Il punto di vista - La focalizzazione

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Transcript della presentazione:

Il punto di vista - La focalizzazione Chi è il narratore? In senso letterale è colui che racconta, la voce alla quale è affidato il compito di narrare una storia.

Ma quale è la sua identita? egli si identifica con l'autore, cioè con la persona che ha scritto materialmente l'opera, oppure è qualcun altro, non un individuo reale, bensì un personaggio?

Qualche volta, ma raramente, autore e narratore coincidono: è il caso di un'autobiografia o di un diario. Più spesso, per non dire quasi sempre, si tratta invece di «entità» separate, diverse.

Uno scrittore dispone di due tipi di narratore: esterno (o eterodiegetico) interno (o omodiegetico).

Il narratore esterno (eterodiegetico) è al di fuori della storia narrata, cui non partecipa e rispetto alla quella è dunque estraneo. Di solito si esprime in terza persona.

“Mentre abbandonavano la radura e tornavano a immergersi nell'ombra degli alberi, Grace e Judith… scesero lentamente dal versante della collina seguendo il corso di un ruscello. Lastre di ghiaccio lo coprivano quasi del tutto… facendo intravedere l'acqua che scorreva scura.” (adatt. da N. Evans, L'uomo che sussurrava ai cavalli, Rizzoli)

il narratore interno o omodiegetico. È un personaggio della storia, di cui è o è stato protagonista e che racconta in prima persona (io narrante).

Nell'esempio che segue, la scrittrice Rosetta Loy rievoca alcuni momenti della giovinezza. Siamo nel 1942, in piena Seconda guerra mondiale, e a Roma, dove vive, l'esistenza non è più quella di prima:

“La guerra ha cambiato diverse cose nella nostra vita “La guerra ha cambiato diverse cose nella nostra vita... L'oscuramento ha reso silenziosa la città la sera e le persiane vengono chiuse al crepuscolo perché neanche un filo di luce segnali la nostra presenza al nemico. Io ho dimenticato il sapore della cioccolata e anche quello delle banane che tanto mi piaceva mordere a merenda; ma non conosco ancora la fame.” (da R. Loy, La parola ebreo, Einaudi)

Il narratore e il punto di vista Con l'espressione punto di vista intendiamo quella particolare posizione in cui il narratore si pone per raccontare i fatti, descrivere i personaggi o lo spazio, organizzare la scansione temporale degli eventi, ecc.

Il punto di vista è chiamato anche focalizzazione. Letteralmente, focalizzare vuol dire «mettere a fuoco»: il fotografo che regola la distanza per ottenere un'immagine nitida del gruppo sorridente che ha davanti.

Nell'ambito dell'analisi dei testo, le cose vanno più o meno allo stesso modo che in fotografia: il narratore focalizza i fatti, cioè li orienta collocandosi in una prospettiva ben precisa.

Lo scrittore, attribuendo al narratore un determinato punto di vista, compie una vera e propria scelta di stile. A seconda della focalizzazione adottata, infatti, sarà obbligato a costruire l'intreccio in un certo modo:

dovrà decidere, per esempio, se inserire dei flashback o delle prolessi; se descrivere accuratamente un personaggio oppure lasciarlo alla nostra immaginazione; se riportarne i pensieri o raccontarne soltanto le azioni ecc.

Ugualmente limitata è anche la libertà del lettore, che entrerà nella storia seguendo il percorso che l'autore ha tracciato per lui.

La strada era allora tutta sepolta tra due alte rive, fangosa, sassosa, solcata da rotaie profonde, che, dopo una pioggia, divenivan rigagnoli; e in certe parti più basse, s'allagava tutta, che si sarebbe potuto andarci in barca. A que' passi, un piccol sentiero erto, a scalini, sulla riva, indicava che altri passeggieri s'eran fatta una strada ne’ campi.

Renzo, salito per un di que' valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell'ottava maraviglia, di cui aveva sentito parlare fin da bambino.

Ma dopo qualche momento, voltandosi indietro, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si senti tutto rimescolare il sangue, stette lì alquanto a guardar tristamente da quella parte, poi tristamente si voltò, e seguitò la sua strada. (A. Manzoni, I Promessi sposi, 1827-1840)

In questo passo si alternano due punti di vista: quello del narratore che "vede" Renzo e quello di Renzo che "vede" il duomo di Milano prima, il Resegone poi.

