RESISTERE AL CONFORMISMO: LA MEMORIA DEL BENE

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Transcript della presentazione:

RESISTERE AL CONFORMISMO: LA MEMORIA DEL BENE SCUOLA MEDIA “FRANCESCO BARACCA” ISTITUTO “SAN GIUSEPPE” ANNO SCOL. 2007/2008 DIRIGENTE: DANIELA GEMINIANI DOCENTI: PATRIZIA ANSALONI, SILVIA GOLFERA , MARIA MINISCI, LILIANA SGALABERNA

RESISTERE AL CONFORMISMO: “IL BUIO OLTRE LA SIEPE” DI HARPER LEE SFUGGIRE AL GENOCIDIO: GLI ARMENI MOSHE BEJSKI: IL TRIBUNALE DEL BENE INCONTRO CON RAV CARO E LEA OPPENHEIM VISITA ALLA SCUOLA DI PACE I GIUSTI DI LUGO: L’ISTITUTO SAN GIUSEPPE STORIA DEGLI EBREI A LUGO DI ROMAGNA

RIFLESSIONI DA “IL BUIO OLTRE LA SIEPE” DI HARPER LEE LA PAURA DEL DIVERSO “Il buio oltre la siepe”. Queste parole riassumono tutto. Molti dei nostri problemi derivano proprio da questo. Il buio oltre la siepe è la paura del lontano e del diverso. Il voler attenersi ad un modello di società, spesso sbagliato. É l’essere conformi, uguali agli altri, sempre e comunque. Non saper riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato .   DIVERSITÁ “Arrabbiarsi è umano, dopo aver letto questa storia. Ma è anche umano rendersi conto che la diversità è presente nel mondo e sempre lo sarà. Tutti siamo diversi e bisogna apprezzare ed essere apprezzati per questa diversità che caratterizza ognuno di noi. É fantastico!.”

Lee Harper, autrice de “Il buio oltre la siepe”  PREGIUDIZI -Durante le vacanze io e i miei amici, andavamo a giocare a calcio. C’erano anche dei marocchini della nostra età. Poco a poco mi sono reso conto che non sono così male, né diversi da noi. -Si possono combattere i pregiudizi? Si, perché se prendi in giro una persona, poi magari la conosci meglio, ti diventa simpatica, e scopri che le cose che pensavi sono false. I GIUSTI -Penso che Atticus sia un uomo giusto, che non si fa influenzare dagli altri. Giusto significa credere nella cosa in cui si crede di più, e restargli fedele. Mi ha colpito molto una frase che dice alla figlia Scout: “Se non facessi la cosa giusta, non potrei più guardare in faccia nessuno”. -Significa che se non fai la cosa giusta saprai di avere sbagliato solo per paura di contraddire l’opinione della maggioranza. -Il giusto non è Superman o il cavaliere senza macchie e senza paura. Il giusto ha paura, e proprio per questo diventa coraggioso, colui che sa agire. Lee Harper, autrice de “Il buio oltre la siepe”

GLI ARMENI Gli Armeni sono un gruppo etnico originario del Caucaso e dell'Anatolia orientale. Una larga concentrazione di armeni si trova in Armenia, dove rappresentano la maggioranza, mentre molte altre comunità sono sparse per il globo, per un totale di circa 8 milioni di individui. Gli Armeni hanno popolato l'Anatolia e il sud del Caucaso per oltre 3.500 anni DONNE ARMENE INTELLETTUALI ARMENI

Il primo stato Armeno fu fondato agli inizi del VI secolo a. C Il primo stato Armeno fu fondato agli inizi del VI secolo a.C. All'apice della sua potenza, cioè dal 95 a.C. al 65 a.C., esso si estendeva dal Caucaso settentrionale a tutta la parte orientale dell'odierna Turchia, dal Libano all'Iran nord-occidentale. In seguito divenne parte dell'Impero Romano (114 d.C. –118 d.C). Nel 301 d.C. l'Armenia fu la prima nazione ad adottare il Cristianesimo come religione di stato. Durante la sua successiva decandenza politica, l'Armenia si affidò alla chiesa per preservare e la propria identità. Paesaggi armeni

Genocidio armeno Primo massacro armeno Nel 1890 nell'Impero Ottomano si contavano circa 2,5 milioni di armeni, in maggioranza cristiani. Per reprimere il movimento autonomista armeno, il Governo ottomano incoraggiò fra i Curdi, che vivevano nello stesso territorio, sentimenti di odio anti-armeno. L'oppressione dei Curdi e l'aumento delle tasse esasperò gli Armeni fino alla rivolta, alla quale l'esercito ottomano rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). Due anni dopo alcuni rivoluzionari armeni occuparono la banca ottomana a Istanbul. Nella repressione persero la vita 50.000 armeni.

