Qual è il ruolo del formatore? E quali sono le sue competenze? G.P. Quaglino Federica Mazzarella
Il Quaglino si inserisce nel dibattito sul tema del formatore sottolineando la necessità di riflettere sulla natura pedagogica di questo ruolo senza limitarsi alle sole implicazioni istituzionali e organizzative (committenza/utenza), né agli aspetti di rischio e alle expertises. Fino alla proposta del Quaglino di arrivare a definire una Teoria Generale della Formazione (2005), gli aspetti relativi alla figura del formatore maggiormente discussi sono stati......
1) L’ IDENTITA’ DIFFICILE Definire il profilo professionale del formatore vuol dire individuare un ruolo e una identità precisi in riferimento al progetto educativo. Il formatore trova la sua identità di ruolo rispetto ai compiti, agli obiettivi e alle responsabilità riguardanti il progetto educativo Questo implica che il formatore non può essere identificato totalmente nella figura del docente.
2) RISCHI DEL MESTIERE di manipolare o di esercitare influenza piuttosto che di sollecitare, attivare, guidare e orientare i processi di apprendimento di non riconoscere la pluralità di figure (fantasie) che il formatore può evocare o agire nelle situazioni formative, portando ad una confusività di ruolo e ad una pratica mistificante [Enriquez, 1980) di agire una triangolazione nella relazione tra formatore, committente e utente (collusione).
1- avere un buon rapporto con la committenza e l’autorità 3) EXPERTISES La professionalità del formatore viene espressa in termini di competenze/esperienze richieste per un efficace adempimento del ruolo, di regole e principi-guida per l’azione formativa e di un iter di preparazione e formazione personale. Contessa (1975), in riferimento alle fasi del lavoro del formatore ha individuato le expertises base in: 1- avere un buon rapporto con la committenza e l’autorità 2- saper diagnosticare i bisogni reali del formatore e dell’organizzazione 3- progettare iniziative formative 4- programmare le risorse utilizzabili, i tempi e la sequenza dell’attività 5- realizzare il programma 6- verificare i risultati
Per definire il ruolo del formatore quindi è necessario ridefinire il collegamento formatore – progetto educativo individuando una nuova configurazione di ruoli formativi. A questo riguardo Quaglino si rifà al Modello di Ruoli Formativi di Burgoyne & Cunningham (1980), nell’ambito della logica del Self-Development. Il criterio centrale del modello è l’ampiezza dell’area di controllo sull’apprendimento attribuito al formatore e al soggetto.
Al termine del percorso formativo si raggiunge la piena autonomia del soggetto nella gestione dell’oggetto-problema.
Riguardo alle competenze/capacità che un formatore deve avere, Quaglino illustra lo schema di competenze proposto da Stuart & Burgoyne (1977), considerandolo esaustivo.
Il Quaglino propone una TEORIA DELLE FORME DELLA RELAZIONE PEDAGOGICA. Parla di una pluralità di forme che una azione finalizzata alla sollecitazione/attivazione di processi soggettivi di apprendimento può assumere in vista del raggiungimento di specifici e prefissati traguardi educativi. In tal senso la logica che guida l’azione formativa esige l’individuazione di un criterio che soddisfi l’INTEGRAZIONE tra le forme previste per la relazione pedagogica.
GRADO DI CONTROLLO SULL’APPRENDIMENTO Questo criterio è individuabile nel GRADO DI CONTROLLO SULL’APPRENDIMENTO esercitato rispettivamente dai soggetti implicati nella relazione pedagogica
In questa ottica è possibile proporre anche una riclassificazione dei diversi metodi educativi in funzione delle 4 forme della relazione pedagogica.
Al formatore spetta di riprendere contatto in prima persona con la complessità della natura pedagogica della sua azione. Secondo il Quaglino, questo è il passaggio obbligato per avvicinarsi alle possibilità che questa attività offre in termini di molteplici opportunità di conduzione di un progetto educativo.