La famiglia e il diritto

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Transcript della presentazione:

La famiglia e il diritto La regolazione delle relazioni di coppia

Stato e famiglia L’intervento dello Stato a favore della famiglia è stato uno dei fattori che ha favorito l’emergere della famiglia moderna Lo Stato è allo stesso tempo una fonte di controllo e di norme che regolano la famiglia come istituzione e le relazioni familiari Lo Stato si pone in “competizione” con altre fonti di regolazione della vita familiare, sia esterne (parentela, comunità locali,chiese) che interne (anziani rispetto ai giovani, genitori rispetto ai figli, uomini rispetto alle donne)

Le fonti di regolazione statale Costituzione Diritto di famiglia (norme del codice civile che riguardano il matrimonio, gli obblighi di mantenimento, le relazioni tra genitori e figli, le successioni, la separazione personale dei coniugi, ecc.) Norme di natura assistenziale, previdenziale, fiscale e vari interventi e politiche rivolti alle famiglie (leggi a tutela delle madri lavoratrici, detrazioni fiscali, sussidi monetari, agevolazioni per l’accesso ai servizi, ecc. Leggi ad hoc sulla famiglia (es. legge sull’adozione, legge sulla procreazione assistita, ecc.)

Excursus storico sulle fonti di regolazione del matrimonio in Italia Codice Pisanelli (1865): il primo codice civile dell’Italia unita Codice civile del 1942: il codice fascista Costituzione della Repubblica italiana (1948) Legge sul divorzio (1970) Riforma del diritto di famiglia (1975)

Il codice Pisanelli Riprende l’impianto del Codice Napoleonico Le norme contenute in questo codice disegnano una famiglia fondata sullo status, cioè una famiglia nella quale i diritti e i doveri derivano dall’appartenenza ad uno status ascritto – l’età e il sesso – e che pertanto si fonda su una struttura gerarchica che vede al vertice il pater familias e i figli e la moglie in posizione subordinata

La famiglia del codice Pisanelli Norme che enfatizzano le differenze di status: Il capo famiglia detiene un potere di correzione e disciplina quasi illimitato nei confronti di moglie e figli Si introduce la separazione “per colpa” Permane l’istituto dell’autorizzazione maritale (i beni della moglie vengono gestiti indirettamente dal marito, la moglie deve di fatto richiedere l’autorizzazione del marito per vendere i propri beni, cederli, ecc. Sono previste deroghe in alcuni casi, come per le donne commercianti) Norme che temperano l’autorità del capo famiglia Limitazione della patria potestà sulla prole adulta Uguaglianza di figli e figlie in materia di successione; divieto di costituzione di dote per le figlie

La regolazione della famiglia in epoca fascista Nel ventennio fascista la regolazione della famiglia fu attuata a livelli diversi: - codice civile - Concordato con la Chiesa cattolica (Patti lateranensi 1929): il matrimonio contratto con rito religioso incorpora elementi del rito civile e viene quindi riconosciuto dallo Stato) - leggi a sostegno della fecondità (premi di nuzialità e natalità, tassa sul celibato) e di un modello di famiglia tradizionale e patriarcale (leggi che scoraggiavano l’occupazione femminile, punivano la contraccezione e l’aborto) - politiche sociali: camere di allattamento, misure a sostegno delle madri bisognose (l’istituzione dell’Opera nazionale maternità e infanzia del 1925) Le leggi fasciste contribuirono a rafforzare l’impianto gerarchico della famiglia ereditato dal codice Pisanelli, sostenendo il ruolo pubblico del capo famiglia e relegando le donne alla sfera domestica. Le famiglie inoltre vennero considerate degli strumenti per raggiungere fini politici (l’edificazione dello Stato totalitario)

Le relazioni tra coniugi nel codice civile del 1942 Disparità di diritti tra marito e moglie ma parità di doveri (alla fedeltà, al rispetto, al mantenimento) L’abbandono del tetto coniugale e l’adulterio venivano sanzionati più severamente nei confronti della moglie che non del marito (doppia morale) Permane il principio di indissolubilità del matrimonio e la separazione per colpa (eccessi, adulterio, abbandono, percosse, sevizie e ingiurie gravi)

