La memoria della Shoah Il silenzio è il vero crimine contro l’umanità.

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Transcript della presentazione:

La memoria della Shoah Il silenzio è il vero crimine contro l’umanità. Sarah Berkowitz (sopravvissuta ad Auschwitz)

Ricordare la Shoah vuol dire anche riflettere sulle modalità di trasmissione della memoria individuale e sul valore che essa assume per la memoria collettiva

I sopravvissuti sentono subito il peso e la responsabilità della memoria di quanto hanno vissuto testimonianze

Voci della Shoa, Firenze, La Nuova Italia, 1995 GOTI BAUER Poi, nella baracca (..) facevamo progetti per un improbabile futuro nel quale, nonostante tutto, appassionatamente speravamo. Perché? In ognuno di noi, automaticamente, la risposta era: <<Per raccontare>>. Perché il mondo potesse sapere; perché mai più, in nessun luogo, a nessun uomo potesse capitare quello che era capitato a noi. Siamo poi stati ascoltati? No, non lo siamo stati se in questi decenni altri eccidi, altri spaventosi massacri sono stati compiuti nell'indifferenza generale. Non siamo stati ascoltati se per decenni c'è stato un quasi totale, nocivo silenzio nelle case, nelle scuole, permettendo a chi minimizza e falsifica quanto è successo di diffondere le proprie menzognere predicazioni. Si, perché è l'ignoranza il brodo di coltura in cui le teorie di revisionisti e negazionisti trovano fertile terreno per proliferare.

Voci della Shoa, Firenze, La Nuova Italia, 1995 LILIANA SEGRE … il mondo non e stato più lo stesso dopo Auschwitz. E questo riguarda tutti. E noi, noi che Auschwitz lo abbiamo sulla nostra pelle e dentro i più intimi recessi della nostra mente? Noi come abbiamo potuto e possiamo vivere? Come può il nostro cervello reggere ai ricordi senza impazzire, come può ricordare i visi, i colori, i suoni, gli odori senza esserne soverchiato e perduto? Come possiamo camminare per le strade del mondo, della città, guardarci intorno e allo specchio senza vedere una realtà deformata dalla nostra esperienza, con la paura di risvegliarci dal sogno e ripiombare in quell'orrore?

La notte, Firenze, Giuntina, 1980 ELIE WIESEL I miei genitori adottivi avevano continuato a dire, semplicemente: "Adesso devi dimenticare tutto! Devi dimenticare come si dimentica un brutto sogno: non pensarci più! E' stato solo un sogno!". Non riuscivo a capire che cosa volessero veramente da me. E quando cercavo di confidarmi con le persone, di solito, dopo le prime frasi, mi sentivo dire: "Tu sei matto!". Come posso dimenticare ciò che so? Come posso dimenticare quello a cui devo pensare ogni mattina quando apro gli occhi, quello a cui devo pensare ogni sera, quando vado a letto, quando, per paura degli incubi, mi sforzo di restare sveglio il più a lungo possibile?... No, nessuno mi ha mai detto con franchezza: sì, è vero, i lager sono esistiti, però adesso è finita. Esiste anche quest'altro mondo, e in questo mondo puoi vivere!

Voci della Shoa, Firenze, La Nuova Italia, 1995 NEDO FIANO Molti di noi hanno portato dentro questa sofferenza, non sono stati capaci di tirarla fuori, altri invece hanno potuto farlo. Ma l'esperienza della deportazione, dei campi di sterminio, per assurdo che possa sembrare, e anche un miracoloso dono, per quelli che come me sono tornati, perché ci ha aiutato a dare alle cose una profondità, una geometria diversa da quella che si fa usualmente. Perché ci ha dato la capacita di individuare l'essenziale delle cose, di rifuggire dal particolare inutile. Chi ha sofferto fa sua la sofferenza degli altri, sente un’affinità con chi soffre. Chi non ha mai sofferto non sa che cosa vuol dire soffrire. Diceva Socrate: <<Solo chi è stato schiavo può capire che cos'è la libertà>>.

