prof. F.Tottola IPSIA E.Fermi VR Cromatografia
La cromatografia La cromatografia è un insieme di metodi che, sfruttando fenomeni chimico-fisici, consentono di separare e identificare i diversi componenti di un miscuglio. La tecnica cromatografica nacque dall’esigenza di separare i singoli costituenti di miscele anche molto complesse. Pertanto, i metodi cosi detti cromatografici si sono rivelati tra i più efficienti e versatili, tanto che il loro campo d'applicazione si estende a tutti i rami delle scienze naturali e della chimica.
Il termine cromatografia, è dovuto al fatto che le prime separazioni venivano effettuate su composti colorati (alcuni coloranti naturali tra cui la clorofilla), e che le sostanze, una volta separate, venivano identificate attraverso il loro colore. In alcune semplici tecniche cromatografiche, i metodi di rilevazione sono ancora basati sull’esame del colore delle sostanze separate o, per le sostanze incolori, sulla formazione di sostanze colorate, mediante l’impiego di opportuni reattivi chimici. Fra i primi ricercatori che si dedicarono a questo tipo di analisi occupa un posto di assoluta preminenza Tsweet, botanico russo, che formulò l’interpretazione corretta del fenomeno ed ebbe la chiara intuizione dei suoi sviluppi futuri.
Il meccanismo di base Supponiamo di avere una singola sostanza sciolta in una data quantità di un determinato solvente. …la sostanza si distribuirà tra i due solventi arrivando a concentrazioni che dipendono dalle caratteristiche dei solventi e della sostanza. Se a questa soluzione viene affacciato un uguale volume di un altro solvente, immiscibile nel primo,…
Le concentrazioni di equilibrio rimangono costanti, pur essendo le molecole in continuo passaggio da una fase all’altra. Si tratta di un equilibrio dinamico caratterizzato dalla relazione Krip= [A]mob/ [A]sta Kc= [A]sta/ [A]mob
Se ora entrambe le porzioni sono affacciate a nuovi volumi di solvente differente… …tenendo cioè fissa la posizione della porzione sottostante (fase stazionaria), e spostando quella superiore (fase mobile)… …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto che era stato rispettato nella prima equilibrazione.
Ripetendo ora il processo di affacciamento con volumi puliti degli stessi solventi… …mantenendo sempre fissa la fase stazionaria e spostando la fase mobile… …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto già osservato nella prima equilibrazione
Ripetendo ora più e più volte il processo di affacciamento con volumi freschi di fase stazionaria e fase mobile …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo il solito rapporto.
si accumula preferenzialmente nelle porzioni centrali Dopo molti affiancamenti/equilibrazioni, le distribuzioni che si instaurano mostrano che la sostanza: si sposta seguendo la direzione della fase mobile, si accumula preferenzialmente nelle porzioni centrali Le concentrazioni che si realizzano in ciascuna porzione dipendono ovviamente da quale è la “preferenza” che la sostanza mostra per le due fasi. Nelle diapo successive sono indicate le distribuzioni percentuali nelle porzioni di fasi mobili dopo 5, 10, e 25 spostamenti e relative equilibrazioni per quattro diverse sostanze che presentano rapporti di distribuzione pari a 1 (le due fasi sono in equilibrio quando contengono le stesse concentrazioni) 2,33 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 2,33 volte quella della f.s.) 4 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 4 volte quella della f.s.) 9 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 9 volte quella della f.s.)
Come si vede dal grafico, questa particolare miscela non può essere risolta, cioè separata nei suoi componenti in soli 25 passaggi. Per semplicità consideriamo una miscela formata dalle due sostanze con comportamento estremo. Il grafico della diapo successiva mostra che dopo 35 spostamenti esse sono state risolte.
Si può pensare che l’operazione venga effettuata da volumi di solventi che non siano divisi fisicamente. Un flusso di fase mobile che scorra sulla fase stazionaria può essere considerata la versione continua del processo discontinuo che abbiamo appena analizzato. Anche in questo caso la sostanza, viene trascinata in avanti dalla fase mobile presentando concentrazioni maggiori nella zona centrale della banda occupata.