La regolazione delle relazioni di coppia nella Costituzione Riferimento al matrimonio (art. 29) “Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare => uguaglianza imperfetta o temperata In altri articoli viene ripreso lo stesso impianto - art. 3: si stabilisce l’uguaglianza tra i sessi - art 37: stabilisce il diritto ad un’uguale trattamento retributivo per uomini e donne ma subordina l’uguaglianza giuridica dei coniugi al fatto che l’attività extradomestica della donna non interferisca con la sua essenziale funzione familiare

La riforma del diritto di famiglia (1975) Parità (quasi) perfetta tra i coniugi: “con il matrimonio si acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri” (art. 143) Elevata l’età minima al matrimonio (a 18 anni per uomini e donne) Abolizione della figura del capo famiglia La potestà sui figli è esercitata da entrambi i genitori che hanno i medesimi diritti e doveri nei confronti dei figli Svolta paritaria anche sul versante dei rapporti patrimoniali: passaggio dal regime di separazione dei beni a quello di comunione dei beni (riconoscimento del valore del lavoro familiare della donna)

Limitazioni alla perfetta parità tra i coniugi L’esercizio della potestà genitoriale spetta al solo padre qualora debbano essere prese decisioni urgenti nell’interesse dei figli, nel caso vi sia contrasto tra i genitori e non vi sia il tempo di ricorrere al giudice Il cognome di famiglia è quello paterno: i figli assumono il cognome del padre

Uguaglianza e solidarietà Tutela del coniuge economicamente svantaggiato: - Pensione di reversibilità - Diritto di successione - Diritto all’assegno di mantenimento e agli alimenti nei casi di separazione e divorzio

Il passaggio ad un modello di divorzio incolpevole Passaggio dal modello di divorzio-sanzione al modello di divorzio-rimedio Le ragioni del divorzio non sono più la violazione dei doveri derivanti dal matrimonio (abbandono, adulterio, ecc.) ma la presenza di “differenze inconciliabili”, la constatazione del “fallimento dell’unione” Il divorzio diventa un rimedio al conflitto coniugale

Legge sul divorzio del 1970 Ispirata ad un modello di divorzio rimedio Condizioni per ottenere il divorzio: a) mancata consumazione del matrimonio b) condanna di uno dei coniugi ad un periodo di detenzione c) separazione legale dei coniugi per almeno cinque anni (ridotti a tre con la riforma del 1987)

Separazione (le norme del codice civile riformato) Separazione consensuale (i coniugi pervengono ad un accordo con l’aiuto dei propri legali) Separazione giudiziale (i coniugi non pervengono ad un accordo e inizia un vero e proprio processo) Viene eliminato il concetto di colpa: anche la separazione giudiziale non è pronunciata a causa della colpa di uno dei coniugi, ma poiché la convivenza è diventata intollerabile ed entrambi possono farne richiesta (non più solo quello incolpevole) Tuttavia il giudice, qualora ne ricorrano le circostanze e sia richiesto, può stabilire a quale dei due coniugi sia “addebitata” la separazione

Tendenze comuni della regolazione giuridica nei paesi occidentali Deistituzionalizzazione del matrimonio e degiuridificazione delle relazioni di coppia =>Il diritto si astiene dal regolare in maniera troppo rigida le relazioni tra adulti (coniugi e partner) riconoscendo la loro autonomia in materia di organizzazione e indirizzo della vita familiare. Si limita a fissare principi generali (uguaglianza, tutela del coniuge più debole) Il diritto esprime invece un interesse a regolare e controllare le relazioni tra adulti e bambini. L’interesse del minore assume rilevanza pubblica

Il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto 2 risoluzioni del Parlamento europeo (del 1994 e del 2000) sulla necessità di riconoscere legalmente le unioni non matrimoniali e di garantire pari diritti alle coppie eterosessuali e omosessuali A partire dalla metà degli anni Novanta quasi tutti i paesi europei introducono qualche forma di riconoscimento delle unioni di fatto, utilizzando forme giuridiche differenti per le unioni eterosessuali e omosessuali

Il riconoscimento delle unioni di fatto eterosessuali Nei paesi scandinavi il riconoscimento delle coppie di fatto è avvenuto fin dagli anni ’70. Nel modello svedese, di fatto non esistono differenze giuridiche tra coppie sposate e non sposate Negli anni successivi gli altri paesi europei hanno riconosciuto alle coppie di fatto gli stessi doveri e buona parte dei diritti delle coppie sposate (obbligo al mantenimento e sostegno reciproco, la ripartizione delle responsabilità genitoriali, diritti di successione, patrimoniali, diritti sociali (es. pensione di reversibilità, ecc.) e il diritto all’adozione

