L’IMPRESSIONISMO Cinzia Magri
L’IMPRESSIONISMO Nella seconda metà dell’800, la borghesia, classe dirigente in continua ascesa, continuava a riciclarsi senza subire una vera e propria sostituzione e a difendere rigidamente i propri interessi. Soprattutto in Francia, alla definitiva caduta dell’Impero e alla proclamazione della Terza Repubblica era seguito il forte sviluppo industriale e il crescente espansionismo coloniale. Il progresso tecnologico si evidenziava specialmente a Parigi, dove la classe borghese mostrava di se unicamente l’aspetto ricco e festaiolo arricchendo la città (con il piano urbanistico di Haussmann) di Boulevards, teatri, musei e cafè all’aperto, Senza volerlo gli impressionisti diventavano i pittori della borghesia, in quanto produttori di immagini di quella Parigi: dei suoi viali, dei suoi parchi fioriti, della Senna e dei cafè frequentati da parigini spensierati.
L’IMPRESSIONISMO Nell’Impressionismo non si nega l’importanza della storia o dei grandi maestri del passato, se ne eredita soltanto l’esperienza per affrontare la realtà, arrivando a liberare la sensazione visiva da ogni nozione acquisita e da ogni atteggiamento preordinato che ne pregiudichi l’immediatezza La Scuola di Barbizon e Courbet avevano già lanciato le basi dell’Impressionismo attraverso: la rappresentazione del proprio tempo in completa autonomia il confronto diretto fra il senso della vista e la natura affrontata con il più puro realismo il superamento del “classico” e del “romantico” in quanto poetiche rivolte a mediare il rapporto dell’artista con la realtà.
L’IMPRESSIONISMO Nelle discussioni al caffè, gli artisti si erano trovati d’accordo sui seguenti punti: l’avversione per l’arte accademica dei Salons ufficiali il disinteresse totale per il soggetto il rifiuto di disporre e illuminare i modelli (la posa) la soppressione di ogni miscela di colore operata nella tavolozza, lasciando che sia l’occhio a fondere i colori, accostati tra loro da brevi tocchi virgolati (vibranti particelle di luce) evitare il disegno ma usare immediatamente il colore studiare il rapporto tra i colori complementari e abolire il grigio e il nero lavorare “en plein-air” perché è la luce che determina la percezione dei colori: ogni colore ci appare più o meno scuro in relazione alla quantità di luce che lo colpisce (la variazione della luce, come del colore, è immediata, la pittura impressionista rappresenta questa immediatezza).
Tutti erano concordi che: I colori esistono perché esiste la luce L’IMPRESSIONISMO Nessun comune interesse politico o ideologico legava i giovani artisti: Pissarro era Di sinistra, Degas conservatore, altri indifferenti. Erano giovani artisti insofferenti per la pittura ufficiale che si riunivano ogni venerdì Al Cafè Guerbois al n° 11 della Grande Rue des Batignoles senza un programma preciso: “facevamo lunghissime riunioni dove i contrasti di opinione erano sempre animati e finivano sempre per far maturare nuove idee” La pittura en plen air è nata anche grazie all’utilizzo di tele di piccole dimensioni, facilmente trasportabili, e dall’uso dei colori in tubetto, ormai prodotti industrialmente Tutti erano concordi che: I colori esistono perché esiste la luce Inoltre: ogni colore non esiste di per se, ma in quanto accostato ad altri colori, e in rapporto ad essi. (un limone su una superficie rossa = aranciato; su una superficie blu = sfumature di verde)
Manet: Argenteuil-Boats, 1874 L’IMPRESSIONISMO La caratteristica fondamentale dell’Impressionismo dipende da due varianti: oltre alla LUCE, il TEMPO: infatti ciò che ognuno di noi percepisce attraverso il senso della vista, ciò che è proiettato nel nostro campo visivo, muta continuamente aspetto nelle varie ore della giornata e col variare delle condizioni atmosferiche. Nella pittura impressionista è quindi fondamentale anche la componente TEMPO: per questo la realtà sulla tela non potrà essere riportata attraverso un disegno meticoloso, sarebbe troppo lento, la realtà, nel frattempo, potrebbe cambiare mille volte. Gli artisti allora devono velocizzare l’azione pittorica e insieme eliminare tutto il superfluo, fino ad arrivare a cogliere solo la sostanza, il contenuto, la sintesi, l’impressione pura. Manet: Argenteuil-Boats, 1874
La prima mostra degli Impressionisti La prima di 8 mostre degli Impressionisti che si autodefinirono “artisti indipendenti” si tenne nel 1874 nello studio del fotografo NADAR a Parigi. Esclusi alcuni intellettuali come E. Zola, suscitò scandalizzate reazioni nella critica ufficiale e nel pubblico benpensante, tanto che il nome “impressionismo” derivò da un commento derisorio da parte del critico Louis Leroy riferito al quadro di Monet “Impressione sole nascente”. Atelier Nadar Sara Bernard
l’Impressionismo e la fotografia L’evoluzione della tecnica fotografica pose, in questo periodo, il problema del diverso significato e valore delle immagini prodotte dall’arte e di quelle prodotte dalla fotografia. Questa invenzione (1839) riduceva i tempi di posa e permetteva di ottenere la massima precisione. Col diffondersi della fotografia molte prestazioni passarono dal pittore al fotografo (ritratti, vedute, reportage, illustrazioni). La crisi colpì soprattutto i pittori di mestiere; invece gli impressionisti, nuova generazione di pittori, non si sentrono minacciati. Le soluzioni che si prospettavano erano due: eludere il problema sostenendo che l’arte era un’attività spirituale che non poteva essere sostituita da un mezzo meccanico. Era la tesi di Baudelaire e poi dei simbolisti. sostenere che il problema poteva essere risolto considerando la fotografia una nuova forma d’arte realizzata con un nuovo strumento, diverso dal pennello o dallo scalpello e attribuendo all’immagine fotografica il suo giusto valore (a seconda del tipo, della funzione e della qualità). E’ la tesi degli impressionisti che hanno spesso sfruttato la fotografia, usandola per bloccare le immagini con la giusta luce.