Dopo la liberazione i sopravvissuti hanno 2 tipi di reazioni La vergogna e il silenzio Il desiderio di raccontare

Todotov individua 3 motivi fondamentali La vergogna del ricordo dell’annullamento della propria dignità La vergogna di sopravvivere senza alcun merito rispetto a tutti quelli che sono morti La vergogna di essere umani visto che l’umanità ha potuto concepire lo sterminio T. Todorov, Di fronte all’estremo, Milano, Garzanti, 1992

I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986 Primo Levi Sopravvivevano i peggiori, cioè i piú adatti; i migliori sono morti tutti. E’ morto Chajím, orologiaio di Cracovia, ebreo pio, che a dispetto delle difficoltà di linguaggio si era sforzato di capirmi e di farsi capire, e di spiegare a me straniero le regole essenziali di sopravvivenza nei primi giorni cruciali di cattività; è morto Szabó, il taciturno contadino ungherese, che era alto quasi due metri e perciò aveva piú fame di tutti, eppure, finché ebbe forza, non esitò ad aiutare i compagni piú deboli a tirare ed a spingere; e Robert, professore alla Sorbona, che emanava coraggio e fiducia intorno a sé, parlava cinque lingue, si logorava a registrare tutto nella sua memoria prodigiosa, e se avesse vissuto avrebbe risposto ai perché a cui io non so rispondere; ed è morto Baruch, scaricatore del porto di Livorno, subito, il primo giorno, perché aveva risposto a pugni al primo pugno che aveva ricevuto. Questi, ed altri innumerevoli, sono morti non malgrado il loro valore, ma per il loro valore.

Wieviorka spiega: Si scrive già nei ghetti e poi al ritorno ma con diverse motivazioni: Durante la persecuzione per evitare di scomparire del tutto Al ritorno per raccogliere accuse contro persecutori denunciare l’orrore liberarsi del ricordo A. Wieviorka, L’era del testimone, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1999

Ignacy Schiper (ghetto di Varsavia) La storia viene scritta dai vincitori. Tutto ciò che sappiamo dei popoli assassinati è ciò che i loro assassini hanno voluto far sapere. Se i nostri assassini vinceranno, se saranno loro a scrivere la storia di questa guerra, allora il nostro sterminio sarà presentato come una delle più belle pagine della storia mondiale, e le future generazioni renderanno omaggio al coraggio di questi crociati. (..) Essi possono anche decidere di cancellarci dalla memoria del mondo, come se non fossimo mai esistiti Ignacy Schiper (ghetto di Varsavia) A. Wieviorka, L’era del testimone, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1999

Giustizia non vendetta, Mondadori, Milano 1989 Wiesenthal (dicevano le SS) In qualsiasi modo la guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se qualcuno scampasse, il mondo non gli crederebbe. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata e crederà a noi che negheremo tutto. La storia dei lager saremo noi a dettarla.

Le prime testimonianze sono: Poesia yiddish Libri del ricordo (Memorbukh) Racconti autobiografici

Ma i racconti dei sopravvissuti trovano scarso ascolto Incredulità Voglia di chiudere con la guerra e i suoi effetti diffidenza

Rossi-Doria: situazione italiana nel primo dopoguerra Ci sono 3 tipi di ex deportati: i deportati politici gli internati militari gli ebrei Solo i primi hanno visibilità perché sono stati perseguitati per il loro impegno antifascista A. Rossi-Doria, Memoria e storia: il caso della deportazione, Catanzaro, Rubettino, 1998

Bravo e Jalla Raccolta di testimonianze di deportati piemontesi solo nel 1986 Tutti i deportati lamentano il senso di abbandono delle istituzioni e l’indifferenza sociale verso la loro testimonianza manifestata attraverso l’incredulità o il fastidio o la “competizione delle sofferenze” che si rifiuta di comprendere la tragicità dell’esperienza della deportazione nei lager A. Bravo, D.Jalla, La vita offesa. Milano, Franco Angeli, 1986

Dall’indifferenza degli altri deriva una profonda delusione: la memoria non diventa patrimonio comune della collettività ma si chiude tra le mura delle case o viene confinata nelle sedi delle associazioni degli ex deportati Il caso Wiesel

E il mondo taceva, 1954 La notte, 1958 Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più Tre giorni dopo la liberazione caddi gravemente malato (..) Rimasi due settimane in ospedale tra la vita e la morte.(..) Ma un giorno mi alzai e, raccogliendo tutte le mie energie, mi diressi verso uno specchio. Volevo guardarmi. Non mi ero più visto dai tempi del ghetto. Mi guardo nello specchio. Uno scheletro riflette il mio sguardo. Niente altro che pelle ed ossa, Ho visto l’mmagine di me stesso dopo la morte. E proprio in quel momento si risvegliò in me la voglia di vivere. Senza sapere perché ho alzato il pugno e rotto lo specchio, l’immagine che viveva in esso. (..) A partire da quel momento il mio stato di salute cominciò a migliorare.(..)

