I modelli di welfare.

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Ferrera, pp Saraceno, pp.27-40
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I modelli di welfare

La classificazione di TITMUSS MODELLO RESIDUALE (public assistance model) Intervento residuale dello Stato, che fornisce prestazioni minimali e limitate nel tempo, per rispondere a bisogni individuali soltanto quando gli altri attori (mercato e famiglia) non riescono a soddisfarli

MODELLO MERITOCRATICO-OCCUPAZIONALE (industrial achievement-performance model) Lo Stato ha un ruolo complementare al mercato; fornisce prestazioni soltanto a chi partecipa al mercato del lavoro (ed eventualmente ai familiari); le prestazioni sono proporzionali al reddito del lavoratore

MODELLO ISTITUZIONALE REDISTRIBUTIVO (institutional redistributive model) Lo Stato ha un ruolo decisivo e garantisce direttamente la protezione sociale e l’assicurazione per tutti i cittadini; le prestazioni sono universalistiche

La classificazione di Titmuss si focalizza sui seguenti aspetti: ruolo dello stato nella regolazione; tipo di intervento dello stato; criteri di definizione degli “aventi diritto”

La classificazione di Esping Andersen: I REGIMI DI WELFARE: si considerano le politiche sociali dello Stato, ma anche le relazioni fra queste e gli altri attori (famiglia e mercato) Cerca di rispondere a due domande: In che misura le politiche sociali (e in particolare i trasferimenti monetari: pensioni, indennità di disoccupazione, malattia) hanno ridotto la dipendenza dei lavoratori dal mercato del lavoro? In che misura sono riuscite a ridurre le differenze di reddito e di classe tra lavoratori di fronte ai rischi sociali?

Dimensione della DEMERCIFICAZIONE: grado in cui gli individui possono astenersi dal lavoro, senza rischiare il posto di lavoro e/o perdite consistenti di reddito e benessere Dimensione della DESTRATIFICAZIONE: grado in cui le prestazioni dello Stato riducono le differenze di status occupazionale o di classe sociale

Regime di welfare liberale Prova dei mezzi (means test) per la maggior parte delle prestazioni Schemi di assicurazione sociale circoscritti e con prestazioni poco generose Destinatari principali: “poveri”, persone in stato di bisogno, lavoratori a basso reddito Si incoraggia il ricorso al mercato: attraverso una scarsa regolazione (soprattutto del mercato del lavoro) e incentivi per il ricorso a schemi assicurativi privati

Regime di welfare liberale Demercificazione bassa: forte dipendenza dei cittadini/lavoratori dal mercato Destratificazione bassa: dualismo fra “welfare dei ricchi” e “welfare dei poveri” casi nazionali: Stati Uniti, Australia, Canada, Regno Unito

Regime di welfare conservatore-corporativo Schemi assicurativi pubblici (obbligatori) collegati alla posizione occupazionale Prestazioni collegate ai contributi e/o alle retribuzioni Destinatari principali: lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners) Ruolo “sussidiario” dello Stato: interviene soltanto quando gli altri attori (famiglia, associazioni intermedie…) non riescono a soddisfare i bisogni degli individui

Regime di welfare conservatore-corporativo Demercificazione media: lo Stato attenua, ma non annulla la dipendenza dal mercato Destratificazione medio-bassa: si tende a preservare le differenze di status, classe e genere Casi nazionali: Germania, Austria, Francia, Olanda

Regime di welfare social-democratico Predominanza di schemi universalistici di protezione sociale, con prestazioni elevate Prestazioni generose, ma a somma fissa, finanziate dalla fiscalità generale Destinatari: tutti i cittadini Marginalizzazione del ruolo del mercato come fonte di risposta ai bisogni sociali

Regime di welfare social-democratico Demercificazione alta: la dipendenza dal mercato è molto attenuata Destratificazione alta: eguaglianza per tutti i cittadini Casi nazionali: Svezia, Danimarca, Norvegia