In termini cinematografici potremmo dire che si alternano inquadrature "oggettive", in cui è compresa la figura di Renzo, a inquadrature "soggettive", in cui il punto di osservazione coincide con lo sguardo di Renzo.

Il punto di vista non rimane costante per tutta la durata di una narrazione; non è dunque riferibile all'intero sviluppo di un'opera (sia questa racconto o romanzo), ma piuttosto a segmenti narrativi determinati, (sequenze) che possono essere anche molto brevi.

Fatta salva questa precisazione, a seconda del punto di vista complessivamente prevalente si possono distinguere tre tipi di narrazione.

1- Narrazione non focalizzata o a focalizzazione zero: il narratore mostra di sapere più cose di quante ne conoscano i personaggi.

Questo tipo di narrazione viene tradizionalmente chiamata narrazione «con narratore onnisciente» perché egli conosce gli atti di coscienza (pensieri, stati d'animo, percezioni ecc.) dei personaggi meglio degli stessi personaggi.

In questo caso il narratore occupa una posizione di assoluto privilegio, che gli consente di seguire la vicenda in ogni suo particolare, anche quello più piccolo e nascosto. 

esprime un giudizio personale riguardo ai fatti; informa il lettore sui retroscena della storia, intervenendo con flashback o prolessi.

Insomma: ne sa più dei personaggi e del lettore stesso. Lo possiamo paragonare a un direttore d'orchestra che dal podio con la sua bacchetta dà l'attacco a ciascun musicista.

2-Narrazione a focalizzazione interna: il narratore dice solo quello che sa il personaggio di cui assume il punto di vista.

In questo caso il narratore conosce i pensieri, gli atti di coscienza di un personaggio quanto il personaggio stesso. Questo accade quando il narratore è anche un personaggio della storia oppure quando, pur non essendolo, fa coincidere il suo punto di osservazione con quello di un personaggio.

Questo tipo di focalizzazione è coinvolgente, perché trasmette i pensieri, le emozioni, le sensazioni del personaggio stesso.

3 - Narrazione a focalizzazione esterna: il narratore dice meno cose di quante ne sappiano i personaggi.

Il narratore racconta solo quello che si può vedere dall'esterno e gli atti di coscienza dei personaggi vengono conosciuti non in se stessi, ma nelle loro manifestazioni. In questo caso il narratore può essere esterno oppure coincidere con un personaggio che è stato soltanto un testimone.

Si tratta di un narratore che si colloca al di fuori della storia e non partecipa emotivamente alle vicende. Espone i fatti in modo impersonale e ne sa meno dei personaggi, dei quali non esplora i pensieri ma racconta soltanto le azioni.

Questo tipo di focalizzazione è presente in particolare nelle descrizioni oggettive o nel dialogo, in cui il narratore riporta ciò che i protagonisti dicono, come se l'avesse registrato.

Difficilmente in una narrazione compare solo un tipo di focalizzazione: poiché in genere sono ben più di una, variamente combinate fra loro, per semplificare ci si riferisce, nell'analisi del testo e negli esercizi, a quella prevalente.

Le forme del discorso I discorsi dei personaggi possono essere riferiti attraverso diverse tecniche.

A) Il discorso diretto. É costituito dalle battute pronunciate dai diversi personaggi, come avviene nei dialoghi di un testo teatrale; viene segnalato dall'uso di formule come "disse", "chiese” ecc. seguite dai due punti e dalle virgolette o dai trattini.

In molti casi può bastare la sola successione delle battute, separate da virgolette, trattini, punti a capo: così il dialogo procede in modo più scorrevole, vivace, naturale.

- Hai paura? - Io no. Come ti chiami? - Io Cosimo... E tu? - Violante ma mi dicono Viola. A me mi chiamano Mino, anche, perché Cosimo è un nome da vecchi. - Non mi piace. - Cosimo? - No, Mino. - Ah... Puoi chiamarmi Cosimo. (I. Calvino, Il barone rampante, 1957)

B) Il discorso indiretto si ha quando il narratore riporta con la propria voce e non alla lettera le parole dei personaggi, introducendole con formule come “disse che” “pensò che..." (Andò a trovare sua madre e le disse che era assolutamente necessario che sposasse Elena).