SECONDO MASSACRO ARMENO Durante la prima guerra mondiale, il governo della Turchia guidato dai Giovani Turchi temeva che gli armeni si alleassero coi russi. Allora eliminarono 300 nazionalisti armeni e ordinarono di deportarli dall'Anatolia, dove abitavano da millenni, verso i deserti della Siria e della Mesopotamia. Nelle marce della morte coinvolsero 1.800.000 persone, moltissimi morirono di fame, malattia o sfinimento. Altri furono massacrati dalla milizia curda e dall'esercito turco. Il governo turco ancora oggi rifiuta di riconoscere il genocidio armeno, ed è questa una delle cause di tensione tra Unione Europea e Turchia. Una recente legge francese punisce con il carcere chi nega il genocidio armeno. Si punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l'esistenza del genocidio degli armeni, perché antipatriottico. Immagini del massacro

MAPPA DEL GENOCIDIO

LA MEMORIA ARMENA

LA DIASPORA ARMENA Francia: 250,000 Georgia: 248,900 Turchia: 100,000 Giordania: 70,000 Canada: 40,505 Grecia: 35,000 Bulgaria: 10,832 Iraq: 10,000 Israele: 9,800 Egitto: 8,200 Russia: 1,131,000 Stati Uniti: 385,488 Iran: 400,000 Siria: 190,000 Armenia: 3.000.000 Libano: 140,000 Azerbaigian: 120,000 Sud America: 150,000 Ucraina: 100,000 Resto del mondo: 100,000

EBREI A LUGO Fin dal medioevo a Lugo c’è stata una presenza ebraica. Girolamo Bonoli nella sua “Storia di Lugo ed annessi dall’origine fino al 1732” fissa una falsa origine in base alla supposta datazione di una lapide (1285), che invece risale al 1585. Si tratta della lapide di un certo Moshè mi-Pesahim. ( da cui il cognome Pascali o Pasquali). Lugo attirava gli ebrei perché zona di mercato, e agricoltori e mercanti avevano bisogno di denaro liquido. Fra gli ebrei infatti c’erano prestatori di denaro, attività proibita ai cristiani. Gli ebrei lughesi vivevano mischiati ai concittadini, soprattutto in via Limite, oggi Corso Garibaldi, dove esisteva anche una prima Sinagoga. Nel 1437 Lugo passa sotto gli Estensi, che proteggono gli ebrei, utili allo sviluppo dell’economia del Ducato. Ne giungono da Spagna e Portogallo, fra cui molti Marrani.

Portavano comunque un segno di riconoscimento: un disco giallo sul petto degli uomini, un velo giallo per le donne. Erano esentati banchieri, medici e studenti Fra il 1555 e il 1569 i Papi Paolo IV e Pio V pubblicano alcune Bolle (documenti che hanno valore di legge) contro gli ebrei. Ordinano di vivere in quartieri separati, i ghetti, di avere una sola sinagoga, di non possedere beni immobili, di non tenere domestici cristiani. Queste disposizioni toccarono gli ebrei lughesi dal 1597, quando il Ducato ferrarese passò allo Stato pontificio. Il Ghetto venne istituito nell’ultimo tratto di via S. Agostino, oggi Corso Matteotti. Fissate due porte all’estremità della via, si poteva transitare solo di giorno. Le case vennero cedute egli ebrei in affitto perpetuo. Nel 1639 su circa 6000 abitanti, 606 sono ebrei. La comunità ha un Rabbino, enti assistenziali per i poveri, una scuola. La vita culturale è intensa: sulle lapidi del cimitero sono incisi composizioni poetiche, i pijutin. L’analfabetismo è quasi assente. Nel 1807 il rabbino di Lugo, Salomone David, partecipò al Sinedrio convocato a Parigi da Napoleone Bonaparte, che aveva fatto leggi a favore degli ebrei Banco di prestito Ketubot, contratto matrimoniale

