di Catone ricorda quella del patriarca Mosè: per il particolare della lunga barba bifida (n.b. per un errore di traduzione di Gerolamo Mosè ha anche le ‘corna’ di luce, invece del viso splendente come nell’originale ebraico Esodo 34.29). Inoltre Catone nel II del PURG si comporta come Mosè quando torna tra gli Ebrei e apostrofa irato Aronne, perché li trova ad adorare il vitello d’oro e a cantare (Esodo 32.18). Inoltre, come Mosè guida gli Ebrei nella fuga dall’Egitto verso la terra promessa, attraverso il deserto, così Catone attraverso il deserto africano guida l’esercito repubblicano. Entrambi moriranno, senza riuscire ad arrivare vivi alla loro meta, ma avranno messo in salvo coloro che erano sotto la loro responsabilità.

José de Ribera Mosè (1638) Napoli, Museo di San Martino

Catone nell’VIII dell’Eneide (666-670) descrizione dello scudo di Enea hinc procul addit Tartareas etiam sedes, alta ostia Ditis, et scelerum poenas, et te, Catilina, minaci pendentem scopulo Furiarumque ora trementem, secretosque pios, his dantem iura Catonem. E piú lunge nel fondo era la bocca de la tartarea tomba, e del gran Dite la reggia aperta: ov’anco eran le pene e i castighi degli empi. E quivi appresso stavi tu, scellerato Catilina, sopra d'un ruinoso acuto scoglio agli spaventi de le Furie esposto. E scevri eran da questi i fortunati luoghi de' buoni, a cui 'l buon Cato è duce.

Cicerone, De officiis, I 112-113 Ora, questa diversità di nature ha in sé tanta forza che talvolta un uomo deve darsi la morte, mentre un altro, nelle stesse condizioni, non deve. Forse che Marco Catone si trovò in condizione diversa da quella di coloro che in Africa si arresero a Cesare? Eppure, mentre a costoro si sarebbe fatta una colpa se si fossero uccisi, perché meno austera era stata la loro vita e meno rigidi i loro costumi, a Catone, invece, che aveva avuto in dono da natura una straordinaria austerità, da lui rafforzata con una incessante fermezza, a Catone, ch'era sempre rimasto incrollabilmente fermo nel suo proposito, il dovere impose di morire piuttosto che vedere la faccia del tiranno. Quante disavventure sopportò Ulisse, in quel suo lungo e periglioso errare, riducendosi perfino a schiavo di donne, se donne si possono chiamare Circe e Calipso, e cercando di mostrarsi in ogni discorso affabile e cortese con tutti! Nella sua casa, poi, sopportò perfino gli oltraggi dei servi e delle ancelle, pur di raggiungere finalmente il suo intento. Laddove Aiace, con quel carattere che la tradizione gli attribuisce, mille volte avrebbe voluto incontrar la morte piuttosto che sopportare quegli umilianti oltraggi. Per queste ragioni e per questi esempi, conviene che ciascuno esamini attentamente la propria natura e la indirizzi a buon fine, senza voler sperimentare quanto gli si addica l'altrui: a ciascuno tanto più conviene il suo carattere quanto più è suo.

subitamente là onde l'avelse. Venimmo poi in sul lito diserto, che mai non vide navicar sue acque omo, che di tornar sia poscia esperto. Quivi mi cinse sì com'altrui piacque: oh maraviglia! ché qual elli scelse l'umile pianta, cotal si rinacque subitamente là onde l'avelse. primo avulso non deficit alter  aureus, et simili frondescit virga metallo.  ergo alte vestiga oculis et rite repertum  carpe manu; namque ipse volens facilisque sequetur,  si te fata vocant; Eneide IV, 143-147. “Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d'un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l'ardore ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. […]”

Il giusto ritmo dell’ascesa PURG. II 106-133 PURG IV 106-135 Catone rimprovera Dante, il musico Casella e gli altri “spiriti lenti” perché – per fermarsi a ritrovare pace nel canto – ritardano l’ascesa verso la sommità del Purgatorio. Il liutaio Belacqua, cui Dante scherzosamente rimprovera di aver conservato la propria terrena pigrizia, spiega all’amico che sarebbe inutile, per lui, affrettarsi prima del tempo stabilito. La giustizia celeste condanna infatti gli spiriti che furono tardi a pentirsi a trascorrere nell’Antipurgatorio un tempo pari a quello della loro vita in terra.