Queste forme possono essere utilizzate anche per riportare i pensieri dei personaggi. Tuttavia vi sono tecniche specifiche, ancora più adatte a esprimere i pensieri e il mondo interiore dei personaggi: quelle del monologo interiore e del flusso di coscienza.

C) Il monologo interiore si ha quando il personaggio espone i propri pensieri in modo analitico e razionale. D) Il flusso di coscienza si ha quando pensieri, stati d'animo, immagini si susseguono senza un ordine, secondo libere e spontanee associazioni, in modo irrazionale e non premeditato.

Il monologo interiore Il monologo interiore è un procedimento tipico della letteratura del Novecento, sensibile all'interiorità del personaggio e ai modi in cui essa si esprime.

Con questa tecnica si riproduce il pensiero del personaggio, cercando di mantenersi fedeli alla spontaneità che spesso lo caratterizza, soprattutto quando chi parla è colto in un momento di meditazione e non si rivolge a uno specifico interlocutore.

Esso è riportato senza virgolette o trattino e non è introdotto da verbi di pensiero (penso che, credo che, ritengo che ecc.).

Il monologo interiore Nell'esempio seguente, il matematico Jeremy Bremen, che sta elaborando un nuovo modello di realtà, riflette sui risultati delle sue ricerche. I pensieri vengono riferiti in un modo che ne mette in luce la tortuosità. Le frasi brevi,le domande senza risposta, i dubbi, i momenti di esitazione indicano l'incertezza e la confusione del protagonista.

“Cos'ha a che fare il mio lavoro con quello di Jacob?Creare campi complessi? Interattivi? Già. Be', c'è un passo ulteriore. E non sono sicuro di dove ci stia portando. Per adeguare il mio lavoro ai dati ottenuti devo imparare ancora tanto sulla nuova matematica che chiamano matematica del caos. Non so perché sia tanto importante, ma i dati indicano che lo è... Non devo divagare…

…D'accordo. Il punto è che le istanze di Jacob della mente umana …D'accordo. Il punto è che le istanze di Jacob della mente umana... della personalità umana richiamano un esperimento... Mi ricordo di averlo studiato all'università... Bene... ma sono sicuro che questo abbia qualcosa a che fare con ciò che fa Jacob Goldmann?” (adatt. da D. Simmons, Gli uomini vuoti, Mondadori)

Il flusso di coscienza Il flusso di coscienza indica un accostamento casuale di pensieri che fluiscono liberamente, immediati e spesso incoerenti, tipici di chi pensa senza imporsi un ragionamento rigoroso.

Tale caratteristica si rispecchia nella scelta di costruire le frasi in modo irregolare, spesso - senza rispettare le norme della sintassi, - nella rinuncia alla punteggiatura e alla concatenazione logica degli argomenti.

Nella finzione narrativa, lo scrittore entra nella mente del personaggio e ne registra i pensieri così come si presentano, senza la necessità di organizzarli per renderli comprensibili a un interlocutore.

“Due e un quarto che ora bestiale mi dà l'idea che in Cina si stanno alzando a quest'ora e si pettinano i codini per la giornata tra poco le monache suoneranno l'angelus non c'è nessuno che vada a disturbare i loro sonni se non qualche prete per le funzioni della notte la sveglia di quelli accanto al primo chicchirichì guardiamo un po' se riesco a addormentarmi 1 2 3 4 5 che razza di fiori son quelli che hanno inventato come le stelle la carta da parati di Lombard Street era molto più carina quel grembiule che mi ha dato assomigliava un po' solo che l'ho portato solo due volte meglio abbassare la lampada e provare ancora in modo da alzarsi presto…”(da J. Joyce, Ulisse, Mondadori)

E) Il discorso raccontato Con il discorso raccontato è possibile fare un resoconto sintetico delle parole di un personaggio, delle quali il narratore riassume il contenuto.

Una«spia» della presenza del narratore, nel discorso rac contato, è individuabile nel ricorso agli aggettivi, che intensificano il senso delle parole e suggeriscono una sua valutazione personale, come si può vedere nell'esempio:

«Bremen le descrisse il lavoro della settimana alla fattoria e condivise con lei la solare soddisfazione di piantare un pesco davanti alla casa. Rievocò i dolci ricordi di quella gita con gli sci ad Aspen; parlò con lei di quella poca poesia che ancora ricordava, ma le parole continuavano a dissolversi in pure immagini e in puri sentimenti.» (da D. Simmons, Gli uomini vuoti.)