Con la conquista napoleonica gli ebrei diventano ‘cittadini’. Col Congresso di Vienna, torna lo Stato Pontificio e gli ebrei persero i diritti conquistati. Solo nel 1860, col Regno d’Italia, gli ebrei ottennero pieni diritti. Verso il 1880 fu aperto il primo negozio fuori dal ghetto, della famiglia Del Vecchio. Un po’ alla volta ben sei negozi sotto al Pavaglione erano di ebrei. Ma alla fine dell’800 molti preferirono spostarsi in città più grandi Il ghetto di Lugo, in una vecchia foto Nel 1938, quando furono emanate le leggi razziali, a Lugo risiedevano ancora alcuni ebrei. La sinagoga, in attività fino a quell’anno, fu distrutta durante la guerra da un bombardamento. Gli arredi salvati si trovano in parte a Ferrara. Alcuni documenti, come i Protocolli della comunità, sono conservati al British Museum di Londra, altri a New York.

Disegno del ghetto di Lugo Antico ghetto di Lugo

LEGGI RAZZIALI DEL 1938 Agli ebrei fu vietato: fare il portiere in case di ariani, il fotografo, il mediatore, il tipografo. Esercitare il commercio ambulante. Vendere oggetti d'arte, libri, apparecchi radio, carte da gioco, strumenti ottici. Gestire scuole di ballo, di taglio, agenzie di viaggio e turismo. Pubblicare avvisi mortuari, inserire il proprio nome in elenchi telefonici, essere affittacamere, tenere apparecchi radio, accedere alle biblioteche pubbliche, far parte di associazioni culturali e sportive ….e molte altre cose ancora. Tutto questo viene raccontato nel film “Concorrenza sleale” di Ettore Scola. ALCUNE DISPOSIZIONI NELLA SCUOLA Art. 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali … di qualsiasi ordine e grado … non potranno essere ammesse persone di razza ebraica. Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado… non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

“Concorrenza sleale” di Ettore Scola Sinopsi. "Concorrenza sleale" : Roma 1938. In scena i proprietari rispettivamente d'una sartoria e d'una merceria. Dapprima divisi da rivalità professionale, che alimentano con furbizia, diventano amici quando uno dei due, di religione ebraica, è privato delle libertà fondamentali dalle leggi razziali. Commenta l’autore: "Vivere nella stessa città, nella stessa strada. Fare lo stesso lavoro, appartenere alla stessa classe sociale, avere la stessa composizione familiare (una moglie, due figli, zii e nonni) eppure non essere uguali , non avere gli stessi diritti, non poter frequentare le stesse scuole, non poter esercitare il proprio lavoro né tenere aperto il proprio negozio, conoscere l'intolleranza e l'esclusione. Scoprire di essere considerati "diversi", per nascita e per razza.”

ALIMENTARE L’ODIO: VIGNETTE ANTISEMITE

31 ottobre 2007 3°A e 3°D Alla Scuola di Pace di Marzabotto ore 10 Giochi di gruppo: disporsi in ordine per nome, nascita poi, “dal più sbagliato al più giusto” . Grande folla nel gruppo di “chi si sente sbagliato”, all’estremo opposto difficile motivare la scelta. ore 11: Discussione: dove siamo? Cosa è successo in questo luogo? Definire le parole: alleati, civili, rastrellamento, occupazione, partigiani, vittime, carnefici. Video: “Quello che abbiamo passato”. Memorie delle vittime di Monte Sole “Come immagini i soldati che hanno compiuto la strage? Chi sono? Quali sono le loro vite? Perché l’hanno fatto?” Alcune foto sono stese per terra e i ragazzi devono scegliere un’immagine che li aiuti a immaginare. Emergono le parole: impotenza, robot, terminetor, scheletri, replicante, nulla, abbandono, solitudine, normalità.

ore 15. Si raccontata la vicenda di Khaled, un tunisino di Tselsa ore 15. Si raccontata la vicenda di Khaled, un tunisino di Tselsa. Alcuni ebrei, inseguiti dalle truppe tedesche chiedono rifugio al villaggio. Tutti sono contrari. Solo Khaled si offre di aiutarli, contro la volontà della moglie Amina che teme rappresaglie. Khaled è fra i “Giusti” a Gerusalemme. I ragazzi, divisi in tre gruppi , devono sostenere le ragioni rispettivamente di Khaled, di Amina e del villaggio. Per loro è difficile calarsi nella vicenda. Faticano a trovare argomenti autentici, al di là di frasi fatte.