Purgatorio VII - sequenze Dialogo di Virgilio e Sordello: 1-48 La spiegazione di Sordello a Dante, circa l’impossibilità di salire con l’oscurità: 49-63 La valletta dei principi negligenti: 64-90 Rassegna dei principi: 91-136

La ‘sacra rappresentazione’ del canto VIII Un’anima intona l’inno Te lucis ante … (v. 13). N.B. nel canto VII (v. 112) si è già detto che le anime hanno cantato il Salve Regina (la ‘preghiera dell’esule’) Discesa degli angeli guardiani, che si sistemano a guardia della valletta. Sono vestiti di verde, con ali ugualmente verdi, spade infuocate ma senza punta. Dante vede le loro teste bionde ma non riesce a guardarli in viso (vv. 25-36) Gli angeli guardiani (li astor celestiali), con un battito d’ali fulmineo, mettono in fuga un serpente che cerca di entrare nella valletta, strisciando tra l’erba ed i fiori (vv. 94-108).

Genesi III 24 Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita.  Masaccio nella Cappella Brancacci (S. Maria del Carmine, Firenze)

Purgatorio IX - sequenze Dante sogna che un’aquila con le ali d’oro lo sollevi fino alla sfera del fuoco: la sensazione del calore ardente risveglia il pellegrino:1-33 Virgilio spiega a Dante che S. Lucia lo ha portato in braccio nei pressi della porta del Purgatorio, dove i pellegrini si avviano: 34-69 La soglia del Purgatorio e l’angelo portiere: 35-93 Il rito penitenziale: 94-145

La simbologia dei tre gradini e della soglia 1° marmo candido pulito e terso: fa da specchio contritio cordis 2° pietra nera scabra e crepata confessio oris 3° Porfido rosso Brillante come il sangue vivo Satisfactio operis la Soglia è adamantina Dura e limpida Fermezza del confessore

caratteristiche dell’angelo portinaio La veste ha il colore marrone/grigiastro della terra -> segno di umiltà, che corrisponde all’umiltà con cui il penitente gli si rivolge. Le chiavi rappresentano rispettivamente: quella d’oro l’autorità di amministrare la confessione quella d’argento la sapienza nel giudicare

Perché la porta del Purgatorio geme come la rocca Tarpea? “Come Cesare è dovuto entrare nella rocca Tarpea per portare a compimento la sua missione politica, la fondazione cioè dell'Impero romano (cfr. Par. VI.55-57), così Dante deve entrare nel regno purgatoriale per completare la sua missione poetica, la composizione del poema sacro. Il tesoro insomma che si presenta davanti al poeta pellegrino è l'esperienza del mondo della purgazione, è la materia purgatoriale, per rappresentare la quale egli deve ricorrere a tutta la sua arte” (M. Picone, Le metamorfosi dell'amore: una lettura tipologica di Purgatorio IX, in “Italianistica”, 2000, p. 19).

Purgatorio X - sequenze Salita alla prima balza: 1-27 Esempi di umiltà, sotto forma di bassorilievi marmorei scolpiti nella parete della balza (Maria di fronte all’arcangelo Gabriele, il trasferimento dell’Arca Santa, la risposta di Traiano alla povera vedova): 28-96 La schiera dei superbi e la loro punizione: 97-139

Dall’umiltà alla giustizia Davide, re-sacerdote biblico Traiano, imperatore romano In PURG. X è chiamato in causa come esempio di umiltà, per la danza sacra che compie accompagnando il trasferimento a Gerusalemme dell’Arca Santa (trasferimento che andava a sua volta compiuto secondo un rituale). In PAR. XX è la pupilla nell’occhio dell’Aquila: Colui che luce in mezzo per pupilla, fu il cantor dello Spirito Santo che l’arca traslatò di villa in villa: ora conosce il merto del suo canto in quanto effetto fu del suo consiglio, per lo remunerar ch'è altrettanto. In PURG. X è ricordato per aver fermare il suo esercito per far giustizia a una povera vedova, che la chiedeva per il figlio ucciso. In PAR. XX s’immagina che Traiano sia beato per la volontà insondabile di dio, dopo essere stato resuscitato per intercessione di papa Gregorio Magno, perché potesse convertirsi a salire in cielo: Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio, colui che più al becco mi s'accosta, la vedovella consolò del figlio: ora conosce quanto caro costa non seguir Cristo, per l'esperïenza di questa dolce vita e de l'opposta.

Purgatorio XIX - sequenze Secondo sogno di Dante: la ‘femmina balba’: 1-33; L’angelo della sollecitudine: 34-51; Virgilio spiega il significato del sogno: 52-69; La cornice degli avari: 70-87; L’incontro con papa Adriano V: 88-145.

Verso l’Eden 1: la prova del fuoco e la paura di Dante (XXVII 7-63) 2: il terzo ed ultimo sogno: Lia (XXVII 94-108) 3: il congedo di Virgilio e l’investitura del ‘catecumeno’: la missione prefigurata da Catone è compiuta (XXVII 127-142)

Da non sottovalutare nel canto XXVIII La descrizione dell’Eden, archetipo biblico-cristiano del locus amoenus = verde, fiori, sole ed ombra, acqua, canto melodioso di uccelli. La problematica figura di Matelda, versione cristiana di Proserpina e ‘madrina’ del catecumeno Dante, officiante dei riti al quale egli dovrà sottoporsi.