Il trattamento delle coppie omosessuali: registered partnership Registered partnership o “quasi matrimoni”, modello adottato dalla maggior parte dei paesi europei (paesi scandinavi, Germania, Gran Bretagna); riservato solo alle coppie omosessuali; L’obiettivo politico è di ridurre la discriminazione delle coppie omosessuali - garantisce diritti uguali o di poco differenti rispetto al matrimonio per quanto riguarda i diritti patrimoniali, fiscali, sociali successori - estensione limitata dei diritti genitoriali (estensione della custodia genitoriale al partner, adozione del figlio del partner e adozione nazionale e internazionale – quest’ultima solo in Svezia)

Il trattamento delle coppie omosessuali: il Pacs I Pacs (o simili) sono rivolti a tutte le coppie, indipendentemente dal sesso e, nel caso francese, anche dalla stessa convivenza Si tratta di un patto di mutuo aiuto; l’accento è sulla solidarietà reciproca e non sull’orientamento sessuale dei partner I diritti riconosciuti possono essere decisi “su misura” dalla coppia stessa e sono inferiori a quelli del matrimonio (è esclusa l’adozione, la successione, la pensione di reversibilità I Pacs sono stati istituiti in Francia, il Belgio nel 2000 ha previsto un istituto simile: la cohabitation légale; La proposta dei Dico si ispirava al modello del pacs francese con alcune differenze e prevedendo però diritti ancora più limitati

Il trattamento delle coppie omosessuali: il matrimonio civile Il primo paese ad istituirlo è stato l’Olanda (2001), seguito dal Belgio (2003) e dalla Spagna (2005) Le differenze tra matrimonio eterosessuale e omosessuale sono minime (riguardano l’impossibilità di effettuare adozioni internazionali e il divieto di presunzione di paternità del figlio nato all’interno di un matrimonio)

Le unioni di fatto e il diritto in Italia I conviventi sono “estranei” per il codice civile: non sono previsti obblighi di mantenimento e assistenza reciproca né diritti di alcun tipo (sostegni di carattere economico, pensione di reversibilità, successori – a meno che il defunto non avesse fatto esplicitamente testamento) Riconoscimento minimo nel diritto penale, in alcune legislazioni regionali (in materia di edilizia popolare) Registri delle unioni civili istituiti da diverse città: non creano diritti e doveri riconosciuti giuridicamente ma garantiscono la “pubblicità” dell’unione e l’accesso ad alcuni diritti a livello locale (es. accesso all’edilizia popolare)

Quali sono le conseguenze in termini pratici… se uno dei due partner ha bisogno di un intervento medico urgente e rischioso, l'altro non può autorizzarlo, visto che non figura come parente. Il convivente non può chiedere permessi di lavoro se il partner si ammala. Il convivente che collabora all'impresa dell'altro non ha nessun diritto. Se la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno non ha diritto a nessun sostegno economico da parte dell'altro. Se dalla convivenza sono nati dei figli e questi sono ancora minorenni nel caso in cui la convivenza cessi, l'affidamento è stabilito in base al criterio dell'interesse del minore. Se vi è disaccordo, l'affidamento è deciso dal tribunale per i minorenni. Anche dopo la cessazione della convivenza, il genitore ha l'obbligo di mantenere il figlio che conviva con l'altro partner. In caso di maltrattamenti di un convivente nei confronti dell'altro si configura il reato di maltrattamenti in famiglia. Se cessa la convivenza, il proprietario o l'intestatario del contratto d'affitto ha diritto a restare nell'abitazione, salvo un diverso accordo tra le parti. Tuttavia non è lecito "cacciare" l'altro convivente e ogni contrasto dovrà essere risolto dal giudice. Se uno dei due conviventi muore e l'appartamento era di sua proprietà, quest'ultimo spetta agli eredi legittimi del defunto. Il convivente potrà continuare ad abitarlo solo se l'altro ne aveva disposto con testamento in suo favore; se invece la casa era in locazione, il convivente ha diritto di subentrarvi nel contratto. Se uno dei partner è extracomunitario non può chiedere il rilascio/rinnovo del permesso o carta di soggiorno per convivenza con il partner italiano