Welfare delle solidarietà familiari e parentali processo di trasformazione della struttura del sistema di welfare che è passato da una iniziale impostazione bismarckiana, ad un sistema ibrido, ma comunque centrato sulla capacità della famiglia di svolgere la funzione di perno del sistema. presenza di un sistema sanitario a vocazione universalistica che, a fronte della espansione dei costi e della riduzione delle risorse ha introdotto elementi di mercato che ne minano l’orientamento (universalistico) iniziale

Welfare delle solidarietà familiari e parentali sviluppo di forme di protezione diversificate (i dipendenti delle grandi imprese economiche e della burocrazia finiscono per essere ipertutelati, a fronte di una carente rete di protezione dei lavoratori dei settori marginali e delle piccole imprese e di un sistema di protezione per la marginalità sociale e la povertà “demercificazione sbilanciata”: elevata per alcune categorie e bassa per altre) “destratificazione” bassa, che presenta nuove differenze trasversali alla struttura delle classi sociali Casi nazionali: Italia, Grecia, Spagna, Portogallo

Esping Andersen, struttura la sua analisi sulle seguenti dimensioni: presenza dei diversi attori che erogano prestazioni di welfare (assicurazioni, stato, famiglia, ecc..) rischi o bisogni su cui si struttura il sistema; criteri di definizione dei fruitori delle diverse prestazioni; ruolo dello stato nei processi di regolazione de-mercificazione (dipendenza dal mercato); de-stratificazione (effetti sulle diseguaglianze e sulla mobilità sociale); de-familizzazione (dipendenza dalla rete famigliare e, di conseguenza, dal lavoro di cura svolto prevalentemente dalle donne)

La classificazione di Ferrera modelli universalistici o beveridgeani Modelli occupazionali o bismarckiani Dopo la fase di espansione del welfare, emergono modelli misti: Modello universalistico misto Modello occupazionale misto

La classificazione di Ferrera: modelli di welfare in Europa I sistemi di welfare europei differiscono rispetto a 4 dimensioni: Regole di accesso (eleggibilità) Formule di prestazione Formule di finanziamento Assetti organizzativo-gestionali

1. Paesi scandinavi Eleggibilità: copertura è universale Prestazioni: somme fisse di importo generoso, erogate automaticamente all’occorrenza dei rischi Finanziamento: gettito fiscale Organizzazione: erogazione delle prestazioni è sotto la responsabilità dello Stato (escluso rischio di disoccupazione)

2. Paesi anglosassoni (Regno Unito, Irlanda) Eleggibilità: copertura è molto inclusiva, ma soltanto per la sanità è universale Prestazioni: sono a somma fissa, ma di importo inferiore rispetto a quelle scandinave. È più estesa la fascia delle prestazioni assistenziali con verifica delle condizioni di bisogno Finanziamento: sistema misto; la sanità è pagata dal gettito fiscale, mentre le prestazioni in denaro sono finanziate in buona parte dai contributi sociali Organizzazione: completa gestione dell’amministrazione pubblica; ruolo marginale per le parti sociali

3. Paesi Europa centrale (Germania, Francia, Belgio, Olanda,Lussemburgo, Austria, Svizzera) Eleggibilità: copertura selettiva (legata alla posizione lavorativa e/o allo stato di famiglia) Prestazioni: proporzionali al reddito; spesso disciplinate in modo diverso per i diversi gruppi professionali Finanziamento: contributi sociali Organizzazione: sindacati e associazioni dei datori di lavoro partecipano attivamente al governo delle assicurazioni di categoria, con margini di autonomia rispetto al pubblico, soprattutto per la sanità

4. Paesi Europa meridionale (Italia, Grecia, Spagna, Portogallo) Eleggibilità: per la sanità è universale; per altre forme di protezione è selettiva Prestazioni: particolarismo nelle prestazioni (clientelismo, frodi, ecc.) Finanziamento: per la sanità, gettito fiscale; le altre prestazioni su contribuzione sociale (con distorsioni) Organizzazione: le parti sociali hanno un ruolo importante di “contrattazione” con lo Stato (eccetto in sanità)

Altri modelli Modelli degli antipodi (Australia, Nuova Zelanda): “welfare dei lavoratori” Modelli dell’Est Asiatico Modelli latino-americani Modelli dei paesi ex-comunisti