F) Il discorso indiretto libero è costruito come il discorso indiretto, ma con la differenza che in esso sono aboliti i verbi del dire o del pensare: il risultato è che le parole dei personaggi appaiono più immediate, più vicine al parlato e, per questo motivo, più efficaci.

Inoltre colui che parla si riferisce a se stesso in terza persona e adotta uno stile informale, caratterizzato talvolta da esclamazioni, domande, espressioni emotivamente «caricate».

“Passò in guardaroba a prendere il vestito che aveva scelto per andare in tribunale. Ma il vestito non c'era. Chiamò Esmeralda, che glielo stirava ogni giorno,e le domandò se ne sapeva niente. La ragazza la guardò perplessa. Sì, lo aveva riportato di sopra e lo aveva appeso in guardaroba, come sempre! Era molto imbarazzata. No, non sapeva dove fosse.”(da G. Thompson, II caso Emit y Blake, Sonzogno)

La distanza: mimèsi e diegèsi Analizzando le tecniche narrative non si può non notare che la voce narrante a volte è presente, come nel discorso indiretto o in quello raccontato, talvolta invece è del tutto assente, come nel dialogo. Ciò rende possibile al lettore assumere una maggiore o minore distanza dalla vicenda narrata.

Quando il narratore scompare dal racconto, si nasconde, non commenta, non esprime giudizi, il lettore è a diretto contatto con i personaggi e le loro parole. In questo modo la distanza fra il lettore e i fatti della storia è minima o si annulla completamente.

Questo caso si verifica per esempio nel discorso diretto, dove appunto i personaggi parlano al lettore senza che le loro parole siano filtrate dal narratore: siamo allora in presenza di una narrazione mimetica o mimèsi.

Se, invece, il narratore entra con forza nel racconto, lascia scorgere la sua personalità e ribadisce l'importanza della sua funzione esprimendo giudizi e facendo commenti, come nel discorso raccontato, crescerà sempre più la distanza fra la storia e il lettore

In questo caso il lettore si accosta ai personaggi tramite il «filtro» del narratore stesso, che vuol fargli vedere solo ciò che ritiene opportuno. Parleremo allora di narrazione diegetica o diegèsi.

Aspetti linguistici e stilistici Gli aspetti linguistici e stilistici possono essere considerati come l`”abito” di un testo. Sono l'involucro più esterno, tuttavia il loro valore non è puramente esteriore, cosi come non lo è - poniamo - quello del nostro abbigliamento. Un certo modo di vestire ci dice molte cose di una persona e del suo modo di essere.

Analogamente aspetti linguistici e stilistici sono intimamente legati al contenuto di un testo, al narratore, all'autore.

Modi espressivi Una determinata scelta linguistica o stilistica non è mai fine a se stessa ma riflette fattori molteplici: le preferenze di un autore (il suo "gusto"), la sua formazione, la sua appartenenza a un'epoca, un contesto culturale e altro ancora.

Ma al di là del bagaglio personale a cui ciascun autore attinge (conoscenze maturate, convinzioni ideologiche, esperienze), le scelte linguistiche o stilistiche tengono conto primariamente delle necessità poste dalla storia che si intende narrare, dai personaggi in gioco, dall'ambiente in cui questi vengono collocati

soprattutto, tengono conto della voce narrante, della sua età (un giovane non può ovviamente esprimersi come un anziano), del suo contesto di riferimento (sociale, famigliare, le amicizie), delle sue aspirazioni, della sua visione delle cose, ecc.

Per affrontare una questione tanto complessa e variegata, si possono indicare alcuni elementi cui attenersi per avere un primo orientamento: il registro scelto dall'autore (cioè il "tono" dato all'opera: alto, se prevale il linguaggio colto e ricercato; medio se il linguaggio è vicino al "parlato" quotidiano; basso se è marcata la prevalenza di espressioni popolari e dialettali);

le scelte lessicali (uso di parole arcaiche, inserimento di termini stranieri, invenzione di neologismi ecc.); la sintassi (periodi ampi e articolati, brevi e lineari, prevalenza di subordinate o di coordinate ecc.); l'uso abbondante o limitato delle figure retoriche (accumulazione, iperbole, metafora ecc.).

Amboise

Chambord