Al diminuire delle dimensioni delle porzioni di soluzioni studiate cresce il loro numero. Contemporaneamente, il grafico che rappresenta l’andamento della concentrazione sarà caratterizzato da barre sempre più ravvicinate. All’aumentare del numero delle porzioni in cui è stata suddivisa la soluzione, congiungendo gli estremi delle barre si otterrà una curva il cui andamento diventa sempre più prossimo a quello di una gaussiana (curva a campana), coincidendo con essa per un numero elevatissimo di equilibrazioni.
Cromatografia
I meccanismi della separazione La separazione cromatografica si attua sfruttando, in modo particolarmente efficiente, la diversa attitudine che ogni molecola o ione possiede nel distribuirsi fra due differenti fasi. Le interazioni che si instaurano tra sostanza e le due fasi (mobile e stazionaria) sono spesso legami chimici secondari, sebbene in certi casi si arriva a meccanismi più complessi come lo scambio ionico. I meccanismi di separazione cromatografici si basano su adsorbimento, ripartizione, scambio ionico esclusione, affinità. Le differenti tecniche cromatografiche vengono classificate proprio in base a quale è il meccanismo principale della separazione.
Adsorbimento L'adsorbimento è quel fenomeno che determina il vincolarsi di una sostanza a un solido. Ciò perché sul solido ci sono i cosiddetti "centri attivi" ovvero raggruppamenti di atomi grazie ai quali esso si lega, con legami chimici secondari, ai componenti della miscela e ne ritarda il procedere.
Vari sono i fattori che influenzano il fenomeno dell'adsorbimento: Struttura reticolare del solido; Stato fisico del solido adsorbente: si intende praticamente la superficie di reazione che deve essere la massima possibile; Struttura molecolare dell'adsorbito: la polarità di una molecola influisce sulla sua attrazione con i "centri attivi" del solido. Le molecole con gruppi polari (–OH, –NH2, ecc...) saranno più trattenute dal solido che quelle apolari; Temperatura e pressione: sono fattori contrastanti a riguardo dell'adsorbimento. Mentre l'aumento di temperatura causa un aumento dell’agitazione molecolare con conseguente rottura dei legami adsorbente/adsorbito, un aumento della pressione favorisce l'addensarsi di un componente gassoso sul solido. L'adsorbimento quindi si basa sulla selettività del trattenimento dell'adsorbente nei confronti di adsorbiti diversi in base alle caratteristiche del solido adsorbente e alle condizioni interne (T e P) alla colonna.
Le interazioni che intercorrono tra le differenti sostanze e il solido con i suoi centri attivi sono paragonabili a ciò che succede quando due diverse palline scorrono su una tavola irta di chiodi. La diversa superficie delle palline, così come la diversa polarità delle molecole, assicurerà un maggior o minore trattenimento da parte delle punte dei chiodi, paragonabili ai centri attivi del solido.
Ripartizione Quando la fase stazionaria è un liquido, si verifica una vera e propria solubilizzazione in essa dei componenti della miscela. Quando anche la fase mobile è liquida, i processi cromatografici sono governati dalla legge di ripartizione di Nernst. Esse pertanto si ripartiscono fra le due fasi (immiscibili fra loro) in condizioni di equilibrio secondo un rapporto costante che dipende dalla solubilità del campione nei due solventi: K = CX / CY in cui: K = coefficiente di ripartizione: è costante a temperatura costante, CX = concentrazione del soluto nel solvente X, CY = concentrazione del soluto nel solvente Y. I valori di K variano da sostanza a sostanza ma anche a seconda della coppia di liquidi usata e della temperatura.
Scambio ionico Si utilizza una resina con funzioni cariche bilanciate da ioni di segno opposto (1), per esempio -COO- H+. Queste funzioni sono in grado di scambiare i propri controioni (H+ nell’esempio citato) con altri di segno uguale (Na+, Ca2+, K+, etc ) provenienti dalla soluzione (2). Facendo passare il controione originale della resina (H+ nel caso illustrato) in elevata concentrazione, gli ioni provenienti dalla soluzione sono restituiti in modo differenziato, in funzione di carica e dimensioni, e quindi eluiti separatamente.