I ragazzi vogliono parlare di sé e leggere i temi che hanno scritto : "Racconta un episodio della tua vita in cui hai trovato difficile scegliere, nel compiere un'azione, tra ciò che tu ritenevi "bene" e ciò che tu ritenevi "male". Quali difficoltà hai incontrato? Come hai agito? Se hai trovato soluzioni, quali?" Davide racconta il litigio con uno straniero: si riaccende la discussione. Riemerge forte il senso del gruppo, la difficoltà ad uscire da schemi riconosciuti come “normali”. L’altro da sé, quando viene da un mondo sconosciuto, evoca innanzi tutto paura e diffidenza. La differenza emerge più forte rispetto alle somiglianze.

Parlare di sé e dell’umanità che ci circonda, riconoscere nella storia le tracce del nostro quotidiano, uscire dal conformismo e guardare la realtà con “occhi privi di pregiudizio” è un percorso lungo che non terminerà oggi.

  IL RACCONTO DI DAVIDE Un pomeriggio, io e Lollo, un mio amico, avevamo deciso di andare a prendere una bella ciambella con la crema o la cioccolata. Mentre attraversavamo il parco del Loto, il più bel parco di Lugo, incontrammo un ragazzo che non avevamo mai visto prima. Sembrava uno straniero, poi capimmo che era rumeno. Quello ci salutò, ma noi non rispondemmo. Allora si fermò di colpo e tornò indietro. Mi sgommò davanti con la bici per bloccarmi, e mi disse: “ Vuoi picchiare??”. Io mi misi a ridere e stavo già per scendere dalla mia bici per fargli capire che qui non comanda lui, ma ci pensai due secondi e mi trattenni. Pensai fosse meglio non scendere perché tanto con le botte non si risolve niente, almeno così dicono i miei genitori. Allora gli risposi: “No! Non contano niente le botte”. Intervenne Lollo e gli chiese: “Perché vuoi fare a botte??” Lui rimase zitto e mentre stava per andarsene, gridò: “Sono nuovo, state attenti!!” Io e Lollo ce ne andammo ridendo e scherzando, perché tanto non poteva farci niente!! Io, come tutti sanno, sono razzista e mi sarebbe piaciuto scendere dalla bici e dargli una bella lezioncina. Ma ho capito che è male fare a botte e mi sono trattenuto. Ho fatto un grande sforzo per stare calmo. I miei genitori mi hanno sempre detto che è sbagliato fare a botte e così li ho ascoltati. Ho usato la soluzione più normale, cioè parlare e basta!

“Il tribunale del bene” di Moshe Bejski Moshe Bejski, ebreo polacco, è stato uno dei 1200 salvati da Oskar Schindler. Creatore del Tribunale del bene è stato presidente della Commissione dei giusti presso il Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. Come Simon Wiesenthal aveva sentito il dovere di dare la caccia agli ex-nazisti, Moshe voleva scovare tutti coloro che avevano aiutato ebrei in pericolo : “Non volevo che un solo giusto fosse dimenticato da noi ebrei” diceva. Moshe Bejski col giornalista Gabriele Nissim Chi sono i Giusti? Non superuomini ma persone che di fronte a un male estremo autorizzato dalla legge hanno cercato di salvare delle vite, semplicemente comportandosi da uomini. Secondo Moshe l’esperienza di un genocidio produce una doppia responsabilità: di ricordare le vittime e di non dimenticare coloro che vi si sono opposti, soccorrendo i perseguitati. Sognava in ogni scuola un’enciclopedia del bene, dove leggere storie di uomini buoni. Per non privare i giovani della fiducia nell’umanità e nel futuro. Di fronte al male, ciò che conta è il comportamento delle persone”.