La processione allegorica del canto XXIX Preceduta da una luce nel folto della foresta e da una dolce melodia, si presenta a Dante (che invoca nuovamente le Muse per poter raccontare questo spettacolo: 37-42), una divina processione, composta di figure che hanno tutte un valore allegorico (43-fine): 7 candelabri 24 seniores 4 figure, di cui 3 animali: leone, vitello, uomo, aquila un carro trionfale tirato da un grifone 7 donne (4+3) 7 vecchi

7 candelabri 7 doni dello spirito santo = sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di dio Apocalisse di Giovanni 24 vecchi vestiti di bianco e coronati di fiordalisi I libri del Vecchio Testamento: cantano le lodi di Maria Vergine La formula di benedizione mescola varie fonti testam. 4 animali alati, coronati di verde I 4 Evangelisti: Leone (Marco), Uomo/Angelo (Matteo), Bue (Luca) e Aquila (Giovanni) -> slide seg. Visione di Ezechiele, + Apocalisse Carro trionfale e Grifone La Chiesa condotta da Cristo, la cui duplice natura di dio e uomo è simboleggiata dal grifone = leone+aquila Isidoro di Siviglia 7 figure femminili danzanti Virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) e Virtù Cardinali (Prudenza, Fortezza, Temperanza, Giustizia) Cicerone e tradizione stoica -> tradizione cristiana altri 7 vecchi (2 + 4 + 1) Atti degli Apostoli, Epistole di San Paolo, le (4) minori epistole apostoliche, l’Apocalisse

L’epifania di Beatrice nel canto XXX Beatrice appare a Dante in una nuvola di fiori, sul lato sinistro del carro (cioè tra il carro medesimo e il Lete, ben visibile a Dante), preceduta da canti biblici (Veni, sponsa de Libano), dall’invocazione riservata nel Vangelo all’ingresso di Cristo in Gerusalemme (Benedictus qui venis) e da una citazione Virgiliana (Manibus / oh date lilia plenis, cfr. Enide VI 803: lo dice Anchise di fronte all’ombra che sarà Marcello, nipote di Ottaviano, morto giovane). Beatrice ha sulla testa un velo candido che la nasconde, fissato da una corona di olivo; porta un mantello verde su una veste rossa (sono anche i colori delle virtù teologali).

confessione -> catarsi -> svelamento nel canto XXXI Beatrice si rivolge direttamente a Dante, e gli chiede di ammettere e poi di confessare apertamente il motivo del suo errore -> aver seguito il falso piacer delle presenti cose, cedendo alle sirene: 1-63 Dante osa finalmente alzare lo sguardo verso Beatrice, e viene pervaso dal pentimento e dalla gratitudine insieme, tanto da perdere coscienza: 64-90 Quando rinviene si trova immerso nel Lete, dove Matelda accompagna il suo bagno purificatore. Poi lo consegna alla danza delle virtù cardinali, che lo portano al cospetto di Beatrice: 91-127 Beatrice si s-vela finalmente a Dante: 127-145.

Sacra drammatizzazione della storia umana [I]: la funzione di Cristo (XXXII/1) La processione riprende il cammino nel senso opposto, e si dirige verso un albero spoglio, mentre tutti mormorano il nome di Adamo. Siamo nel ‘centro storico’ dell’Eden . Il Grifone lega allora il timone del carro alla pianta, che si ricopre di fronde purpuree, simbolo del sangue versato da Cristo (1-60). Dante cade allora in una specie di sonno, come gli Apostoli sul monte Tabor (61-84). Quando si riscuote vede Beatrice seduta sulle radici dell’albero : la circondano le 7 virtù portando i candelabri, mentre il resto del corteo torna in Paradiso. Beatrice ordina allora a Dante di osservare e riferire quel che vedrà (85-108).

Sacra drammatizzazione della storia umana [II]: il tempo del Cristianesimo (XXXIII/2) Il carro-allegoria della Chiesa subisce attacchi micidiali da parte di un’aquila (l’impero romano persecutore dei primi cristiani), una volpe (l’eresia), un drago (forse lo scisma provocato da Maometto). Il carro è trasformato poi in un mostro apocalittico, sul quale va a sedersi una meretrice (la Curia papale), che amoreggia con un gigante (il re di Francia). In un accesso di violenta gelosia, il gigante scioglie il mostro dall’albero e lo porta con la meretrice nella selva, lontano dalla vista (la ‘cattività’ avignonese).