Esclusione La fase stazionaria è un gel con pori di varie dimensioni. I componenti della miscela vengono separati in funzione delle loro dimensioni: quelli più piccoli possono penetrare in tutti i pori dei granuli e quindi sono trattenuti a lungo, mentre quelli più grandi possono solo “girare attorno” ai granuli di gel e quindi usciranno velocemente. piccola grande La tecnica è usata soprattutto per separare molecole organiche ad alto peso molecolare come proteine, acidi nucleici, carboidrati. Trova applicazione in campo biologico quando detti composti sono presenti in matrici complesse facilmente degradabili per altre vie.
Affinità Il comportamento è molto simile a quello dell’adsorbimento in quanto i componenti della miscela si legano a “siti attivi” della fase stazionaria (a e b). A differenza dell’adsorbimento, si hanno legami veri e propri (primari). Le reazioni che li hanno formati sono comunque reversibili e facendo eluire un solvente opportuno è possibile restituire in modo differenziato i componenti che erano stati trattenuti (c).
Anche il meccanismo dell’affinità è legato all’ambito biochimico Per esempio, si può isolare l'RNA messaggero che si differenzia dagli altri RNA (RNA transfert e ribosomiale), per la presenza di una coda di poly A. Da un estrazione di RNA totale della cellula (lisi, centrifugazione, DNAsi), faccio una cromatografia per affinità usando una resina particolare in cui siano presenti dei poly T. In questo modo posso estrarre e purificare i miei RNA messaggeri.
Tipi di Cromatografia Fase mobile Strumentazione Principio di separazione Tecnica ripartizione LLC cromatografia liquido/liquido colonna adsorbimento LSC cromatografia liquido/solido scambio ionico IEC cromatografia a scambio ionico esclusione GPC cromatografia a permeazione di gel liquida strato sottile TLC cromatografia su strato sottile cromatografo liquido TLIEC cromatografia a scambio ionico su strato sottile HPLC cromatografia ad alte prestazioni gassosa gascromatografo GLC cromatografia liquido/gas GSC cromatografia gas/solido
I parametri del cromatogramma Abbiamo visto che unendo i punti delle barre che rappresentano le concentrazioni nelle porzioni consecutive della fase mobile si ottiene una gaussiana. Poiché nella maggior parte dei sistemi cromatografici destinati a misure quantitative vi è un sistema di misura che rileva la concentrazione della sostanza, esso restituirà tale informazione proprio sotto forma di tale curva.
I segnali si presentano spesso asimmetrici o parzialmente sovrapposti ma tali picchi hanno dei parametri caratteristici che derivano appunto dalla loro natura gaussiana.
Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Altezza del picco h Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Distanza tra i punti di flesso wi tra loro esistono le relazioni wi = wb/2 = 2 s wb = 1,699 wh1/2 wh = 1,177 wi h h1/2 Queste relazioni nascono dal fatto che tutti i picchi sono delle gaussiane con equazione:
Altri parametri importanti sono tR tempo di ritenzione tR’ tempo di ritenzione corretto tM tempo morto per evidenziare la relazione tra il tempo che una sostanza impiega per passare e impiega per mettersi in equilibrio con la fase stazionaria tR’ =tR - tM e il volume di ritenzione corretto VR’= tR’ FC Area del picco
Grandezze ed equazioni fondamentali Come per la ripartizione, così anche per qualsiasi altro meccanismo si può definire una costante che rappresenti il rapporto tra le concentrazioni di una sostanza nella fase stazionaria (Cs ) e nella fase mobile (CM). La chiameremo costante di distribuzione e dipenderà, oltre che dalla temperatura, dalla coppia di fasi usate: Kd= Cs /CM
tanto più sarà trattenuta dalla fase stazionaria Vista come è costruita, tanto maggiore è la Kd di una sostanza relativa a una coppia di fasi e tanto più sarà trattenuta dalla fase stazionaria tanto più sarà elevato il suo tempo di ritenzione Kd alta Kd bassa
Per una data sostanza si ha tR= tempo di ritenzione, cioè il tempo che una sostanza deve usare per scorrere attraverso una colonna facendo le interazioni tM= tempo morto, cioè il tempo che una sostanza che non faccia alcuna interazione utilizza comunque per passare Tenendo conto del flusso (F) della fase mobile, si possono considerarne anche i volumi usati. Analogamente si avrà il volume di ritenzione VR= F tR il volume morto VM= F tM
La relazione tra la costante e i parametri del picco è espressa dall’equazione fondamentale della cromatografia VR= VM+ KdVS VR= volume di ritenzione di una data sostanza VM= volume morto (o volume della fase mobile) VS = volume della fase stazionaria Tempo di ritenzione Tempo morto Quest’ultima variabile, a differenza di VR e VM , non è misurabile facilmente per cui rende difficile il calcolo di Kd a partire dal cromatogramma
Si preferisce allora, invece di Kd, far riferimento al fattore di ritenzione, espresso come le moli distribuite tra le due fasi k = ns/nM Si può dimostrare che questo parametro è determinabile da valori del cromatogramma secondo la relazione k = t’R / tM Anch’esso dipende dalla temperatura e dalla coppia delle fasi in uso ma anche dalle caratteristiche dell’impaccamento, dalla granulometria e dallo spessore della fase stazionaria. Buone separazioni si hanno se la prima sostanza eluita ha k superiore a 1. Quelle successive devono comunque avere k non superiori a 10-15 onde evitare tempi lunghi per le analisi ed eccessiva dispersione (i picchi si appiattiscono troppo)
Si preferisce allora, invece di Kd, far riferimento al fattore di ritenzione k, espresso come le moli distribuite tra le due fasi Si può dimostrare che questo parametro è determinabile da valori del cromatogramma secondo la relazione KC= Cs /CM k = ns/nM β = VM / VS VR = VM + VX = VM + VS Kc k = ns/nM = CS VS / CM VM = KC VS / VM = KC / β VM k =KC VR VR = VM + VX = VM + KC VS = VM + VM k = VM (1 + k) VR = VM (1 + k) tR FC= tM FC (1 + k) tR = tM (1 + k) 1 + k = tR /tM k = tR -tM /tM k = t’R / tM
La selettività indica la capacità di un sistema cromatografico di eluire specie chimiche diverse con velocità tali che escano separate dalla colonna. La selettività verso due sostanze di un sistema cromatografico viene espressa dal cosiddetto fattore di separazione a = t ’R2/t’R1 espresso anche come a = k2/k1 = Kd2/Kd1 La selettività dipende dal meccanismo della separazione cromatografica ma non dalle caratteristiche costruttive e deve essere maggiore di 1,2. DIVERSA SELETTIVITA’
La capacità di formare picchi molto stretti è l’efficienza La qualità di una separazione cromatografica non dipende solo da a ma anche dalla capacità di un sistema di eluire tutte le particelle di una data specie chimica con la stessa velocità La capacità di formare picchi molto stretti è l’efficienza Il parametro più semplice con cui esprimere l’efficienza è la larghezza alla base del picco (wb), che in genere è diversa per ogni specie chimica in un dato sistema cromatografico. L’efficienza di una colonna verso una data sostanza viene espressa anche con N, detto numero dei piatti teorici. UGUALE SELETTIVITA‘ DIVERSA EFFICIENZA
Il numero dei piatti teorici di una colonna cromatografica è ricavabile da N = 16 (tR/wb)2 Esprimendo N in funzione della larghezza wh, che è ppiù facile da misurare N = 5,545 (tR/wh)2 mentre facendo riferimento al tempo di ritenzione corretto, si definisce il numero dei piatti effettivi Neff = 16 (t’R/wb)2 E’ importante precisare che N non è un parametro caratteristico per una data colonna, poiché dipende anche dalla sostanza eluita. Ciò significa che una stessa colonna attraversata da due sostanze mostra due diversi valori di piatti teorici. Il concetto di piatto teorico è stato preso a prestito dalla teoria della colonna di distillazione. Si può immaginare che una colonna cromatografica, come una di distillazione, sia suddivisa appunto in tante zone in cui si instaura l’equilibrio di ripartizione dell’analita tra fase stazionaria e fase mobile.