Lughesi in soccorso di ebrei Una lapide sulla Rocca e una al cimitero ebraico ricorda gli ebrei lughesi spariti nella Shoah. Ma alcuni cittadini hanno cercato di aiutarli: il rag. Poggiolini, il prof. Carlo Gambetti, Pino Baracca, la dott. Gallignani e il prof. Tommaselli, l’Istituto Salesiano, le suore di San Giuseppe, il sig. Galamini. -Il cav. Gambetti ricevette nel 1965 una medaglia dalla Brigata ebraica. -I Salesiani ospitarono tre ragazzi: Eugenio Galandauer, Oskar Yacabovich e Carlo Bergher, di 10, 13 e 12 anni. Istituto S.Giuseppe Lugo -L’Istituto San Giuseppe ospita le sorelle Lidia ed Elena Forlì, Cecilia ed Antonia Galandauer, di 6 e 5 anni, Edda Yacabovich di 10 anni, le bambine Zuckermann, di Bologna. -Le suore del Sacro Cuore nascondono la coppia Randi, di cui si perdono le tracce. Molti altri lughesi offrono il proprio aiuto, nell’anonimato. Ci furono anche spie e approfittatori, ma di costoro non vale la pena ricordarsi.

Presso l’Istituto San Giuseppe frequenti erano le perquisizioni da parte dei tedeschi. Per questo le ospiti cambiano spesso collocazione, all’interno del convento: nel solaio, sotto mucchi di fascine, nella porcilaia, in gallerie sotterranee scavate nell’orto. Spesso per rendere difficili le ricerche, le suore fingevano di non capire le richieste dei tedeschi. Cercavano anche di mantenere con loro buoni rapporti, offrendo cibo e ciò che era possibile. Oggi le ragazze Zuckerman vivono una a Roma e l’altra in Israele. Tanti bambini persero la vita nella Shoah, e non divennero mai adulti. Nel 1955 la madre, Clara Zukerman, scrisse alle suore per ringraziarle di quanto avevano fatto.

a madre Vittoria Cozzani Lettera di Clara Zuckerman a madre Vittoria Cozzani

20 dicembre 2007 Incontro con i testimoni Rav Luciano Caro e Lea Oppenheim raccontano La signora Lea Oppenheim, nata nel 1936, trovò rifugio a Cotignola, nell’autunno del 1943, assieme ai genitori, protetti da Vittorio Zanzi. Il padre Marco, medico, assistette la popolazione di Budrio e Barbiano. Vittorio Zanzi otterrà il riconoscimento di “Giusto fra le nazioni”. Luciano Caro, rabbino capo della comunità ebraica di Ferrara, è nato a Torino. Aveva 6 anni quando nel 1938 fu espulso dalla scuola, in seguito alle leggi razziali. Suo padre è morto ad Awschwitz.

DOPO L’INCONTRO: RIFLESSIONI Questo incontro mi ha fatto capire che non si deve odiare neppure chi ci fa del male. L’odio distrugge chi lo prova. Ho pensato alle ultime parole del rabbino: “Ragazzi, vivete sempre la vita col sorriso sulla bocca”. Quella frase rappresenta lo stile di vita che vorrei adottare. La signora Lea è piena di energia, simpatica, ama gli animali. Incredibile, se si pensa a tutti i guai che ha passato.

Resistere al conformismo: la memoria del bene Lettura di “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee Il ruolo dei Giusti nella Shoah: esempi nella realtà locale. Istituti religiosi lughesi in soccorso di ebrei perseguitati Materiali e bibliografia: “Ebrei a Lugo” ipertesto di Anna Sardelli e Liliana Sgalaberna Gemma Volli “Gli ebrei a Lugo” in Studi Romagnoli IV 1953 Ines Marach “Il cimitero di Lugo e le sue antiche lapidi” Liliana Picciotto “I giusti d’Italia” Mondatori 2006“La persecuzione degli ebrei durante il fascismo” (Le leggi del 1938)” Camera dei deputati “I giusti e la memoria del bene” Antonia Grasselli e Sante Maletta CUSL “Il tribunale del bene” Gabriele Nissim “Aiutami a vivere” Liceo Linguistico S. Giuseppe 2000-2001 “La masseria delle allodole” Atonia Arslan P. Sonnino, “Questo è stato. Una famiglia italiana nel lager” Il Saggiatore 2004 Film: “Concorrenza sleale” di Scola