L’indifferenza sociale mette in crisi l’autorappresentazione dei sopravvissuti. Il loro modo di pensare a se stessi si intreccia con le trasformazioni della memoria collettiva della Shoah

Memoria individuale = Memoria collettiva = In modo in cui il singolo rappresenta il proprio passato Memoria collettiva = In modo in cui la società rappresenta il proprio passato

Evoluzione della memoria collettiva Periodizzazione: 1945-60 = scarsa considerazione 1961 = processo Eichmann 1976 = serial Olocausto 1995 = Schindler’s List La trasformazione della memoria collettiva passa attraverso eventi mediatici

1945 - 60 Morte della cultura yiddish (i libri in yiddish non sono letti) Progetto non attuato di Monumento a New York (timori di accuse di filocomunismo) 1952: esce Il diario di Anna Frank, unico libro ad avere ampia risonanza 1959: esce il film tratto dal diario e ricominciano le pubblicazioni di testimoni = passaggio alla letteratura  metabolizzazione dell’esperienza

1961: il processo Eichmann Adolf Heichmann: criminale nazista fuggito in Argentina viene rapito dai servizi segreti israeliani, portato in Israele dove viene processato e condannato a morte. Il processo ha risonanza mondiale grazie anche ai media e riporta l’attenzione sulla memoria della Shoah

Gli obiettivi politici del processo: Il governo israeliano vuole sfruttare il processo per raccogliere maggior sostegno internazionale allo stato di Israele sostituire l’immagine dell’ebreo sconfitto con quella dell’ebreo che agisce per difendere i propri diritti trasmettere la memoria della Shoah

Le caratteristiche del processo Fondato su testimonianze  spettacolarizzazione del processo in modo da coinvolgere gli spettatori e costruire una ribalta per le vicende della persecuzione degli ebrei

Differenze tra il processo Eichmann e il processo di Norimberga (1947) fondato su documenti scritti ha come obiettivo di dimostrare i crimini nazisti viene diffuso dai cinegiornali Eichmann: fondato su testimonianze orali ha come obiettivo di colpire i cuori e le coscienze degli uomini viene diffuso dalla televisione  forte impatto sull’immaginario collettivo

Effetti del processo nella memoria individuale e collettiva La memoria del genocidio diventa un elemento costitutivo dell’identità ebraica Nasce una domanda sociale di testimonianze (collane editoriali specifiche) Il sopravvissuto ha una nuova funzione sociale: dare testimonianza  superamento della vergogna

1976: il serial tv Olocausto Teleromanzo di grandissimo successo in tutto il mondo Racconta le storie incrociate di una famiglia tedesca e di una ebrea durante il nazismo Sceglie di rappresentare prevelentemente la media borghesia Critiche: troppo romanzato e troppo soft nei confronti delle persecuzioni  gli ebrei non ci si riconoscono e temono l’espropriazione della propria memoria  creazione di un vasto movimento di opinione per la raccolta di memorie non falsificate  solo chi ha vissuto può raccontare

Le trasformazioni del contesto Il ’68 ha insegnato a dare la parola agli esclusi e ai loro diritti I media cominciano ad interessarsi alle storie di vita = la testimonianza privata entra nello spazio pubblico I sopravvissuti sono ormai inseriti nella società ed hanno eredi  la memoria come ricchezza da lasciare in eredità Gli ebrei reagiscono usando politicamente la loro memoria contro le minacce palestinesi allo stato di Israele  lo statocidio sarebbe l’epilogo del genocidio

Effetti di Olocausto in USA 1980: realizzazione del Memoriale di Washington sull’Olocausto Dalla fine degli anni ’70: raccolta video di testimonianze con l’obiettivo di assolvere al dovere di ascoltare = Archivi Fortunoff