La colonna a piatti è un’apparecchiatura utilizzata per lo svolgimento di operazioni unitarie in cui si debba mettere in contatto una fase liquida e una fase gassosa. In genere viene utilizzata per le operazioni di distillazione o di assorbimento gas-liquido. Per far sì che la separazione abbia luogo è necessario realizzare il contatto fra la fase liquida che scende dalla testa e i vapori in risalita dal bottom. Il contatto viene realizzato mediante i piatti fisici. I piatti sono costituiti da una superficie forata e dotata di dispositivi che mettono in contatto le due fasi, di una zona chiamata discendente, ove scende appunto la corrente liquida dal piatto superiore, ed una zona detta stramazzo, ove il liquido passa al piatto inferiore.
Se si aumenta N in una colonna cromatografica, diminuisce il numero di piatti teorici su cui si distribuisce ogni sostanza; in altri termini, si accorcia il tratto di colonna su cui si distribuisce ogni sostanza. Quindi l’efficienza di una colonna aumenta con il numero di piatti, tanto maggiore è N, tanto più è compatta la banda in uscita e quindi tanto più stretto è il picco sul cromatogramma.
La sostanza si sposta verso la fine della colonna attraverso la fase mobile che, in equilibrio su un piatto, si passa al piatto successivo. È importante sottolineare che, a differenza della colonna di distillazione, i piatti non esistono realmente all’interno della colonna ma sono solo un modello per facilitare la comprensione del processo che avviene. Se si aumenta N, diminuisce il numero dei piatti teorici su cui si distribuisce ogni sostanza poiché aumentano gli equilibri a cui essa è sottoposta; a parità di lunghezza, pertanto, si accorcia il tratto di colonna su cui si distribuisce ogni sostanza.
aumentano gli equilibri più compatta viaggia la sostanza Aumentando i piatti aumentano gli equilibri più compatta viaggia la sostanza
i picchi sono più stretti si hanno migliori separazioni L’efficienza di una colonna aumenta con il numero dei piatti: tanto maggiore è N, tanto più compatta è la banda in uscita e quindi tanto più è stretto il picco sul cromatogramma. i picchi sono più stretti si hanno migliori separazioni Aumentando i piatti Il modo più semplice per aumentare il numero dei piatti consiste nell’aumentare la lunghezza della colonna ma ciò comporta un notevole aumento dei tempi di ritenzione. In alternativa si deve trovare un modo di diminuire le dimensioni di un singolo piatto. A parità di lunghezza una colonna sarà più efficiente quando viene minimizzata l’altezza equivalente al piatto teorico H = L/N dove L è la lunghezza della colonna. Ancora più adatta è la formula Heff = L/Neff Una colonna è tanto più efficiente quanto è minore il valore di H.
Una colonna è tanto più efficiente (nei confronti di una determinata specie chimica), e fornisce quindi picchi tanto più stretti, quanto minore è il valore di H. Il parametro H è indipendente dalla lunghezza della colonna e quindi è più adatto di N per confrontare le prestazioni di colonne diverse verso una stessa sostanza. Il numero di piatti teorici, e quindi la loro altezza, può essere calcolato esaminando un picco cromatografico dopo l’eluizione. Neff = 16 (t’R/wb)2 Esce dopo ma ha la stessa ampiezza di base: maggior efficienza della colonna nei suoi confronti Come si può osservare dall’equazione, il numero di piatti della colonna è diverso per ciascun componente del campione. Esce prima ma ha la stessa ampiezza di base: minor efficienza della colonna nei suoi confronti