Metodologia per le interviste degli archivi Fortunoff In un luogo chiuso e senza distrazioni L’intervistatore non commenta o rettifica La durata è decisa dall’intervistato L’intervistatore è un volontario con formazione psicologica Nel 1995 erano state raccolte 3.600 interviste

1995: Schindler’s List Il film crea vaste emozioni e gli ebrei ci si riconoscono Dopo il film Spielberg crea il progetto Survivors  obiettivo: raccogliere tutte le testimonianze possibili prima della scomparsa dei testimoni  per scrivere la storia della Shoah

Metodologia per le interviste del progetto Survivors Raccolte a casa degli intervistati Durata di due ore 20% prima – 60% durante – 20% dopo la Shoah Alla fine il testimone viene raggiunto da tutti i parenti A conclusione deve dire cosa vorrebbe lasciare in eredità alle nuove generazioni Gli intervistatori fanno uno stage di 2 giorni e sono retribuiti

Wieviorka: con gli archivi Fortunoff e poi con Survivors di Spielberg nasce l’era del testimone essa produce due rischi: - la sostituzione della storia con la memoria - l’americanizzazione della Shoah con happy end finale

La memoria dei sopravvissuti, anche se si raccolgono innumerevoli testimonianze, non può sostituire la ricerca storica che può utilizzare la memoria ma solo incrociandola con altre fonti. La memoria ci restituisce come l’evento è stato vissuto e come viene rappresentato, ma non come e perché esso è accaduto. Non si può sostituire l’emotività alla scientificità della ricostruzione

Rossi-Doria: cause della sopravvalutazione della memoria La fine delle ideologie ha creato un vuoto di identità che ha mutato il rapporto tra presente e futuro  il passato non è più garanzia per l’avvenire  la memoria offre la promessa della continuità

Wieviorka La testimonianza esprime, oltre all’esperienza individuale, i discorsi condivisi dalla società nel momento in cui il testimone racconta la propria storia  la memoria si rimodella con le parole e in base alle aspettative dell’epoca in cui viene raccontata Qualsiasi racconto è una selezione soggettiva di eventi scelti con gli occhi del presente e montati insieme nel rispetto di un codice condiviso col proprio tempo.

Levi sottolinea i rischi della memoria I ricordi che giacciono in noi non sono incisi sulla pietra; non solo tendono a cancellarsi con gli anni, ma spesso si modificano, o addirittura si accrescono, incorporando lineamenti estranei. un ricordo troppo spesso evocato, ed espresso in forma di racconto, tende a fissarsi in uno ste­reotipo, in una forma collaudata dall'esperienza, cristallizzata, perfezionata, adorna, che si installa al posto del ricordo greggio e cresce a sue spese il ricordo di un trauma, patito o inflitto, è esso stesso traumatico, perché richiamarlo duole o almeno disturba: chi è stato ferito tende a rimuovere il ricordo per non rinnovare il dolore; chi ha ferito ricaccia il ricordo nel profondo, per liberarsene, per alleggerire il suo senso di colpa.

Dunque alla memoria dei sopravvissuti alla Shoah non possiamo chiedere ricostruzioni storiche che i diano le cause e l’esatto svolgersi degli eventi, ma solo la testimonianza della percezione soggettiva del momento che hanno vissuto e dei modi in cui, a contatto con la realtà successiva, lo hanno rielaborato e raccontato

L’americanizzazione della Shoah è, a sua volta, molto rischiosa Mette in secondo piano gli aspetti crudeli della Shoah per sostituirli con il potere salvifico dei buoni sentimenti Offre un’immagine rassicurante della realtà che proietta in un passato senza più contatti col presente gli orrori nazisti Chiede alle nuove generazioni il compito di tramandare la memoria più come dovere verso il passato che come impegno verso il futuro

La Shoah è considerata dagli storici l’emblema negativo del ‘900, luogo di incontro tra il totalitarismo, la tecnologia e la società di massa. Ma il saperlo non ci rende immuni rispetto al futuro.

Oggi si contano 18 focolai di conflitto etnico presenti nel mondo: Indonesia India - Pakistan Irak Israele - Libano Turchia - Kurdistan Kosovo Messico (Chiapas) Sierra Leone Sri Lanka Sudan Afghanistan Algeria Angola Burundi Cecenia Colombia Repubblica Democratica del Congo (ex-Zaire) Etiopia - Eritrea - Somalia